In Italiano: Gestione di processo e prodotto automatico (Parte 1)

ASTRATTO: Gli appunti di seguito riportati traggono origine dalle lezioni tenute dall’autore, raccolte da un volume pubblicato negli anni 90, insieme agli altri due che completavano il corso di “TECNOLOGIE MECCANICHE DI PROCESSO E PRODOTTO per ITI MECCANICI” Purtroppo il volume era datato: veniva trattato estesamente il sistema operativo MS DOS, sviluppato il programma TURBO-PASCAL ecc. Tolte le parti che non interessano più, ed effettuati alcuni ritocchi, il “tipo” di cui sopra l’autore ha deciso di aggiungere gli appunti così modificati a quelli del suo sito. La parte di elettrotecnica generale non è datata e quindi può essere utilizzata.

Dr Francesco Dergano
291 min readOct 14, 2022

INTRODUZIONE

Tradizione e innovazione: il giusto equilibrio per il nuovo corso di tecnologia meccanica. Il corso è stato strutturato tenendo conto delle esigenze delle due articolazioni che prevedono per questa disciplina quadri orari notevolmente diversi.Per l’articolazione Meccanica e meccatronica, il corso è formato da tre volumi, uno per ciascun anno secondo lo sviluppo tradizionale della tecnologia meccanica. Riesce in questo modo a conciliare una valida preparazione del tecnico meccanico, con le effettive possibilità dello sviluppo didattico e le esigenze che emergono dalle linee guida dei nuovi programmi.

MATERIALI

1.1 Introduzione

I materiali nelle lavorazioni meccaniche

I materiali a disposizione per la realizzazione di prodotti finiti sono numerosi e diversi: metalli, legni, plastica, carta, fibre, tessili, marmo, cemento, sabbia, ecc..

La tecnologia meccanica si occupa essenzialmente dei materiali metallici, della loro applicazione e della loro lavorazione. Dal punto di vista chimico i materiali che interessano l’industria meccanica si dividono in metalli, non metalli e leghe metalliche.

Metalli

I metalli, a temperatura ambiente si trovano allo stato solido (eccettuato il mercurio che é liquido). Sono elementi in genere buoni conduttori di calore e di elettricita; inoltre hanno un aspetto lucente, sono opachi alla luce, presentano in varia misura plasticita e resistenza meccanica. Sono metalli il ferro, l’argento, lo zinco, il cromo, il manganese, il piombo, il cobalto, il magnesio, ecc.

Non metalli

Gli elementi cattivi conduttori del calore e dell’elettricitéa sono definiti non metalli. Sono non metalli lo zolfo, il fosforo, l’azoto, l’ossigeno, il carbonio, il silicio, l’antimonio, ecc.

Leghe metalliche

Una lega metallica é costituita da due o pit elementi, uno almeno dei quali é un metallo presente in quantita preponderante rispetto agli altri elementi. Oltre agli elementi fondamentali che la caratterizzano, in una lega possono essere presenti metalli o non metalli sia sotto forma di impurezze, sia aggiunti intenzionalmente al fine di ottenere proprieta particolari.

Un esempio di lega composta da un metallo con un altro metallo é l’ottone. L’ottone é costituito dai metalli rame e zinco.

Un esempio di lega composta da un metallo e da un non metallo é l’acciaio. L’acciaio é costituito dal metallo ferro e dal non metallo carbonio.

Proprieta dei materiali metallici

Tutti i materiali metallici hanno caratteristiche o proprieta specifiche. La conoscenza di queste proprieta permette di usare in ogni lavorazione il materiale piu idoneo, mediante procedimenti di lavoro atti ad ottenere i migliori risultati. Le proprieta dei metalli si dividono in: proprieta chimico-strutturali, proprieta fisiche, proprieta meccaniche e tecnologiche.

Caratteristiche chimiche e strutturali

Le proprieta chimico-strutturali riguardano la composizione chimica dei metalli e la loro struttura interna (distribuzione atomica, struttura cristallina) dalle quali derivano tutte le proprieta meccaniche e tecnologiche. Rientrano tra le proprieta chimiche anche i fenomeni che si producono fra il materiale e l’ambiente esterno (ossidazione, corrosioni ecc.).

Proprieta fisiche

Le proprieta fisiche si riferiscono alle caratteristiche generali dei materiali, in relazione agli agenti esterni, quali il calore, la gravita l’elettricita, ecc.. Principali proprieta fisiche: massa volumica, calore specifico, dilatazione termica, temperatura di fusione, conducibilita termica e conducibilita elettrica.

Proprieta meccaniche

Le proprieta meccaniche riguardano la capacita dei materiali di resistere all’azione di forze o sollecitazioni esterne (pressioni, urti, trazioni, ecc.). Principali proprieta meccaniche: resistenza meccanica, resistenza a fatica, resistenza all’usura, resistenza all’urto, durezza.

Proprieta tecnologiche

Le proprieta tecnologiche riguardano I’attitudine dei materiali a subire le varie lavorazioni tecnologiche attraverso le quali vengono prodotti i pezzi meccanici. Principali proprieta tecnologiche: duttilita, malleabilita, imbutibilita, estrudibilita, piegabilita, fusibilita e col abilita, saldabilita, truciolabilita, temperabilita.

Grado o misura delle proprieta dei materiali

Per ciascuna proprieta si puo stabilire una graduatoria, che indica il grado o la misura di una determinata proprieta posseduta da un materiale rispetto ad altri materiali. Cio consente di stabilire se un materiale ¢, ad esempio, pil o meno duro, pit o meno resistente, pil. o meno saldabile di un altro materiale.

II grado o la misura di una proprieta viene espresso per mezzo di un numero. II numero che indica la misura di una proprieta é rifertto sempre ad una unita di misura. Ogni proprieta ha la sua unita di misura. L’insieme delle proprieta e delle rispettive misure relative ad uno stesso materiale formano una sorta di carta d’identita del materiale stesso.

Le tabelle con le proprieta dei vari materiali sono riportate nei manuali e nei listini delle ditte produttrici, per consentire la scelta del materiale piu adatto a determinati impieghi o lavorazioni.

Prove e controlli dei materiali

Per conoscere le proprieta dei vari materiali e per poterne precisare il grado e la misura occorre eseguire sui materiali stessi prove specifiche, in laboratori appositamente attrezzati. Per confrontare correttamente una proprieta di due materiali diversi bisogna che tale proprieta sia espressa con la stessa unita di misura. Le prove sui materiali richiedono I’uso di macchine apposite. II pezzo per la prova viene di solito prelevato da campioni del materiale in esame e deve essere convenientemente dimensionato e sagomato in relazione al tipo di prova.

II pezzo cosi ottenuto viene comunemente chiamato provino o provetta.

Oltre che per verificare le caratteristiche dei materiale, le prove vengono eseguite per classificare, designare e scegliere il materiale, in relazione allo stato, alla qualita ed alle possibilita dei suo impiego.

Unificazioni

Le prove sui materiali debbono essere eseguite secondo metodi e procedimenti stabiliti e unificati, al fine di dare alla prova stessa i caratteri di attendibilita, confrontabilita e ripetibilita.

Per questo motivo sono state stabilite norme precise per le prove.

Tali norme riguardano sia l’ambiente in cui viene eseguita la prova, sia la macchina da usare, sia il procedimento di esecuzione della prova, sia le dimensioni e il modo di realizzare la provetta.

Le norme unificate per l’esecuzione delle prove vengono pubblicate da un apposito Ente Nazionale chiamato UNI (Unificazione Nazionale Italiana).

II rispetto di queste norme garantisce la validita della prova e dei suoi risultati e ne facilita la comunicazione.

In molti settori sono adottate, anche in territorio nazionale, altri tipi di norme, provenienti da altri paesi, che sono talvolta pit restrittive delle norme UNI: DIN (Germania), A.S.T.M, (Stati Uniti) ecc.

Trattamenti termici

Allo scopo di conseguire quel complesso di proprieta meccaniche e tecnologiche che sarebbe impossibile, difficile 0 non economico ottenere agendo sulla composizione chimica, le principali leghe di interesse industriale vengono sottoposte ad appositi trattamenti, detti trattamenti termici.

I trattamenti termici piu importanti sono: la tempra, la ricottura, il rmvenimento, la bonifica. I trattamenti termici sono operazioni tecnologiche che consistono nel sottoporre un metallo o una lega metallica, al di sotto del punto di fusione, ad uno o pi cicli termici (di riscaldamento e di raffreddamento) nell’intento di impartire loro determinate proprieta.

II trattamento termico fondamentalmente comporta una modificazione della struttura dei
metalli, cui corrisponde una variazione delle proprieta dei metalli stessi.

I trattamenti termici sono riservati generalmente alle leghe metalliche (acciai, bronzi, ottoni, leghe leggere, ecc.) perché le leghe possono subire una variazione della loro struttura e quindi delle loro proprieta.

Per i metalli puri, invece, non esiste questa possibilita.

Classificazione, denominazione e designazione di materiali metallici

I vari tipi di metalli in commercio vengono classificati e assumono denominazioni e designazioni diverse a seconda delle diverse proprieta chimiche, meccaniche e tecnologiche che li caratterizzano.

Particolarmente importante é la classificazione e la designazione degli acciai, di cui esistono migliaia di tipi diversi, che si differenziano per la composizione, per i trattamenti termici subiti, per I’tmpiego cui sono destinati, ecc. La classificazione e la designazione dei metalli in Italia é regolata dalle norme UNI, ma sono spesso usate anche altre norme internazionali (DIN, AISI, ANFOR, ecc.). Le ditte produttrici utilizzano inoltre sigle é codici particolari, diversi da ditta a ditta.

1.2 Proprieta chimiche

Proprieta chimico-strutturali

I metalli, come tutti i materiali, non sono perfettamente omogenei ed isotropi, anche se a prima vista possono apparire tali.

Se si frattura un metallo e si leviga opportunamente la superficie di rottura fino a renderla speculare e poi, dopo averla attaccata con appositi acidi, la si osserva con un microscopio a 500 o 1000 ingrandimenti, si pud vedere che la materia dei metallo é costituita da cristalli A, o granuli, aderenti gli uni agli altri, ma separati da linee sottili e irregolari (giunti tra cristalli). I cristalli a loro volta sono formati da piccolissime particelle (atomi) non visibili neppure al microscopio.

Gli atomi di un cristallo sono disposti con regolarita geometrica in modo da formare un reticolo cristallino B che si interrompe solo ai bordi del cristallo. II reticolo cristallino é una gabbia tridimensionale di linee immaginarie che uniscono i centri deqli atomi disposti nello spazio.

In ogni reticolo é possibile individuare una cella elementare C, cioé un gruppo di atomi regolarmente distribuiti nello spazio secondo una precisa disposizione geometrica.

Un reticolo é rappresentabile mpetendo nello spazio, lungo le tre direzioni, una cella elementare. La cella elementare é il piu piccolo solido che possiede la completa simmetria del cristallo ottenuta congiungendo i centri degli atomi contigui. La cella elementare é definita dalla sua forma e dalle sue dimensioni.

Struttura dei metalli puri

I metalli puri si differenziano tra loro: per le dimensioni, peso e proprieta degli atomi di cui sono costituiti e per il modo con il quale gli atomi interagiscono tra loro.

Ogni metallo ha atomi differenti da quelli di un altro metallo. In uno stesso metallo, allo stato solido, gli atomi si strutturano sempre con lo stesso identico reticolo per formare un cristallo. Puo capitare che due metalli differenti abbiano lo stesso tipo di reticolo, ma questo sara formato da atomi differenti. Ad esempio, il rame ha un reticolo uguale a quello del piombo, ma con atomi pit piccolli.

Tipi di reticolo e di celle elementari

I reticoli atomici dei cristalli dei metalli sono differenti a seconda dei tipo di cella elementare che li costituisce. Le celle elementari possono essere di 14 forme diverse, ma la grande maggioranza dei metalli cristallizza secondo 3 tipi di celle elementari:

A tipo cubico a corpo centrato B tipo cubico a facce centrate C tipo esagonale compatto. Per facilitare la rappresentazione grafica della cella elementare, gli atomi vengono individuati da un punto che corrisponde al loro centro.

In realta gli atomi, dotati, anche a temperature prossime allo zero assoluto, di una certa energia cinetica, oscillano intorno alla loro posizione di equilibrio, che statisticamente viene fatta coincidere con il centro dell’atomo stesso. Unendo i vari punti con linee immaginarie si ottiene la figura geometrica che rappresenta schematicamente la cella elementare.

In figura sono ad esempio schematizzate due tipi di celle elementari cubiche, quella a corpo centrato (1) e quella a facce centrate (2).

Tipi di celle dei cristalli puri.
Cella cubica a corpo centrato.

La cella é costituita da 9 atomi disposti su ciascun vertice di un cubo ed uno al centro del cubo stesso.

Gli atomi sono a contatto sulla diagonale interna del cubo.

Questo tipo di cella é caratteristica dei materiali pit duri con resistenza alle deformazioni e duttilita medie, come il tungsteno, il molibdeno ed il ferro a (alfa).

Cella cubica a facce centrate.
La cella é costituita da 14 atomi.

Un atomo é disposto su ciascuno degli 8 vertici del cubo ed uno al centro di ciascuna delle 6 facce.

Gli atomi sono a contatto sulla diagonale delle facce.

Questo tipo di cella é caratteristico dei metalli pit duttili, malleabili, buoni conduttori del calore e della elettricita, come il rame, il nickel, l’alluminio, il piombo, l’oro, l’argento e il ferro y (gamma).

Cella esagonale compatta.
La cella elementare é costituita da 17 atomi.

14 atomi sono disposti in modo da formare con i loro centri un prisma esagonale e 3 atomi sono disposti all’interno del prisma stesso.

Gli atomi sono a contatto sui lati degli esagoni di base.

Questa cella é caratteristica dei materiali fragili come il magnesio, il cadmio e lo zinco.

Struttura cristallina delle leghe metalliche

I reticoli cristallini non sono quasi mai formati da atomi dello stesso elemento. All’interno dei solidi cristallini sono presenti altri elementi, sia sotto forma di impurita, sia sotto forma di aggiunte per migliorare le caratteristiche e le proprieta del materiale di partenza (leghe). Questi elementi aggiunti si sistemano nel reticolo cristallino dell’elemento base in modi diversi.

Si distinguono tre casi: miscele, soluzioni solide, composti intermetallici

Miscele

I solidi cristallini sono costituiti da una miscela (miscuglio) di diversi tipi di grani, ognuno dei quali possiede un proprio reticolo cristallino.

Per le miscele di cristalli si pud portare ad esempio la struttura eutettoide perlite in figura: una struttura lamellare formata da strati alternati di cristalli cubici a corpo centrato del ferro (ferro a) e di cristalli di carburo di ferro (Fe3).

Soluzioni solide

I solidi cristallini sono costituiti da un unico tipo di grano, il cui reticolo cristallino contiene atomi di elementi diversi.

Per le soluzioni solide si puo portare ad esempio I’ottone, cioé l’inserimento di atomi di zinco nel reticolo cristallino cubico a facce centrate del rame (Zn < 40%), come illustrato in figura.

Composti intermetallici.

Nei solidi cristallini l’elemento base forma con l’elemento aggiunto (per una ben determinata proporzione o per una proporzione variabile in limiti piccolissimi) un composto.

Per i composti intermetallici si pud portare ad esempio la struttura cristallina del nitruro di ferro FesN, illustrata in figura.

1.3 Proprieta fisiche

Massa volumica

La massa di un dm3 di alluminio é 2,7 kg. La massa di 1 dm3 di ferro é 7,86 kg. A parita di volume il ferro ha dunque una massa maggiore dell’alluminio, cioé ha una maggiore massa volumica. Si definisce pertanto massa volumica il rapporto fra la massa di un corpo e il suo volume.

La massa volumica di un corpo metallico viene espressa normalmente in kg/dm3. Questa proprieta fisica, prima della introduzione del sistema SI, veniva chiamata peso specifico.

Per conoscere la massa volumica di un materiale, si divide la ‘sua massa, misurata in kg, per il suo volume, misurato in dm3.

Indicando con y (gamma, lettera dell’alfabeto greco) la massa volumica, si ha:

La massa volumica ha un valore Riverso per ogni materiale.

Nella tabella sono riportate le masse volumiche di alcuni metalli. Con il nome di leghe leggere sono spesso chiamate le leghe metalliche, ad esempio a base di alluminio, la cui massa volumica é inferiore a 4 kg/dm?.

Calore specifico

Per portare da 0°C a 100°C la temperatura di 1 kg di alluminio é necessario fornire all’alluminio una quantita di calore pari a circa 90.000 J.

Per portare da 0°C a 100°C la temperatura di 1 kg di acciaio é necessario fornire una quantita di calore pari a circa 45.000 J.

Si puo dire dunque che, a parita di massa, I’alluminio richiede una quantita di calore maggiore di quanto richieda l’acciaio per ottenere uno stesso aumento di temperatura.

Da questo deduciamo che I’alluminio ha un calore specifico (piu esattamente, una capacita termica massica) maggiore dell’acciaio.

Il calore specifico é il rapporto fra la quantita di calore che é necessario fornire ad un corpo di massa unitaria per elevarne di 1 °C la temperatura.

Per conoscere il calore specifico, Cs, di un materiale, si divide il calore ceduto Q, espresso in Joule (J), per la differenza tra la temperatura finale T2 e quella iniziale Ti, moltiplicata per la massa del materiale (espressa in kg).

Il calore specifico ha un valore diverso per ogni materiale, come risulta dalla tabella.

Poiché per uno stesso materiale il calore specifico varia a seconda dell’intervallo di temperatura considerato, in pratica ci si riferisce al calore specifico medio nell’intervallo di temperatura da 0°C a 100°C.

Dilatazione termica

E noto che tutti i corpi, quando vengono riscaldati, subiscono una dilatazione. Se prendiamo due barre, una di acciaio e una di piombo, di uguale lunghezza alla temperatura di 20°C, avranno lunghezze differenti alla temperatura di 100°C.

Cio é dovuto al fatto che la dilatazione é diversa per ogni materiale. Di questa dilatazione si deve sempre tenere contd quando si montano organi meccanici. Ad esempio, negli accoppiamenti forzati di due pezzi la dilatazione termica pud far nascere forze che compromettono la struttura stessa dell’accoppiamento.

E a causa della dilatazione termica dei materiali che in ogni misurazione di precisione si deve sempre far riferimento alla temperatura alla quale si trova il pezzo da misurare, e si deve controllare che anche la temperatura dello strumento di misura non sia diversa dalla temperatura alla quale lo strumento stesso é stato tarato (generalmente 20°C).

II coefficiente di dilatazione termica lineare a esprime l’aumento di lunghezza AL che subisce il materiale di lunghezza iniziale Lo per effetto di una variazione di temperatura AT.

Nella tabella sono riportati i, coefficienti di dilatazione lineare media nell’intervallo tra 20 e 100 °C dei principali metalli.

Dalla formula si ricava che il coefficiente a rappresenta l’aumento di lunghezza di un pezzo di lunghezza unitaria quando la sua temperatura aumenta di 1°C. ‘ Ad esempio, una barra di alluminio lunga 1 m’ si dilata mediamente di 24 pm (0,000 024 m) all’aumentare di 1°C della sua temperatura.

Temperatura di fusione

Se riscaldiamo un pezzo di ferro fino a portarlo alla temperatura di 1535°C il ferro fonde, cioé passa dallo stato solido a quello liquido.

II piombo fonde invece a 327°C, cioé ad una temperatura inferiore a quella del ferro. La temperatura di fusione é la temperatura alla quale un materiale comincia a passare dallo stato solido a quello liquido.

La temperatura di fusione é caratteristica di ogni materiale ed é anche chiamata punto di fusione. Nella tabella a fianco sono riportati i punti di fusione di alcuni metalli puri.

Calore latente di fusione

Quando un materiale ha raggiunto la temperatura alla quale ha inizio la fusione é necessario continuare a fornire calore affinché la fusione avvenga completamente. Questo calore che si deve continuare a fornire é detto calore latente di fusione. Durante la cessione di questo calore se il materiale é un metallo puro, la temperatura rimane costante.

II calore latente evidenzia la differenza fisica fra temperatura e calore. Solitamente, quando cediamo calore ad un corpo, la sua temperatura aumenta, mentre diminuisce se lo sottraiamo. Quando invece il corpo ha un passaggio di stato (ad esempio, passa da solido a liquido) la sua temperatura non varia anche se cede o assorbe calore.

I metalli puri fondono mantenendo la temperatura costante.

Le leghe invece iniziano la fusione ad una temperatura (T1) e la completano ad una temperatura diversa (T2).

Se riscaldiamo, ad esempio, una certa quantita di oro in un forno, notiamo che la temperatura indicata dal termometro prima sale e poi si stabilizza a 1063°C (temperatura alla quale l’oro fonde), per poi salire ancora quando I’oro é passato completamente allo stato liquido.

Le temperature rilevate ad intervali di tempo regolari vengono registrate in una tabella.

In base ai dati della tabella é possibile costruire un grafico che mostra chiaramente la costanza della temperatura nel periodo entro il quale l’oro passa dallo stato solido allo stato liquido (A).

Se ripetiamo l’esperienza, invece che con oro puro, con una lega oro platino, possiamo osservare che la temperatura sale sempre nel tempo, senza avere un punto di stabilizzazione, anche se durante il passaggio di stato (tra T1 e T2) sale meno rapidamente (B).

Conduttivita termica

Se riscaldiamo le estremita di due barre di metallo diverso, noteremo all’altra estremita, dopo breve tempo, due temperature diverse. Cio é dovuto al fatto che i due materiali hanno una diversa capacita di condurre il calore.

I materiali possono essere buoni o cattivi conduttori di calore.

Sono buoni conduttori di calore il rame, l’alluminio, l’argento, l’oro e i metalli in generale. Sono cattivi conduttori di calore l’antimonio, il polistirolo espanso, l’amianto, la lana di vetro, il legno, la porcellana ed in generale i non metalli.

Negli impianti termici, ad esempio, assumono notevole importanza i materiali cattivi conduttori di calore, detti anche isolanti, che servono ad impedire la dispersione del calore e quindi a risparmiare energia.

Conduttivita elettrica

Se prendiamo due fili di metalli differenti ed applichiamo una stessa tensione ai loro capi, noteremo che essi saranno attraversati da due correnti di intensita diversa.

La intensita di corrente sara maggiore nel filo di materiale che ha maggiore conduttivita elettrica.

La conduttivita elettrica é l’inverso della resistivita elettrica.

Sono buoni conduttori di elettricita il rame, l’argento, l’alluminio e i metalli in generale. Sono cattivi conduttori di elettricita il carbone, la porcellana, il vetro, il legno e i non metalli in generale, che vengono detti per questo isolanti.

La conduttivita elettrica interessa la scelta dei materiali nel campo delle costruzioni elettriche.

1.4 Proprieta meccaniche

Tipi di sollecitazioni

Le proprieta meccaniche riguardano la capacita dei materiali di resistere alle sollecitazioni dovute all’azione di forze applicate dall’esterno, che tendono a modificarne la forma e le dimensioni. Le forze applicate ai materiali possono essere di tipo diverso e 1 materiali hanno una diversa capacita di resistere ai vari tipi di forze. Le forze infatti possono variare per tempo di applicazione, per il punto o la superficie di applicazione, per la, direzione che hanno rispetto al corpo stesso, ecc.

Forze statiche

Le forze applicate con gradualita e continuita nel tempo (ad es. per pid di un minuto) sono dette statiche. La capacita dei materiali di resistere a forze statiche é detta resistenza meccanica. A seconda del modo in cui agiscono, le forze statiche si distinguono in forze di trazione, di compressione, di flessione, di torsione e di taglio. Sono soggetti, ad esempio, a sollecitazioni di trazione i ganci e le funi delle macchine di sollevamento.

Forza dinamiche

Se le forze sono applicate in tempi brevi, (ad esempio sotto forma di urto. per meno di 1/10 di secondo) vengono dette dinamiche. La resistenza dei materiali alle forze dinamiche é detta resilienza. Sono soggetti a queste forze, ad esempio, i martelli o le mazze dei magli e le incudini.

Forze periodiche

Quando le forze hanno un carattere ripetitivo nel tempo (ad esempio, forze che agiscono decine di volte ogni secondo), vengono dette forze periodiche. La resistenza dei materiali alle forze periodiche é detta resistenza a fatica. Sono soggetti a queste forze, ad esempio, gli alberi a gomito é le bielle.

Forze concentrate

La resistenza dei materiali a forze applicate in zone ristrette o puntiformi é detta durezza. Sono soggetti a queste forze i materiali lavorati con asportazione di truciolo.

Forze di attrito

La resistenza dei materiali a forze applicate su contatti mobili e striscianti é detta resistenza all’usura. Sono soggetti a queste forze gli organi meccanici di trasmissione (ruote dentate), gli alberi ei cuscinetti, le guide di scorrimento, ecc.

Tipi di sollecitazioni statiche

Si definisce sollecitazione l’insieme di forze esterne (o carichi) agenti su di un corpo. I vari tipi di sollecitazione si distinguono in base alla direzione di applicazione delle forze rispetto all’asse geometrico del solido. I principali tipi di sollecitazione sono: trazione, compressione, torsione, flessione, taglio.

Queste sollecitazioni sono chiamate semplici.

Ovviamente, un solido pud essere sottoposto a pit di una sollecitazione semplice contemporaneamente.

In questo caso si hanno sollecitazioni composte.

Ad esempio, un albero di trasmissione é quasi sempre sottoposto a sollecitazioni di torsione e di flessione contemporaneamente.

Sollecitazione di trazione

Un corpo si dice sollecitato a trazione quando due forze di uguale intensita sono dirette lungo l’asse geometrico del corpo e tendono ad allungarlo. E il caso, ad esempio, delle funi metalliche 0 delle catene che sorreggono carichi sospesi.

Sollecitazione di compressione
Un corpo si dice sollecitato a compressione quando le forze, dirette lungo l’asse, tendono ad accorciarlo. E’ il caso ad esempio dei basamenti delle macchine utensili, dei pilastri negli edifici, dei pezzi stretti nella morsa, ecc.

Sollecitazione di flessione

Un corpo é sollecitato a flessione quando la forza applicata tende a piegarlo (o a fletterlo). La direzione della forza é perpendicolare all’asse. del pezzo e giace nel piano passante per l’asse geometrico stesso. Questa sollecitazione é caratteristica, ad esempio, delle travi, degli alberi, dei bracci di sostegno, ecc.

Sollecitazione di torsione

Un corpo é sollecitato a torsione quando é sottoposto ad una forza che tende a far ruotare una sezione dei pezzo rispetto alla sezione immediatamente adiacente. Le forze giacciono sul piano perpendicolare all’asse del pezzo e tendono a torcerlo. E’ questa la sollecitazione cui sono sottoposti, ad esempio, gli alberi di trasmissione di una macchina, le maniglie delle porte, ecc.

Sollecitazione di taglio

Un corpo é sollecitato a taglio per effetto di una forza applicata soltanto su una parte del corpo stesso, che tende, di conseguenza, a scorrere rispetto all’altra parte, mantenuta fissa da una forza contraria. La sollecitazione a taglio si ha nella chiodatura delle lamiere, nelle linguette per pulegge, negli spinotti, ecc. Il caso tipico di sollecitazione a taglio é quello di una lamiera sottoposta all’azione della cesoia.

1.5 Resistenza meccanica

La resistenza meccanica é la capacita dei materiali di resistere a forze statiche esterne, tendenti a modificarne la forma e la dimensione. La resistenza meccanica dei materiali ai vari tipi di sollecitazione statica puo essere misurata con prove specifiche di trazione, di compressione, di torsione, di flessione, di taglio, ecc.

La prova pil importante é quella di trazione statica dalla quale si rilevano le proprieta di resistenza, di deformabilita e di elasticita del materiale, cioé tutte le proprieta mediante le quali si classificano, si designano e si scelgono i materiali. Infatti, la conoscenza della resistenza a trazione di un materiale permette di stabilire, mediante calcoli appropriati, anche i valori relativi agli altri tipi di resistenza meccanica, senza dover ricorrere alle prove specifiche.

Le prove specifiche di compressione, di taglio, di flessione e di torsione vengono eseguite solo in casi particolari; ad esempio, nel collaudo di pezzi finiti.

Prova di trazione statica

La prova consiste nel sottoporre una provetta unificata del materiale in esame ad un carico di trazione applicato gradatamente e con continuita fino a provocarne la rottura.

Le variazioni di allungamento con l’aumentare del carico impresso vengono registrate o per punti (e allora si ottiene una tabella) o in modo continuo (e allora si ottiene un grafico). Generalmente, un materiale sottoposto a trazione crescente manifesta cinque momenti o fasi differenti di allungamento:

  • elasticita e proporzionalita;
  • sola elasticita (senza proporzionalita) elasticita e plasticita;
  • snervamento rottura.

Fase di elasticita e proporzionalita

In una prima fase, quando il materiale é sottoposto ai primi carichi, l’allungamento cresce proporzionalmente al carico impresso. AI cessare del carico la provetta riacquista le dimensioni iniziali. In questa fase, se si raddoppia o si triplica il carico, anche l’allungamento raddoppia o triplica. Se, ad esempio, aumentiamo il carico di una stessa quantita (es. 10 N alla volta), l’allungamento aumenta sempre dello stesso valore (es. di 0,1 mm ad ogni carico aggiunto). Se si toglie il carico non permane alcuna deformazione.

Fase di sola elasticita

In una seconda fase, aumentando il carico, il materiale é ancora elastico, cioé le deformazioni permanenti sono trascurabili rispetto a quelle elastiche. In questa fase, non viene rispettata la legge di proporzionalita, cioé la provetta si allunga di piu, e in modo non piu proporzionale al carico. Ad esempio, aggiungendo altri 10 N di carico, in questa fase l’allungamento cresce non pit di 0,1 mm, ma di 0,2 mm, poi di 0,3 mm per altri 10 N, e cosi via. Se togliamo il carico non permane alcuna deformazione e la provetta riassume la lunghezza primitiva.

Fase di elasticita e plasticita

Oltre questo carico, la provetta comincia a subire delle deformazioni che permangono, in parte, anche dopo aver eliminato il carico. Questa fase é detta di elasto-plasticita, perché il materiale presenta deformazioni sia plastiche (permanenti), sia elastiche (che scompaiono). Se togliamo il carico l’allungamento si riduce, ma la provetta non riassume le dimensioni iniziali.

Fase di snervamento

Si ha lo snervamento quando la deformazione della provetta aumenta per la prima volta senza che il carico aumenti, oppure quando il carico diminuisce. Il carico che provoca questo cedimento si chiama carico di snervamento. Questa fase non compare nei materiali fragili come le ghise o gli acciai duri (ad elevato tenore di carbonio), i quali arrivano a rottura sotto un carico determinato senza passare attraverso la fase di snervamento. Il carico di snervamento caratterizza l’inizio della fase plastica che precede la rottura della provetta.

Fase di rottura

Dopo lo snervamento, se aumentiamo ancora il carico, la provetta continua a deformarsi plasticamente fino all’tmprovvisa rottura. In questa fase, nella zona di rottura della provetta, la sezione si stringe visibilmente, presenta cioé il cosiddetto fenomeno della strizione. In generale la rottura non coincide con il carico massimo. Infatti, la provetta, prima di rompersi, si allunga anche se il carico diminuisce.

Provette unificate

Le provette per la prova di trazione sono costituite da una parte cilindrica o prismatica (detta tratto utile) sulla quale deve essere misurato l’allungamento, raccordata alle estremita a due teste di forma opportuna che vengono afferrate dagli organi di presa della macchina. Le teste possono avere qualunque forma appropriata ai dispositivi di serraggio della macchina di prova. L’esperienza ha dimostrato che i risultati della prova sono influenzati sensibilmente dalle dimensioni della provetta. Per questo le norme UNI (Unificazione Nazionale Italiana) prescrivono il modo di prelevamento, la forma, le dimensioni e la preparazione delle provette al fine di ottenere valori attendibili, ripetibili e confrontabili.

In figura sono rappresentate due tipiche provette per la prova di trazione; una a sezione circolare (A) e una a sezione rettangolare (B). II tratto utile per la misurazione degli allungamenti é compreso tra due trattini, che all’inizio della prova si trovano ad una distanza Lo che varia a seconda del tipo di provetta. La sezione So della provetta é un dato che deve essere conosciuto con precisione perché serve a determinare i carichi unitari che caratterizzano la resistenza del materiale.

Diagramma della prova di trazione

Durante la prova di trazione, l’apparato registratore della macchina traccia un diagramma carichi-allungamenti il cui andamento é caratteristico per ciascun materiale. II diagramma puo essere costruito per punti, trascrivendo su una tabella i valori dei carichi e dei corrispondenti allungamenti.

In figura é rappresentato il diagramma di un acciaio dolce (a basso tenore di carbonio), cioé di un materiale duttile Da questo diagramma si rilevano i seguenti carichi caratteristici:

  • Fp = carico di scostamento dalla proporzionalita
  • Fs = carico di snervamento
  • Fm = carico massimo
  • Fu = carico ultimo

Nella figura a fianco sono rappresentati i diagrammi di vari materiali, sottoposti alla prova trazione.

  • A Rame
  • B Ghisa
  • C Acciaio a basso tenore di carbonio
  • D Acciaio ad alto tenore di carbonio
  • E Acciaio bonificato

Si noti che nella ghisa, nel rame e nell’acciaio bonificato (materiali fragili) non compare la fase di snervamento.

Carichi unitari

Dai valori dei carichi totali impressi alla provetta si ricavano, dividendo per la sezione iniziale della provetta (So) i carichi unitari (R = F/So) che sono indici delle caratteristiche dei materiale in esame e non dipendono dalla sezione della provetta. Infatti, qualunque sia la sezione della provetta, il carico unitario di un determinato acciaio é sempre lo stesso, se non vi sono difetti di fabbricazione. L’unita di misura dei carichi é il N/mm2. L’unita di misura usata prima dell’introduzione del nuovo Sistema Internazionale era il kg/mm2.

Si ricorda che:

  • 1kg=9,8N
  • 1N=0,102 kg

Carico di scostamento dalla Proporzionalita F

Rappresenta il valore di carico sotto il quale si verifica un allungamento elastico e plastico non proporzionale. II valore dell’allungamento, espresso in percentuale, viene prestabilito e deve essere il piu piccolo possibile, compatibilmente con le possibilita di registrazione della macchina con la quale si esegue la prova di trazione.

In pratica il carico si ricava dall’intersezione tra la curva del diagramma e una parallela alla retta che rappresenta la fase di proporzionalita, scostata rispetto a quest’ultima di una distanza pari a un allungamento prefissato (ad esempio 0.002 % di Lo). II carico unitario di scostamento dalla proporzionalita é ottenuto dividendo il carico di proporzionalita per la sezione iniziale della provetta.

II carico di scostamento dalla proporzionalita sostituisce il carico limite di proporzionalita che in pratica non pud essere determinato, cioé il carico massimo sotto il quale il materiale subisce piccole deformazioni, che comunque vengono annullate se eliminiamo la forza che le provoca. Superato questo valore, le deformazioni, anche se elastiche, non sono pit. proporzionali ai carichi.

Carico di snervamento Fs

Rappresenta il massimo valore di carico sotto il quale il materiale della provetta continua ad allungarsi, anche se il carico stesso non aumenta ulteriormente o diminuisce. Il carico unitario di snervamento é ottenuto dividendo il carico di snervamento per la sezione iniziale.

Le deformazioni che il materiale subisce possono essere inammissibili per le tolleranze dei pezzi. Per questo i progetti di molte strutture vengono eseguiti considerando il carico di snervamento invece che quello massimo.

Carico massimo Fm

Rappresenta il valore massimo del carico raggiunto durante la prova di trazione condotta fino a termine. Questo valore é convenzionale in quanto il carico non é sopportato dalla sezione iniziale So, bensi da una sezione decisamente inferiore per la deformazione subita dalla Provetta. II carico massimo unitario é dato dal rapporto fra il carico massimo e la sezione iniziale della provetta.

Nonostante il suo valore convenzionale il carico unitario massimo é la piu importante caratteristica meccanica rilevata con la prova di trazione.

Modulo di elasticita E

Il modulo di elasticita serve per calcolare le inflessioni delle strutture soggette a sforzi (travi inflesse, bracci di gru, ponti, ecc.). Desunto dalla prova di trazione é il rapporto fra il carico unitario entro il limite di proporzionalita (cioé per F < Fp) e la deformazione longitudinale unitaria.

E un indice del grado di rigidita (o di deformabilita) dei materiali sottoposti a trazione o a compressione. Non va confuso con il concetto di elasticita che abitualmente attribuiamo ai materiali. II ferro, infatti, ha modulo di elasticita maggiore della gomma perché si deforma meno a parita di carico.

Allungamento percentuale dopo rottura (A%)

Se dopo la rottura si ricongiungono gli spezzoni della provetta, si puo misurare la lunghezza Lu raggiunta dalla provetta tra i tratti di riferimento inizialmente a distanza Lo (pari a 5 diametri). Si definisce l’allungamento come il rapporto fra l’allungamento permanente della lunghezza utile della provetta dopo rottura, espresso in percentuale della lunghezza iniziale Lo.

L’allungamento é l’indice piu efficace per esprimere la deformabilita e quindi la lavorabilita di un materiale. E una proprieta intrinseca della materia, del suo stato, della forma e della distribuzione dei costituenti strutturali; é influenzato, inoltre, dalle dimensioni, dalla forma e dalla lavorazione della provetta e dalla posizione in cui avviene la rottura. La lavorabilita é tanto maggiore quanto maggiore é l’allungamento. Lo stesso vale per la plasticita e per la tenacita.

1.6 Resistenza alla fatica e all’usura

L’esperienza insegna che un pezzo meccanico offre una certa resistenza se viene sottoposto a un carico costante, presenta invece una resistenza minore se é sottoposto a un carico di intensita variabile nel
tempo e ripetuto pit volte. Ad esempio, un tondino di ferro che sopporta una trazione costante di 100 kg, pud invece spezzarsi in breve tempo se viene sottoposto ad un carico che vari rapidamente e ripetutamente da un minimo di 0 ad un massimo di 50 kg.

Le sollecitazioni ripetute nel tempo producono una specie di affaticamento del materiale. Le rotture prodotte in questo modo sono denominate rotture per fatica. Le rotture per fatica sono molto pericolose, perché si verificano istantaneamente, senza segni premonitori (allungamenti locali), anche se il carico é inferiore al carico di rottura.

Le cause della rottura per fatica non sono quindi da attribuire all’intensita della forza impressa, ma ad intagli e cricche superficiali, variazioni brusche di sezione, corrosione, disomogeneita del materiale, rugosita, tempra troppo brusca, ecc. In questi casi si forma una piccolissima cricca locale che, coi tempo, si allarga a tutto il pezzo fino al cedimento totale, brusco ed improvviso. La presenza di cricche all’interno un materiale metallico pud essere rivelata mediante esami radiografici, magnetoscopici, con gli ultrasuoni o liquidi penetranti fosforescenti.

Prova di fatica

La prova consiste nel sottoporre una provetta unificata del materiale in esame all’azione di carichi noti, ripetuti nel tempo, e nel determinare il numero di azioni da carico, dette cicli (N), sopportato dalla provetta prima di rompersi. Per ciclo s’intende l’insieme dei valori assunti dalla sollecitazione in un periodo, ad esempio: un giro, per un albero rotante sottoposto a flessione, o un colpo per un martello pneumatico. Le prove di fatica non sono state unificate per quanto concerne la parte esecutiva.

Si seguono, percio, molti procedimenti e si usano macchine diverse che si differenziano per: genere della sollecitazione (flessione rotante, assiale, torsionale); variazione del carico (a carico costante o variabile); natura della provetta (provetta convenzionale, oggetto in scala o reale). Una delle prove piu diffuse é quella eseguita con la macchina di Schenck, per la flessione rotante.

Macchina Schenck per la prova di fatica

La macchina é costituita da una incastellatura in ghisa su cui sono montati i supporti A a cuscinetto della provetta, posta in rotazione da un motore M. Sulla provetta sono montati due cuscinetti provvisti di tiranti che imprimono il carico. II carico é trasmesso ad una stadera C, munita di un peso D. Se si sposta il peso D verso destra aumenta il carico impresso alla provetta. Una lancetta E, collegata al peso D segna sulla scala graduata F il valore del carico impresso. Vicino al motore vi é un contagiri G e un sistema per bloccare la macchina quando la provetta si rompe.

Conduzione della prova

Normalmente la prova viene eseguita sottoponendo a flessione una serie omogenea di provette, con carichi decrescenti. Si tenga presente che diminuendo il valore della sollecitazione unitaria cresce il numero di cicli a cui il pezzo pud resistere. In generale si parte applicando alla provetta una sollecitazione di poco inferiore al carico di rottura statico, in modo che il numero di cicli occorrente per rompere la provetta sia limitato. Si ripete la prova numerose volte applicando sollecitazioni sempre piu piccole. E’ evidente che minore é il carico e maggiore sara il numero di cicli sopportati dalla provetta prima di rompersi. Con i risultati ottenuti si compila una tabella dei carichi e del numero di cicli corrispondenti. Riportando i dati della tabella in un diagramma, si ricava il carico limite di fatica.

Diagramma della prova di fatica (o di Wohler)

I risultati delle prove vengono riportati in un diagramma su cui, in verticale, sono riportati i carichi, mentre in orizzontale sono riportati i corrispondenti numeri di cicli (N) ai quali la provetta ha resistito. Unendo i punti delle singole prove si ottiene una curva, rappresentata in figura. Si assume come carico di fatica il carico corrispondente al tratto della curva parallelo all’asse orizzontale. Per tale valore del carico, o per carichi inferior, il materiale della provetta ha una resistenza alla fatica che si pud ritenere illimitata.

Confrontando il carico di rottura con il carico limite di fatica, si pud vedere che per gli acciai al carbonio il carico di fatica é circa la meta del carico di rottura alla trazione. Per le leghe dei rame, le leghe leggere e quelle ultraleggere il carico limite di fatica é 0,3 + 0,4 volte il carico di rottura.

Resistenza all’usura

L’usura é il deterioramento meccanico che avviene sulle superfici di contatto fra organi meccanici accoppiati, in movimento uno rispetto all’altro. L’effetto prodotto dall’usura consiste nella riduzione del peso e delle dimensioni degli elementi accoppiati, in conseguenza dell’asportazione di piccole particelle di materiale. Le cause dell’usura sono da attribuire al fatto che le superfici di contatto non sono perfettamente piane, ma hanno piccolissime sporgenze che, durante il movimento, si urtano l’una contro I’altra.

L’urto di queste sporgenze genera forze, cosiddette di attrito, che si oppongono al moto e causano perdite di energia che viene dissipata sotto forma di calore. Le forze di attrito responsabili dell’usura delle superfici sono direttamente proporzionali alla pressione fra le superfici di contatto e aumentano con la velocita relativa delle superfici stesse. L’usura é quindi favorita da una cattiva finitura superficiale ed aumenta quando le particelle staccate rimangono aderenti alla superficie di lavoro. Per realizzare le condizioni di minima usura bisogna impiegare materiali con una grande durezza superficiale e con superfici a bassa rugosita.

Per diminuire ulteriormente l’usura si ricorre alla lubrificazione forzata che, oltre ad impedire un contatto diretto fra le superfici, asporta le particelle di usura che si vadano formando. Un altro accorgimento per diminuire l’usura é costituito dall’applicazione di cuscinetti a rulli o a sfere agli elementi accoppiati.

Le prove di usura non sono unificate e sono di vario tipo. Ognuna cerca di riprodurre e di precisare particolari condizioni di esercizio pi o meno complesse. Una delle prove piu conosciute é quella che concerne l’usura di rotolamento e di strisciamento tra due superfici. Due corpi a forma di disco vengono fatti ruotare uno contro l’altro in senso inverso. L’usura deriva dall’attrito tra le superfici a contatto.

Scegliendo opportunamente i diametri e regolando la pressione tra i due dischi, la velocita di rotazione e i tempi della prova, si possono indagare diverse forme d’attrito e ricavare informazioni sui diversi gradi di usura (tassi di usura). II tasso di usura viene calcolato sulla base della differenza tra le masse iniziali dei due dischi e quelle riscontrate al termine della prova. Con le prove di usura si ricava anche il coefficiente di attrito f. caratteristico del materiale in esame, definito dalla formula:

dove:

Ma = momento di attrito
N = forza normale al piano di contatto tra le superfici
r = raggio dei dischi a contatto

1.7 Resilienza

La resilienza é la proprieta dei materiali di resistere ad urti o strappi (a sforzi cioé applicati in tempi brevissimi). La resilienza é l’inverso della fragilita, cioé quanto piu grande é la resilienza tanto é minore la fragilita e viceversa.

Il grado di resilienza di un materiale fornisce preziose indicazioni sulle caratteristiche del materiale:

  • orienta sulla scelta dei materiali destinati a subire urti (incudini, trance, mazze, ecc.);
  • condiziona i parametri dei trattamenti termici (temperatura, tempi e velocita di raffreddamento);
  • precisa lo stato di un materiale sottoposto a lavorazione plastica (ad esempio fragilita in seguito a incrudimento).

I materiali con buona resilienza sono tenaci, cioé hanno buon allungamento sotto trazione e buona resistenza allo sforzo di trazione. In generale gli acciai sono tenaci e hanno buona resilienza. I materiali con scarsa resilienza, detti fragili, sono di solito pii duri e hanno scarso
allungamento. Sono fragili quei materiali che non possono assorbire, mediante deformazioni senza rottura, gli urti ai quali sono sottoposti. Le ghise sono generalmente fragili, cioé hanno scarsa resilienza.

Prova di resilienza

L’indice della resilienza dei materiali viene ottenuto con una prova pratica, consistente nel misurare il lavoro L necessario per rompere con un sol colpo una provetta unificata dei materiale in esame, di sezione So.

La resilienza K é espressa dal rapporto K=L/So
L’unita di misura della resilienza é il J/em2.

Pendolo di Charpy

La macchina per eseguire la prova di resilienza é nota coi nome di pendolo Charpy. Il pendolo Charpy consiste in una pesante mazza che scende per gravita dall’alto, incontra sulla sua traiettoria pendolare una provetta unificata, la rompe e continua la sua corsa oltre la provetta risalendo fino ad una certa quota.

La macchina é tarata per dare immediatamente su un quadrante il valore dell’energia assorbita dalla provetta. Oltre alla provetta, anche gli appoggi della macchina e la testa della mazza che colpisce la provetta devono possedere forma e dimensioni unificate per garantire alla prova valori attendibili, confrontabili e ripetibili.

Indice di resilienza

il lavoro assorbito dalla provetta nell’urto é dato dalla differenza fra l’energia posseduta dal pendolo all’inizio della sua corsa ¢ l’energia che gli rimane per risalire oltre la provetta. L’energia disponibile prima della caduta é data dal peso P dei pendolo moltiplicato per l’altezza di caduta H. L’energia posseduta dal pendolo quando risale é data dal peso P moltiplicato per l’altezza h di risalita. Quindi, il lavoro necessario per rompere la provetta é dato da L=P*H-Peh

Dividendo L per la sezione So della provetta in corrispondenza dell’intaglio, si ottiene l’indice di resilienza K=L/So

Provette unificate

Per rendere attendibile la prova di resilienza e quindi gli indici che da essa si ricavano é necessario utilizzare provette unificate aventi precise caratteristiche dimensionali e di forma. Solo cosi infatti gli indici di resilienza di materiali diversi risultano confrontabili. La provetta unificata pil diffusa é del tipo Mesnager ed é costituita da una barretta lunga 55 mm, a sezione quadrata, con il lato di 10 mm e indebolita al centro da un intaglio a U profondo 2 mm.

Questo intaglio ha lo scopo di concentrare lo sforzo al centro della provetta, in modo che la rottura avvenga in quel punto prestabilito. Altre provette unificate utilizzate per gli acciai differiscono dal tipo Mesnager solo per la forma dell’intaglio che puo essere a U o a buco di chiave e profondo 5 mm (provette tipo Charpy), oppure a V.

A seconda del tipo di provetta usata varia il simbolo della resilienza:

K per la provetta tipo Mesnager (1)
KCU per le provette tipo Charpy (2)
KV _ per la provetta a V (3).

Temperatura di transizione

La temperatura ha una grande influenza sulla resilienza dei materiali. In generale, la resistenza all’urto dei materiali metallici diminuisce legge mente al diminuire della temperatura. Se pero la temperatura si abbassa o tre un certo valore la resilienza all’urto diminuisce in maniera brusca é netta. La temperatura alla quale il materiale ha una brusca caduta di resilienza detta temperatura di transizione.

Si considerino due provette sottoposte a prova di resilienza.

Per temperature superiori a quella di transizione il materiale é tenace e la provetta subisce delle deformazioni plastiche e talvolta non si rompe neppure. Nella zona di rottura si notano allungamenti e restringimento della sezione. Per temperature inferiori a quelle di transizione il materiale diventa fragile e la resilienza ha valori molto bassi (fragilita a freddo).

La provetta si rompe nettamente senza manifestare allungamenti, come se la rottura si fosse propagata all’istante a tutta Ia sezione. La temperatura di transizione dipende dal tipo di materiale, dalla sua composizione chimica (presenza di particolari impurezze quali l’idrogeno per l’acciaio), dal trattamento termico subito, dalle lavorazioni subite e da altri fattori di minore importanza.

Determinazione della temperatura di transizione

Per conoscere la temperatura di transizione di un materiale si effettuano diverse prove di resilienza su provette assolutamente uguali e a temperature via via decrescentt.

I risultati delle varie prove vengono riportati su un diagramma.

In orizzontale vengono segnate le temperature delle prove e in verticale vengono segnati i corrispondenti valori delle resilienze ottenute. Unendo i punti si ottiene una curva caratteristica del materiale, dalla quale si ricava che, in corrispondenza di un breve intervallo di temperatura, si ha una brusca variazione dei valori della resilienza (zona di transizione). Si assume come temperatura di transizione la temperatura intermedia tra i due estremi della zona di transizione.

Importanza della temperatura di transizione nella scelta dei materiali.

La conoscenza della temperatura di transizione é molto importante ai fini dell’impiego di un materiale soprattutto quando questo é destinato a subire fori sbalzi di temperatura. Cio significa che il pezzo in opera non dovra lavorare a temperature troppo vicine a quella di transizione per evitare che una improvvisa possibile diminuzione della temperatura provochi una rottura fragile. Per questo motivo i materiali da impiegare in un ambiente esterno a temperatura ordinaria devono avere una temperatura di transizione inferiore a 20 °C-30°C sotto zero. Per applicazioni a temperature molto basse si usano materiali con temperature di transizione
inferiori a 100°140°C sotto zero.

1.8 Durezza

La durezza é la proprieta che hanno i materiali di resistere alla penetrazione di un corpo di materiale duro, in ogni caso pit duro del materiale in esame.

Le prove di durezza sono molto in uso perché hanno diversi vantaggi: non richiedono provette, potendosi eseguire direttamente sul pezzo in esame; non distruggono né alterano l’organo sottoposto alla prova; forniscono indici di confronto per un Giudizio sulla qualita dei materiali; consentono di stabilire il grado di lavorabilita alle macchine utensili di un pezzo; consentono di valutare, con buona approssimazione, la resistenza a trazione degli acciai.

In base alla durezza viene effettuata la scelta dei materiali soggetti a sfregamento e degli utensili per lavorazioni meccaniche. I materiali piu duri hanno elevata resistenza alla trazione, sono poco plastici e sono pertanto adatti alle lavorazioni con le macchine utensili. I materiali meno duri sono invece pit plastici, hanno bassa resistenza a trazione e sono percio adatti ad essere lavorati per stampaggio a caldo o a freddo. La durezza varia con la temperatura del materiale. Al crescere della temperatura la durezza diminuisce.

Prove di durezza

In pratica, il grado di durezza di un materiale viene misurato comprimendo sulla superficie del materiale in esame un penetratore, con una punta di forma, dimensioni e materiale opportuni. Dalle dimensioni della impronta prodotta sotto un determinato carico, si deduce il grado di durezza del materiale in esame.

Gli apparecchi per l’esecuzione della prova sono detti durometti. I valori della durezza vengono determinati secondo vari metodi, fra i quali sono piu comunemente impiegati quelli Brinell, Vickers e Rockwell. Ogni metodo usa un diverso oenetratore ed un valore diverso del carico. Se, su uno stesso materiale, eseguiamo prove di durezza con metodi differenti otteniamo indici differenti. Percio, nel fornire gli indici di durezza dei materiali, si deve sempre indicare il tipo di prova effettuata.

Dopo il numero che da l’indice di durezza si deve indicare il tipo di prova:

  • HB (Brinell), HR
  • (Rockwell), HV (Vickers).

Prova di durezza Brinell.

II metodo Brinell viene usato in prevalenza per materiali teneri, quali acciai dolci, ottoni, leghe leggere. La prova di durezza Brinell consiste nel far penetrare nel materiale in esame una sfera di acciaio duro, pressata con un carico prestabilito. La durezza risulta, per un certo carico, inversamente proporzionale alla superficie dell’impronta lasciata dalla sfera sul pezzo.

II diametro della sfera di solito é di 10 mm ed il carico F pit usuale é di 3000 kg (29.400 N). Per materiali pit teneri, il carico pud essere diminuito fino a 50 kg (49 N), cid per evitare che la sfera penetri interamente nel materiale, sfondandolo. II carico massimo deve essere raggiunto gradualmente e mantenuto per un tempo variabile da 10 a 15 secondi. Lo spessore del pezzo in prova deve essere almeno 8 volte la profondita dell’tmpronta. Il diametro dell’tmpronta d deve essere compreso fra un quarto e la meta del diametro della sfera D, altrimenti la prova non é valida.

L’indice di durezza Brinell é dato dal rapporto fra il valore del carico F e la superficie S dell’tmpronta riscontrabile sul materiale. II suo simbolo é espresso con la sigla HB: HB=0,102 F/S con F espresso in newton (N). II fattore 0,102 introdotto nella formula ha l’unico scopo di non mutare gli indici HB determinati in passato, esprimendo F in kg, con I’introduzione del nuovo sistema di unita SI il kgf é infatti sostituito dal newton (N) e 0,102 é il fattore di conversione tra le due unita: 1 N=0,102 kgf poiché la maggior parte dei durometri in commercio porta ancora le indicazioni dei carichi espressi in kg, in questo capitolo esprimeremo i carichi sia secondo le vecchie unita (kg) sia secondo le nuove (N).

II simbolo HB designa sempre le condizioni, normali di esecuzione della prova: D = 10 mm; F = 3000 kg (29 400 N) La durata di permanenza del carico é uguale a 15. secondi. In condizioni di prova diverse da quelle sopraindicate, il simbolo HB deve essere completato, nell’ordine, dal diametro della sfera in mm, dal carico di prova, in N x 0,102, e dalla durata di permanenza del carico, in secondi. Ad esempio: HB 5/750/120 sta a significare che la prova Brine! ¢ stata eseguita con una sfera avente 0 = 5 mm, con un carico F = 750 ke (0,102 x 7250 N), applicato per 20 secondi.

Prova di durezza Rockwell

Questa prova é oggi la pit impiegata, per la sua praticita ed immediatezza di lettura. La prova viene eseguita comprimendo la superficie del materiale con un penetratore conico di diamante, sottoposto ad un carico prestabilito. L’angolo al vertice del cono é di 120°. In base alla profondita di penetrazione del cono nel materiale in esame si deduce la durezza dei materiale stesso. L’apparecchio per eseguire la prova coi metodo Rockwell é un durometro che fornisce direttamente l’indice di durezza cercato. Su un apposito quadrante del durometro si legge direttamente la durezza, che é in funzione della profondita alla quale é arrivato il penetratore.

La prova viene svolta in tre fasi:

  1. Si applica senza urto un carico iniziale di 10 kg (98 N) e si azzera il quadrante.
  2. Si aggiunga al carico iniziale di 10 kg un altro carico di 140 kg (1372 N), progressivamente in 3–6 secondi.
  3. Si elimina il secondo carico di 140 kg e si esegue la lettura sul quadrante, con il penetratore sempre sollecitato dal carico iniziale di 10 kg (98 N).

La durezza é inversamente proporzionale alla profondita raggiunta dal penetratore.

I quadrante é tarato per dare direttamente la durezza mediante la formula: HRC=100–500e dove e é la profondita espressa in mm. Si noti che e rappresenta la differenza tra la profondita dell’tmpronta permanente prodotta dal carico di prova e quella dell’impronta prodotta dal carico iniziale (a). La maggiore profondita b) raggiunta dal carico complessivo é dovuta alla deformazione elastica, che non deve essere considerata per non falsare gli indici di durezza. La formula si spiega come segue.

Al fine di esprimere i valori della durezza HRC in ordine crescente e con numeri semplici, compresi fra 0 e 100, e poiché in pratica le penetrazioni per 1 materiali duri pid comuni risultano comprese fra 0 e 0,2 mm, questo intervallo viene diviso in 100 parti; cosi che la profondita risulta espressa in unita di 2 tm (0,2/100 = 0,002), che vengono sottratte a 100 per ottenere HRC.

HRC = 100- e/0,002 = 100–500 e

II valore di e diminuisce pertanto con l’aumentare della durezza dei materiali, ma cresce il valore di HRC. Per e = 0 si ha HRC = 100 (valore limite di durezza del penetratore di diamonte). Per e = 0,2 mm si ha HRC = 0 (valore limite di durezza nulla). Nell’esempio in figura, la durezza, letta direttamente sul quadrante della macchina, é HRC = 63.

Per i materiali teneri, per i quali con a prova HRC si otterrebbe una durezza quasi nulla, o comunque valori poco attendibili, é prevista una prova analoga alla precedente con un carico totale di 100 kg (980 N) e con un penetratore a sfera d’acciaio (0 1/16"). In questo caso l’indice di durezza HRB espresso dalla formula: HRB=130–500e dove e é la profondita raggiunta dalla sfera d’acciaio. La prova di durezza HRB puo essere eseguita sullo stesso durometro impiegato per la prova HRC sostituendo al penetratore conico la sfera e aggiungendo al carico iniziale di 10 kg (98 N) un secondo carico di 90 kg (882 N).

Nella formula che esprime HRB il numero 130 rappresenta la durezza,della sfera d’acciaio impiegata come penetratore. Si ha infatti HRB = 130 quando la profondita di penetrazione ed é nulla. Esistono anche altri indici di durezza Rockwell, ma molto meno usati di quelli qui richiamati. La macchina per eseguire la prova di durezza Brinell é dotata di un dispositivo che consente di regolare con precisione i carichi che agiscono sul penetratore a contatto con il pezzo. La superficie dell’impronta S si ricava con la formula

Apposite tabelle danno il valore di S, quando si conosca il diametro della sfera D e il diametro dell’impronta d. Il diametro d si rileva per mezzo di un microscopio dotato di una scala graduata e misurando su ogni impronta due diametri disposti ortogonalmente e facendo la media tra le due letture.

Per misure approssimate si puo anche dare uso di una lente di ingrandimento dotata di due linee di riferimento, per traguardare l’impronta, e di una scala graduata in mm. In figura é illustrato un durometro per prove di durezza Brinell.

Prova di durezza Vickers

II metodo consiste nel far penetrare nel materiale in esame una punta di diamante a forma piramidale, a base quadrata, sottoponendo il penetratore ad un carico prestabilito. L’angolo al vertice tra due facce opposte del penetratore é di 136", il carico puo variare da 5 a 100 kg (da 49 a 980 N). II valore della durezza Vickers non varia sensibilmente con il carico e questo é uno dei pregi di questa prova rispetto alla prova Brinell. Il carico piu comune é di 294 N (30 kg). La durata di applicazione é di 10–15 secondi.

Macchine per prova di durezza Vickers

La macchina per eseguire le prove di durezza Vickers é dotata di un sistema che consente di applicare al penetratore precisi carichi prestabiliti. Su uno schermo dotato di una scala graduata viene visualizzata l’immagine ingrandita dell’impronta lasciata dal penetratore sul materiale e rilevata la misura della diagonale d.

L’indice di durezza Vickers é dato dal rapporto fra il carico e la superficie dell’tmpronta lasciata sul materiale. Il suo simbolo é HV: HV=F/S la superficie dell’impronta é ricavabile con la formula

dove d rappresenta la diagonale del quadrato dell’tmpronta rilevabile otticamento sullo schermo della macchina. Apposite tabelle danno direttamente il valore di S, quando si conosca il valore di d. Talvolta il simbolo HV é accompagnato dall’indicazione delle condizioni della prova. Ad esempio, HV 10/15 sta a significare che il carico utilizzato per la prova é di 10 kg (0,102 x 98 N) per una durata di applicazione di 15 secondi.

Prova di durezza Knoop

E’ molto simile a quella Vickers e viene eseguita sulla stessa macchina. Gambia la forma del penetratore di diamante che é romboidale come I’impronta che lascia sul pezzo.

E il simbolo della durezza Knoop é HK.

E detta anche prova di microdurezza perché l’impronta lasciata sul pezzo in prova é molto piccola cosi come molto basso é il carico utilizzato, inferiore a 1 kg (9,8 N). Questa prova molto precisa viene sfruttata per valutare la durezza di materiali fragili o di oggetti di piccolo spessore o di zone molto limitate (ad esempio punte di utensili, lame taglienti, ecc.).

Prova di durezza Shore

A differenza delle precedenti la prova di durezza Shore é di natura dinamica consiste nel lasciare cadere da una altezza prestabilita un percussore di teso prestabilito sul materiale da provare. La durezza é funzione dell’altezza di salita del percussore. Piu duro é il materiale meno si deforma e quindi piv alto risulta il rimbalzo del percussore. la prova di durezza Shore non é unificata ma ha il vantaggio, rispetto alle precedenti di non lasciare tracce evidenti sul pezzo in prova. Inoltre puo essere eseguita su qualunque particolare metallico. La prova di durezza Shore viene realizzata con una macchina chiamata scleroscopio che consiste in un tubo di vetro graduato, all’interno del quale cade, da un’altezza di 254 mm (10"). il percussore. La scala della durezza é ottenuta convenzionalmente ponendo uguale a 140 l’altezza di rimbalzo del percussore sul vetro e dividendo tale altezza in 140 parti. Ogni parte della scala rappresenta cosi una unita di durezza Shore (HS).

Campi di applicazione delle prove

Ogni prova di durezza ha un suo campo di applicazione. Per materiali duri (come gli acciai speciali sono consigliate le prove Vickers Rockwell, che sfruttano un penetrante di diamante. Prova Brinell ha un penetratore a sfera di acciaio che si potrebbe deformare falsando la prova. Per materiali teneri la prova Rockwell HRC non é adatta, perché il penetratore conico penetrerebbe troppo a fondo nel materiale e darebbe sempre una durezza nulla. Si consiglia la prova Vickers o Brinell, oppure la Rockwell HRB.

In laboratorio é consigliabile la prova Vickers che ha un campo illimitato di applicazione per materiali di qualsiasi durezza. Inoltre tre, la prova Vickers offre risultati costanti anche variando il carico. Quando il pezzo presenta una superficie non liscia, oppure il materiale non omogeneo i valori dati dalla prova Brinell sono piu: attendibili, perché la zona interessata alla prova é molto ampia.

Quando invece si deve misurare la durezza di strati sottili induriti(es.cementati) o di fogli di lamiera sottile, la prova Brinell non é consigliabile, perché la sfera provocherebbe lo sfondamento dello strato o la imbutitura della a lamiera. E’ invece indicata la prova Vickers poiché lascia una piccola impronta. Le prove Rockwell e Vickers richiedono la preparazione della superficie in prova mediante levigazione.

La prova Brinell, invece, puo essere fatta senza alcuna preparazione della superficie in prova. Se si deve provare la durezza di una serie di pezzi con superficie gia lavorata la prova piu adatta é la prova Rockwell, per la brevita di esecuzione.

Nella tabella a fianco sono messe a confronto le diverse scale di durezza. Nell’ultima colonna della tabella é riportato anche il valore della resistenza a trazione (carico unitario massimo R.) corrispondente approssimativamente agli indici ‘di durezza. La relazione fra durezza e resistenza puo infatti ritenersi di proporzionalita:

essendo n un coefficiente il cui valore é:

e HB é l’indice di durezza Brinell. La corrispondenza tra i valori delle varie scale é soltanto indicativa, perché come si é detto, molte sono le variabili da cui dipendono i risultati delle prove.

1.9 Proprieta tecnologiche

Le proprieta tecnologiche riguardano I’attitudine dei materiali a subire diversi tipi di lavorazioni meccaniche. Le proprieta tecnologiche dei materiali vengono controllate e misurate con prove specifiche, non sempre unificate, utilizzando campioni 0 provette dei materiali in esame. Per eseguire le prove tecnologiche sono impiegate, macchine e attrezzature speciali. Le piu importanti proprieta tecnologiche sono: la malleabilita, la duttilita, l’imbutibilita, la piegabilita, l’estrudibilita, la fusibilita, la saldabilita, la truciolabilita, la temprabilita.

Malleabilita

La malleabilita é sinonimo di piasticita ed é l’attitudine di un materiale ad essere trasformato, a caldo o a freddo, in lamine, senza screpolarsi o rompersi, mediante l’azione di presse, magli o laminatoi. I materiali malleabili devono avere alto allungamento, bassa durezza e bassa resistenza a trazione. Per aumentare la malleabilita si scalda il pezzo fino alla temperatura piu opportuna (temperatura di fucinabilita). La malleabilita é particolarmente significativa nell’operazione di laminazione per costruire lamiere e profilati di varie forme. La laminazione consiste nei far passare il materiale attraverso due cilindri, ruotanti in senso opposto, che danno al materiale stesso la forma e lo spessore voluto. In questo caso la malleabilita pué dirsi anche laminabilita. La malleabilita é sfruttata anche nell’operazione di fucinatura che consiste nel riscaldare il pezzo sino ad una data temperature e nel batterlo con martelli o con magli o comprimerlo con presse fino a dargli la forma voluta. E per questa proprieta che le lamiere possono essere sottoposte a piegature e a stampaggio, sia al maglio che alla pressa. In questo caso la malleabilita prende il nome di fucinabilita o stampabilita a caldo.

Duttilita e trafilabilita

E’ l’attitudine di un materiale ad essere trasformato in fili senza rompersi quando siano tirati e costretti a passare attraverso un foro di dimensione e profilo opportuni. I materiali pit duttili sono i pid tenaci (cioé quelli che hanno elevato allungamento e resistenza a trazione), ma sono i meno duri.

Sono duttili: l’acciaio dolce, l’argento, I’oro, l’alluminio, il rame.
Non é duttile la ghisa.

La duttilita é particolarmente significativa nell’operazione di trafilatura, mediante la quale si producono fili o profilati di qualsiasi forma. L’operazione di trafilatura viene eseguita anche su acciai speciali, quali quelli in lega con nickel-cromo, cromo, magnesio, ecc.

Imbutibilita

E l’attitudine che hanno le lamiere di alcuni materiali ad essere formate a freddo per ottenere corpi cavi, senza rompersi o screpolarsi. I materiali imbutibili devono essere particolarmente puri, avere grande allungamento ed essere malleabili. Sono bene imbutibili gli acciai dolcissimi, il rame, l’ottone, l’alluminio. Questa proprieta viene sfruttata nelle operazioni di imbutitura, per la costruzione, mediante stampaggio a freddo, di pentolame, carrozzerie di auto, mobili metallici, elettrodomestici ecc.

Piegabilita

E l’attitudine di alcuni materiali a subire operazioni di piegatura senza screpolarsi o rompersi. I materiali per essere sottoposti a piegatura devono avere buona malleabilita, grande resilienza, buon allungamento e grande purezza. Sono piegabili gli acciai dolci a bassa percentuale di carbonio e le leghe leggere. E una proprieta imposta dalle norme di collaudo dei tondi di acciaio per cemento armato ed inoltre dalle norme di collaudo delle lamiere usate nella costruzione di caldaie o di recipienti destinati a contenere sostanze ad una pressione superiore a quella atmosferica. Nella pratica industriale si ricorre a piegatura anche nella costruzione di profilati metallici in generale, angolari, scaffalature metalliche, grondaie, ecc.

Estrudibilita

E l’attitudine di un materiale ad assumere una determinata forma quando viene spinto attraverso un foro sagomato. Sono ben estrudibili le leghe leggere e gli acciai dolci. Questa proprieta viene sfruttata nella operazione di estrusione per la costruzione dei profilati metallici.

Fusibilita e colabilita

La fusibilita é l’attitudine di un materiale ad essere trasformato in prodotto finito (getto) mediante fusione. La colabilita é la proprieta dei metalli liquidi di riempire una forma ricopiandone limpronta. Il pezzo colato non deve presentare zone mancanti, per questo il materiale deve essere
scorrevole e deve mantenersi liquido fino al completo riempimento della forma. Sono colabili e fusibili: le ghise, i bronzi, gli ottoni, le leghe leggere. Non sono colabili: il ferro e gli acciai, perché rimangono pastosi e vischiosi alle temperature di fusione. Queste proprieta vengono sfruttate in fonderia, dove si ottengono per fusione o colata pezzi anche molto grandi e di forma complessa, difficilmente ottenibili in altro modo. Esempio: termosifoni, statue, blocchi motore, ecc.

Saldabilita

E l’attitudine di un pezzo di un determinato materiale ad unirsi con un altro pezzo di uguale o diverso materiale, mediante fusione. Un materiale é ben saldabile se presenta alle temperature vicine a quelle di fusione un intervallo plastico o pastoso. II passaggio da solido a liquido non deve cioé essere improvviso, ma avvenire gradatamente. Sono saldabili: il ferro, gli acciai dolci e le leghe metalliche in genere. Non sono ben saldabili le ghise, i bronzi ecc. Si noti che i materiali ben saldabili non sono ben colabili e viceversa. Questa proprieta é sfruttata nell’operazione di saldatura.

Truciolabilita

E I’attitudine di un materiale a subire lavorazioni con asportazione di truciolo, mediante apposito utensile da taglio (utensile da tornio, fresa, punta da trapano ecc.). Sono truciolabili: le ghise grigie, gli acciai, in particolare quelli al piombo (acciai automatici), i bronzi e le leghe leggere. Non sono ben truciolabili: le ghise bianche e gli acciai temperati, perché durissimi. Questa proprieta é sfruttata in tutte le lavorazioni con asportazione di truciolo quali la tomnitura, la trapanatura, la filettatura, la fresatura, la brocciatura, ecc.

Temprabilita

E I’attitudine delle leghe metalliche a subire trasformazioni della struttura cristallina a seguito di riscaldamenti seguiti da raffreddamenti. II cambiamento di struttura comporta variazioni sensibili delle proprieta meccaniche e tecnologiche dei materiali. La temprabilita é una proprieta caratteristica soprattutto degli acciai ed é sfruttata nei trattamenti termici volti ad ottenere caratteristiche meccaniche. Ad esempio, sottoponendo un acciaio al trattamento termico di tempra si aumenta notevolmente la sua durezza.

1.10 Produzione della ghisa

La ghisa é una lega di ferro e carbonio. II carbonio é contenuto nella ghisa sotto forma del composto carburo di ferro (Fe,C), in percentuali varianti tra 2,06% e 6,67%. Le ghise pit comuni sono quelle contenenti carbonio in percentuali varianti dal 3% al 5%. II ferro non si trova allo stato puro in natura, ma sotto forma di minerali che, con il carbone coke, sono le materie prime per la fabbricazione della ghisa. La ghisa viene ricavata in un che, per la sua altezza, viene altoforno.

Minerali di ferro

Non tutti i minerali ferrosi contengono ferro in proporzioni tali da rendere economicamente utile l’estrazione. I minerali che vengono industrialmente lavorati, perché contenenti alte percentuali di metallo, sono detti minerali industriali. Tra questi i piu conosciuti sono la magnetite, l’ematite, la limonite, la siderite. Questi minerali vengono lavorati per estrarre la percentuale massima di ferro. I tipi di lavorazione che il minerale subisce sono: la frantumazione, il lavaggio, la cernita e la calcinazione. La calcinazione consiste nella torrefazione del minerale in appositi forni, alla temperatura di 900'C circa.

Fabbricazione della ghisa

Il minerale di ferro viene trasportato negli stabilimenti siderurgici, dove viene trasformato in ghisa negli altiforni. La ghisa é quindi il primo prodotto siderurgico che si ricava dai minerali di ferro. L’altoforno si carica dall’alto a strati alternati di minerale di ferro (MF), carbone coke metallurgico ( C ), calcare (CA). Il combustibile é costituito dal coke metallurgico che fornisce il carbonio che entra in lega con il ferro. Il calcare invece ha funzione di fondente e di scorificante. L’altoforno é costituito da una parte tronco conica detta tino, unita per la base maggiore ad una parte tronco conica interna, detta sacca. II ventre é la zona compresa tra il tino e la sacca, ed é la parte piu: larga dell’altoforno. Nella parte inferiore dell’altoforno, chiamata crogiolo, R, si accumula la ghisa fusa, G. Le scorie, S, vengono separate dal metallo fuso e sono utilizzate in altri procedimenti industriali, come quasi tutti i sottoprodotti dell’altoforno (gas, polvere di carbone, coke, ecc.).

  • E Elevatore per il carico del materiale
  • B Bocca di carico
  • H Uscita gas
  • I Rivestimento di mattoni refrattari
  • L Condotto aria riscaldata e soffiata

Funzionamento dell’alto forno

Il complesso funzionamento dell’alto‘orno e delle numerose reazioni chimiche che in esso avvengono pud essere schematizzato considerando separatamente le correnti ascendenti dei gas e la discesa della carica solida. Le diverse zone dell’altoforno sono caratterizzate da temperature diverse, decrescenti dal basso verso l’alto. Per assicurare il corretto funzionamento del processo, le temperature delle varie zone vengono mantenute sotto costante controllo.

Corrente ascendente dei gas

L’aria compressa preriscaldata esce dagli ugelli ad una velocita di circa 200 m/s e alla temperatura di 600 350'C. L’ossigeno in essa contenuto a contatto del coke brucia secondo la reazione. In questa zona si ha una temperatura molto elevata (1800°-2000°C). Si produce quindi anidride carbonica la quale diffondendosi verso I’alto viene a trovarsi immediatamente a contatto con altro coke e con esso reagisce trasformandosi in ossido di carbonio. Questa reazione procede con assorbimento di calore e cio impedisce alla temperatura di superare i 2000 °C. Man mano che la corrente sale nell’altoforno e diminuisce la temperatura, la reazione cessa e si ha ancora formazione di anidride carbonica (C02). La miscela gassosa costituita da anidride carbonica (C02), ossido di carbonio (CO) e azoto esce dall’altoforno, ad una temperatura di circa 200'C, e va ai recuperatori (cowpers).

Discesa delle cariche

1° zona: essiccazione-preriscaldamento
Percorrendo questa zona i materiali sodi si riscaldano progressivamente daltemperatura ambiente a circa 400°C. Con questo riscaldamento viene eliminata l’umidita contenuta nei minerali (essiccamento).

2° zona: riduzione indiretta
Percorrendo questa zona 1 materiali si scaldano fino ad una temperatura di circa 700°C. In questa zona gli ossidi di ferro vengono ridotti dall’ossido di carbonio che si trasforma in C02; questa riduzione, operata non direttamente dal carbonio, ma indirettamente per mezzo del CO si chiama riduzione indiretta.

3° zona: riduzione diretta
Percorrendo questa zona i materiali giungono gradualmente fino a una temperatura di circa 1350°C. In questa zona avviene la riduzione diretta a del minerale di ferro per opera del carbon coke. In questa zona dell’altoforno avvengono anche delle reazioni che non interessano il minerale di ferro e precisamente reazioni che riguardano la formazione della scoria ad opera del calcare. Per reazione dei materiali costituenti la ganga (cosi é chiamato l’insieme di impurezze contenute nei minerali di ferro) e il fondente (calcare) avviene infatti la scomposizione del calcio con formazione di ossido di carbonio

4° zona: carburazione e fusione
In questa zona la carica si trova ad una temperatura di 1350–1550°C. il minerale di ferro entra gia in gran parte nello stato di ferro spugnoso per opera delle riduzioni che esso ha subito nelle zone superiori; il ferro spugnoso ha subito gia in parte l’azione carburazione da parte del carbone ora la sua carburazione procede. Le temperature esistenti in questa zona sono sufficienti per la fusione del ferro carburato e si ha cosi la formazione di ghisa fusa. In questa zona dell’altoforno tutti i materiali della carica iniziale, ad eccezione del coke, passano allo stato fuso. Passano quindi in soluzione il fosforo e lo zolfo, il manganese e il silicio e comincia a formarsi la loppa.

5° zona: combustione
Questa é la zona in cui l’aria viene immessa nell’altoforno, cioé la zona di combustione del coke con l’aria preriscaldata data dove si raggiunge la massima temperatura (max 2000'C). In questa zona si ha la desolforazione della ghisa ad opera del manganese e si completa la formazione della loppa.

6° zona: separazione ghisa e loppa
In questa zona (crogiolo) non avvengono reazioni particolari. La temperatura nel crogiolo é di circa 1600°C.

1.11 La ghisa

La ghisa é una lega di ferro e carbonio, nella quale il tenore del carbonio supera 1'1,7 %. Le ghise piu: comuni sono quelle contenenti carbonio in percentuali oscillanti tra il 2,08 e il 43%. Il carbonio é contenuto nella ghisa in due forme: combinato chimicamente con il ferro, da origine alla cementite (carburo di ferro, Fe3C), che é durissima, chiara; allo stato libero, da origine alla grafite, in forma di lamelle o noduli, tenera e nera.

A seconda della prevalenza della cementite o della grafite, si ha: ghisa bianca (prevalenza cementite; ghisa grigia (prevalenza grafite) Se il carbonio é in parte libero e iparte combinato, si ha la cosiddetta ghisa trotata. Queste differenze si notano esaminardo un provino di ghisa rotto o al microscopio metallografico. Percid, le ghise si classificano in base alla frattura o alla microstruttura.

Proprieta della ghisa

Resistenza a trazione: 100–400 N/mmz
Resistenza a compressione: 400–900 N/mm2

Durezza Brinell: 150–400 HB Resilienza: praticamente nulla. Allungamento: praticamente nullo. Resistenza alla corrosione: buona e aumenta con il tenore di carbonio. Le ghise non possono essere lavorate plasticamente, né a caldo, né a freddo, ma solo per fusione. Le ghise resistono bene a compressione, ma non altrettanto a trazione e flessione Le ghise bianche sono molto dure e fragili e possono essere lavorate sole alla mola. Le loro applicazioni sono limitate; vengono usate, ad esempio, per fabbricare corone esterne per ruote di carrelli, oppure per parti di frantoi, o per cilindri per laminatoi. Le ghise grigie sono meno dure e meno fragili delle ghise bianche e possono essere lavorate anche alle macchine utensili. Le ghise, sia bianche, sia grigie, hanno scarsa saldabilita.

Difetti delle ghise

I difetti piu gravi della ghisa sono la fragilita é la scarsa resistenza alla trazione e alla flessione. Questi difetti seno dovuti al fatto che il carbonio, se é allo stato combinato coi ferro, forma un composto durissimo e fragile. Se invece é allo stato libero assume una disposizione lamellare che interrompe la continuita del materiale favorendo la rottura a minime sollecitazioni.

Le lamelle di grafite non offrono resistenza alla trazione e restringono notevolmente la sezione resistente del pezzo. Il fenomeno non si verifica se il pezzo é soggetto a compressione. Per ottenere la ghisa a grafite lamellare si richiedono una velocita di raffreddamento lenta e un alto contenuto di silicio.

Un elevato contenuto di manganese e un’alta velocita di raffreddamento favoriscono invece la formazione della cementite, quindi della ghisa bianca. Per rendere piu resistente alle sollecitazioni la struttura della ghisa, bisogna fare in modo che la grafite si disponga diversamente, per esempio in forma di noduli. La grafite cosi disposta é detta grafite sferoidale.

Classificazione e designazione delle ghise

Le ghise si possono classificare in base all’aspetto (ghise grigie e ghise bianche), oppure in base al processo di fabbricazione: ghise di I fusione, colate nelle forme direttamente dall’altoforno per la produzione di pezzi semplici, e ghise di 11 fusione, ottenute dalla rifusione della ghisa grigia con aggiunta di rottami di ghisa, acciaio e ferro-leghe; infine, secondo le caratteristiche meccaniche, che sono normalmente influenzate dai processi di produzione.

Partendo dalle ghise grigie o da quelle bianche, si ottengono vari tipi di « ghise speciali », cosi definite perché hanno caratteristiche superiori alle ghise grigie ordinarie. Ad esempio:

  • ghise ad alta resistenza meccanica
  • ghise resistenti all’usura
  • ghise resistenti agli acidi
  • ghise resistenti al calore
  • ghise sferoidali
  • ghise malleabili ecc.

I quattro tipi di ghisa di cui parleremo qui di seguito sono:

  • ghisa grigia per getti (ordinari);
  • ghisa grigia a grafite sferoidale; ghisa grigia, non legata, per
    getti colati in sabbia (uso automobilistico);
  • ghisa malleabile in getti.
  • Ghisa grigia per getti ordinari (UNI 5007)

Questi tipi di ghisa sono ipiu usati. Vengono impiegati nella costruzione delle piu svariate parti meccaniche: basamenti, incastellature, carrelli ed organi meccanici vari, mediamente sollecitati. Presentano un’ottima lavorabilita. La designazione di queste ghise prevede la lettera G, seguita da un numero che rappresenta il valore della resistenza a trazione (R) in N/mm2. Nella tabella a fianco é riportato anche il valore della durezza Brinell (HB).

Ghisa grigia a grafite sferoidale (UNI 4544)

Le ghise sferoidali si ottengono aggiungendo in fase di colata nickel magnesio e ferro-silicio. Questi tipi di ghisa vengono usati nella costruzione di parti meccaniche, alle quali occorra la massima tenacita e resistenza all’usura in particolare i tipi GS 500/7 e GS 600/2 che sono temprabili (durezza max 30 HRC), sono generalmente impiegati per parti soggette a scorrimento reciproco: carrelli e guide di macchine utensili, denti di ingranaggi ecc. Allo stato normalizzato (ricotto) sono facilmente lavorabili. La designazione di queste ghise prevede le lettere caratteristiche GS seguite da due numeri. II primo numero della resistenza N/mm2. rappresenta il valore a trazione (R) in II secondo numero rappresenta il valore dell’allungamento percentuale (A %). Nella tabella é riportato valore di durezza Brinell.

Ghisa grigia non legata per getti colati in sabbia, questi tipi di ghise vengono usati per organi meccanici resistenti all’usura caldo, come cilindri per motori termici cilindri per compressori d’aria e simili, comunque soggetti a importanti sbalzi termici. La designazione di queste ghise comprende le lettere caratteristiche Gh, seguite da un numero che rappresenta il valore della durezza Brinell (HB). Nella tabella é riportato anche il valore della resistenza a trazione (R).

Ghisa malleabile in getti (UNI 3799)

Questi tipi di ghisa sono impiegati vela costruzione di organi meccanici soggetti a flessione, a torsione e a ripetuti urti. Il loro comportamento é percio simile quello dell’acciaio e come tale queste ghise vengono spesso impiegate. La loro lavorabilita é ottima, ma sempre dopo malleabilizzazione. La ghisa malleabile si ottiene dalla ghisa bianca. I getti sono sottoposti a ricottura. Sono riscaldati a 900° e, dopo un periodo di tempo, raffreddati. li carbonio contenuto nella cementite e nella perlite passa cosi allo stato libero (grafite in forme tondeggianti) e il materiale migliora la caratteristiche meccaniche. La malleabilizzazione si pud anche eseguire mettendo accanto ai getti dell’ossido di ferro. II C si combina con l’O dell’ossido ed é in parte eliminato. Con il primo sistema si ottengono le ghise malleabili a frattura nera o americane; con il secondo, quelle a frattura bianca, o europee. La designazione prevede tre tipi di ghise malleabili, contrassegnate da una successione di lettere (GM, GMB e GMN) e da un numero che rappresenta il valore minimo della resistenza a trazione espresso in N/mm2.

1.12 Acciai

Le leghe siderurgiche sono l’acciaio e la ghisa. Ambedue sono leghe di ferro e carbonio, che possono perd contenere, in misura trascurabile oppure in percentuale significativa, anche altri elementi. La presenza in lega di altri elementi in percentuale significativa conferisce al prodotto proprieta particolari. II carbonio nell’acciaio compare sempre come carburo di ferro Fe3C (cementite) e nelle ghise come grafite. Anche il ferro é un prodotto siderurgico, ma il suo impiego industriale é molto limitato.

Proprieta degli acciai

L’acciaio é una lega ferro-carbonio, la cui percentuale, o tenore, di C varia fra lo 0,008 % e il 2,08 %. Gli acciai vengono ricavati dalla ghisa madre, mediante una operazione detta affinazione, che consiste nel diminuire il tenore di carbonio della ghisa fusa ed eliminare gli elementi dannosi, come zolfo e fosforo. Le proprieta degli acciai dipendono da:

percentuale di carbonio in lega; metodo di fabbricazione 0 affinazione; trattamento termico e tipo di struttura dei cristalli; presenza di altri elementi di lega.

Percentuale di carbonio
A seconda della percentuale di carbonio, gli acciai si classificano come indicato nella seguente tabella:

Gli acciai dolci e dolcissimi presentano resistenza a trazione molto pit bassa di quella degli acciai duri ad alto tenore di carbonio. Gli acciai dolci e dolcissimi sono piu duttili, pri malleabili, pid resilienti. Sono facilmente lavorabili alle macchine utensili e facilmente saldabili. Per contro sono meno resistenti all’usura e alla corrosione.

Metodo di fabbricazione

Gli acciai possono essere calmati o effervescenti. Gli acciai calmati si ottengono regolando il tenore di ossigeno presente nell’acciaio liquido, in modo che lo sviluppo di ossido di carbonio durante la solidificazione sia nullo o molto limitato. Gli acciai si dicono effervescenti, invece, quando la disossidazione é stata nulla, o molto limitata, e quando durante la solidificazione dell’acciaio si ha uno sviluppo di ossido di carbonio, che da luogo alla caratteristica effervescenza.

Trattamento termico

I trattamenti termici cambiano il tipo di struttura dell’acciaio e quindi le sue proprieta. I trattamenti termici pi comuni sono: tempra, per conferire all’acciaio una struttura dura e resistente alla trazione; rinvenimento, per rendere meno fragile la struttura degli acciai temprati; ricottura, per conferire all’acciaio una struttura tenera e lavorabile; cementazione, per conferire all’acciaio una struttura durissima solo sulla superficie del pezzo.

Tipo di struttura

Il ferro e la cementite nell’acciaio possono dar luogo a strutture diverse a seconda delle percentuali dei componenti della lega. Ad ogni struttura corrispondono proprieta meccaniche e tecnologiche diverse. Le strutture dell’acciaio dipendono dalla velocita con cui un acciaio viene raffreddato e da eventuali riscaldamenti a cui l’acciaio viene sottoposto successivamente.

Presenza di altri elementi

La presenza di altri elementi come nickel (Ni), cromo (Cr), molibdeno (Mo), tungsteno (W), manganese (Mn), piombo (Pb), eco. e il loro tenore in lega determinano le proprieta dell’acciaio. Gli acciai in cui questi elementi vengono intenzionalmente aggiunti (durante la fusione) vengono detti accia legati. Gli acciai in cui questi elementi non compaiono vengono detti acciai al carbonio.

Influenza dei pit comuni elementi di lega negli acciai

Carbonio ( C )

II carbonio deve essere sempre presente negli acciai, con un tenore compreso fra 0,008 e 2,08%.

Aumentando la percentuale di carbonio diminuiscono: la lavorabilita, la saldabilita, la tenacita, la plasticita a freddo.

Aumentano invece: la durezza, la resistenza meccanica, la temprabilita, la colabilita, la resistenza all’usura.

Cromo (Cr)

Il cromo aumenta la durezza e il limite di elasticita dell’acciaio. In tenori maggiori del 10% il cromo rende l’acciaio inossidabile e resistente agli agenti chimici. Gli acciai al cromo vengono usati per cuscinetti, valvole di motore a scoppio, parti di impianti termici e chimici.

Cromo e Nickel (Cr-Ni)

II nickel, sempre accompagnato dal cromo, aumenta tutte le caratteristiche meccaniche dell’acciaio e la resistenza alla corrosione. Diminuisce la dilatazione e la saldabilita. Gli acciai con cromo-nickel (18% e 8 %), inossidabili, sono applicati in vasti settori dell’industria chimica, navale, aeronautica, nelle turbine a vapore, per i ferri chirurgici, le pentole ecc.

Nickel-Cromo-Molibdeno (Ni-Cr-Mo)

II molibdeno ha la proprieta di aumentare la penetrazione negli acciai degli effetti della tempra e di far conservare le proprieta meccaniche conferite dalla tempra anche ad elevate temperature. Gli acciai con nickel cromo-molibdeno sono i migliori in senso’ assoluto per le caratteristiche meccaniche (R = 1200 N/mm_2). Sono usati per alberi a manovella, ingranaggi, bielle, fucili, parti di motori a scoppio ecc.

Silicio (Si)

II silicio aumenta il limite di elasticita degli acciai.
Gli acciai con silicio sono molto elastici e vengono percid usati per costruire molle.

Manganese (Mn)

II manganese aumenta la penetrazione negli acciai degli effetti della tempra, ma infragilisce l’acciaio se non si usano precauzioni durante il trattamento termico di rinvenimento. Aumenta la resistenza all’usura e la durezza. II manganese compare in quasi tutti gli acciai impiegati per pezzi di grosse dimensioni, ai quali siano richieste elevate caratteristiche meccaniche anche in zone molto profonde del pezzo.

Tungsteno (W)

II tungsteno é impiegato solo negli acciai per utensili, perché conferisce alla lega notevole durezza, che permane anche a caldo. II tungsteno é usato spesso insieme al vanadio. Gli acciai al tungsteno-vanadio sono adatti a costruire utensili per tornio, fresa, trapano ecc. Gli utensili costruiti con questi acciai possono sopportare velocita di taglio molto alte. Gli acciai, percio, sono detti anche acciai rapidi.

Tungsteno-cobalto (W-Co)

II cobalto fa si che la durezza degli acciai al tungsteno si mantenga a temperature elevate. II cobalto é impiegato insieme al tungsteno-vanadio per acciai da utensili che debbano essere adibiti a lavorazioni con velocita di taglio elevatissime. Percid questi acciai vengono chiamati super-rapidi.

Piombo-zolfo (Pb-S)

II piombo, unito talvolta allo zolfo, aumenta la truciolabilita degli acciai, favorendo il distacco del truciolo, a scapito di altre proprieta meccaniche. Gli acciai al piombo-zolfo vengono usati per particolari meccanici ai quali non siano richieste grandi caratteristiche meccaniche, costruiti in serie su macchine automatiche. Per questo motivo gli acciai al piombo sono detti anche automatici.

Zolfo (S) Fosforo (P) Idrogeno (H) Azoto (N) Ossigeno (QO)

La presenza di questi elementi é sempre nociva e quindi deve essere ridotta al minimo. Questi non metalli, combinandosi chimicamente con il ferro e il carbonio, formano dei composti che infragiliscono notevolmente la struttura dell’acciaio.

1.13 Denominazione degli acciai

Denominazioni dell’acciaio. Gli acciai possono assumere denominazioni diverse a seconda delle caratteristiche e delle proprieta che si vogliono evidenziare. Alle denominazioni di tipo unificato, secondo norme nazionali e internazionali, spesso si sostituiscono o vanno ad aggiungersi altre classificazioni di uso pratico. Ad esempio, un acciaio denominato 12 Ni Cr 3, secondo le norme nazionali UNI, puo assumere, a seconda delle situazioni, altre denominazioni:

Criteri di denominazione degli acciai

Prima di passare alla denominazione UNI e alla classificazione di uso pratico, alle quali fanno riferimento le case fornitrici o produttrici, vediamo tutti i criteri di denominazione degli acciai.

Denominazione in base al tenore di carbonio

A seconda della percentuale di carbonio gli acciai si dividono in dolcissimi, dolci, semiduri, duri e durissimi. Gli acciai dolci, rispetto a quelli duri, presentano resistenza a trazione e durezza pit basse. Gli acciai dolci sono pero piu tenaci, piu duttili, piu malleabili, piu saldabili, piu lavorabili di
quelli duri.

Denominazione in base ai particolari del processo produttivo
Gli acciai possono essere calmati o effervescenti. Gli acciai si dicono calmati quando, prima della colata, vengono aggiunti elementi disossidanti come silicio e alluminio. I disossidanti hanno la proprieta di eliminare l’ossigeno contenuto nel bagno di acciaio liquido e di migliorare le proprieta meccaniche. Sono acciai calmati gli acciai da costruzione, da bonifica, da utensili, inossidabili (inox), ecc.

Gli acciai si dicono effervescenti se prima della colata non sono stati aggiunti disossidanti. L’ossigeno contenuto nel bagno fa si che dentro la lingottiera avvenga la combinazione chimica dell’ossigeno con il carbonio, con formazione di ossido di carbonio. L’ossido di carbonio é un gas che risalendo in superficie impartisce all’acciaio la caratteristica effervescenza. Gli acciai effervescenti hanno proprieta meccaniche inferiori rispetto agli acciai calmati; in particolare, sono piu fragili. Gli acciai da carpenteria possono essere forniti sia effervescenti, sia calmati.

La qualita di un acciaio dipende dalla possibilita di aumentare le sue caratteristiche con l’ausilio di trattamenti termici. In base a questa caratteristica, gli acciai si distinguono in comuni e speciali. Sono detti comuni o semplici gli acciai non trattabili termicamente.

Gli acciai comuni sono meno costosi. Infatti, il loro processo produttivo é pil semplice, perché i possibili tenori degli elementi nocivi, come zolfo e fosforo, non vengono ridotti al minimo. Sono impiegati nelle costruzioni sollecitate solo con carichi statici. Di essi é garantita solo la resistenza a trazione.

Acciai speciali

Sono detti speciali gli acciai destinati al trattamento termico. Gli acciai speciali vengono detti legati, se contengono elementi in lega come nickel, cromo, molibdeno eco. Sono detti invece al carbonio, se non contengono questi elementi. La loro produzione é pit complessa in quanto vengono ridotti al minimo gli elementi nocivi, come zolfo e fosforo. Gli altri elementi hanno un tenore molto preciso, per poter garantire elevati valori delle proprieta’ meccaniche quali resistenza a trazione, resilienza e allungamento, ecc. Trattamento termico cui l’acciaio é destinato Rispetto al trattamento termico, gli acciai si dividono in due grossi gruppi: acciai da cementazione e acciai da bonifica

Acciai da cementazione

Gli acciai da cementazione sono acciai speciali, costruiti per subire il trattamento termico di cementazione. Hanno un tenore di carbonio molto basso (inox 0,22 %) per essere tenaci. Gli acciai da cementazione possono essere al carbonio o legati.

Acciai da bonifica

Sono acciai speciali, adatti al trattamento termico di bonifica. Hanno un tenore di carbonio superiore allo 0,3 %. Possono essere al carbonio o legati.

Stato di fornitura

A seconda dello stato di fornitura e della lavorazione subita, gli acciai si dividono in acciai laminati, acciai fucinati e acciai trafilati a freddo.

Acciai laminati
Sono venduti in barre o rotoli ottenuti tramite laminazione. Qualita e dimensioni sono mediamente buone.

Acciai fucinati

L’operazione di fucinatura, eseguita a caldo, conferisce proprieta migliori rispetto alla laminazione. Gli acciai fucinati vengono posti in vendita in billette, blumi, barre tonde, quadre o esagonali eco. ottenuti mediante fucinatura.

Acciai trafilati a freddo
Questi acciai sono trattati alla trafila per ottenere dimensioni precise, con tolleranze molto ristrette.

Trattamento termico subito

Talvolta di un acciaio viene indicato il trattamento termico subito prima della fornitura o della lavorazione. A seconda dei trattamenti termici che hanno subito prima della fornitura, gli acciai possono essere: ricotti, bonificati, normalizzati, ecc.

Elementi aggiunti

A volte gli acciai vengono indicati con una denominazione che fa rifertmento agli elementi aggiunti in lega. Si hanno percié acciai al cromo, al nickel-cromo, al nickel-cromo-molibdeno, al piombo, ecc. Ognuno degli elementi aggiunti in lega conferisce all’acciaio una particolare proprieta.

Destinazione d’uso

Spesso di un acciaio si indicano la destinazione o l’impiego piu adatti. Ad esempio, si hanno acciai per utensili o da costruzione e, ancor pil precisamente, per molle inossidabili, eco. Questo criterio di denominazione viene seguito in particolare nelle classificazioni adottate dalle case fornitrici.

1.14 Designazione UNI degli acciai

Designazione degli acciai secondo le norme UNI

Allo scopo di facilitare l’individuazione dei materiali metallici di maggior impiego é risultato indispensabile stabilire una classificazione unificata e una designazione convenzionale per ogni tipo di materiale. Gli elementi che concorrono alla designazione degli acciai sono principalmente i seguenti: caratteristiche fisiche, meccaniche e tecnologiche; impiego e tipo di lavorazione cui sono destinati; composizione chimica; grado di qualita.

In questa breve trattazione ci limiteremo a fornire i criteri fondamentali secondo i quali vengono designati gli acciai e a presentare gli esempi piu significativi di designazione. Le norme alle quali viene fatto costante riferimento sono quelle UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione). Nello schema sono indicati i criteri principali di designazione degli acciai, per gruppi e per categorie, secondo le norme UNI.

Acciai del I gruppo

Secondo le vecchie norme questi acciai erano denominati semplici. Questi acciai sono laminati a caldo, in forma di lamiere e profilati. Sono generalmente impiegati allo stato grezzo di laminazione nella fabbricazione della carpenteria metallica in genere e similari. Questi acciai sono saldabili con qualsiasi sistema e soltanto in particolari casi vengono sottoposti al trattamento termico di normalizzazione. Vengono designati in base a due criteri diversi: la caratteristica meccanica del carico di rottura o di snervamento; l’impiego per il quale sono destinati.

Acciai del I gruppo con il carico minimo garantito di rottura o di snervamento

La simboleggiatura obbligatoria, espressa in lettere e cifre, comprende nell’ordine: simbolo iniziale Fe o FeG (per gli acciai per getti); un numero indicante il carico unitario garantito di rottura alla trazione o di snervamento (in questo caso, il numero é preceduto dalla lettera E); il numero é di due cifre se il carico é e-spresso in kg/mm2, oppure é di tre cifre se il carico é espresso in N/mm? (nelle tabelle piu recenti); eventuale simbolo chimico dell’elemento la cui presenza intenzionale caratterizza l’acciaio. La simboleggiatura facoltativa comprende una o pit delle seguenti lettere o cifre: una delle lettere A, B, C, D, che esprime il grado di idoneita alla saldatura; una delle cifre 1, 2, 3, 4, … che esprime il grado di qualita dell’acciaio in relazione a una certa caratteristica; una delle « lettere chiave F, 8S, K, H, … riportate nella tabella, che indica requisiti particolari, seguita da una lettera che esprime il grado di questo requisito; eventuale riferimento alla tabella UNI (EURONORM).

Esempi: Fe 33 0 Fe 325

Acciaio avente carico di rottura alla trazione minimo garantito di 33 kg/mm2 (0 325 N/mm2). Fe G 45 Acciaio in getti (G), avente carico unitario di rottura a trazione di 45 kg/mm2. Fe E 36–2 Acciaio avente carico unitario di snervamento minimo garantito di 36 kg/mm2 e di grado qualitativo 2. Fe 410-Pb Acciaio con carico di rottura alla trazione minimo garantito di 410 N/mm2, al piombo (il piombo facilita le lavorazioni con asportazione di truciolo). Fe 42–1 o Fe 410–1 Acciaio avente carico unitario di rottura a trazione di 42 kg/mm2 (0 410 N/mm2) e grado qualitativo 1. Fe 365–2 KW Acciaio con carico di rottura alla trazione di 365 N/mm2, grado qualitativo 2 e adatto all’impiego ad alte temperature (KW). Acciai del I gruppo designati in base ad impieghi particolari. La designazione obbligatoria comprende: simbolo iniziale Fe; lettera V, M, P, B, H, D, R, G indicante l’impiego, secondo quanto riportato nella tabella; un numero di due o pit cifre che esprime il grado di attitudine all’impiego indicato dalla lettera precedente; fa eccezione la lettera B, che é seguita da un numero indicante il carico unitario di snervamento, espresso in kg/mm2 o in N/mm2. La simboleggiatura facoltativa comprende le stesse sigle indicate per gli acciai designati con il carico di rottura o snervamento.

Esempi:

Fe P03 MG RR Acciaio in lamiera sottile per imbutitura (P); grado di attitudine all’imbutitura (03), aspetto della superficie (MG = decapata), finitura della superficie (RR = rugosa). Fe B 22 Acciaio per cemento armato (B), vente carico di snervamento di kg/mmz2 (272). Fe DO1 Acciaio in nastri, adatto zione a freddo (D), con tudine (01). alla deformagrado di atti a22

Acciai del II gruppo

Secondo le vecchie norme di unificazione questi acciai erano denominati speciali. Degli acciai del II gruppo le case produttrici garantiscono valori minimi delle proprieta meccaniche di resistenza alla trazione, di durezza, resilienza e allungamento. Anche il tenore degli elementi in lega viene garantito entro campi di variazione prefissati. Le case produttrici forniscono per ciascun acciaio le temperature di esecuzione dei trattamenti termici, le curve di Bain, le curve di rinvenimento e tutte le altre caratteristiche utili ad una corretta applicazione degli acciai stessi. Gli acciai del II gruppo si differenziano in acciai non legati, acciai legati debolmente e acciai legati fortemente. Gli acciai non legati non contengono altri elementi oltre al carbonio, e sono percio anche detti
acciai al carbonio.

Acciai non legati

Gli acciai non legati si dividono in acciai destinati al trattamento termico acciai non necessariamente destinat al trattamento termico, ma con carat teristiche fisiche o fisico-chimiche par ticolari nei riguardi degli impieghi spe cifici per i quali sono utilizzati.

Acciai legati debolmente

Gli acciai debolmente legati hanno tutti gli elementi in lega con tenori inferiori al 5

Acciai legati fortemente
Gli acciai fortemente legati hanno almeno un elemento in lega con tenore superiore al 5 %

Acciai del II gruppo non legati

Sono acciai con tenori molto bassi di zolfo e fosforo e tenori controllati di altri elementi. Gli acciai al carbonio sono calmati. Gli acciai non legati vengono usati per costruire pezzi di piccolo spessore (fino a 30 mm) perché, dopo bonifica, presentano, in funzione di questa utilizzazione, proprieta simili a quelle degli acciai legati, pur avendo un costo minore. Per usufruire delle stesse proprieta in pezzi di maggior spessore si usano gli acciai debolmente legati.

Acciai non legati destinati al trattamento termico

La simboleggiatura obbligatoria, in lettere e cifre, comprende nell’ordine: simbolo C del carbonio, o GC nel caso di acciai per getti; un numero che, diviso per 100, da il tenore di carbonio in lega; l’eventuale simbolo chimico dell’elemento aggiunto allo scopo di ottenere proprieta particolari. La simboleggiatura facoltativa, in lettere e cifre, pud comprendere: una cifra: 1, 2, 3, che indica il grado di qualita dell’acciaio e precede tutti 1 simboli di designazione; una « lettera chiave» indicante i requisiti particolari, seguita da un‘altra lettera indicante il grado di quel requisito, esattamente come per gli acciai del I gruppo (vedi tabella nella scheda precedente); eventuale riferimento alla tabella UNI (EURONORM).

Esempi:

C10 Acciaio non legato, con un to percentuale di carbonio 0,10 %, da cementazione.

C50 Acciaio del II gruppo, non legato, con un contenuto percentuale di carbonio pari allo 0,50 %, da bonifica.

1 C40S Acciaio non legato, da trattamento termico, con tenore medio di carbonio di 0,4%, allo zolfo, di grado qualitativo 1.

1 C35TD Acciaio non legato, da trattamento termico, con tenore medio di carbonio 0,35 %, di grado qualitativo 1. fornito allo stato normalizzato.

CG 20 Acciaio non legato per getti, con tenore di carbonio medio di 0,2%.

Acciai non legati con caratteristiche e impieghi particolari. La simboleggiatura obbligatoria, in lettere e cifre, comprende nell’ordine: simbolo C del carbonio, seguito da una lettera che indica l’impiego al quale l’acciaio é destinato (D per vergella, B per bulloneria, ecc.); un numero che, diviso per 100, da il tenore del carbonio in lega; l’eventuale simbolo chimico dell’elemento aggiunto allo scopo di ottenere proprieta particolari. La simboleggiatura facoltativa, in lettere e cifre, é identica a quella degli acciai non legati destinati al trattamento termico.

Esempi:

2CD15 Acciaio non legato, di uso generale per vergella, con tenore medio di carbonio di 0,15 %, di grado qualitativo 2.

CD 30Cr1 Acciaio non legato, di uso generale per vergella, con tenore medio di carbonio di 0,3 % e con aggiunta di cromo al livello 1, secondo la norma di prodotto.

Acciai del II gruppo debolmente legati

Gli elementi aggiunti al ferro e al carbonio sono presenti in queste leghe con una percentuale minore del 5 %. Gli elementi leganti nickel, cromo molibdeno, servono per aumentare la penetrazione degli effetti della tempra ed ottenere elevate proprieta meccaniche anche nel cuore di pezzi con spessore superiore a 30 mm (cosa non possibile con gli acciai al carbonio). La simboleggiatura obbligatoria, in lettere e cifre, comprende nell’ordine: nel caso degli acciai per getti, la lettera G; un numero che, diviso per 100, da il tenore di carbonio in lega; 1 simboli chimici degli elementi di lega che caratterizzano l’acciaio, in ordine decrescente di percentuale o, a parita di percentuale, in ordine di importanza; uno o piu numeri successivi, ottenuti moltiplicando il contenuto percentuale medio degli elementi in lega per 4 0 per 10 0 per 100 0 per 1000, a seconda dell’elemento considerato, come risulta nella prima tabella qui a fianco. Quando manca il numero corrispondente a un elemento presente in lega, significa che tale elemento é presente con una percentuale inferiore ad un valore minimo che varia da elemento a elemento, come risulta nella seconda tabella qui a fianco. La simboleggiatura facoltativa, in lettere e cifre, é uguale a quella degli acciai non legati, salvo che il grado qualitativo é espresso con una lettera (A, B, D, ecc.), invece che con una cifra. L’indicazione del grado qualitativo precede sempre tutti gli altri stimboli di designazione.

Esempi:

G90Cr4 Acciaio debolmente legato per getti (G) con tenore di carbonio di 0,90 e I’l % di cromo.

18 Ni Cr 16 Acciaio debolmente legato, avente lo 0,18 % di C, il 4 % di Nie il Cr inferiore al minimo.

25 Cr Mo4 Acciaio debolmente legato, avente lo 0,25 % di C, I’l % di Cr e il Mo inferiore al minimo.

30 Cr AI Mo 5 10 Acciaio debolmente legato, da bonifica, avente lo 0,30 % di carbonio, I’1,25 % di cromo, I’l % di alluminio e il molibdeno inferiore al minimo.

A20Mn5 Acciaio debolmente legato, con tenore di carbonio di 0,20 % e 1'1,25 % di manganese, grado qualitativo (A).

Acciai del II gruppo legati

Almeno uno degli elementi aggiunti al ferro e al carbonio é presente in queste leghe con una percentuale uguale o superiore al 5 %. In generale gli elevati tenori in lega di cromo, nickel e molibdeno servono per ottenere resistenza alla corrosione o resistenza alle alte temperature. La simboleggiatura obbligatoria, in lettere e cifre, comprende nell’ordine: simbolo iniziale X, o GX nel caso di acciai per getti; un numero che, diviso per 100, da il tenore di carbonio in lega; i simboli chimici degli elementi di lega che caratterizzano l’acciaio, in ordine decrescente di percentuale. o, a parita di percentuale, in ordine di importanza; uno o pil gruppi di due numeri indicanti, nello stesso ordine dei simboli precedenti, la percentuale reale dei vari elementi di lega. La simboleggiatura facoltativa é uguale a quella degli acciai debolmente legati.

Esempi:

X10 Cr Ni1808 Acciaio legato con tenore di carbonio 0,1 % al 18 % di cromo e 8 % di nichel. E un acciaio inox.

GX 15 Cr 13 Acciaio legato per getti (G) con tenore di carbonio di 0,15 %, con tenore di cromo di 13 %.

AX15Cr9 Acciaio legato al cromo con tenore di carbonio di 0,15 %, con tenore di cromo di 9 %, grado qualitativo A.

X80WCo1810KU Acciaio legato con tenore di carbonio di 0,80 %, con tenore di wolframio di 18 %, con tenore di cobalto di 10 %, atto alla costruzione di utensili (KU).

1.15 Classificazione degli acciai secondo l’impiego

Generalita
Le case produttrici suddividono gli acciai in tre gruppi.

Acciai per usi generali
Non hanno ulteriori suddivisioni.

Acciai speciali da costruzione
Gli acciai speciali da costruzione suddividono in:

  1. acciai da bonifica
  2. acciai da cementazione
  3. acciai automatici al piombo
  4. acciai da nitrurazione
  5. acciai per tempra superficiale
  6. acciai per molle
  7. acciai per bulloneria
  8. acciai per cuscinetti acciai per valvole
    acciai resistenti a scorrimento
  9. acciai inossidabili

Acciai speciali per utensili
Gli acciai speciali per utensili dividono in:

  1. acciai per utensili al carbonio
  2. acciai rapidi e super-rapidi acciai per lavorazioni a freddo
    acciai per lavorazioni a caldo

Acciai per usi generali
Questi acciai non contengono altri metalli leganti.

Sono prodotti e venduti dalle case produttrici solo con garanzia circa la resistenza a trazione. Non sono trattabili termicamente. Gli acciai di uso generale hanno proprieta meccaniche inferiori agli acciai speciali. Vengono impiegati allo stato grezzo di laminazione, o al massimo dopo un trattamento termico di ricottura fatto per aumentare la lavorabilita. Questi acciai vengono impiegati per pezzi sollecitati solo staticamente e in modo modesto, come strutture reticolari, travi a T, telai, rotaie, eco. Per questi acciai é importante la saldabilita.

Esempi:

Fe 335 (Fe 34)
Fe 365 (Fe 37)
Fe 410 (Fe 42)
Fe 510 (Fe 52)
Fe 685 (Fe 70)

Acciai speciali
Gli acciai speciali sono calmati e contengono in tenori molto precisi metalli come cromo, nickel, molibdeno, tungsteno, eco. Sono sempre precisate le percentuali di zolfo e di fosforo. Possono essere: legati, se contengono elementi speciali come nickel, cromo, molibdeno, eco; al carbonio, se non li contengono. Le proprieta degli acciai speciali vengono esaltate con un appropriato uso di trattamenti termici espressamente consigliati dalle case produttrici. Gli acciai speciali sono acciai che possiedono elevatissime caratteristiche meccaniche e talvolta qualche caratteristica particolare in piu, rispetto agli altri Gnossidabilita, resistenza all’abrasione, resistenza alle alte o basse temperature, ecc.) Dato il loro costo elevato, il loro uso é riservato a pezzi molto sollecitati anche dinamicamente e di capitale importanza per il funzionamento e la sicurezza della macchina o dell’tmpianto (bielle, alberi, ingranaggi, palette, turbine, utensili ecc.).

Acciai da costruzione

Acciai da bonifica
Le caratteristiche degli acciai da bonifica sono: elevata attitudine alla tempra; elevata tenacita; resistenza alla fatica; insensibilita alla fragilita da rinvenimento.

Gli acciai da bonifica si dividono in:
acciai al carbonio (non legati), acciai legati al cromo, acciai legati al nickel-cremo-molibdeno.

Negli acciai al carbonio, il tenore di C é superiore allo 0,2 %.

Per gli acciai al carbonio (non legati) l’applicazione é consigliabile solo per i piccoli spessori (fino a 25–30 mm).

Per medi spessori (fino a 60 mm) si usano acciai legati al Cr o al Cr-Mn, che pero incorrono in aumento della fragilita se rinvenuti intorno ai 500'C. L’aggiunta del molibdeno elimina questo inconveniente.

Gli acciai al Ni-Cr-Mo sono temprabili anche con grossi spessori (fino a 200 mm) e sono i migliori in senso assoluto.

Questi acciai trovano applicazione nella produzione di alberi a gomito, alberi di trasmissione, semiassi, assali, bielle, giunti cardanici, leve, aste, eco. Sono utilizzati, cioé, per tutti quegli organi meccanici sollecitati a carichi statici e dinamici. Con gli acciai da cementazione, sono i piti usati nell’industria.

Esempi di acciai da bonifica al carbonio: C20 C30 C40 C50 C60

Esempi di acciai legati:

40 Cr4 40 Ni Cr Mo 2
35CrMn5 38 NiCr Mo4
25 CrMo4 40 NiCrMo7
30CrMo4 30NiCrMol2
35 CrMo4 35 NiCr Mol5

Acciai da cementazione

In questo gruppo sono compresi gli acciai destinati al trattamento termico di cementazione seguito da tempra. In generale, gli acciai da cementazione servono per la costruzione di organi meccanici per cui é richiesta elevata durezza superficiale e buona tenacita al nucleo. Gli acciai da cementazione possono essere legati o non legati. Gli acciai da cementazione al carbonio (non legati) servono per pezzi di piccole dimensioni. Gli acciai legati da cementazione servono per pezzi di grosse dimensioni in cui sono richieste elevate caratteristiche meccaniche anche a cuore.

Gli acciai legati si dividono in tre gruppi: acciai al nickel-cromo acciai al cromo-nickel-manganese acciai al nickel-cromo-molibdeno

Applicazioni

Ingranaggi, assi, rulli, spinotti, boccole, perni, alberi di trasmissione, alberi di distribuzione. Esempi di acciai al carbonio:

C10 C16

Esempi di acciai legati:

12 Ni Cr3
16 NiCr 11
16 Cr N4
20 Cr N4
18NCrMo2
18NCrMo5
18NCrMo7
16 Ni Cr Mol2

Acciai automatici al piombo e zolfo

Sono gli stessi acciai da bonifica e da cementazione con aggiunta di piombo e talvolta di zolfo. II piombo ha la proprieta di aumentare la truciolabilita in quanto consente di adottare maggiori velocita di taglio. Lo zolfo ha la proprieta di spezzettare il truciolo, il che significa non dover fermare la macchina per disimpegnare l’utensile dal groviglio di trucioli e di conseguenza si ha un aumento di produzione. Indicativamente la velocita di taglio pud aumentare del 50 % é la durata dell’utensile fino a dieci volte a parita di tutte le altre condizioni. II piombo contenuto negli acciai automatici in misura dello 0,15 % consente una minore usura dell’utensile e permette di ottenere una minore rugosita superficiale. II piombo inoltre, non interferisce nei trattamenti termici e non altera le prestazioni meccaniche. Gli acciai al piombo sono acciai indicati per la costruzione di pezzi costruiti in serie con macchine automatiche (torni, frese eco.)

Esempi:

9SMn23
9SMnPb23
18SMiri Pb10
35SMn10
35SMnPb10

Acciai da nitrurazione

Questi acciai sono sostanzialmente acciai da bonifica (C 0,3–0,4 %) con l’aggiunta di elementi (Cr, AD) che facilitano l’assorbimento e la diffusione dell’azoto. Nello strato superficiale, da 0,2 a 0,7 mm, si formano nitruri = durissimi di cromo vanadio alluminio che aumentano la durezza, la resistenza all’usura, alla fatica e alla corrosione. II trattamento di nitrurazione gassosa consiste nell’esposizione del pezzo in una corrente di ammoniaca a 500 °C per 30–80 ore. La nitrurazione conferisce agli acciai maggior durezza della cementazione e viene eseguita sul prodotto finito. Le applicazioni di questi acciai sono uguali a quelli da cementazione.

Esempi:

30 Cr Mol2
42 Cr AI Mo 7
38 Cr AI Mo7

Acciai per tempra superficiale

Gli acciai di questo gruppo sono destinati al trattamento di tempra superficiale con riscaldamento ad induzione, o al cannello ossiacetilenico. Si utilizzano questi acciai per avere pezzi duri in superficie, ma tenaci e resistenti alla fatica nel cuore del pezzo: alberi a camme e a gomito, ruote dentate, pignoni, viti senza fine, spinotti eco. Gli scopi e le utilizzazioni sono come quelli per gli acciai da cementazione.

Esempi:

C43
C48
40Cr4
36 Cr Mn4
38 Cr Mo4
40 Ni Cr Mo2
40 Ni Cr Mo4

Acciai per molle

Gli acciai per molle hanno una elevata elasticita conferita dal silicio contenuto negli acciai con una percentuale del 0,35–2 %. Gli acciai per molle possono essere al carbonio o legati. Normalmente le molle vengono sottoposte a tempra e rinvenimento, a cui segue un trattamento di sabbiatura o pallinatura. Questi due ultimi trattamenti servono per asportare lo strato superficiale di ossido. Le applicazioni di questi acciai sono: molle di ogni tipo, barre di torsione, pinze elastiche ad espansione, balestre ecc.

Esempi:

C 60
C72
50Si7
55818
52 Si Cr NiS
50 Cr V4
60 Si Cr8

Acciai per bulloneria

Questi acciai sono destinati alla fabbricazione di viti, bulloni e dadi, mediante stampaggio a caldo o a freddo. Questi acciai, quando hanno subito il trattamento termico di ricottura, hanno una notevole plasticita,

Applicazioni

Viti, dadi, bulloni, rondelle, brugole.

Esempi:

CB 35

38 Cr1KB

34 Cr 4 KB (41 Cr)

38 Cr Mo4KB

40 Ni Cr Mo 2 KB (-4 KB)
38 Ni Cr Mo 4 KB

Acciai per cuscinetti a rotolamento

Questi acciai al cromo (0,5–2%), con un tenore di carbonio 1 presentano, dopo tempra, elevata durezza, resistenza all’usura e alla compressione. Alla tempra deve seguire un trattamento di distensione (150–200°C) per eliminare le tensioni residue di tempra e per migliorare la tenacita.

Applicazioni
Sfere, rulli, anelli dei cuscinetti a rotolamento.

Esempi:
100 Cr6
100 Cr Mo 7
100 Cr Mn4

Acciai per valvole

Questi acciai, adatti per la costruzione di valvole per motori a scoppio, sono resistenti alla corrosione e ali ossidazione alle elevate temperature. Mantengono inoltre inalterate le caratteristiche meccaniche alle elevate temperature (800°C) ed hanno un basso coefficiente di dilatazione lineare.

Applicazioni
Valvole e sedi per motori a scoppio di ogni tipo e dimensioni.

Esempi:

X45 Cr Si8

X80 Cr Si Ni20

X53 Cr Mn Ni N219
X85 Cr Mo V193
X45 Cr Niw18

Acciai resistenti allo scorrimento a caldo

Questi acciai resistono contemporaneamente ad elevate pressioni ed elevate temperature in atmosfere a volte corrosive e ossidanti. Per resistere alle elevate temperature e mantenere inalterate le proprieta meccaniche contengono il molibdeno, mentre il cromo aumenta la resistenza alla corrosione e alla ossidazione.

Applicazioni
Tubi, flange, raccordi, bulloni, eco… per impianti termici e per impianti chimici e petrolchimici.

Esempi:

14 Cr Mo 13
12 Cr Mo9

12 Cr Mo 10
12 Cr Mo20

Acciai inossidabili

La caratteristica di questi acciai che contengono almeno il 12 % di cromo é la resistenza alla corrosione. Questa proprieta é dovuta al fatto che si forma sullo strato esterno del pezzo una pellicola di ossido che preserva da ulteriore ossidazione e corrosione il materiale sottostante (passivazione). Le applicazioni sono moltissime, ci limiteremo ad alcune: attrezzi per industrie alimentari ferri chirurgici coltelleria e pentolame elementi architettonici palette per turbine, stampi per materie plastiche parti nell’industria chimica, farmaceutica, tessile, casearia, petrolifera eco.

Esempi:

X 12 Cr 13
X20Cr13
X6 Cr Ni18 10
X8 Cr Nil8 12
X6 Cr Ni Mol7 12 2

Acciai per utensili Acciai al carbonio

Sono caratterizzati da percentuali di carbonio (0,6–1,2%) che conferiscono all’acciaio grande durezza e resistenza all’usura.

Applicazioni
Utensili di media qualita per lavorazioni con asportazione di truciolo.

Esempi:

C112 KU

Acciai rapidi

Sono caratterizzati da elevata durezza, resistenza all’abrasione ottenute con elevata percentuale di carbonio e di elementi in lega quali: cromo, tungsteno, molibdeno, vanadio che formano carburi durissimi in combinazione chimica con il ferro.

Applicazioni

Utensili per tornio, frese, trapanatrice, stozzatrice, limatrice, piallatrice ecc. di buona qualita.

Esempi:

X82WV18KU
X75W18KU
X88WV08KU
X82 Mo W09KU

Acciai superrapidi

Sono di caratteristiche simili agli acciai rapidi, ma l’aggiunta di cobalto in lega aumenta la durezza a caldo per cui si pué aumentare la velocita di taglio e quindi la produzione.

Applicazioni
Frese e utensili da taglio per materiali duri (tornio, fresa, trapano) per cui sono richieste prestazioni superiori a quelle degli acciai rapidi.

Esempi:

X80WCo1810KU
X150WCoV130505KU
X78WCo1805KU

Acciai per lavorazioni a freddo

Questi acciai posseggono elevata durezza, resistenza all’usura e tenacita secondo il tipo e le applicazioni. Hanno buona resistenza agli urti.

Applicazioni

Matrici, punzoni per imbutitura a freddo, filiere, cesoie, scalpelli pneumatici, pettini a filettare, maschi calibri di precisione ecc.

Esempi:

88MnVSKU
58WCr9KU
X150 Cr Mol2KU
58 Si Mo 8 KU
X210Cr13KU
C98C 112

Acciai per lavorazioni a caldo

Sono acciai che posseggono buona conducibilita termica, resistenza agli sbalzi termici, stabilita delle proprieta meccaniche ad alta temperatura oltre a quelle tradizionali di durezza o di tenacita. II molibdeno, il cromo, il W, V, Co e Ni aggiunti in lega sono indispensabili per far conservare le proprieta anche a caldo.

Applicazioni
Mandrini, stampi per magli e per presse, utensilerie per pressofusione ed estrusione, punzoni, filiere per trafilatura a caldo, lame di cesoie a caldo ecc.

Esempi:

X 35 Cr Mo 05 KU
X35 Cr Mo VOSKU
42 Ni Cr Mo157KU
52 Ni Cr Mo6KU

1.16 Metalli non ferrosi

Metallo color bianco argenteo. Punto di fusione 660°C. Massa volumica 2,7 kg/dm3 Carico di rottura 150–180 N/mm2 Durezza Brinell 20–40 HB ha una elevata conduttivita elettrica. Resiste bene alla corrosione dell’aria e dell’acido nitrico, poiché forma uno strato superficiale protettivo. E duttile e malleabile, relativamente molle, leggero. Pud venire lavorato a freddo sino ai piu alti gradi di deformazione plastica. La lavorazione meccanica pud essere effettuata con elevate capacita di taglio. L’alluminio ha un’ottima saldabilita, ma scarsa resistenza meccanica. In commercio si trova sotto forma di lastre, lamierini, tubi, profilati, fili, corde, rottami. L’alluminio si classifica in base al titolo e si distingue, per quanto concerme la provenienza, in metallo di prima fusione (99,7–99 %) e metallo di seconda fusione (recuperato, 99,5–98 %). L’alluminio primario é usato sia in fonderia (designazione ALP 98,7 UNI 3950), sia per lavorazione plastica (es. designazione: P-ALP 99,0 UNI 3567). Viene poi rifuso con l’aggiunta di altri elementi (leghe leggere), oppure utilizzato per la costruzione di attrezzi da cucina e conduttori elettrici, per l’industria chimica, per usi architettonici.

Estrazione dell’alluminio

L’estrazione dell’alluminio si effettua partendo da minerali quali la bauxite, la criolite e la leucite. La prima fase consiste nella preparazione dell’ossido del metallo, che prende il nome di allumina. La bauxite, frantumata e ridotta in polvere finissima con macine e mulini, é attaccata con soda caustica in autoclavi a 5 atmosfere. Si ottiene cosi l’alluminato sodico, dal quale si separa per filtrazione l’idrossido di alluminio. Questo, a sua volta filtrato e calcinato, libera l’allumina pura. Dall’allumina, per elettrolisi, si ricava l’alluminio metallico. Una soluzione di allumina e criolite viene scaldata a 950'C in una apposita cella elettrolitica. II passaggio della corrente, che riscalda il bagno, determina anche la scomposizione dell’ allumina in ossigeno e alluminio metallico allo stato liquido. Questo si deposita e si raccoglie sul fondo della cella, da dove é prelevato per essere versato in una lingottiera. II metallo che si ricava con questo procedimento (alluminio di prima fusione) ha un elevato grado di purezza (circa il 99,7 %). L’alluminio, tuttavia, viene usato prevalentemente in lega con altri metalli, quali il rame, il silicio, il magnesio, lo zinco, il ferro, il nichel e il titanio. Con questi da origine alle cosiddette leghe leggere.

Leghe leggere

Le leghe dell’alluminio con l’aggiunta in diverse percentuali di elementi quali magnesio, silicio, rame eco, presentano caratteristiche fisiche e meccaniche molto diverse. L’aggiunta di elementi all’alluminio permette di ottenere, eventualmente anche con successivi trattamenti termici (tempra, ricottura, bonifica), caratteristiche meccaniche superiori a quelle dell’elemento base. Ogni elemento favorisce una caratteristica particolare: durezza, colabilita, resistenza alla corrosione, eco.

Le leghe leggere sono piu resistenti dall’alluminio per la presenza di composti intermetallici che esso forma con il rame (CuA12), 0 che il magnesio forma con lo zinco (MgZn2), e con il silicio (Mg2Si). Con il passare del tempo (invecchiamento) questi composti si distribuiscono nella massa di alluminio, formando una struttura cristallina fine, ad alta resistenza meccanica. Le leghe leggere si dividono in:

  1. leghe da fonderia;
  2. leghe da lavorazione plastica.

Leghe da fonderia

Gli elementi di lega hanno lo scopo di aumentare la colabilita e di diminuire il ritiro del getto. La fusione puo essere fatta in terra, in conchiglia o sotto pressione (pressofusione e iniettofusione). Leghe alluminio-rame (Cu 3–12 %). Il rame é, in percentuale, l’elemento preponderante. Possono pero essere presenti, in varia percentuale, anche altri elementi, come zinco, ferro, magnesio, titanio, nickel, silicio, ecc.

Il rame aumenta la resistenza meccanica, ma, se é presente in percentuale superiore al 5,5 %, tende ad abbassare la resilienza. Questo tipo di lega é impiegato per pistoni, per teste di cilindri, per centri per ruote di autoveicoli, ecc. E’ una lega temprabile. I suoi nomi commerciali sono: Termafond, Alcufond, Inafond.

Leghe alluminio-magnesio (Mg 3–10 % + 0,3–0,4 %) Il magnesio aumenta il carico di rottura e la durezza. Le leghe, inoltre, sono adatte a resistere alla corrosione e sono trattabili termicamente. I loro nomi commerciali sono: Corrofohd e Peraluman.

Leghe alluminio-silicio (Si 4,5–20 %) Il silicio conferisce alle leghe una elevata fluidita, che le rende adatte alla produzione di getti anche compiessi e sottili. Normalmente, non vengono sottoposte a trattamenti termici. La presenza di magnesio contribuisce ad aumentare la durezza di queste leghe e, in genere, ne migliora le qualita.

La lega al 13 % di silicio si chiama Silumin. La lega al 5 e 7 % di silicio presenta anche buona saldabilita e resistenza a pressione. I nomi commerciali di queste leghe sono: Sliafond e Inafond.

Leghe da lavorazione plastica

Le leghe da lavorazione plastica sono generalmente laminate, poi lavorate sia a caldo, sia a freddo: trafilate, estruse, fucinate, stampate. Per estrusione si fabbricano tubi, capsule, barattoli, ecc. Per effettuare lo stampaggio a caldo (alla temperatura di 500°C) si parte da barre laminate o estruse. Oltre alle leghe principali, descritte qui di seguito, si hanno anche leghe alluminio-silicio (Si 0,75–1,2 %) e leghe alluminio-manganese (Mn fino a 1,25%).

Leghe alluminio-rame (Cu 0,5–4,5 %) La presenza del rame aumenta il carico a trazione fino a 500 N/mm2 e la durezza fino a 130 HB. La presenza del magnesio favorisce l’attitudine alla tempra. I laminati, per effetto della placcatura con alluminio puro, presentano una buona resistenza alla corrosione. L’attitudine alla saldatura autogena é mediocre. I nomi commerciali di queste leghe so, no: Avronal, Duralite, Duralluminio.

Leghe alluminio-zinco (Zn 5–8 %) Presentano un’elevata resistenza a trazione, che dopo bonifica arriva fino a 600 N/mm2. Sono usate nell’industria aeronautica e per impieghi alle basse temperature. Hanno scarsa attitudine alla saldatura autogena. Il nome commerciale piu noto é I’Ergal.

Leghe alluminio-magnesio (Mg 0,5–5 %) Unitamente al silicio (0,7 %), il magnesio da origine a leghe adatte a resistere alla corrosione. La presenza del magnesio in percentuale tra il 3,5 e il 5 % aumenta la resistenza a trazione fino a 400 N/mm2. Queste leghe non sono temprabili, ma sono saldabili e vengono usate per applicazioni strutturali. I loro nomi commerciali sono: Anoxidal, Anticorodal.

Designazione delle leghe seconda le norme UNI

La simboleggiatura UNI delle leghe di alluminio comprende nell’ordine: una lettera maiuscola, G per le leghe da fonderia e P, per le leghe da lavorazioni plastiche, eventualmente seguita da una lettera minuscola indicante lo stato di formitura; i simboli degli elementi componenti e le loro percentuali; eventualmente, una lettera indicante il trattamento termico, seguita da due numeri indicanti la temperatura (°C/10) e il tempo (in ore). Nelle leghe da fonderia, la sigla iniziale G pud essere seguita dalle lettere minuscole: s lega per getti colati in sabbia, c lega per getti colati in conchiglia p lega per getti colati a pressione Nelle leghe da lavorazioni plastiche, la sigla iniziale P puo essere seguita dalle lettere minuscole: t lega in forma di estrusi, laminati, trafilati; f lega in forma di fucinati e stampati.

Esempi:

Gc AI- Cu 10 Ni Si Mg (UNI 3042) E una lega per getti colata in conchiglia, con 10% di rame, contenente nichel, silicio e magnesio. E una lega per pistoni.

P AI Si 12 Mg Cu Ni (UNI 3572) E una lega da lavorazioni plastiche con 12 % di silicio e poi magnesio, rame e nickel. E adatta per strutture.

Pt Al Cu 4,5 Mg Mn T 50/4 (UNI 3583) E una lega da lavorazioni plastiche con 4,5 % di rame e poi magnesio e manganese, da temprare (T) a 500 °C (50) per 4 ore.

Piombo (Pb) Metallo di colore azzurrognolo. Punto di fusione 327°C Massa volumica 11,34 kg/dm3 Carico di rottura 20–30 N/mm2 Durezza Brinell 5–7 HB E’ il piu tenero dei metalli pesanti dustriali. II piombo viene ricavato dalla galena (PbS) previa separazione dell’argento, dello zinco e del rame, che vi possono essere contenuti in piccolissime percentuali. E’ un metallo pesante, poco tenace, facilmente scalfibile, resistente alla corrosione, malleabile e facilmente fusibile. In commercio si trova sotto forma di lastre, tubi, fili. II piombo é il metallo tipico per i caratteri da stampa e per le piastre degli accumulatori, si trova come componente in moltissime leghe metalliche. In lega negli acciai svolge la funzione di renderli pit facilmente lavorabili alle macchine utensili (piu truciolabili).

Zinco (Zn) Metallo di colore bianco azzurrognolo, cristallino con il punto di fusione 420'C Massa volumica 7,2 kg/dm3 Carico di rottura 130–250 N/mm2 Lo zinco viene ricavato dalla blenda (ZnS) o da altri minerali. Possiede modeste caratteristiche meccaniche; é duttile, malleabile e facilmente intaccabile dagli acidi.

L’immersione in un bagno fuso di Zn di pezzi di acciaio ne provoca il rivestimento protettivo con uno strato aderente (zincatura). In commercio si trova sotto forma di verghe e lastre. E’ molto usato come rivestimento antiruggine (zincatura) dell’acciaio; infatti, sotto l’azione dell’atmosfera, forma strati ricoprenti di carbonato di zinco, molto aderenti alla superficie metallica. Viene usato anche in lastre per la riproduzione di fotografie a stampa. E usato anche come componente delle leghe di ottone (Cu +Zn).

Stagno (Sn) Metallo bianco argenteo Punto di fusione 232 °C Massa volumica 7,3 kg/dm3 Carico di rottura 40–60 N/mm2 Durezza Brinell 15 HB splendente. Lo stagno viene ricavato principalmente dalla cassiterite (Sn02). E’ malleabile (stagnola) e puo essere ridotto in fogli sottilissimi. L’immersione in un bagno fuso di Sn di pezzi di acciaio, rame e ottone ne provoca il rivestimento protettivo con uno strato sottile molto aderente. Si puo anche attuare il rivestimento per elettrolisi, ottenendo strati piu sottili e risparmio di materiale. In commercio si trova sotto forma di verghe, lastre e fili. La stagnatura costituisce un rivestimento protettivo del ferro (latta), del rame, dell’ottone, dell’acciaio. Lo stagno é anche usato, nell’industria elettronica, per l’esecuzione delle saldature nelle comnessioni dei circuiti. E anche componente del bronzo (Cu + Sn) e di leghe antifrizione (Sn + Sb; Sn + Pb; Sn + Zn).

Leghe antifrizione a base di stagno

Le leghe antifrizione sono leghe a base di stagno, con aggiunta di antimonio (Sb), piombo, rame e zinco. II loro punto di fusione é molto basso, intorno ai 200–300 °C; inoltre hanno un basso coefficiente d’attrito e buona resistenza alla corrosione. Le leghe antifrizione a base di stagno prendono anche il nome di metalli bianchi. Le leghe antifrizione servono per rivestire quelle parti di macchine sottoposte a continuo sfregamento, come ad esempio i cuscinetti di sfregamento. In caso di surriscaldamento o per disfunzione della lubrificazione, le leghe antifrizione fondono, salvando gli organi meccanici dalla inevitabile rottura. Trovano percid applicazione soprattutto nell’industria automobilistica e nei motori Diesel, nei supporti degli alberi, eco. L’uso di queste leghe presenta notevoli vantaggi anche nei confronti del bronzo, per garantire minore attrito e maggiore adattabilita al perno. Alcuni esempi di leghe (metalli bianchi) antifrizione secondo la designazione UNI: Sn Sb 6,5 Cu 3,5 (UNI 4515) Lega in cui, oltre allo zinco sono presenti il 6,5 % di antimonio e il 3,5 % di rame. Sn Pb 23 Sb 13 Cu 4 (UNI 4516) Lega in cui, oltre allo zinco, sono presenti il 23 % di piombo, il 13 % di antimonio e il 4 % di rame.

Rame

Metallo di color rosso salmone. Punto di fusione 1083 °C Massa volumica 8,91 kg/dm3 Carico di rottura 240–480 N/mm2 Durezza Brinell 50–120 HB II rame viene ricavato principalmente dalla calcopirite (CuFeS2) e dalla calcosina (Cu2S), che lo contengono dall’l al 4 %, nonché dalla cuprite (Cu20). E malleabile e molto duttile, tanto che pud essere trafilato a freddo per produrre fili anche di diametri capillari. Ha un’ottima conducibilita termica ed elettrica. In commercio si trova sotto forma di lastre, piastre, barrette, pani, lingotti, barre, fili, corde, tubi, rottami. Viene usato soprattutto come conduttore nelle macchine e nei cavi elettrici. E un componente essenziale delle leghe di bronzo, ottone, ecc. Le principali leghe a base di rame.

Bronzi

I bronzi sono leghe metalliche costituite da rame e stagno (Sn fino al 25–30 %), miscelati in varie percentuali. Possono contenere anche altri costituenti. II colore varia dal rosso rame (Sn meno del 5 %), al giallo oro (Sn 5–10 %), al giallo chiaro (Sn 10–25 %) ed infine al bianco (Sn pit del 25 %). Nell’industria meccanica si adoperano bronzi con tenore di Sn dal 6 al 16 %. II punto di fusione (1080–900 °C) e la massa volumica (8,8–8 kg/dm3) variano a seconda della composizione. Una caratteristica fondamentale dei bronzi é la loro maggior durezza e resistenza rispetto al rame. Le caratteristiche meccaniche variano notevolmente in funzione del tenore di Sn e di altri componenti. I bronzi sono suscettibili di tempra e di ricottura. II bronzo si ottiene per fusione e successivo raffreddamento dei metalli costituenti (Cu, Sn, Zn, Pb). E’ una lega molto fusibile. Quando lo stagno é costituito tutto o in parte da altri metalli (eccettuato lo zinco), si hanno bronzi speciali, quali: bronzo con stagno, con nickel, con berillio, con ferro, con alluminio, con fosforo, ecc. Per bronzo fosforoso si intende invece bronzo allo stagno, molto ben disossidato con fosforo, che peré deve poi essere eliminato, altrimenti nuoce alla tenacita. In commercio, il bronzo si trova sotto forma di pani, barre, lastre, nastri, fili, semilavorati ottenuti da lavorazione plastica, rottami. Le denominazioni commerciali dei bronzi con stagno sono svariate, ad esempio: bronzo navale, per rubinetteria, per oggetti comuni, da ingranaggi, da ingranaggi duri, per cuscinetti a strisciamento (bronzine), per campane, d’arte, per monete, eco. Tra i bronzi speciali si hanno, ad esempio: bronzo con cadmio, per conduttori elettrici; bronzo al cobalto, molto resistente alla corrosione; bronzo alla grafite, autolubrificante per supporti; bronzo al manganese a piu. componenti, con contenuto in Mn fino al 30 %, unitamente a Ni, AI, Fe, Si. Trova impiego sotto forma di fili per resistori elettrici; bronzo al piombo, per cuscinetti sottoposti a forti sollecitazioni; bronzo al silicio, resistente a forti sollecitazioni e alla corrosione; bronzi d’alluminio (AI fino al 14 %) con altri additivi (Cupralluminio), usati nell’industria chimica ed elettrotecnica, per motori a combustione interna (sedi di valvole), alberi di eliche, ingranaggi.

Ottoni

Gli ottoni sono leghe metalliche costituite da rame e zinco (Zn fino a circa il 50 %). Possono contenere anche altri metalli. TI colore degli ottoni comuni varia da un rosso rame (basso tenore di zinco), ad un giallo oro caldo (medio tenore di zinco), ad un giallo oro freddo (alto tenore di zinco). L’ottone contenente oltre il 67 % di Cu si chiama spesso tombacco (ottone rosso) o similoro. II punto di fusione (1070–900aC) e la massa volumica (8,50–8,20 kg/dm3) variano a seconda della composizione. Le caratteristiche meccaniche variano a seconda della composizione. Gli ottoni possono subire il trattamento della ricottura. L’ottone si ottiene per fusione e successivo raffreddamento dei metalli costituenti (Cu, Zn, Pb fino al 3 %, eventuali tracce di Sn). II piombo viene aggiunto per migliorare la truciolabilita (ottone ai piombo) nelle lavorazioni con macchine automatiche. Gli ottoni speciali sono quelli ottenuti aggiungendo metalli additivi, in percentuali in genere non molto elevate, allo scopo di migliorarne le caratteristiche meccaniche. Gli ottoni speciali richiedono un trattamento di fusione pit accurato degli ottoni normali. parte induribili e possono presentare un comportamento simile a quello degli acciai. Gli ottoni sono in In commercio, l’ottone si trova sotto forma di pani, getti, lastre, lamiere, nastri, bandelle, semilavorati ottenuti da lavorazione plastica, tubi senza saldatura, fili, molle, rottami. Le denominazioni commerciali degli ottoni comuni sono, ad esempio: ottone per bossoli d’artiglieria, per imbutitura, per lamiere, per getti, per lastre, per tubi, per pezzi forgiati, per brasature dolci e forti. Gli ottoni speciali hanno denominazioni del tipo: ottone per eliche marine, Delta, Muntz, eco. La « Lega Ammiragliato» (Cu 70 %, Sn 1 %, Zm il resto) ha forte resistenza alla corrosione e viene usata per condensatori navali. L’ottone all’alluminio (Cu 76 %, AI 2 %, Zn il resto) ha una resistenza alla cor rosione e all’erosione ancora maggiori, con ottime proprieta meccaniche, sia cotto che incrudito. E’ usato per condensatori sottoposti a corrosione. L’ottone al piombo (Cu 56–61 %, Pb fino al 2 %, Fe 0,5 %, Mn 1,5 %, Zn il resto) 6 molto usato per lavorazione con macchine automatiche e per parti stampate a caldo.

Designazione UNI per le leghe a base di rame

L’UNI prevede una nuova classificazione delle leghe a base di rame, che vengono suddivise in: leghe per lavorazione plastica leghe per fonderia; La lettera P anteposta alla sigla sta per lavorazione plastica. La lettera G sta per getti o pani. Per alcuni dei tipi di bronzo sopra elencati, si avra ad esempio:

P Cu Sn 8 (UNI 2527)
Bronzo comune per lavorazione plastica con 8 % di stagno.

BS CD 0,6 1 (UNI 2527)
Bronzo speciale con 0,6 % di Cadmio.

P Cu Al 4 (UNI 2512)
Bronzo da lavorazione plastica 4 % di alluminio (cupralluminio).

G Cu Sn 8 Pb 15 (UNI 7013)
Bronzo in getti con 8 % di stagno 15 % di piombo.

Per alcuni dei tipi di ottone sopra elencati si avra ad esempio:

G Cu Zn 36 (UNI 5039)
Ottone in pani con 63 % di rame.

P Cu Zn 21 AI 2 (UNI 6401)
Ottone all’alluminio con 21 % di Zn e 2 % di Al. La vecchia designazione era: OTS 76 (UNI 2021)

P Cu Zn 40 Pb 2 (UNI 5705–68) Ottone da lavorazione plastica al piombo, con 40 % di Zn e 2 % di Pb. La vecchia designazione dello stesso ottone era: OT 58 Pb (UNI 2021)

Magnesio (Mg) Metallo di colore bianco argenteo. Punto di fusione 650'C Massa volumica 1,74 kg/dm3 Carico di rottura 80–120 N/mm2

E’ il piu leggero tra tutti i metalli industriali.

II magnesio viene ricavato dalla dolomite CaMg (C03)2, dalla magnesite (M9C03), dalla carnallite (M9C12 — KCI — 6H20). Si trova, oltre che in altri minerali, anche nell’acqua di mare. Le riserve minerali di questo elemento sono ritenute inesauribili: si stima che da 1 km3 di acqua di mare si possano estrarre 700.000 t di magnesio. Finemente polverizzato brucia spontaneamente all’aria con forte bagliore; se riscaldato, invece, brucia con pericolo di esplosione, anche sotto forma di trucioli, polvere di molatura e in massa. Se trattato a freddo, il metallo compatto e le sue leghe sono scevri da questo pericolo. All’aria si ricopre facilmente di una pellicola opaca di ossido. Si lavora sia a freddo, sia a caldo, in ambiente di gas inerti e con particolari accorgimenti di protezione. Si forgia, si salda, si puo chiodare. In commercio si trova nelle seguenti qualita: I qualita (99,99 %), metallo purissimo per usi speciali; II qualita (99,90 %), metallo normale per il commercio e la produzione di leghe; III qualita (99–98 %), metallo per disossidazione e per leghe. Per uso di fonderia si trova sotto forma di lingotti fusi. Per lavorazioni plastiche si trova in placche e billette, dalle quali si ottengono profilati vari, piattine, fili, lamiere, tubi e nastri. II magnesio é utilizzato soprattutto nelle sue leghe. Le leghe al magnesio sono chiamate ultraleggere e hanno buone caratteristiche meccaniche. Leghe ultraleggere a base di magnesio. Le leghe ultraleggere sono leghe che hanno come costituente fondamentale il magnesio e massa volumica variabile da 1,7 a 2 kg/dm3. I metalli aggiunti sono l’alluminio, lo zinco, il magnesio, il silicio e il nickel. Confrontate con le leghe leggere a base di alluminio, le leghe ultraleggere hanno minori proprieta meccaniche, ma anche minore massa volumica. La durezza Brinell é intorno ai 50 HB. II carico di rottura é intorno ai 200 N/mm2. Le leghe ultraleggere hanno discreta lavorabilita, ottima colabilita e buona resistenza alla corrosione. Fra le leghe ultraleggere ricordiamo l’elektron (Mg + 3–10 % di AI; fino al 3 % di Zn), che in Italia viene chiamato Atesia.Dopo la lavorazione plastica, il suo carico di rottura arriva fino a 250–380 N/mmz2. Le leghe ultraleggere vengono poste in commercio sotto forma di lamiere, profilati, fili, tubi e pani per fusione. L’impiego di queste leghe si sta sempre pit: diffondendo nei settori industriali nei quali la leggerezza é una caratteristica essenziale, come ad esempio nell’industria aeronautica e dei trasporti, nella produzione dell’utensileria portatile, dei motocicli, degli elettrodomestici ecc.

Titanio (Ti) Metallo di colore bianco argenteo. Punto di fusione 1725 °C Massa volumica 4,5 kg/dm3 Carico di rottura 460–1300 N/mm? (lavorato) Durezza Brinell 80–100 HB Presenta buone caratteristiche meccaniche. Resiste alla E leggero. Non si usa mai per getti. Provoca difficolta nelle saldature. Si salda con ELIOARC e ARGOARC corrosione. Si puo sottoporre, anche in lega, a trattamento termico (lega Ti+ A 16+ V 4 % con tt. arriva
a 1000 N/mm? di carico di rottura). La sua preparazione presenta difficolta, percio il prezzo del Ti é piuttosto elevato Lo utilizza I’industria aereonautica, perché per ogni kg di Ti utilizzato si costruisce un aereo
piu leggero di 6–10 kg rispetto a quelli realizzati con altri materiali. Un secondo motivo di impiego é dovuto alla capacita del Ti di conservare le sue caratteristiche anche ad alte temperature. Fino a 335'C mantiene pressoché intatte le sue caratteristiche meccaniche. Lo stesso avviene se si scende sotto i 0 °C. Da un confronto con acciaio inox e leghe leggere, il titanio risulta superiore. Le leghe di titanio (% di Ti che mantenga pressocché costante la massa volumica) hanno un carico di rottura doppio rispetto al metallo base: da 550 N/mm2 (Ti) a 1000 N/mm2 (per la lega Rem — Cru 130 A, con 8 % di Mn). II Ti forma leghe con Al, St, Zr, Cr, V, Mo. II Ti e le sue leghe vengono usati nell’industria aereonautica e missilistica sia per le strutture, sia per i motori (parti di turbine a gas, ultimo stadio del compressore).

Nickel (Ni)

Metallo grigio splendente con riflessi verdi. Punto di fusione 1455°C Massa volumica 8,8 kg/dm3 Carico di rottura 600–1000 N/mm2 Durezza Brinell 80–200 HB

Il nickel viene ricavato principalmente dalla garnierite (NiMgHSi02) e da alcuni minerali arseniosi e solforosi. E’ un metallo pesante, duro e tenace, duttile e malleabile; fucinatile e saldabile come il ferro e, alla pari di questo fortemente magnetizzabile. E ben deformabile anche a basse temperature, come il rame e I’alluminio. E inalterabile all’aria, anche se umida, resiste all’acqua dolce e a quella marina; é poco attaccato dagli acidi. In commercio si trova sotto forma di lastre, tondelle, dadi, granuli e in polvere di colore nero. Si usa per il rivestimento dei metalli a scopo protettivo e decorativo, per mezzo dell’elettrolisi (anodi di Ni); come costituente di monete e per certe parti di apparecchi elettrici. E componente di molte leghe inossidabili (acciai al nickel-cromo). Gli acciai tipo Maraging per impieghi aerospaziali, ad altissima resistenza (R = 2000 N/mm2), contengono nickel in elevata percentuale (18.%).

Leghe del nickel

Monel
Lega di nickel (65–70 %), rame (2530 %) é altri elementi. Anche a caldo, il Monel conserva una buona resistenza meccanica e alla corrosione. Viene usato per parti di pompe, filtri é valvole in ambienti corrosivi.

Costantana, nichelina, manganina
Tre leghe di nickel contenenti rame in varie percentuali. Vengono usate per la produzione di resistenze elettriche. La costantana, in particolare, é usata anche per termocoppie.

Nicromo
Lega di nickel (80 %) e cromo (20 Pio). Viene usata per la produzione di termocoppie.

Inconel
Lega di nickel con cromo (13 %) e ferro (6,5 %). Resiste all’ossidazione fino a 1100 oC e resiste alla corrosione. Inoltre, ha una elevatissima resistenza meccanica. Viene impiegata in parti di turbine a gas, nell’industria chimica, nella costruzione di recipienti per fonderia e per trattamenti termici.

Hastelloy
Lega di nickel con molibdeno (2432 %) e ferro (3–7 %).
E usata nella tecnologia nucleare.

Nimonic
Le leghe tipo Nimonic contengono, in diverse proporzioni, nickel (37–74 %), ferro (41–1 %), cromo (18–20 %), cobalto (2–20 %) e altri elementi, quali C, Ti, AI, eco. Sono usate per varie parti di turbine a gas, come tubi di fiamma e palette; per valvole di motori a scoppio; per parti di motori Diesel; per stampi di colata.

Cromo (Cr)
Metallo color bianco splendente. Punto di fusione 1875 + 5 OC Massa volumica 7,2 kg/dm3 Durezza Brinell 70 HB II cromo viene ricavato principalmente dalla cromite (Cr203FeO), che contiene il 48–53 % di ossido. E’ deformabile a caldo, ma fragile a freddo, resistente al logorio e molto duro. Se puro, é duttile. Si lascia legare facilmente con Al, Fe, Ag, Ni, Co, Pb e con il C forma carburi. Si prepara in lega con il ferro a basso tenore di C (ferro-leghe). A temperatura ambiente resiste a quasi tutti 1 gas e alla corrosione, ma é solubile in acido cloridrico e solforico. In commercio si trova sotto forma di fili e tubi. Diffusissimo il suo uso come rivestimento protettivo contro le corrosioni e per scopi estetici (cromatura elettrolitica) di ogni sorta di oggetti. Viene usato come materiale alligante nelle leghe al nickel (ad esempio per rotori di turbine a gas) e negli acciai (acciai inossidabili), nei quali ¢ pre sente in percentuali variabili tra lo 0,5% eil 25%.

Manganese (Mn)

Metallo di colore bianco-grigio. Punto di fusione 1245'C Massa volumica 7,44 kg/dm3. II manganese viene ricavato principalmente dalla pirolusite (Mn02), che contiene il 70–80 % di biossido. La ferrolega ferro-manganese (5–20 % Mn), detta ghisa speculare per il suo aspetto lucente, viene preparata da ossido di ferro, ossido di Mn e minerali per riduzione con C. II Mn a temperatura ambiente si ossida all’aria. A freddo non é duttile, ma lo diventa a temperature superiori a 1100°C. E molto fragile e smorza bene gli urti. II ferro-manganese é importantissimo in siderurgia nella produzione dell’acciaio, dove viene usato come dissodante e desolforante delle masse di acciaio fuso. Viene usato anche come metallo alligante negli acciai ad alto tenore di Mn, che sono duri, non magnetici e resistenti all’abrasione. E’ largamente usato nell’industria chimica. Le leghe ricche di Mn con Cu, Ni 0 Fe hanno notevoli proprieta fisiche.

Vanadio (V)

Metallo bianco argenteo. Punto di fusione 1726°C Massa volumica 5,70 kg/dm3 Durezza Vickers 70 HV E’ un elemento raro, presente in pochi minerali, e viene ricavato per via alluminotermica da ossidi (V205). E’ duttile, tenace, resistente alla corrosione. In commercio si trova sotto forma di lingotti e brichette di ferro-vanadio (ferrolega).

II vanadio non ha ancora utilizzazioni allo stato puro. E un ottimo legante per gli acciai adatti a resistere al surriscaldamento. La polvere di vanadio puo essere compressa e sinterizzata sotto vuoto a 1400–1500'C per conformare oggetti di forme varie.

Cobalto (Co)

Metallo color grigio chiaro. Punto di fusione 1493°C Massa volumica 8,9 kg/dm3 Durezza Brinell 124 HB E’ presente in natura in vari minerali insieme all’arsenico e allo zolfo. Viene ricavato per elettrolisi da soluzioni purificate di COS04 e anche come sottoprodotto nella preparazione del nickel. E’ molto duro, duttile, tenace e fortemente magnetico, molto simile al ferro e al nickel nelle proprieta meccaniche. In commercio si trova sotto forma di granuli e piastre. Leghe ricche di Co con carburi di Cr e W (Stelliti) sono dure e resistenti all’usura é alla corrosione. Le leghe piu povere di Co contengono Fe unitamente a Cr, Ni, Mo, W e sono stabili al calore e resistenti alla corrosione. Il Co é anche un additivo importante per gli acciai rapidi. Inoltre, serve come additivo per leghe magnetiche (ferro cobalto).

Tungsteno (Wolframio) (W)
Metallo di colore bianco-argenteo. Punto di fusione 3140°C (+ 10°C) Massa volumica 19,3 kg/dm3 Durezza Vickers circa 270 HV E’ il metallo con piu elevato punto di fusione. E presente in natura principalmente nella wolframite FeMn (W0O4) e nella scheelite (CaWO4). II W metallico in polvere si forma per riduzione dal W03. Sinterizzato a caldo manifesta ottime caratteristiche meccaniche (carico di rottura: 2500 N/mm2). Dopo essere stato sinterizzato in idrogeno e fucinato, si presenta duttile alle basse temperature. Gli acciai rapidi (per utensili), che hanno la proprieta di non perdere le tempera anche al color rosso, lo contengono in percentuali dal 12 al 23%, unitamente a C, Fe e altri metalli alliganti quali Cr, V, Mn, e talvolta Mo. Sotto forma di carburi il W, insieme a carburi di Co, viene sinterizzato in placchette durissime che, saldate su appositi supporti, danno luogo ad utensili che consentono elevatissime velocita di taglio (fino a 10–12 volte quelle di un utensile normale di acciaio al C). Infine il W, in percentuali del 10–17 insieme con C, Co, Cr, Fe, da luogo a leghe (Stelliti) ad elevata durezza anche a caldo, oltre a una buona resistenza all’usura, stabilita alla corrosione e alla ossidazione. II tungsteno come filo a struttura fibrosa viene usato nelle lampade a incandescenza.

Molibdeno (Mo)
Metallo di colore bianco argenteo. Punto di fusione: 2662°C. E’ un metallo molto duro, malleabile a caldo e a freddo, magnetico, resistente alla corrosione, con buona conducibilita elettrica. Si ricava principalmente dalia molibdenite e dalla wulfenite. Viene utilizzato soprattutto come alligante in alcuni acciai speciali (acciai al nickel-cromo-molibdeno). In forma di polvere e sinterizzato viene impiegato anche per resistenze elettriche ad alte temperature, nei tubi elettronici, nelle lampade ad incandescenza, nelle lampade al quarzo.

Niobio (Nb) o Columbio
Punto di fusione: 2415 °C. Si ricava principalmente dalla columbite e dalla tantalite. E molto resistente al calore e alla corrosione. Per la sua notevole resistenza alla corrosione intercristallina é usato come correttivo e stabilizzante negli acciai speciali. E impiegato nell’industria chimica, elettrica e nucleare.

Tantalio (Ta)
Punto di fusione: 2998 °C. Si ricava dalla tantalite. Ridotto in lamine, diventa durissimo; inoltre, é molto resistente agli acidi, ai gas e al calore. Viene usato per fare punte di perforatrici in luogo del diamante, nella costruzione di apparecchi chimici, di anodi di condensatori elettrolitici miniaturizzati. In generale, trova impiego nelle industrie chimiche, elettriche e nucleari.

Antimonio (Sb)
Metallo di colore bianco argenteo. Punto di fusione: 630°C. Si ricava dalla stibina. Pur avendo molte caratteristiche di un metallo, si comporta chimicamente come un non metallo. In lega con altri metalli, conferisce a questi ultimi una grande durezza. In lega con il piombo é adoperato per i caratteri da stampa, per le piastre degli accumulator, per i proiettili. Entra nella composizione di numerosi metalli antifrizione, del peltro (con lo stagno), di ossidi per smalti, ceramiche, vetri e tessuti non infiammabili.

Metalli rari
I metalli cosiddetti rari, difficilmente reperibili in natura e percio di produzione assai limitata, sono impiegati in campo tecnologico e industriale per scopi particolari.

Boro (B)
E usato in metallurgia per affinare il grano dell’alluminio e per indurire ghise e acciai.

Gallio (Ga)
E usato in lega negli specchi ottici, nei termometri ad alte temperature, in odontotecnica.

Germanio (Ge)
Serve per fabbricare i transistor e 1 raddrizzatori.

Selenio (Se)
E impiegato nelle cellule fotoelettriche e nei raddrizzatori.

Indio (In)
E’ usato principalmente come rivestimento delle leghe antifrizione. In lega con arsenico, fosforo e antimonio viene utilizzato nei transistori ad alta e bassa temperatura e nelle batterie solari.

Metalli radioattivi

Si definiscono radioattivi quei metalli che, per effetto di un processo di disintegrazione e trasformazione (fissione) del nucleo atomico, emettono spontaneamente radiazioni. Le proprieta di queste radiazioni ne rendono possibile l’impiego in campo scientifico e industriale, dalla medicina alla produzione di energia.

Radio (Ra)
Il radio e i suoi sali hanno la proprieta di emettere raggi che attraversano i corpi e impressionano le pellicole fotografiche. Sono impiegati percid in medicina e nella radiografia industriale.

Uranio (U)
La fissione del suo nucleo mediante bombardamento neutronico in un reattore nucleare (dove si sviluppa una reazione a catena) libera enormi quantita di energia sotto forma di calore. Questa puo essere convertita in altre forme di energia (ad es.: elettrica). L’uranio é percid la materia prima piu: importante per l’alimentazione delle centrali termonucleari.

Torio (Th)
Il torio si trova in natura nella sabbia di monasite.

E’ usato principalmente nei reattori nucleari, ma viene anche impiegato in certi tipi di valvole termoioniche e di lampade ad incandescenza, oltreché per migliorare le proprieta meccaniche e la resistenza all’ossidazione delle leghe al Ni-Cr.

1.17 Materiali non metallici

I materiali non metallici usati nell’industria meccanica sono numerosissimi e trovano i piu disparati impieghi. Le classi di materiali che interessano pit direttamente l’industria meccanica sono:

  • combustibili
  • lubrificanti
  • abrasivi
  • detersivi
  • acidi
  • refrattari
  • protettivi
  • sinterizzati
  • legnami
  • materie plastiche
  • fibre tessili

Alcune delle classi citate fanno riferimento al tipo di materiale, altre all’tmpiego prevalente. Si tratta quindi di una classificazione non rigorosa, ma di comodo.

Combustibili
Questa categoria di materiali comprende tutte le sostanze che, sottoposte a combustione, generano calore che puo essere sfruttato nel ciclo produttivo industriale. Applicazioni notevoli dei combustibili si hanno in campo siderurgico (altoforno, forni Martin-Siemens) e metallurgico (forni per trattamenti termici).

I principali combustibili sono:

  • carbone
  • petrolio
  • benzina
  • nafta
  • gas illuminante
  • metano
  • butano
  • propano ecc.

Lubrificanti

I lubrificanti sono sostanze che servono per ridurre I’attrito e l’usura tra parti che strisciano o rotolano a contatto tra loro. I lubrificanti sono indispensabili per il funzionamento corretto di tutte le macchine. In particolar modo sono necessari nei perni, nelle ruote dentate, nelle guide scorrevoli ecc.

I principali lubrificanti sono:

  • olii minerali
  • olii vegetali
  • grassi animali e minerali
  • paraffina
  • saponi
  • stearina
  • talco
  • grafite
  • Abrasivi

Gli abrasivi sono sostanze di elevata durezza usate nell’industria meccanica per raschiare, corrodere ed intaccare altri materiali. Gli abrasivi vengono usati nell’affilatura di utensili da taglio, nella costruzione di mole per rettificare i pezzi meccanici, nella costruzione di tele e carte da smeriglio.

I principali abrasivi sono:

  • quarzo
  • farina fossile
  • pomice
  • vetro
  • smeriglio
  • corindone
  • carburo di silicio
  • diamante

Detersivi

I detersivi sono sostanze liquide usate nell’industria meccanica allo scopo di pulire, sgrassare, detergere i materiali metallici. Vengono usati nei trattamenti termici superficiali in cui la superficie deve essere ben pulita e sgrassata. Vengono utilizzati anche nelle operazioni di finitura superficiale come preparazione alla verniciatura.

I principali detersivi sono:

  • petrolio
  • benzina
  • gasolina
  • acetone
  • trielina
  • cloroformio
  • soda caustica
  • sapone

Acidi
Gli acidi hanno lo scopo di eliminare incrostazioni e ossidi superficiali per mettere alla luce il metallo vivo. Sono usati per preparare le superfici metalliche ad altri trattamenti superficiali quali: zincatura, stagnatura. L’operazione é chiamata decappaggio. I principali acidi sono:

  • acido solforico
  • acido cloridrico
  • acido nitrico

Refrattari

I refrattari sono materiali che hanno un punto di fusione molto alto. I refrattari sono indispensabili nell’industria siderurgica per la produzione delle leghe metalliche: altoforno, rivestimento dei forni di fusione dell’acciaio, forni per trattamenti termici ecc. I principali refrattari sono:

  • argilla
  • quarzo
  • ossido di magnesio
  • silice

Protettivi

I materiali protettivi servono nell’industria meccanica per proteggere le costruzioni metalliche dalla corrosione e dalla ossidazione. I protettivi sono usati nell’tndustria meccanica per la costruzione di parti esposte alle intemperie o ad ambienti ossidanti. I materiali protettivi comprendono:

  • grassi da petrolio per cavi, cere vernici all’olio
  • vernici all’alcool
  • vernici alla cellulosa
  • vernici sintetiche

Sinterizzati

I sinterizzati sono materiali solidi ottenuti portando ad altisstma temperatura miscele di polveri, metalliche e non metalliche, preventivamente agglomerate per compressione ad alta pressione. Le applicazioni industriali riguardano la costruzione di utensili da taglio, di guarnizioni per freni e frizioni, di oggetti in metalli preziosi o in metalli con elevatissimo punto di fusione e scarsa fucinabilita. I metalli utilizzati per costruire sinterizzati sono:

  • carburi di cobalto
  • carburi di tungsteno
  • carburi di titanio ossido di alluminio

Legnami
I legnami sia naturali che artificiali sono materiali impiegati in alcuni settori nell’industria meccanica per la loro facile lavorabilita e per il basso costo. I legnami nell’industria meccanica vengono usati soprattutto nella costruzione di modelli per fonderia. Altre applicazioni si, trovano nell’industria edilizia e nei trasporti.

Legni naturali: noce, acero, faggio, abete, pino, ecc.

Legni artificiali: compensati, paniforti, truciolari, ecc.

Materie plastiche

Le materie plastiche sono sostanze derivanti dalla lavorazione di prodotti petroliferi (e talvolta anche del legno), che trovano applicazione nell’industria meccanica per la facilita di lavorazione, la resistenza agli agenti chimici e la bassa massa volumica. Le materie plastiche interessano la produzione di estesi settori dell’industria meccanica: produzione di contenitori, recipienti, tubi, scafi, fibre tessili ecc.

Largo é l’impiego delle materie plastiche nell’industria elettrica: interruttori, prese, spine, isolanti ecc.

Tra le materie plastiche pid importanti ricordiamo: polivinilcloruro, celluloide, polistirolo, polietilene, plexiglas, formica, vetroresina, bakelite, nylon, moplen, ecc.

Fibre tessili

Le fibre tessili trovano impiego nell’industria meccanica per la loro resistenza a trazione unita all’elevata flessibilita. Le fibre tessili trovano applicazione nell’industria. soprattutto impastate con gomma nella costruzione di cinghie trapezoidali per la trasmissione del moto e nella costruzione di funi.

Fibre tessili vegetali e animali: cotone, canapa, lino, pelo di cammello, seta

Fibre tessili sintetiche: nylon, perlon, dacron, ecc.

1.18 Il legno

Il legno é un materiale che per il costo relativamente basso, per le discrete proprieta meccaniche e tecnologiche e tuttora molto usato in vari settori industriali quali: l’edilizia, l’industria del mobilio, quella dei trasporti ecc. Anche nell’industria meccanica si fa talvolta uso del legno, soprattutto per modelli da fonderia. Il legno in commercio si trova sotto forma di pali, travi, tavole che vengono ricavati dal tronco degli alberi spogliato dai rami e lavorato o con operazioni di segatura. IL legno fresco ha un contenuto di acqua che si aggira sul 30 % del suo peso. Questo contenuto viene diminuito al 1214 % mediante stagionatura, che pud essere naturale o artificiale.

Essiccazione del legno
L’essiccazione o stagionatura naturale avviene esponendo all’aria le tavole raccolte in cataste. II periodo di esposizione all’aria é di almeno un anno, ma per legni pregiati o per usi particolari si richiede un tempo fino a 6 anni. L’essiccazione artificiale viene fatta in apposite stufe in cui il materiale accatastato viene investito o da aria calda o da prodotti di combustione. La durata di essiccazione va da 10 a 20 giorni, secondo il tipo e secondo la temperatura, che puo variare fra i 30° e i 40°C.

Proprieta fisiche e meccaniche

Massa volumica del legno. La massa volumica del legno dopo opportuna essiccatura é sempre inferiore a 1 kg/dm3 e varia da 0,4 a 0,9 kg/dm3 secondo il tipo. Fanno eccezione la balsa, che é leggerissima, con massa volumica di appena 0,12 kg/dm3; l’ebano che ha massa volumica di 1,26 kg/dm3 e il bosso, che ha una massa volumica di 1,00 kg/dm3. Fra i legni comuni piu leggeri citiamo l’abete, il cirmolo, l’ontano, il pioppo, il pino, il salice, mentre fra i legni pit. pesanti troviamo la quercia, l’olivo, il rovere, il mogano.

Durezza

La durezza dipende dalla qualita del legno e dalla stagionatura. In genere la durezza maggiore si riscontra in senso normale alle fibre. Fra i legni piu duri troviamo il guaiaco, il bosso e l’ebano. Fra i legni pit teneri il tiglio, il pioppo, la balsa, quindi l’abete, il pino e il cirmolo.

Resilienza

La resistenza agli urti déi legnami risulta massima in direzione perpendicolare alle fibre. La resistenza agli urti del legno viene misurata, come per i metalli, con una macchina simile al pendolo Charpy. Il legno che possiede piu resilienza é I‘hickory, usato per gli sci. Hanno buona resilienza anche il platano, il faggio, il frassino e 11 rovere.

Resistenza meccanica

La resistenza meccanica dei legnami, sia a trazione che a compressione, taglio e flessione dipendono dalla natura del legno, dal grado di stagionatura e dalla direzione delle forze applicate. La resistenza a compressione dei legnami é inferiore alla resistenza a trazione. La resistenza a trazione e compressione sono massime se le forze sono dirette nel senso delle fibre. La resistenza a flessione e la resistenza a taglio sono massime se le forze sono normali alla direzione delle fibre.

Proprieta tecnologiche del legno

Lucidabilita

La lucidabilita é l’attitudine di un legno a subire I’adesione di una vernice per ottenere una superficie impermeabile e speculare. La vernice, impedendo uno scambio di umidita con l’esterno, limita il ritiro stagionale del legno ed il suo invecchiamento. Hanno buona lucidabilita il noce, il cedro, il ciliegio, l’acero, il palissandro ed il mogano.

Curvabilita

La curvabilita é la capacita Me hanno i legnami di assumere e mantenere una forma curva impressa. Perché il legno mantenga la curvatura bisogna che l’operazione venga fatta quando é ancora verde oppure con I’ausilio di vapore o acqua calda. Questa proprieta é importantissima nell’industria dei mobili perché consente la preparazione di legni curvati per schienali, sedie, archi ecc. Hanno buona curvabilita il salice, il faggio e il frassino.

Fendibilita

La fendibilita é l’attitudine di un legname a rompersi secondo le fibre. Questa proprieta é favorita dalla presenza di fibre diritte e regolari e dall’assenza di nodi. Lo spacco effettuato con l’ausilio di strumenti che operano da cunei (ad es.: accette, scalpelli, ecc.) provoca il distacco delle fibre senza romperle. Le assi o travi di legno ottenute con questo sistema hanno una resistenza meccanica maggiore di quella posseduta dal legno segato. La fendibilita viene utilizzata nella costruzione di elementi per ponti, capriate, botti, tini, carri, ecc. Hanno buona fendibilita il castagno e l’acacia.

Plasticita

La plasticita é l’attitudine di un legname ad assumere una forma permanente quando é compresso da uno stampo applicato normalmente alle fibre. Questa proprieta viene sfruttata nell’industria dei mobili per la costruzione di intarsi e cornici finte. Hanno buona plasticita il pioppo, la betulla, la balsa, il tiglio.

Difetti del legno

La nodosità del legno è considerata un difetto in quanto ne riduce la qualità abbassandone il valore. Inevitabile, però, risulta la presenza di questi nodi in quanto sono i rami che escono dal tronco principale. La presenza di questi nodi è un difetto in quanto la continuità delle fibre e delle caratteristiche meccaniche del legno vengono interrotte. Quando si taglia il legno, i nodi possono essere stati tagliati trasversalmente e quindi la loro forma apparirà ovale oppure rotonda. E’ possibile suddividere i nodi in tre categorie: nodi sani o vivi, nodi mobili o morti e nodi a baffo. La causa dei primi sono i rami giovani che si sono inseriti nel tronco in profondità. I secondi sono causati dai residui dei rami morti. I terzi hanno la forma a corno rovesciato ed appaiono così quando il legno è stato tagliato longitudinalmente. È consigliabile, dunque, scegliere un legno bello senza nodi oppure con nodi vivi piccolissimi altrimenti la sua resistenza alla flessione sarà compromessa. Ad agenti esterni come le tarlature, o al ritiro per eccessivo invecchiamento, come le spaccature radiali; a scarsa stagionatura prima del taglio, come I’imbarcamento nelle sue varie forme.

Legni artificiali Compensati

Per evitare imbarcamenti in pezzi sottili di spessore, ma di grosse dimensioni, si usano legni compensati, la cui fabbricazione é basata sul principio di collegare due o pit elementi in modo che le deformazioni siano contrastanti e quindi si annullino. Gli elementi dei compensati vengono ricavati dal tronco mediante operazione di sfogliatura A o dalle travi mediante tranciatura B.

I pannelli di compensato vengono costruiti incollando e premendo un certo numero di fogli sottili, disposti con le fibre ruotate di 90° uno rispetto all’altro. In questo modo il compensato risulta resistente e indeformabile se mantenuto asciutto.

Paniforti

I paniforti sono analoghi ai compensato, ma hanno spessori pit grossi. I paniforti sono costituiti da un’anima di listelli di legno accostati tra loro, rivestita su entrambe le facce da due strati di sfogliati le cui fibre sono parallele fra loro ma disposte a 90° rispetto ai listelli.

Faesite — Truciolari — Masonite

Sono materiali ottenuti da schegge o cascami delle segherie, sfibrati e sminuzzati, impastati con leganti quali cemento, gesso, resine sintetiche, ecc., indi pressati e riscaldati per ottenere pannelli parallelepipedi di vario spessore. In particolare, i pannelli truciolari sono formati da tre strati: 1 due esterni di trucioli finissimi e quello interno di trucioli pit grossi. I trucioli sono mescolati con resine sintetiche e pressati a caldo in apposite forme. Si ottengono fogli e pannelli che trovano vastissimo impiego, perché economici, non soggetti ad imbarcamento e resistenti all’umidita e agli insetti. Questi pannelli sono usati per la costruzione di pareti leggere, di rivestimenti isolanti, di elementi prefabbricati, ecc.

Legno migliorato

Un grave difetto del legno é l’anisotropia, cioé il legno non presenta le stesse caratteristiche lungo tutte le direzioni a causa della sua struttura fibrosa. Si elimina questo inconveniente con il legno migliorato, che si ottiene suddividendo il legno in strati sottili e applicando fra uno strato e l’altro come collante una resina sintetica. Con questo sistema si raddoppiano le caratteristiche meccaniche e si diminuisce l’assorbimento di umidita.

Le lavorazioni del legno

Lavorazione del filo Le tavole fornite dalla produzione vengono lavorate nell’industria del legno per realizzare vari manufatti. Le tavole allo stato di fornitura non hanno, o hanno perso per imbarcamento, una perfetta linearita superficiale. Non sempre, percio, le tavole hanno bordi rettilinei. Prima di iniziare qualsiasi lavorazione occorre dunque dare un filo alle tavole. L’operazione viene eseguita con una piallatrice a filo.

Taglio con sega a disco Una volta ottenuta una superficie diritta con 14 piallatrice a filo, si possono ottenere dei listelli diritti piu piccoli per mezzo di taglio con la sega a disco. II legno da tagliare si fa avanzare con una mano in senso contrario al moto del disco. Lo scorrimento rettilineo del pezzo é assicurato da apposite guide mobili montate sul piano di lavoro. Per evitare infortuni sul lavoro il disco deve essere ricoperto da un riparo.

Taglio con sega a nastro Quando si vogliono tagliare tavole di grossi spessori si ricorre alla sega a nastro, costituita da un nastro metallico saldato agli estremi e provvisto di un bordo dentato. La lama a nastro, accavallata su due pulegge montate su un‘incastellatura verticale, attraversa il piano di lavoro, su cui si fa avanzare il legno. Per evitare infortuni sul lavoro la lama a nastro deve essere ricoperta da una gabbia protettiva.

Riduzione dello spessore I listelli di legno possono essere ridotti di spessore mediante piallatura con una pialla a spessore. La pialla a spessore serve per spianare le tavole o i listelli, per ridurre lo spessore e migliorare la superficie. La superficie delle tavole infatti é naturalmente ruvida per effetto del taglio del tronco eseguito con una sega circolare di grosse dimensioni.

Mortasatura Le cave per incastri (o mortase) nel legno vengono eseguite a mezzo di mortasatrici. II movimento di lavoro l’utensile é circolare. II movimento del pezzo é di accostamento all’utensile e di movimento in senso trasversale all’utensile stesso. La macchina é costituita da una incastellatura in ghisa, sulla quale é montato un trapano orizzontale. Il pezzo é fissato con morsetto su una mensola che, per mezzo di due leve, si muove, avvicinandosi o spostandosi in senso trasversale all’utensile; nel pezzo si ricavano cosi fori o cave.

Fresatura Per ottenere superfici sagomate per cornici, battenti di porte e finestre, modanature e perlinature si ricorre all’operazione di fresatura con una macchina modanatrice o fresatrice (detta comunemente toupie). Il movimento di lavoro posseduto dall’utensile é rotatorio, mentre il movimento del pezzo é rettilineo orizzontale. La fresa asporta la parte di legno eccedente e crea il profilo voluto sul listello.

II montaggio delle varie parti avviene con collegamenti ad incastro (a mortasa, a coda di rondine, ecc.), resi stabili mediante incollaggio. Le parti a contatto vanno serrate con appositi morsetti per far uscire l’eccesso di colla e per favorire l’aderenza. Per collegamenti di parti che devono avere la possibilita di essere di nuovo separate si usano le viti. Si usano i chiodi per collegamenti fissi di minore importanza.

Dopo l’essiccazione della colla si passa alla fase di stuccatura e quindi alla levigatura mediante carta vetrata, o tela smeriglio, a mano o a macchina. Dopo la pulitura accurata della superficie si passa alla verniciatura eseguita con pennello o con apposita pistola a spruzzo corredata di compressore.

1.19 Le materie plastiche

Le materie plastiche, dette sintetiche per distinguerle da quelle naturali come l’avorio e la tartaruga, sono materiali artificiali, ricavati cioé con artifizi consistenti nel trasformare dei prodotti reperibili in natura in prodotti non reperibili. Le materie plastiche derivano dalla lavorazione petroliferi e talvolta del legno. II processo di produzione delle materie plastiche é molto complesso ed é svolto nell’industria chimica.

Le principali caratteristiche delle materie plastiche sono:

  1. bassa massa volumica (0,9–1,8 kg/dm3); buona resistenza agli urti;
  2. facilita di lavorazione per. stampaggio, estrusione, fusione, laminazione;
  3. trascurabile lavoro di finitura;
  4. resistenza alla corrosione e agli agenti chimici;
  5. basso costo rispetto agli altri materiali sia della materia prima che della lavorazione;
  6. elevata resistenza elettrica;
  7. scarsa resistenza al calore.

Classificazione delle materie plastiche

Le materie plastiche si dividono in due grandi categorie, a seconda del modo di comportarsi rispetto al calore:

termoindurenti termoplastiche

Le termoindurenti, sotto l’effetto del riscaldamento (intorno ai 100°), raggiungono lo stato plastico e sono pronte a prendere forma. Una volta raffreddate induriscono e non é pit possibile riportarle allo stato plastico una seconda volta, perché carbonizzano. Le termoplastiche, una volta raffreddate ed indurite, possono tornare fluide per un numero illimitato di volte mediante riscaldamento, purché non si superi la temperatura di decomposizione del prodotto.

Resine termoindurenti

Resine fenoliche (bakelite)
La bakelite appartiene al gruppo delle resine fenoliche, che si ottengono mediante la condensazione del fenolo con la formaldeide. Al di sopra di una certa temperatura carbonizza come tutte le altre resine termoindurenti. Per aumentare la resistenza a trazione, la bakelite pud essere impastata con altri materiali, quali: lino, cellulosa, cotone, amianto.

Vengono utilizzate per:

  • interruttori, prese di corrente, telai per radio, televisori, supporti per lampade eco.,;
  • tuote dentate silenziose, contagiri, contachilometri, cuscinetti;
  • impasti per mole diamantate e per mole ad elevato numero di giri;
  • strutture, sportelli, ali, eliche per piccoli aerei.

Resine ureiche
Le resine ureiche sono ricavate tramite la condensazione dell’urea con la formaldeide. Sono infiammabili, resistenti al calore, ai solventi, all’umidita ed hanno discrete proprieta meccaniche.

Vengono utilizzate per: interruttori, prese, spine; piatti, bicchieri, bottoni; collanti per compensati; agglomeranti per terre da fonderia.

Resine melamminiche (formica)
Simili alle resine ureiche, si ricavano condensando melanina con formaldeide. Sono resistenti all’abrasione e alla luce, al calore, all’acqua, sono colorabili, infrangibili e resistenti alle correnti parassite.

Vengono utilizzate per:

  • laminati plastici per mobili da cucina (Formica);
  • calotte di spinterogeni, basette per interruttori.

Resine poliestere (vetroresina)
Le resine poliestere sono a base di polistirolo e presentano una buona resistenza agli agenti chimici come acidi, oli minerali. Sono impermeabili, facilmente stampabili. Le resine poliestere si usano rinforzate con fibre di vetro; in questo modo si ottengono i cosiddetti plastici rinforzati (Vetroresina).

Vengono utilizzate per:

elementi di carrozzeria per auto; tetti per capannoni industriali; strutture per aerei da turismo; scafi per barche e per roulotte.

Resine epossidiche
Le resine epossidiche hanno eccezionali capacita di resistenza alla corrente, al calore, all’invecchiamento ‘e agli agenti chimici.

Vengono utilizzate per:

adesivi metallici; rivestimento di avvolgenti elettrici; isolatori, trasformatori; stampi per imbutitura delle lamiere; modelli e anime per fonderia.

Resine poliuretaniche
Le resine poliuretaniche hanno una resistenza meccanica elevata e buona resistenza elettrica, termica ed acustica.

Vengono utilizzate per:

ruote dentate; cuscinetti; isolanti termici ed elettrici.

Resine termoplastiche

Polinvolucro (PVC) (VIPLA)
E una resina ottenuta per sintesi o unione dell’acetilene con acido cloridrico. E un ottimo isolante sia termico che elettrico con elevata resistenza alla corrosione. E stampabile a caldo (T = 140 °C)

Viene utilizzato per:

tubi, lastre, profilati per estrusione (vipla); rivestimenti per condutture, serbatoi, recipienti per acidi e per cavi; fibre tessili in sostituzione di quelle naturali (Movil); abbigliamento, in sostituzione della pelle vera (Vinilpelle); dischi microsolco flessibili.

Acetato di cellulosa (Celluloide)
Appartiene alle resine cellulosiche derivate dalla cellulosa. E’ infiammabile, resistente agli urti, ai grassi, agli oli minerali e alle benzine. E’ solubile in acetone e cloroformio. Dall’acetato di cellulosa si ricava il rayon, nota fibra tessile.

Viene utilizzata per:

pellicole cinematografiche; fibre tessili; manici per utensileria.

Polistirolo
II polistirolo si ottiene facendo reagire il benzolo con I’etilene ricavato da prodotti petroliferi. Puo essere di tipo normale o espanso. Le sue caratteristiche sono: bassa massa volumica, resistenza a umidita e agenti chimici, ottimo isolamento elettrico (acustico e termico se espanso). E perd attaccabife dai solventi, come benzolo e acetone, ed é infiammabile. Ha trovato una gamma vastissima di applicazioni per il basso costo e la facilita di stampaggio. Fra le tante, si possono citare: contenitori, scatolame, tapparelle, giocattoli, elettrodomestici, oggetti d’arredamento ecc.

Polibutadiene
E costituito da silicio e da prodotti come etilene, propilene, butadiene, ricavati dal petrolio. Presenta caratteristiche simili alle gomme naturali: elasticita, resistenza a fatica, a trazione ea flessione. Viene utilizzato nella fabbricazione dei pneumatici.

Polietilene
II polietilene o politene é una resina che si ottiene comprimendo a 1000 atmosfere in presenza di ossigeno l’etilene ricavato dal petrolio. E’ un materiale resistente all’urto, resistente agli agenti chimici, con elevata resistenza elettrica, buona flessibilita, buona resistenza a trazione.

Viene utilizzato per:

fusti e recipienti nell’industria chimica; coperture impermeabili per terrazzi; fogli trasparenti per conservare gli alimenti; imbuti, bicchieri, tubi per l’acqua; isolanti e rivestimenti per cavi.

Plexiglas (Perspex)
II suo termine scientifico é polimetacrilato di metile. Si ottiene dall’acetilene. Le caratteristiche sono: trasparenza notevole, buona lavorabilita, infrangibilita, allo stampo, buona resistenza a trazione, ma poca durezza.

Viene utilizzato per:

finestrini di qualsiasi curvatura per auto e aerei; in sostituzione del vetro per orologi, lenti o oggetti di uso domestico.

Polipropilene
E’ derivato dal propilene, prodotto gassoso che si sviluppa durante la distillazione del petrolio. Le sue caratteristiche sono: estrema leggerezza, resistenza alla trazione, resistenza alla fatica, elasticita e resistenza alle temperature fino a 175 °C. Possiede inoltre buone proprieta elettriche, resistenza agli acidi e ai solventi, ottima lavorabilita; pud essere stampato, incollato, verniciato, cromato ecc. Se filato sostituisce la lana e assume il nome commerciale di Meraklon.

Viene utilizzato per:

recipienti e suppellettili; tubazioni, valvolame, pompe; elementi per elettrodomestici; rivestimenti per serbatoi; isolanti, rivestimenti per cavi elettrici; ruote dentate silenziose; fibre tessili (Meraklon).

Resine poliammidiche (Nylon)
Vengono ottenute condensando acidi organici bicarbossilici con diammine e sono note per le importanti fibre tessili che se ne ricavano (Nylon, Perlan, Dacron, Meraklon). Possiedono elevate caratteristiche meccaniche, termiche e chimiche.

Vengono utilizzate per:

tuote dentate silenziose; gabbie di cuscinetti a sfere; alberi, giunti, cuscinetti; rivestimenti di conduttori elettrici; cavi, funi, fili; viti, rondelle, isolanti; fibre tessili.

Lavorazione delle materie plastiche
La crescente richiesta di beni di consumo impone oggi alle industrie di considerare i materiali non solo dal punto di vista della resistenza, ma anche da quello della leggerezza, dell’estetica, della lavorabilita e del costo. In questo senso, le materie plastiche si sono imposte in tutti i settori, tanto da venire ormai usate in quantita pari a quelle dei metalli. Una delle caratteristiche piu: interessanti delle materie plastiche é la loro grande lavorabilita anche in forme assai complesse e il loro basso costo. Inoltre il pezzo, dopo la lavorazione, non ha bisogno di operazioni di finitura, perché si presenta liscio e con ottima estetica. Le materie plastiche si prestano a lavorazioni di vario genere. Alcune delle piu importanti sono: stampaggio a caldo estrusione; stampaggio ad iniezione soffiatura ricopertura di materiali diversi

Stampaggio a caldo
II materiale per lo stampaggio é costituito dalla resina termoindurente con addizione di farina di legno come riempitivo di coloranti e lubrificanti. I materiali vengono mescolati e impastati o polverizzati con appositi mescolatori a cilindri e quindi dosati per riempire lo stampo. L’azione combinata del calore e della pressione provoca trasformazioni di carattere chimico del materiale. Inizialmente la temperatura rende il materiale fluido e plastico, mentre la pressione lo obbliga ad assumere la forma del contenitore. Successivamente il materiale termoindurente solidifica a poco a poco, fino a diventare consistente e duro. Lo stampo é costituito da due valve A che vengono riscaldate con resistenze elettriche B fino ad una temperatura di 150 °C. Dopo la carica del materiale C nella forma inferiore, lo stampo viene chiuso e pressato per mezzo di presse idrauliche D con pressioni da 300 a 400/kg mm2 e riscaldato. Per evitare errori nella dosatura del materiale, si usano prevalentemente stampi aperti, che consentono la fuoriuscita del materiale in eccesso. La luce esistente fra la parte superiore e la parte inferiore dello stampo costituisce la cosiddetta linea di bava. Si ha percio la formazione di un cordone di sbavatura E, che sbocca nel solco di bavatura F. Quest’ultimo deve avere dimensioni sufficienti a contenere il materiale in eccesso. II pezzo G viene poi estratto dallo stampo con un getto di aria compressa o con appositi attrezzi, detti estrattori, e viene ripulito dalle bave di stampaggio con lima e mole rotative. Se necessario, si esegue una lucidatura con mole abrasive dotate di dischi di tela cosparsi di lubrificante e polvere abrasiva.

Estrusione delle resine temoplastiche

Con questo processo si ottengono profilati a sezione complessa, come aste per tapparelle, profilati tubolari, cantonali per muri, tubazioni, ecc. La macchina detta estrusore é costituita da un cilindro A, nel quale il calore generato dall’attrito e dal movimento della vite senza fine B é mantenuto a una temperatura costante di 200°C grazie a un sistema di riscaldamento esterno a piastre termoelettriche C e di raffreddamento ad acqua. II materiale in grani, caricato nella tramoggia D, fonde nel cilindro ed é sospinto dalla vite, azionata dal motore E, attraverso un ugello che conduce nell’iniettore F. Qui viene sagomato e parzialmente raffreddato perché mantenga la forma ricevuta. In seguito, passa in un bagno di raffreddamento, perché si consolidi definitivamente, e viene tagliato in misura.

Inietto fusione

I1 materiale in forma granulare viene introdotto in una tramoggia A che lo invia ad un cilindro B, riscaldato. Nel cilindro il materiale fonde e mediante un pistone o una vite ( C ) é spinto attraverso un ugello é iniettato nello stampo a due valve D. Quando il materiale ha preso consistenza, il pezzo viene estratto e pulito dalle bave.

Stampaggio per soffiatura si corpi cavi

Con questo procedimento si fabbricano corpi cavi come bottiglie, taniche, serbatoi, giocattoli ecc., con materie termoplastiche, in particolar modo il polietilene. La tecnica consiste nel far dilatare con aria compressa un tubo flessibile e plastico ottenuto per estrusione, fino a farlo aderire alle pareti di uno stampo formato da due quance che aderiscono fra loro. II tubo di plastica prodotto dall’estrusore A viene collocato in mezzo alle due guance B dello stampo che, chiudendosi, serra il tubo caldo alle due estremita. A questo punto si fa penetrare nell’estremita superiore un ugello C, attraverso il quale viene introdotta aria compressa. Si ottiene cosi la dilatazione della manichetta, le cui pareti vengono pressate contro la superficie interna dello stampo. Le pareti interne dello stampo, che sono fredde, fanno solidificare il materiale nella forma voluta dallo stampo.

Ricopertura con materie plastiche

Si ricorre alla copertura con uno stato protettivo di materiale plastico per proteggere dalla corrosione tutti quegli oggetti che non possono essere protetti con altri materiali piu economici. Generalmente si ricorre a questo trattamento per pezzi di forma complessa come reti e intelaiature metalliche, fili, ecc.

Ricopertura per immersione

Il processo di ricopertura consiste nell’immergere in un bagno di plastica fusa il pezzo da proteggere per un numero di volte sufficiente a raggiungere lo spessore di copertura desiderato. L’immersione nel bagno puo essere eseguita con le materie plastiche che resistono allo stato di fusione per lungo tempo senza modificarsi.

Ricopertura per sinterizzazione

Un altro sistema di protezione é dato dalla sinterizzazione per immersione. Il pezzo da ricoprire, preventivamente riscaldato, viene immerso nella polvere del materiale plastico. Si forma cosi uno strato aderente solido che fonde per effetto del calore posseduto dal pezzo.

Ricopertura per spruzzatura alla fiamma

In questo procedimento, la polvere di materiale plastico viene prima ammorbidita con il passaggio attraverso una fiamma, e poi spruzzata sulla superficie calda dell’oggetto da ricoprire. L’operazione deve essere ripetuta finché non si sara raggiunto lo spessore desiderato.

SALDATURA

2.1 Procedimenti di saldatura

La saldatura dei pezzi pud essere realizzata impiegando tre metodi fondamentali: interponendo fra i lembi dei pezzi da saldare portati a fusione, un metallo eguale o diverso (metallo d’apporto) anch’esso portato a fusione; interponendo il metallo d’apporto portato a fusione fra i lembi dei pezzi da saldare che sono stati riscaldati ma non portati a fusione; portando a fusione il metallo base dei lembi dei pezzi da saldare, senza aggiunta di metallo d’apporto.

Una saldatura é detta:

  • omogenea, quando il metallo base é eguale al metallo d’apporto;
  • eterogenea, quando il metallo base é diverso dal metallo d’apporto;
  • autogena, quando il materiale base fonde e prende parte alla composizione del giunto;
  • eterogena, quando il materiale base non fonde e non prende parte alla composizione del giunto che é formato dal solo materiale d’apporto.

Sono svariati i procedimenti di saldatura, impiegati nell’industria, che sfruttano I’uno o l’altro dei metodi fondamentali esposti. I procedimenti piu comuni sono quelli ossigas e ad arco, che appartengono alla classe delle saldature per fusione. Altri procedimenti appartengono alla classe delle saldature per pressione e a quella delle saldobrasature e brasature.

Saldatura per fusione

Si ha quando il collegamento dei pezzi é ottenuto mediante fusione e susse guente solidificazione dei le mbi, con o senza interposizione di metallo di apporto. La fusione dei metalli pud essere realizzata sfruttando il calore generato dalla fiamma prodotta dalla combustione di un gas in presenza di ossigeno, oppure generato elettricamente (arco). In figura é illustrato un procedimento di saldatura per fusione mediante il calore ottenuto dalla fiamma ossigas (ossigeno +gas).

Saldatura per pressione

Si ha quando il collegamento dei pezzi é ottenuto esercitando una pressione meccanica sui pezzi da unire. L’azione della pressione deve essere combinata col calore necessario per far raggiungere ai pezzi lo stato pastoso, generalmente senza impiego di metallo d’apporto. Questo processo puo essere realizzato riscaldando i pezzi da unire a fuoco, a resistenza, a scintillio, ecc., fino a raggiungere lo stato pastoso. In figura é illustrato un procedimento di saldatura per pressione, che sfrutta il calore ottenuto per resistenza elettrica nel punto A.

II collegamento dei pezzi da saldare viene realizzato mediante la fusione del solo metallo d’apporto. Poiché il metallo base deve essere solo riscaldato e non portato a fusione, il punto di fusione del metallo d’apporto deve essere inferiore a quello del metallo base. II cordone é formato in queste saldature unicamente dal metallo d’apporto, senza concorso
del metallo di base. La fusione del metallo d’apporto pud essere realizzata sfa chimicamente (fiamma) sia elettricamente. In figura é illustrato un procedimento di brasatura.

2.2 Nomenclatura e fasi di saldatura

Elementi fondamentali e fasi di una saldatura
Gli elementi fondamentali che concorrono in una saldatura sono rappresentati in figura.

Metallo di base
E’ il metallo di cui sono costituiti i pezzi P, e P2 da saldare.

Metallo d’apporto
E’ il metallo che viene fuso tra i due pezzi da unire. II metallo d’apporto pud essere fornito ad esempio da una bacchetta metallica, M.

Lembi o bordi
Sono le superfici dei pezzi interessate alla saldatura L1 e L2.

Possono essere opportunamente preparate e sagomate per favorire la penetrazione del metallo d’apporto e l’unione tra i due pezzi.

Giunto saldato
E’ la zona nella quale si realizza il collegamento tra due pezzi. In pratica prende il nome di saldatura.

Cordone di saldatura
II cordone di saldatura é costituito da tutto il metallo, sia quello di base sia quello d’apporto, solidificati per raffreddamento, dopo essere stati portati a fusione nella saldatura. II cordone C é Il’elemento essenziale del giunto saldato e la sua deposizione determina la tecnica di saldatura vera e propria.

Sorgente di calore
Fornisce il calore necessario al riscaldamento e alla fusione del metallo base e del metallo d’apporto.

Fasi dell’operazione di saldatura
In figura sono rappresentate le fasi di una generica operazione di saldatura.

  1. La sorgente di calore riscalda contemporaneamente i pezzi da saldare, P, e P2, e la estremita della bacchetta che costituisce il metallo d’apporto, M.
  2. Fondono contemporaneamente i pezzi e la bacchetta formando un bagno liquido, B.
  3. II movimento di traslazione lungo i lembi della sorgente di calore e della bacchetta d’apporto creano il cordone di saldatura, C, che poi solidifica.

Alcune saldature vengono eseguite senza metallo d’apporto. In questo caso viene fuso soltanto il metallo base ed eventualmente viene esercitata una pressione meccanica per favorire l’unione dei pezzi. Generalmente la saldatura senza metallo d’apporto si applica nel caso di piccoli spessori, al piu fino a 4 mm.

Sorgenti di calore
Per ottenere una saldatura é necessario portare allo stato fuso l’ estremita dei pezzi da unire e il metallo d’apporto. Occorrono quindi sorgenti che sviluppino il calore sufficiente a superare le temperature alle quali i vari metalli fondono, ossia le temperature di fusione. In tabella sono riportate le temperature di fusione di alcuni metalli di comune impiego nelle costruzioni metalliche.

Calore e temperatura
II calore é la forma di energia che, con opportuni procedimenti, deve intervenire perché abbiano luogo le operazioni di saldatura. L’effetto del calore é quello che permette di riscaldare e quindi portare allo stato fuso i lembi dei pezzi da saldare e il metallo d’apporto. II calore si trasmette naturalmente da un corpo ad un altro, dal piu caldo al piu freddo. Non tutti i corpi sono buoni conduttori del calore. I metalli, in genere, sono buoni conduttori di calore. La temperatura é la grandezza che indica quantitativamente lo stato termico di un corpo, in funzione dei calore che gli viene trasmesso, e quindi le caratteristiche che il corpo stesso assume di conseguenza.

Le sorgenti di calore possono essere di natura termochimica e termoeletirica.

Termochimica
Quando il calore sfruttato é quello generato da una reazione chimica. Ad esempio la combustione di carbone, gas, nafta.

Termoelettrica
Quando il calore sfruttato é quello generato da un fenomeno elettrico. Ad esempio l’arco elettrico che si stabilisce tra due conduttori, o la resistenza elettrica di un conduttore.

Saldatura ossigas
II calore per la fusione nella zona di saldatura é ottenuto mediante fiamma prodotta dalla combustione dell’ossigeno con altri gas quali acetilene, idrogeno, vapori di benzina, vapori di benzolo, ecc. II tipo piu usato é quella ossiacetilenica, che sfrutta la combustione dell’ossigeno con l’acetilene, perché da una fiamma di temperatura assai elevata. In figura si vede la fiamma ossigas indirizzata nel punto desiderato di saldatura, mediante apposito cannello nel quale i due gas vengono miscelati.

A Cannello
B Tubo dell’ossigeno
C Tubo del gas
D Bacchetta (metallo d’apporto)
E Fiamma
F Cordone di saldatura

Saldatura all’arco voltaico o arco elettrico
II calore per la fusione nella zona di saldatura é ottenuto mediante l’arco voltaico, che scocca tra il pezzo da saldare ed il metallo d’apporto, detto elettrodo. Entrambi fanno parte di un circuito elettrico al quale l’energia viene fornita da un generatore di corrente elettrica, detto saldatrice.

Per arco elettrico, o voltaico, si intende il passaggio di corrente attraverso un gas (es. aria) tra due poli ravvicinati di un circuito elettrico (elettrodi). La corrente fluisce sotto forma di scariche elettriche molto luminose e sviluppa un fortissimo calore sugli elettrodi. In figura si vede l’arco che scocca tra l’elettrodo e le lamiere da saldare.

A Morsetto fissato alle lamiere da saldare
B Cavo elettrico di ritorno (di terra)
C Elettrodo
D Pinza portaelettrodo
E Cavo elettrico collegato al generatore di corrente (saldatrice)
F Arco voltaico (0 arco elettrico)
G Cordone di saldatura

2.3 Giunti saldati

Tipi di giunti saldati
II giunto é la zona nella quale si realizza il collegamento dei pezzi da saldare; comunemente prende il nome di saldatura. Si hanno tipi diversi di saldatura a seconda dei diversi elementi che concorrono alla preparazione e alla esecuzione del giunto, a seconda delle tecniche impiegate, della forma e dimensione dei pezzi da unire, ecc. In particolare consideriamo qui i seguenti elementi di carattere generale:

  • posizione del giunto rispetto all’operatore;
  • posizione reciproca dei pezzi da saldare;
  • forma e preparazione dei lembi;
  • forma della superficie esterna del giunto saldato;
  • continuita o intermittenza del cordone di saldatura.

Posizione del giunto rispetto all’ operatore
Spesso il saldatore si trova a dovere saldare due pezzi che per svariati motivi (esigenze di montaggio, ingombro dei pezzi, ecc.) si trovano in posizione diversa da quella in piano, che é la piu: favorevole. La posizione in cui si presenta la saldatura é un fattore che determina, con il tipo di materiale e lo spessore della lamiera, la tecnica esecutiva della saldatura. A seconda della posizione in cui si presenta, la saldatura viene detta:

  • in piano
  • frontale
  • verticale
  • sopratesta
  • semimontante (inclinata)

Nelle esemplificazioni a fianco riportate é mostrato lo stesso tipo di giunto saldato, con la caratteristica forma a V, nelle diverse posizioni che puo assumere rispetto all’operatore.

  1. Saldatura in piano: Si ha quando la linea di unione é orizzontale ed il vertice rivolto verso il basso. Il metallo d’apporto si introduce dall’alto.
  2. Saldatura frontale: Si intende quella disposta verticali e che obbliga ad il metallo d’apporto di lato.
  3. Saldatura verticale: Si intende quella disposta su piano verticale con asse del giunto verticale. Pud essere ascendente o discendente a seconda che il riempimento venga effettuato dal basso verso l’alto o viceversa. Nella saldatura ossiacetilenica é chiamata anche montante.
  4. Saldatura sopratesta: Si intende quella ad asse orizzontale che deve essere eseguita al di sopra della testa dell’operatore e che obbliga ad introdurre il materiale verso l’alto.
  5. Saldatura semimontante o inclinata: Si intende quella che deve essere eseguita su piani inclinati o obliqui. In figura é illustrato un esempio di saldatura semimontante con introduzione del metallo d’apporto dall’alto (a<90°). La posizione risulta in tal caso intermedia tra quella in piano e quella verticale.

Quando il materiale d’apporto é introdotto dal basso la saldatura elettrica semimontante é detta anche montante sopratesta (a < 90°). La posizione risulta in tal caso intermedia tra quella verticale e quella sopratesta su pareti da introdurre.

Posizione reciproca dei pezzi da saldare
Notevole importanza, ai fini della tecnica operativa da seguire, é la posizione reciproca dei pezzi da saldare, la quale determina la forma del giunto. I principali tipi di giunto, a seconda della posizione reciproca dei pezzi, sono illustrati qui a fianco.

  1. Giunto di testa
  2. Giunto di spigolo o d’angolo esterno
  3. Giunto d’orlo
  4. Giunto a L o d’angolo interno
  5. Giunto a sovrapposizione
  6. Giunto a T
  7. Giunto su tre lamiere

2.4 Forme dei lembi

Forme dei lembi o bordi
I lembi, o bordi, sono le superfici che in tutta la loro lunghezza sono interessate nella saldatura dei pezzi. La preparazione dei lembi viene eseguita dando loro, secondo determinate regole, la forma geometrica piu. opportuna per facilitare l’esecuzione della saldatura, per ottenere le migliori caratteristiche meccaniche del giunto, per assicurare la completa fusione su tutto lo spessore e la buona penetrazione del materiale d’apporto. La scelta del tipo di preparazione dipende dalla combinazione dei seguenti fattori:

  • procedimento di saldatura;
  • tipo di giunto;
  • posizione di saldatura;
  • natura del metallo base;
  • spessore del metallo base.

In figura sono illustrati i tipi piu. comuni di preparazione dei lembi, in base alla loro forma geometrica. Si notino le differenze (puramente indicative) del tipo di preparazione a seconda dello spessore dei pezzi da saldare.

  1. ad orli rilevati per spessori inferiori ad 1 mm
  2. a lembi retti per spessori fino a 3–4 mm
  3. a V per spessori inferiori a 12 mm
  4. aK per spessori inferiori a 20 mm
  5. ad Y per spessori inferiori a 12 mm
  6. ad U per spessori tra 20 e 40 mm
  7. ad X per spessori inferiori a 20 mm
  8. a doppio J per spessori maggiori di 40 m m
  9. a doppio U per spessori maggiori di 40 m m
  10. a doppio Y per spessori maggiori di 40 mm
  11. a V con sostegno per spessori minori di 15 mm

Ripresa al rovescio

La ripresa ai rovescio é una operazione che spesso viene eseguita quando é possibile operare dalla parte opposta a quella nella quale é stata eseguita la saldatura. La ripresa al rovescio aumenta la tenuta del giunto saldato perché assicura una completa compenetrazione tra metallo d’apporto e metallo base, lungo tutto lo spessore dei pezzi da saldare.

a) Preparazione dei lembi a V
b) Esecuzione del giunto
c) Solcatura al vertice della saldatura che pud essere eseguita mediante scalpellatura o molatura (scriccatura)
d) Esecuzione di una passata di ripresa.

Forma della superficie esterna del cordone di saldatura
II cordone di saldatura pud essere depositato in modo da formare una superficie esterna piana, concava, oppure convessa. La scelta di una forma rispetto ad un‘altra dipende da vari fattori quali, ad esempio, economia di materiale d’apporto, resistenza del giunto, esigenze pratiche o estetiche, ecc. A fianco sono illustrati i tre tipi di giunti possibili a seconda della forma della superficie esterna del cordone di saldatura.

  1. Cordone a forma piana: Si ha quando la superficie esterna della saldatura é piana, anche se é tollerata una leggera bombatura.
  2. Cordone a forma concava: Si ha quando il centro di curvatura si trova nella parte esterna della saldatura. E’ detto anche cordone leggero.
  3. Cordone a forma convessa: Si ha quando il centro di curvatura si trova nella parte interna della saldatura.

Continuita o intermittenza del cordone di saldatura
Il cordone di saldatura puod essere depositato senza interruzioni, oppure alternando tratti pieni e tratti vuoti. Purché risulti assicurata in ogni caso la richiesta tenacita del giunto saldato, la scelta tra continuita e intermittenza del cordone dipende principalmente da ragioni economiche, oltre che pratiche ed estetiche. In figura sono illustrati un esempio di saldatura continua ed alcuni tipi di saldature intermittenti.

  1. Saldatura continua
  2. Saldatura a tratti contrapposti
  3. Saldatura a tratti sfalsati
  4. Saldatura a passo P ed intervallo I

2.5 Prove e controlli delle saldature

Perché una saldatura risponda ai requisiti di carattere fisico, chimico e meccanico che sono richiesti dal giunto che si deve realizzare, essa dovra essere sottoposta a una serie di controlli, di prove e di attenzioni che devono essere previsti fin dalla fase di progettazione. Spesso la cattiva esecuzione di un giunto saldato pud compromettere la tenuta e la resistenza di una costruzione, con evidenti danni economici e, in certi casi, con gravi pericoli per la sicurezza delle persone.

L’importanza dei controlli si giustifica in particolare per le seguenti ragioni: molti difetti, anche gravi, riscontrabili nei giunti saldati, apparentemente sani e correttamente eseguiti, possono: essere individuati solo con prove specifiche; alla buona riuscita di un giunto saldato concorrono un gran numero di fattori ed é quindi difficile tenerli tutti sotto costante controllo; la saldatura, qualunque sia il procedimento adottato, non é un’operazione facile; anche se viene eseguita da operatori esperti, le possibilita di errore sono sempre numerose. Fasi e momenti di controllo devono essere previsti sia prima, sia durante, sia dopo l’esecuzione di una saldatura

Controlli prima della saldatura
In fase di progettazione della struttura saldata occorre determinare con precisione i tipi di giunto, il metodo e la sequenza delle operazioni da eseguire, la preparazione dei lembi, la scelta del materiale di apporto, le macchine e le attrezzature adatte. Il primo controllo consiste quindi nel verificare che tutte le indicazioni del disegno siano rispettate con particolare riguardo alla preparazione dei lembi: la maggior parte degli insuccessi in saldatura derivano infatti da una cattiva preparazione dei pezzi. Devono essere inoltre controllate con cura tutte le attrezzature e le macchine necessarie al lavoro; si deve verificare la disponibilita in quantita sufficiente al lavoro degli elettrodi, delle bacchette di materiale d’apporto, del gas nelle bombole, ecc.; inoltre deve essere controllato lo stato di efficienza e il funzionamento degli strumenti di controllo e dei dispositivi di sicurezza.

Controlli durante la saldatura

Durante l’esecuzione della saldatura, sia essa manuale o automatica, é indispensabile mantenere sotto costante controllo i vari parametri che concorrono alla buona riuscita del lavoro. In particolare, devono essere controllate l’intensita di corrente e la tensione, la velocita di avanzamento, la posizione e la tecnica esecutiva e tutte le altre numerose variabili in gioco. Si tratta quindi di un controllo continuo, spesso affidato all’automaticita delle attrezzature, ma che comunque richiede la attenzione continua da parte dell’operatore. In taluni casi, specie nelle saldature pit importanti (ad esempio per sa!da-ture in pit passate su grosse lamiere) si richiedono dei controlli intermedi del tipo di quelli qui di seguito descritti come controlli da eseguirsi dopo la saldatura.

Controlli dopo la saldatura

Per quanto accurata sia stata l’esecuzione di una saldatura ¢ sovente necessario, al termine della lavorazione, sottoporre il giunto o l’intera costruzione a prove e controlli che assicurino il conseguimento delle caratteristiche fisiche, chimiche e meccaniche richieste dalla costruzione.

E’ quindi necessario sottoporre i pezzi a un rigoroso controllo che garantisca la tenuta delle costruzioni anche nelle condizioni di esercizio, soprattutto quando queste sono particolarmente severe (bombole, serbatoi, strutture portanti, ecc.). Le prove e i controlli possono essere di due tipi, a seconda che comportino o meno la rottura del giunto saldato:

  • controlli distruttivi
  • controlli non distruttivi

Controllo distruttivo
II controllo distruttivo pud essere evidentemente applicato solo per produzioni di serie poiché implica la non utilizzabilita dei campioni prelevati per le prove. I rimanenti esemplari della partita prodotta non vengono controllati perché si presume che abbiano qualita e quindi caratteristiche di comportamento identiche a quelle constatate direttamente sugli esemplari sottoposti a prove distruttive di vario genere. II controllo distruttivo puo limitarsi alla esecuzione di prove convenzionali (meccaniche e tecnologiche) su provette tratte dal giunto saldato, oppure consistere in prove globali spinte fino alla rottura della costruzione saldata per determinare i massimi carichi o pressioni sopportabili. Le prove distruttive principali che vengono eseguite sui campioni dei giunti saldati sono: prove di frattura, per controllare internamente il grado di omogeneita e i difetti del giunto (esami visivi e macrografici); prove di durezza sotto cordone o nella zona termicamente alterata; esami metallografici; analisi chimica del giunto, per determinare se ci sono alterazioni della composizione chimica; prove meccaniche di trazione, resilienza, resistenza a fatica, ecc.; prove di corrosione. Queste prove assumono particolare importanza e talvolta sono indispensabili per iniziare grandi produzioni in serie o per determinare la capacita dell’operatore e il metodo da adottare. Ai controllo distruttivo sono riconducibili anche i controlli, detti semidistruttivi, che comportano il prelievo di una piccola parte soltanto del giunto salda-to, cosi da non compromettere l’intera costruzione. Per saldature testa a testa di lamiere piane o per saldature longitudinali di corpi cilindrici ricavati da lamiera, il controllo semidistruttivo prevede in genere la utilizzazione di un prolungamento del giunto, appositamente realizzato per il controllo. Sul tallone prelevato vengono eseguiti 1 controlli di tipo distruttivo.

Controlli non distruttivi
II controllo non distruttivo ha lo scopo di mettere in evidenza i difetti di saldatura — da intendersi come soluzioni di continuita — interni o affioranti in superficie, senza alterare in alcun modo le caratteristiche fisiche, chimiche e meccaniche della saldatura esaminata. Con i controlli non distruttivi é possibile pertanto scoprire difetti come soffiature, inclusioni di ossidi, cricche, ecc. Va precisato pero che il risultato delle prove non distruttive da soltanto una risposta nei riguardi di eventuali soluzioni di continuité, ma non dice niente nei riguardi delle caratteristiche fisico meccaniche del giunto. Queste possono essere valutate soltanto mediante le prove distruttive. Si tratta quindi di prove i cui risultati sono complementari é sarebbe errato pensare che le
prove non distruttive possono sostituire quelle distruttive. I principali controlli non distruttivi, oltre all’esame visivo del giunto saldato, sono i seguenti: controlli con liquidi penetranti controlli magnetoscopici esami radiografici, controlli con ultrasuoni.

Esame con liquidi penetranti

Serve esclusivamente per la ricerca di difetti affioranti in superficie, non rilevabili ad occhio nudo. Il principio su cui si basa é quello di far assorbire dall’eventuale difetto un liquido che poi, in un secondo tempo, verra fatto riaffiorare in superficie. I liquidi impiegati sono miscele di idrocarburi che possono penetrare facilmente attraverso discontinuita e fessure anche minuscole. I risultati migliori si ottengono per la ricerca di difetti su saldature di acciaio inossidabile (piccole cricche, incisioni marginali a spigolo acuto) e di alluminio e sue leghe (cricche e soffiature) ed in genere su saldature eseguite in argon, che presentano buona regolarita superficiale del cordone.

Per l’acciaio comune si hanno i migliori risultati nel controllo di saldature eseguite con procedimenti automatici (es. arco sommerso). Altro impiego comune dei liquidi penetranti riguarda il controllo successivo a riparazioni di saldature localmente difettose. Condizione indispensabile affinché queste prove diano risultati attendibili é l’accurata pulitura della superficie prima del trattamento. Tracce di sporco, di grasso, per non parlare di vernici, ostruirebbero il difetto, non permettendo al liquido di penetrarvi.

Viene cosparsa la zona da controllare con il liquido (1). Dopo un periodo di impregnazione che pud variare da cinque a trenta minuti a seconda del tipo di liquido impiegato, il pezzo viene lavato con acqua o solventi e poi asciugato (2). Si cosparge quindi la zona con una speciale sostanza costituita da polveri, detta rivelatore, per favorire il processo di assorbimento del liquido rimasto nell’eventuale discontinuita (3). La presenza di una discontinuita viene evidenziata in due modi, a seconda del tipo di liquido impiegato. Se il liquido penetrante é colorato (in genere in rosso), allora il liquido residuo forma delle macchie che risaltano con evidenza sulla polvere assorbente bianca (4).

Se il liquido penetrante contiene in soluzione una sostanza fluorescente, allora la soluzione residua assorbita viene messa in evidenza esaminando il pezzo al buio ed illuminandolo con una lampada a luce di Wood, che eccita la fluorescenza. In entrambi i casi macchie tondeggianti isolate corrispondono a soffiature, una riga piu o meno marcata e continua corrisponde a una incrinatura, il cui andamento viene riprodotto con notevole fedelta.

Esame magnetoscopico
II controllo magnetoscopico puo essere efficacemente usato per la ricerca di difetti affioranti in superficie o localizzati in prossimita della superficie. II procedimento pud essere applicato soltanto ai materiali ferromagnetici: fra i materiali piu comunemente usati in saldatura restano pertanto escluse le leghe leggere e gli acciai austenitici. II principio fisico sul quale si basa il controllo magnetoscopico é il seguente. In un campo magnetico le linee di forza vengono deviate quando incontrano zone che presentano una diversa permeabilita magnetica. Se la permeabilita magnetica di tali zone é molto inferiore a quella del resto del pezzo, le linee di forza magnetiche possono essere perturbate al punto da uscire dal corno ed essere deviate nell’aria.

Se in tale situazione si cosparge il pezzo con particelle magnetizzabili (costituenti il mezzo « rivelatore »), queste saranno attirate nelle posizioni nelle quali le linee di forza passano nell’aria. L’addensamento delle particelle rende cosi visibile in superficie la presenza di una discontinuita interna capace di provocare la perturbazione delle linee di forza.II campo magnetico nel pezzo pud essere ottenuto appoggiando sul pezzo i due poli di una elettrocalamita (magnetizzazione diretta) oppure facendo passare attraverso il pezzo una corrente a bassa tensione ed elevata intensita dell’ordine di 800–1500 A; quando la forma e la dimensione dei pezzi da esaminare lo consentono si pud ottenere un campo magnetico indotto avvolgendo intorno al pezzo un conduttore percorso da corrente.

I rivelatori magnetici normalmente impiegati sono costituiti da limatura di ferro finissima e da ossidi di ferro che possono essere cosparsi sul pezzo a secco (polveri magnetiche, controllo « a secco ») oppure sotto forma di sospensione in petrolio (rivelatore liquido, controllo « umido »).

I difetti che piu facilmente possono essere messi in evidenza sono quelli di tipo bidimensionale, ed essenzialmente le incrinature, a condizione che il campo magnetico sia orientato piuttosto perpendicolarmente al difetto.

Esami radiografici

I raggi X e i raggi y sono onde elettromagnetiche, della stessa natura della luce visibile e delle radiazioni ultraviolette, che hanno la proprieta di poter attraversare corpi opachi alla luce ordinaria, mantenendo inalterata la loro traiettoria rettilinea, ma subendo una attenuazione che dipende dallo spessore del materiale attraversato e dalla sua natura. La capacita di penetrazione delle radiazioni e quindi lo spessore di metallo che sono in grado di atiraversare dipende dalla loro lunghezza d’onda. Con i raggi X é possibile esaminare spessori di acciaio fino a 200 mm. Per spessori superori é necessario ricorrere ai raggi y che, avendo lunghezza d’onda minore, sono piu penetranti.

Le radiazioni penetranti hanno inoltre la proprieta di eccitare la fluorescenza di uno schermo ricoperto di speciali sostanze (radioscopie) e quella di impressionare le lastre fotografiche (ra-diografie).

Queste proprieta dei raggi X e dei raggi y vengono sfruttate per l’esame radiografico dei giunti saldati al fine di mettere in evidenza discontinuita e difetti mterni, analogamente a quanto si fa nel campo medico per la diagnosi é la localizzazione di traumi e malattie (esami
radiografici delle fratture ossee, dei polmoni, ecc.).

Principio del controllo radiografico
I raggi X (0 y) vengono proiettati sul giunto saldato, attraversano tutto lo spessore e vengono registrati dalla lastra fotografica (posta dall’altra parte del pezzo). L’intensita é diversa a seconda del diverso indebolimento subito dai raggi nell’attraversare il giunto.

Se il giunto é di spessore costante, se non esistono difetti e la natura del metallo é omogenea, la lastra resta impressionata in modo uniforme. Se nel giunto si trova una discontinuita, che pud essere immaginata come una variazione di spessore (ad esempio una incrinatura) o come una variazione della natura del materiale (ad esempio un’inclusione di scoria 6 di ossidi), questa provoca una variazione di intensita delle radiazioni emergenti che si traduce sulla lastra nella presenza di zone pit chiare o pit scure a seconda dell’estensione e della natura del difetto rivelato.

Apparecchiatura per il controllo
L’apparecchiatura per i controlli radiografici consiste in un generatore di raggi (X o y) e di un apparato rivelatore dei raggi (lastre fotografiche). II generatore di raggi X é costituito da un tubo di vetro entro il quale é realizzato un vuoto molto spinto. Gli elettroni emessi dal catodo, costituito da un filamento di tungsteno riscaldato, vengono accelerati dall’alta tensione esistente tra i due poli, e colpiscono con grande energia un anticatodo di tungsteno.

L’urto da origine ai raggi X.

I raggi y vengono emessi spontaneamente da sostanze radioattive naturali (es. radio) o da sostanze radioattive artificiali (isotopi radioattivi). I raggi X e ancor pil i raggi y sono pericolosissimi. Se colpiscono l’operatore anche in minima quantita possono provocare malattie gravissime e talvolta incurabili. Per evitarne la dispersione e la diffusione gli operatori, le apparecchiature e gli stessi locali dove vengono eseguiti i controlli devono essere isolati e assolutamente protetti. Sotto la lastra e sulle zone del pezzo non interessate all’esame radiografico vengono disposte lastre di piombo di grosso spessore allo scopo di assorbire le radiazioni

Esame delle radiografie
Le lastre impressionate vengono esaminate su un negatoscopio. L’interpretazione dei negativi fotografici, cioé delle zone pit chiare o piu scure corrispondenti a discontinuita o a difetti della saldatura, richiede notevole esperienza e la conoscenza delle condizioni nelle quali é stato realizzato il giunto saldato. In figura sono mostrati due esempi di radiografie relative a saldature che presentano difetti comuni.

  1. Radiografia di una saldatura con inclusioni gassose sparse.
  2. Radiografia di una saldatura con incrinatura longitudinale (vedi frecce), inclusioni di scoria e incisioni marginali.

Controllo con ultrasuoni

Gli ultrasuoni sono onde elastiche (vibrazioni) della medesima natura delle onde sonore, dalle quali si differenziano soltanto per avere una frequenza superiore al limite massimo percepibile dall’orecchio umano (16000 HZ).

Gli ultrasuoni sono soggetti, come tutte le onde sonore, a rifrazione, riflessione e interferenza. Si propagano con una velocita che é caratteristica per ogni materiale attraversato e dipende dalla sua natura e dalla sua densita.

Gli ultrasuoni impiegati per il controllo delle saldature vengono generati per effetto piezoelettrico. II fenomeno piezoelettrico risponde al principio seguente.

Sottoponendo un cristallo, per esempio di quarzo (materiale piezoelettrico), a un campo elettrico variabile di data frequenza, il quarzo alternativamente si contrae e si dilata con la stessa frequenza della corrente eccitatrice. Appoggiando il quarzo sulla superficie di un pezzo, le dilatazioni e le contrazioni inducono in questo delle vibrazioni meccaniche o ultrasuoni.

II fenomeno é reversibile, cioé una vibrazione meccanica di tipo ultrasonoro agente su un cristallo di quarzo provoca delle variazioni di potenziale elettrico che generano una corrente alternata di frequenza uguale a quella degli ultrasuoni che investono il cristallo.

Tale corrente puo essere registrata da un oscillografo che trasforma gli impulsi elettrici prodotti dalle onde sonore in impulsi luminosi visibili su uno schermo sotto forma, ad esempio, di picchi a dente di sega.

Principio del controllo con ultrasuoni
Per il controllo delle saldature viene sfruttata la proprieta di riflessione degli ultrasuoni e la possibilita di registrare con esattezza il tempo impiegato dalle vibrazioni ad attraversare un giunto saldato. In modo del tutto analogo gli ultrasuoni sono utilizzati per calcolare le profondita marine.

II cristallo trasmettitore e quello ricevitore vengono posti l’uno accanto all’altro sulla stessa superficie del pezzo, oppure un solo cristallo pué funzionare alternativamente da trasmettitore e da ricevitore.

Lo strumento di misura é un oscillografo a raggi catodici sul quale vengono registrati il segnale di partenza dell’tmpulso del trasmettitore e quello di arrivo (eco di fondo) dello stesso impulso al ricevitore dopo riflessione sul fondo del pezzo.

La distanza tra i due segnali, che compaiono sotto forma di picchi sullo schermo dell’oscillografo, é proporzionale al tempo impiegato dagli ultrasuoni ad attraversare due volte (andata e ritorno) lo spessore del materiale in esame.

Se il pezzo attraversato dagli ultrasuoni é esente da difetti, sull’oscillografo compaiono due picchi distanziati: il primo corrisponde al segnale di partenza e il secondo corrisponde al segnale di arrivo dell’tmpulso riflesso.

Se all’interno dei pezzo in esame é presente una discontinuita in condizione di riflettere piu o meno completamente il fascio di ultrasuoni, il cammino percorso dagli ultrasuoni, e quindi il tempo impiegato a percorrerlo, saranno minori di quelli corrispondenti alla riflessione completa: sullo schermo dell’oscillografo comparira un nuovo segnale (eco del difetto) in una posizione intermedia tra l’tmpulso iniziale e l’eco di fondo.

La posizione dell’eco del difetto, cioé la sua distanza dal picco iniziale, é proporzionale alla profondita alla quale si trova la discontinuita. A seconda della dimensione della discontinuita, l’altezza del picco corrispondente all’eco di fondo pué risultare ridotta o anche scomparire. In conclusione, l’esame ultrasonoro per riflessione consente di rivelare la presenza di difetti é anche di localizzarne la posizione nello spessore del materiale.

Vantaggi e limiti del controllo con ultrasuoni

L’esame di un giunto saldato mediante gli ultrasuoni é assai pit sensibile di quello radiografico perché ogni discontinuita o difetto, anche i piu insignificanti vengono chiaramente evidenziati.

II controllo con ultrasuoni offre inoltre notevoli vantaggi rispetto agli esami radiografici perché richiede apparecchiature piu semplici, é rapido e pratico (anche per controlli eseguiti in punti difficilmente accessibili), é pit: economico e soprattutto non presenta nessun pericolo per l’operatore e per l’ambiente circostante.

Purtroppo non sempre é facile interpretare gli esami con ultrasuoni perché le stesse segnalazioni possono corrispondere sia a difetti molto gravi (ad esempio cricche), sia a difetti meno gravi (ad esempio porosita allineate).

L’interpretazione corretta di un esame con ultrasuoni ¢ affidata soprattutto all’esperienza dell’operatore e alla perfetta conoscenza delle caratteristiche del giunto e delle condizioni di saldatura.

In genere per controllare accuratamente un giunto saldato si preferisce condurre un primo esame con gli ultrasuoni ed eventualmente si ricorre in seguito agli esami radiografici, limitatamente a quelle zone nelle quali sono stati riscontrati dei difetti di difficile interpretazione.

LAVORAZIONI PLASTICHE

3.1 Laminazione

Mediante laminazione si riduce la sezione dei lingotti ottenuti in acciaieria per trasformarli in prodotti commerciali (semilavorati), utilizzabili per le successive lavorazioni meccaniche. La trasformazione viene effettuata facendo passare ripetutamente il lingotto attraverso due cilindri che ruotano in senso contrario fra loro.

II lingotto per effetto della laminazione subisce una diminuzione della sezione ed un allungamento nella direzione di laminazione. La riduzione del lingotto in prodotto laminato avviene gradualmente, attraverso numerose passate tra i cilindri.

Prodotti della laminazione

I lingotti vengono trasformati per laminazione in semilavorati, detti di prima laminazione, a sezione rettangolare o a sezione quadrata. I semilavorati a sezione rettangolare prendono il nome di bramme. I semilavorati a sezione quadrata prendono il nome di blumi.

Attraverso ulteriori laminazioni le bramme e 1 blumi vengono trasformati in prodotti commerciali per le lavorazioni meccaniche, detti anche semilavorati di seconda laminazione. I principali prodotti in commercio sono lamiere, profilati, barre, nastri (coils) tondini, fili, tubi, ecc.

La laminazione degli acciai viene eseguita a caldo o a freddo.

Laminazione a caldo

La laminazione a caldo degli acciai viene effettuata a temperatura variabile tra 900 _ 12500C, a seconda del tipo di acciaio. A queste temperature gli acciai presentano il massimo della plasticita, il che consente notevoli trasformazioni plastiche con minor numero di passate. Ad ogni passata, con il trascorrere del tempo, la temperatura dei pezzo diminuisce e diminuisce proporzionalmente la plasticita e la laminabilita dell’acciaio.

Con la laminazione a caldo si lavorano 1 lingotti, 1 blumi, le bramme e le billette per ncavare lamiere, profilati e tondi di medio e grosso spessore.

Laminazione a freddo

La laminazione a freddo sfrutta la plasticita a freddo degli acciai, notevolmente inferiore alla plasticita a caldo. La riduzione di spessore che si puo ottenere con una passata é molto limitata. Le passate non possono essere ripetute molte volte perché il materiale laminato a freddo subisce il fenomeno di incrudimento e tende a diventare fragile. La laminazione a freddo degli acciai viene effettuata sulle lamiere di piccolo spessore, per ottenere lamierini sottili con spessori pit precisi di quanto sia possibile ottenere mediante laminazione a caldo.

Tipi di gabbie di laminazione

Le gabbie di laminazione sono formate da un numero variabile di cilindri. Le gabbie piu comuni hanno due, tre o quattro cilindri. Le gabbie sono chiamate reversibili se i cilindri possono invertire il senso di rotazione.

Gabbia duo reversibili

La macchina é costituita da due grossi cilindri di ghisa, ad assi paralleli, sostenuti da una incastellatura (gabbia). 11 cilindro inferiore é fisso mentre quello superiore é mobile in verticale, per consentire la regolazione dello spessore di laminazione. I due cilindri hanno la possibilita di invertire il senso di rotazione, percid il laminatoio é detto duo reversibile. La gabbia richiede motori con elevata potenza per ottenere la rotazione e l’inversione del moto dei cilindri, il cui peso pud essere di alcune tonnellate.

Gabbia trio

Questo tipo di gabbia ha tre cilindri, che permettono la laminazione nei due sensi, senza inversione di rotazione. Un volano permette di uniformare la velocita di laminazione. La gabbia a trio deve disporre di bancali elevabili o elevatori meccanici per sollevare le barre da laminare al livello dell’imboccatura dei cilindri superiore e mediano.

Per questo motivo questa gabbia é generalmente usata per la laminazione a caldo di barre, tondi e profilati medi, pit leggeri dei lingotti, dei blumi e delle bramme. La barra passa alternativamente e ripetutamente sopra e sotto il cilindro mediano. La superficie dei cilindri della gabbia trio é sagomata in modo da ottenere attraverso i successivi passaggi la sezione voluta del profilato.

Gabbia doppio a duo

La gabbia doppio duo é formata da due coppie di cilindri a diverse altezze, ruotanti in modo da avere due sensi di laminazione. I profilati di piccolo spessore possono essere inseriti contemporaneamente su’ entrambe le coppie di cilindri di una gabbia doppio duo, oppure sopra e sotto il cilindro mediano di una gabbia trio (serpentaggio).

Gabbia universale

Se alla gabbia orizzontale viene accoppiata una gabbia con cilindri ad asse verticale (gabbia ricalcatrice), si ottiene un treno detto universale che consente la laminazione contemporanea delle quattro facce degli sbozzati. La funzione della gabbia verticale é di portare alla larghezza voluta il pezzo in laminazione, senza doverlo ribaltare di 90°.

Gabbia quarto

Viene impiegata per la fabbricazione di lamiere e nastri, a caldo e a freddo. Con questo tipo di gabbia si possono effettuare forti riduzioni di spessore anche a freddo, senza deformazioni sui cilindri di lavoro e con evidente vantaggio per l’uniformita e l’esattezza degli spessori ottenuti. E il tipo di gabbia piu usata nei moderni impianti di laminazione. La gabbia quarto puo essere sia reversibile sia irreversibile. Quando le gabbie sono irreversibili vengono disposte in serie, per formare un treno di
laminazione. Le gabbie a 6, 12, 20 é piu cilindri sono largamente impiegate per la laminazione a freddo di nastri metallici di piccola larghezza, di piccolo spessore e con tolleranze ristrette (per esempio, nastri per lamette da barba). La gabbia é formata da due grandi cilindri esterni, detti di appoggio, folli, e da due cilindri interni, piu piccoli, detti di lavoro, che sono motori. I due grandi cilindri esterni servono per sostenere gli sforzi di pressione trasmessi dai due cilindri interni tra i quali passa la lamiera. I cilindri di appoggio assicurano rigidita e indeformabilita ai cilindri di lavoro.

Forme dei cilindri di laminazione

I cilindri del laminatoio hanno forma e dimensioni variabili a seconda del tipo di laminazione che devono eseguire. I cilindri del laminatoio per sbozzare il lingotto in blumi sono lisci e di grosse dimensioni per ottenere grosse riduzioni con poche passate. La riduzione che si pud ottenere in una passata aumenta con l’aumentare del diametro dei cilindri. II diametro dei cilindri laminatori puo superare il metro e la lunghezza i 3 m. Pure lisci sono i cilindri per ricavare lamiere e lamierini. I cilindri per lamiere larghe sono leggermente bombati, per ottenere lamiere di spessore costante.

Durante la laminazione, infatti, i cilindri sotto sforzo tendono a flettersi nella parte centrale producendo una lamiera bombata al centro, cioé avente nella parte centrale uno spessore superiore a quello delle parti laterali (1). Per correggere questa tendenza ed ottenere lamiere a spessore costante, si ricorre a cilindri bombati (2), in modo , da eliminare la cosiddetta freccia di inflessione (3). La bombatura puo essere ridotta nelle gabbie quarto perché, grazie all’azione dei cilindri di appoggio, l’inflessione dei cilindri di lavoro é molto minore.

Cilindri sagomati o calibrati

I cilindri per ridurre i blumi in barre, tondi o profilati sono provvisti di scanalature, 0 sagome, o calibri, atti a trasformare in successive passate la sezione iniziale nella sezione finita.

La forma e il numero di calibri ricavati su ogni cilindro variano a seconda della forma della sezione dei profilati e del numero di passaggi che la barra deve subire per assumere la sezione finale voluta.

  1. Cilindri calibrati per barre tonde
  2. Cilindri calibrati per profilati
  3. Cilindri calibrati per rotaie, sbozzatori (A) e finitori (B).

3.2 Trafilatura

Mediante la trafilatura si producono barre, tondi e fili metallici di piccola sezione. L’operazione consiste nel deformare il materiale, costretto mediante trazione a passare attraverso un foro calibrato. Poiché la trafilatura viene effettuata a freddo la superficie del prodotto non si ossida come nella laminazione a caldo.

La trafilatura viene impiegata per ottenere, in alternativa alla laminazione, barre e tondi con superfici liscie, pulite, lucide e compatte.

L’utensile, detto filiera, ha un foro a tronco di cono, con la sezione piu piccola volta verso I’uscita del materiale. La filiera pud essere di acciaio duro al cromo e tungsteno o, piu frequentemente in widia (per i fili piu sottili anche in diamante).

II materiale, tirato meccanicamente, dalla parte opposta alla sezione di entrata del foro, subisce uno schiacciamento, che determina il restringimento della sezione e l’aumento della lunghezza.

Applicazioni della trafilatura

Fili sottili e sottilissimi: Nella fabbricazione del filo si parte da un tondo laminato a caldo con diametro di 5 mm, denominato vergella.

I tondi al di sopra del diametro di 5 mm vengono laminati a caldo perché la deformazione risulta facilitata dallo stato plastico del metallo.

Al di sotto dei diametro di 5 mm la produzione di fili mediante laminazione a caldo é impossibile perché il raffreddamento, data la piccola sezione del filo, sarebbe troppo rapido. Barre, tondi e fili a tolleranza ristretta la trafilatura, costringendo il materiale a passare a freddo attraverso un foro indeformabile con sezione di uscita costante, conferisce al pezzo dimensioni precise.

I pezzi ricavati mediante trafilatura, rispetto a quelli laminati a caldo, hanno tolleranza di forma e dimensionali piu ristrette.

tubi di piccolo diametro: Partendo da un tubo piu grosso, con la trafilatura é possibile ridurre il diametro del tubo e regolarizzare la sua forma interna ed esterna. II foro del tubo viene calibrato da una spina chiamata, per la sua forma, oliva, inserita al centro della matrice della filiera.

Fasi di lavorazione della trafilatura

Pulitura meccanica: Le barre o i fili prima di passare alla trafilatura devono essere accuratamente liberati dell’ossido che li ricopre e dalle scaglie di ferro bruciato, incorporate precedentemente durante la laminazione a caldo.

A tale scopo la barra e i fili vengono ripetutamente piegati su rulli e raschiati con spazzole metalliche.

Pulitura chimica, decapaggio

II materiale viene immerso in una soluzione acida che elimina dalla sua superficie le ultime tracce di ossido. Per neutralizzare l’effetto corrosivo dell’acido il materiale ‘viene successivamente lavato con acqua e calce.

Lubrificazione

La barra o il filo, nel passare forzatamente attraverso il foro della filiera, esercitano una azione abrasiva. Per evitare che la filiera, a causa di questa azione abrasiva, sia messa rapidamente fuori uso occorre lubrificare le barre e i fili prima della trafilatura. I lubrificanti piu usati sono il sapone, il grasso, l’olio denso, il fosfato di zinco, ecc.

Trafila

II materiale viene fatto passare attraverso una serie -di filiere di diametro descrescente mediante un dispositivo di trazione. II numero di passate consecutive per ridurre la sezione é limitato al massimo a708.

La deformazione, cui é sottoposto il materiale nel passaggio attraverso — la filiera, ne provoca un forte incrudimento superficiale, dovuto allo schiacciamento dei cristalli. Questo incrudimento rende le piu fragile e duro e ne la duttilita. Quando la trafilatura deve essere prolungata per portare il materiale a forti riduzioni di sezione, per evitare l’incrudimento e la conseguente possibile rottura del filo, occorre sottoporre il metallo al trattamento termico di ricottura.

Macchine trafilatrici

Le macchine trafilatrici consentono la produzione su larga scala di fili metallici. Sul banco sono fissate le filiere seguite dai rulli avvolgitori. II filo viene fatto passare attraverso le filiere, che hanno un diametro decrescente.

La trazione del filo attraverso ciascuna filiera viene realizzata per mezzo del rullo avvolgitore successivo. Un motore tramite ingranaggi riduttori trasmette il moto ai rulli avvolgitori. II filo, mediante appositi supporti, viene mantenuto nella posizione piu idonea al suo avvolgimento sui rulli.

I rulli avvolgitori sono parzialmente immersi in una vasca di lubrificazione che contiene una soluzione di olio per il raffreddamento e la lubrificazione del filo. Un tamburo avvolgitore arrotola il filo in matasse dopo I’uscita dall’ultima filiera.

La macchina illustrata in figura riduce un tondino di @ 8 mm a filo di @ 1,4 mm, facendolo passare attraverso 9 filiere disposte in serie.

A Banco di fondazione
B Motore
C Ingranaggi riduttori
D Rulli avvolgitori
E Vasca di lubrificazione
F Filiere
G Supporti di guida
H Tamburo avvolgitore

Trafilatrice di barre

La trafilatrice per barre, detta anche trafilatrice a banco, é utilizzata per la preparazione di piccole barre di limitata lunghezza, destinate ad essere lavorate al tornio. E’ costituita da un banco sul quale scorre con moto continuo una catena a rulli, il cui ritorno passa sotto il banco stesso. La filiera é posta ad una estremita del banco, su robusta incastellatura. Sul banco scorre un carrello munito di una pinza che stringe la barra da trafilare. II carrello viene agganciato alla catena, che lo tira lentamente. La barra é cosi costretta a passare attraverso alla filiera. Quando il carrello é giunto all’estremita del banco viene sganciato dalla catena e la barra viene tagliata. II carrello ritorna quindi nella posizione di partenza per una nuova operazione.

3.3 Estrusione

Mediante estrusione, un metallo, dotato di sufficiente plasticita, viene costretto a defluire attraverso un’apertura di forma prestabilita. L’operazione richiede l’applicazione di notevoli forze di compressione. L’estrusione é eseguita sia a caldo (acciai) sia a freddo (stagno, piombo, alluminio). L’utensile su cui é praticata l’apertura attraverso la quale il metallo viene estruso é detto matrice. La matrice determina la forma e le dimensioni della sezione finale della barra estrusa.

A Matrice
B Massello di metallo
C Cilindro contenitore
D Punzone o mandrino compressore
E Pezzo estruso

I prodotti di estrusione

Mediante estrusione vengono prodotti pezzi di limitate dimensioni, di forme complesse, che non potrebbero essere ottenute per laminazione. In particolare vengono prodotti per estrusione tubi di piccolo diametro e di limitato spessore o aventi sezioni di forma complessa, tubi alettati, profilati per serramenti, ecc.

Macchine per l’estrusione

Per I’estrusione si usano presse di tipo idraulico, generalmente orizzontali, che raggiungono potenze molto elevate. II materiale da estrudere, a forma di massello, viene deposto in un apposito contenitore generalmente di forma cilindrica. Uno stantuffo o punzone comprime poi il materiale costringendolo ad uscire attraverso il foro della matrice. Per l’estrusione di piccoli pezzi (capsule, tubetti, ecc.) le macchine hanno una potenza limitata, ma possono raggiungere elevate velocita di esecuzione.

Materiali per l’ estrusione e loro temperatura di estrusione L’estrusione é un processo che avviene generalmente a caldo. Solo alcuni materiali, come il piombo, I’alluminio, lo stagno, il rame e I’acciaio dolce possono essere estrusi anche a freddo. Vengono estrusi sempre a caldo gli acciai ad alto tenore di carbonio e gli acciai legati. Le temperature pit adatte per l’estrusione a caldo variano a seconda del materiale. In tabella a fianco sono riportate le temperature medie di estrusione di alcuni materiali.

Pressione per l’estrusione

Le pressioni di estrusione variano a seconda della qualita del materiale e a seconda della temperatura. Le pressioni sono comunque molto elevate e richiedono l’uso di speciali presse meccaniche e idrauliche, con potenze fino a 10.000 tonnellate e anche piu. Nella tabella a fianco sono riportate le pressioni di estrusione a freddo di alcuni materiali.

Tipi di estrusione

Estrusione diretta: L’operazione, eseguita generalmente a caldo, permette di ricavare barre piene o cave. Con l’estrusione diretta si realizzano pezzi di dimensioni notevoli e aventi profili complessi. Nell’estrusione diretta il materiale estruso esce nella stessa direzione del moto dello stantuffo che esercita la pressione (A). Se allo stantuffo é collegato un mandrino calibratore, disposto assialmente rispetto all’apertura della matrice, si ottiene un tubo la cui sezione dipende dalla forma della matrice e da quella del mandrino (B).

Estrusione inversa

L’estrusione inversa serve per ottenere profili semplici e di dimensioni limitate, quali tappi, tubetti, coperchi, bossoli, pezzi di sezione quadrata, rettangolare, poligonale, ecc. Questo processo risulta economicamente conveniente per produzioni elevate.

Corpi pieni

L’estrusione inversa per ottenere corpi pieni consiste nel far defluire il materiale attraverso un foro applicato nel punzone. Nell’estrusione inversa il materiale estruso esce in direzione contraria al moto dello stantuffo. L’estrusione inversa é di due tipi, a seconda che si vogliano ottenere corpi pieni o corpi cavi. II massello racchiuso nella camera cilindrica (1) viene schiacciato ed é costretto a fuoriuscire dal foro centrale del punzone, la cui forma determina quella del pezzo estruso (2).

Corpi cavi

Da strisce o bandelle di laminato si ricavano, per tranciatura a mezzo di presse ad eccentrico, i dischi del materiale da estrudere. II disco, detto anche pastiglia, viene introdotto sul fondo del foro praticato nella matrice (1). Un cilindro pieno, detto punzone, colpisce con urto violento la pastiglia, costringendo il materiale a defluire in senso contrario, attraverso la corona libera fra la matrice e il punzone stesso (2). II punzone e il pezzo estruso vengono sollevati. Un apposito estrattore provvedera a liberare il punzone dal pezzo estruso.

3.4 Fabbricazione dei tubi

I tubi possono essere prodotti senza saldatura o con saldatura. I tubi non saldati sono prodotti a partire da un massello pieno mediante operazioni di trafilatura o di laminazione. Con questo sistema vengono prodotti tubi di piccolo e medio diametro per condutture in pressione di impianti termici e costruzioni edilizie. I tubi non saldati resistono meglio alle pressioni interne dei fluidi e alle sollecitazioni esterne. I tubi saldati vengono ricavati da nastro metallico di larghezza corrispondente allo sviluppo del tubo da produrre e di spessore eguale. I tubi saldati sono poco resistenti alle sollecitazioni e alle deformazioni perché risultano indeboliti nella zona di saldatura. I tubi saldati, generalmente di grosso spessore e di medio e grande diametro, vengono impiegati in oleodotti o acquedotti per il trasporto di fluidi non sottoposti a pressioni elevate. Tubi non saldati ottenuti per laminazione (sistema Mannesmann) II procedimento piu noto per ottenere tubi non saldati é basato sul principio della laminazione obliqua (o sistema Mannesmann, dai nome di chi lo introdusse). Il processo avviene in due fasi.

Fase di foratura del massello
II materiale di partenza é costituito da un massello. II massello viene trasformato in tubo passando attraverso i rulli di uno speciale laminatoio. II laminatoio Mannesmann é costituito da due rulli, dalla sagoma a forma di botte, montati su assi sghembi. I due rulli ruotano nello stesso senso. IT massello di materiale, portato alla temperatura di laminazione é sottoposto ad una forte pressione che tende a schiacciarlo e a farlo ruotare. Le parti esterne del materiale, spinte dai rulli con moto rotatorio, scorrono rispetto alle parti interne, provocando una lacerazione delle fibre centrali del materiale. Si forma cosi un vuoto centrale che viene allargato da una spina a punta, che si insinua nel vano centrale in formazione. II massello é spinto in avanti dalla forma a botte dei cilindri. Mentre il massello avanza, la punta penetra allargando il foro e rendendolo piu regolare. Il massello viene cosi trasformato in tubo grezzo, dalle pareti molto spesse, di forma irregolare, detto forato.

Fase di laminazione del forato

II forato viene portato alle dimensioni e al grado di finitura di tubo per mezzo di un laminatoio, detto a passo di pellegrino, perché la laminazione avviene a tratti. Infatti il tubo dapprima avanza libero sotto i rulli di un certo tratto per poi essere risospinto indietro, pressato dai rulli, e in questa fase viene laminato. I due cilindri dei laminatoio sono costituiti da rulli scanalati a gola semicircolare con profondita della gola variabile (come una camma). Tra i rulli é sistemata una spina cilindrica sulla quale viene investito il forato da portare a finitura. Per un settore di circa 1/3–1/4 di circonferenza il vano della gola aperto tra i rulli é cosi ampio da permettere il libero passaggio del forato grezzo spinto in avanti. Continuando la rotazione i rulli si presentano sul forato con la parte di gola piu stretta. Il forato viene cosi risospinto indietro e nel contempo compresso sulla spina centrale di guida (1). II forato viene cosi stirato e plasmato sulla spina, fino a raggiungere le dimensioni prestabilite che dipendono dal diametro della gola e da quello della spina stessa (2). Quando tutto il metallo passato sotto i rulli é stato stirato dalla parte pit stretta della gola, il rullo ripresenta l’altra parte piu larga. Il forato e la spina vengono risospinti in avanti e un nuovo tratto viene impegnato dai rulli per essere ridotto di diametro (3).

Tubi saldati
I grandi tubi utilizzati per le condutture che non devono essere sottoposte a pressioni eccessive (ad esempio oleodotti), vengono realizzati piegando la lamiera e saldandone i lembi. A seconda di come viene piegata la lamiera le saldature possono essere longitudinali o elicoidali. I tubi saldati vengono rigorosamente controllati sia durante che dopo la lavorazione. In particolare vengono sottoposti a scrupolosi esami i giunti di saldatura con moderni mezzi di rilevazione dei difetti esterni e soprattutto interni, quali gli ultrasuoni, i raggi X, ecc.

Tubo saldato con saldatura longitudinale
Il tubo a saldatura longitudinale viene prodotto partendo da un nastro di lamiera. La preparazione dei lembi della lamiera, in vista della loro saldatura, viene eseguita su grandi piallatrici. La lamiera viene piegata prima ad U e poi a O da due presse formatrici di grande potenza. La saldatura viene preceduta da una operazione di riscaldamento per evitare i ritiri é le deformazioni. Dopo una prima saldatura di imbastitura con il procedimento elettrico ad arco sotto protezione di gas inerte, si passa alla saldatura vera e propria. La saldatura viene eseguita per mezzo di saldatrici elettriche continue e automatiche con il procedimento ad arco sommerso sotto flusso granulare di protezione. Sui grossi spessori dei tubi di grande diametro la saldatura viene praticata sia all’interno sia all’esterno del tubo. In figura sono illustrate schematicamente le principali fasi di lavorazione.

1 Preparazione dei lembi
2 Piegatura a U
3 Piegatura a 0
4 Puntatura
5 Saldatura esterna
6 Saldatura interna

Tubo saldato con saldatura elicoidale

I tubi ottenuti per saldatura offrono difficolta di curvatura, perché si rompono o si aprono in corrispondenza della linea di saldatura. Per eliminare questo inconveniente si ricorre alla saldatura elicoidale. II nastro di lamiera viene avvolto ad elica sopra una spina cilindrica in modo che i bordi si sovrappongano. Viene eseguita quindi la saldatura elicoidale con procedimenti automatici.

3.5 Fucinatura

La fucinatura é una lavorazione a caldo utilizzata per dare forma e dimensioni definite a semilavorati metallici, quali barre, blumi e laminati in genere. La lavorazione viene eseguita a mano o a macchina per mezzo di appropriati attrezzi (martelli o mazze) che deformano, per percussione o per pressione, i materiali portati ad elevata temperatura. La temperatura ideale per fucinare é quella alla quale il materiale raggiunge il massimo grado di malleabilita (stato pastoso o plastico). Le forme commerciali di partenza per le lavorazioni di fucinatura e stampaggio a caldo sono, per le leghe ferrose, a seconda della forma e delle dimensioni del pezzo che si vuole ottenere, le billette, i blumi, le bramme, le barre e i tondini. Spesso il pezzo grezzo da fucinare é chiamato genericamente massello. La fucinatura a mano, molto antica e nota a tutti come lavorazione del fabbro, oggi ha un carattere esclusivamente artigianale.

Caratteristiche dei pezzi fucinati e confronto con le lavorazioni per fusione e asportazione truciolo
La fucinatura a caldo, rispetto alla fusione e alle lavorazioni con asportazione di truciolo, mantiene le migliori caratteristiche di resistenza meccanica alla fatica del materiale lavorato. Cio dipende principalmente dalla fibrosita dei metalli che conferisce loro una notevole tenacita. Nei pezzi fusi non esiste una disposizione fibrosa perché i pezzi prendono forma allo stato liquido. Le lavorazioni con asportazione di truciolo non agiscono sulla disposizione delle fibre che rimangono parallele cosi come si erano formate a seguito dei processi di fabbricazione dei semilavorati (laminazione, estrusione, trafilatura, ecc.) ; il taglio e l’asportazione di materiale comportano quindi interruzioni e troncature della struttura fibrosa che riducono la tenacita e la resistenza del pezzo. Nei pezzi fucinati, invece, le fibre si deformano e tendono a seguire la forma del pezzo; le fibre non risultano interrotte e questo rende il pezzo pit resistente. In figura sono rappresentate le fibre del materiale di un pezzo ottenuto: per fucinatura (1) per fusione (2) per lavorazione ad ciclo (3). Un’altra caratteristica fucinatura é che si ottengono pezzi esenti da soffiature interne, difetto che é invece abbastanza frequente nei getti fusi. Infine, utilizzando appropriati stampi, con la fucinatura si ottengono pezzi con tolleranze di forma abbastanza ristrette e in generale inferiori a quelle ottenibili sui pezzi fusi. In ogni caso, sia i pezzi fusi che quelli fucinati vengono sottoposti, anche solo parzialmente, a lavorazioni di finitura alle macchine utensili

Prodotti di fucinatura
Generalmente vengono prodotti per fucinatura organi meccanici di trasmissione soggetti a sollecitazioni ripetute, quali bielle, manovelle, alberi a gomito, ecc. La fucinatura risulta inoltre vantaggiosa per i prodotti la cui realizzazione alle macchine utensili richiederebbe lunghe e costose operazioni non giustificate dalla funzione e dall’tmpiego dei prodotti stessi. Ad esempio, chiavi inglesi, maniglie, coperchi, posate, ecc.

Materiali adatti alla fucinatura

Sono fucinabiii i metalli e le leghe metalliche che hanno la proprieta di lasciarsi deformare plasticamente a freddo e a caldo, senza perdere le caratteristiche meccaniche, cioé i materiali malleabili. In particolare sono fucinabili a caldo quei metalli che prima di fondere mantengono elevata plasticita per un intervallo ampio di temperatura. Non sono fucinabili i metalli fragili. La fucinabilita degli acciai diminuisce con l’aumentare del tenore del carbonio, cioé della percentuale di carbonio presente nella lega. Le ghise comuni non sono fucinabili perché non malleabili e quindi, se riscaldate, non presentano una fase pastosa indispensabile per la fucinatura. Nelle ghise infatti il passaggio dallo stato solido allo stato liquido avviene bruscamente. Le ghise vengono quindi lavorate prevalentemente per fusione e per asportazione di truciolo alle macchine utensili.

Temperature di fucinatura
L’operazione di fucinatura sfrutta le caratteristiche di plasticita dei materiali, percid viene eseguita alla temperatura alla quale ciascun materiale raggiunge il massimo di plasticita. Nella tabella a fianco sono indicate le temperature minime e massime di fucinatura degli acciai e di altri metalli. E in ogni caso necessario evitare di lavorare il metallo, quando, in uh certo intervallo di temperatura, risulta fragile. II rame é molto fragile tra 1 200°C e i 600°C, per cui é fucinabile solo al di sopra o al disotto di questo intervallo. Gli acciai dolci sono fragilissimi verso i 350°C. L’alluminio verso i 375°C. FC)

Colore e fucinabilita dell’acciaio dolce

La determinazione della temperatura del pezzo riscaldato, soprattutto nella fucinatura a mano, deve essere fatta talvolta a occhio, percié occorre valutare la fucinabilita basandosi sulla luminosita che il pezzo emette. La colorazione che assume l’acciaio dolce sottoposto al riscaldamento permette al fucinatore esperto di intuire la temperatura del pezzo. Ad esempio il ferro si fucina benissimo quando raggiunge il colore rossoarancio che corrisponde alla temperatura di 1000°-1100°C. Nei processi industriali con riscaldamento in forni a combustibile o elettrici, la temperatura é controllata con precisione utilizzando appositi strumenti di misura (pirometri).

Calde
Durante la fucinatura, col diminuire della temperatura, il materiale perde rapidamente la sua plasticita. II metallo per essere ulteriormente lavorato deve subire un nuovo riscaldamento. Si dice calda l’operazione di riscaldamento dei materiale da fucinare. II numero delle calde rappresenta il numero dei riscaldamenti che un pezzo richiede per essere fucinato. Durante la calda il pezzo si ricopre di scaglie, che si staccano durante la fucinatura e determinano il calo del materiale, che mediamente si aggira sul 5 % del peso iniziale. Se il calo supera il 20% l’operazione non é piu conveniente.

Effetti di una errata temperatura di fucinatura
L’intervallo di temperatura di fucinatura deve essere scelto con precisione. A temperature inferiori a quelle stabilite gli acciai offrono ancora molta resistenza alla deformazione. A temperature superiore a quelle stabilite per la fucinatura gli acciai sono soggetti a surriscaldamento e bruciatura.

Surriscaldamento
II surriscaldamento, causato da esposizione troppo prolungata a temperature elevate, provoca nell’acciaio un ingrossamento dei cristalli. II pezzo surriscaldato é molto fragile; se viene sottoposto ai colpi di fucinatura si rompe. II trattamento termico di ricottura pud in parte eliminare gli effetti nocivi del surriscaldamento, ridonando al materiale le caratteristiche di malleabilita primitive.

Bruciatura
La bruciatura a temperature troppo elevate consiste in una notevole e profonda ossidazione dell’acciaio a contatto dell’aria. II pezzo bruciato non é piu utilizzabile date le sue scarse caratteristiche meccaniche.

Metodi di fucinatura
La fucinatura pud essere eseguita a mano o a macchina. La fucinatura a mano viene eseguita per mezzo di colpi inferti col martello sul pezzo riscaldato. Dato il suo ‘carattere artigianale, la fucinatura a mano é sfruttata solo per la produzione di pezzi unici o di piccola serie, per riparazioni di oggetti con funzioni estetiche e decorative (lavorazione del ferro battuto). II fucinatore a mano (fabbro) deve essere esperto, allenato allo sforzo fisico, dotato di sensibilita rispetto al comportamento del metallo e di attitudini a stimare a occhio lunghezze, volumi e temperature. II pezzo é appoggiato su un attrezzo particolare, detto incudine. II riscaldamento del pezzo viene effettuato per mezzo di una forgia a carbone. La fucinatura a mano viene utilizzata solo per pezzi di dimensioni limitate e per i quali non occorre ottenere una particolare precisione.

La fucinatura meccanica consente un maggior campo di impiego della fucinatura a mano. II pezzo puo essere di dimensioni notevoli dato che si dispone di notevoli potenze. Le deformazioni ottenute con le macchine sono piu profonde, data la maggiore forza d’urto. Il tempo di esecuzione ne é minore. La fucinatura meccanica viene eseguita per mezzo di magli o presse. II riscaldamento dei pezzo viene realizzato in appositi forni.

Fucinatura meccanica con il maglio
II maglio é una macchina che agisce sul materiale come un martello. II principio di funzionamento dei maglio é basato sull’urto di una mazza di notevole peso, che viene lasciata cadere dall’alto sul pezzo posto sopra l’incudine.

Fucinatura meccanica con la pressa
La prtessa agisce per azione di schiacciamento lento e progressivo procurato per mezzo di uno slittone che schiaccia il pezzo, posto sul basamento di una robusta incastellatura metallica. Quando sulla mazza e sull’tncudine sono montati lo stampo e il controstampo, la fucinatura é chiamata anche stampaggio a caldo. L’impiego di stampi e controstampa sulle presse consente produzioni di media e grande serie di pezzi dalla forma complessa (stampaggio a caldo).

Mezzi per riscaldare i metalli da fucinare
Qualunque sia il metodo di fucinatura impiegato 1 pezzi vanno riscaldati alla temperatura adatta, che, come si é visto, dipende dal tipo di materiale. Per la fucinatura a mano si impiegano le forge o fucine a carbone. Per la fucinatura a macchina si impiegano i forni industriali.

Forgia o fucina
La forgia é un mezzo di riscaldamento impiegato per riscaldare un limitato numero di pezzi, di piccole dimensioni e per lavorazioni a carattere artigianale. La forgia consiste in un bacino di ghisa o di muratura refrattaria nel quale un getto di aria soffiata dal basso o lateralmente ravviva il fuoco. II combustibile pit adatto é il carbone fossile a pezzatura minuta. Il pezzo da riscaldare viene posto all’interno del cumulo di carbone ardente. Alla forgia é annesso un ventilatore centrifugo che soffia aria per aumentare la combustione del carbone e quindi la temperatura. La forgia é dotata di una cappa per raccogliere i fumi. Nelle moderne fucine l’aspirazione dei fumi viene fatta dal basso cosi da limitarne la diffusione nell’ambiente. E’ annessa alla forgia una bacinella contenente acqua per il raffreddamento degli attrezzi che vengono a contatto con i pezzi roventi da fucinare.

Forno
Il forno é costituito da una camera isolata dall’ambiente circostante da un rivestimento, di materiale refrattario in cui il pezzo da fucinare viene riscaldato a riverbero senza un contatto diretto col combustibile. II forno é un mezzo di riscaldamento pit veloce e pit pratico della forgia. I forni possono essere alimentati a gas, a carbone, a nafta e ad energia elettrica. I forni a nafta sono convenienti per la loro regolarita e perché non richiedono installazioni particolari come i forni elettrici o quelli a gas. I forni per il riscaldo dei pezzi di grandi dimensioni sono provvisti di dispositivi per ricevere e per espellere i pezzi (forni a suola mobile). Nei forni industriali la temperatura viene controllata e regolata automaticamente mediante pirometni elettrici e termostati.

Fucinatura meccanica
La fucinatura meccanica, eseguita cioé con l’aiuto delle macchine, sostituisce quella manuale quando si devono fucinare pezzi di notevole dimensione, per i quali non é pit sufficiente la forza manuale. La fucinatura meccanica, a differenza di quella manuale, é sfruttata nelle produzioni industriali, sia per accelerare le operazioni di finitura libera, grazie alla frequenza dei colpi che é possibile ottenere con le macchine, sia per realizzare in serie pezzi di forma complessa e con maggiore precisione, grazie all’tmpiego degli stampi. Le macchine per la fucinatura sono il maglio e la pressa.

Fucinatura a maglio
II maglio meccanico agisce sul materiale in lavorazione come il martello nella fucinatura a mano. Il principio di funzionamento del maglio é basato sull’urto di una mazza di notevole peso che viene lasciata cadere dall’alto sul pezzo posto sopra l’incudine. L’effetto del colpo sul materiale é superficiale, percio lo schiacciamento del materiale diminuisce dall’esterno verso I’interno del pezzo. La deformazione totale del pezzo é ottenuta mediante colpi successivi, cioé sommando una serie di deformazioni parziali. I magli possono essere semplici per fucinare, oppure a stampare. I magli per fucinare hanno una mazza piana o di sagoma semplice e la forma del pezzo si ottiene spostando il materiale ad ogni colpo sotto la mazza. I magli a stampare possiedono invece uno stampo e un controstampo di forme pitt o meno complesse entro i quali il pezzo prende forma sotto l’azione dei colpi.

Fucinatura alla pressa
La pressa é una macchina che agisce sul materiale per azione di schiacciamento lento e progressivo. II principio di funzionamento é basato sulla pressione che una mazza fissata a uno slittone scorrevole su guide esercita sul pezzo, posto sul basamento di una robusta incastellatura metallica. L’azione della pressa interessa tutta la struttura dei pezzo, anche se di notevoli dimensioni. L’azione di schiacciamento della pressa, lenta e progressiva, si propaga all’interno del pezzo.

Confronto fra fucinatura meccanica al maglio e alla pressa

Vantaggi della pressa
I pezzi ottenuti con la pressa sono pit uniformi. La pressa esercita una pressione potente, continua e progressiva, che raggiunge la massa del pezzo anche in profondita. Possono essere fucinati pezzi ingombranti, del peso anche superiore alle 12 tonnellate, lo sforzo per deformare il materiale é di compressione, percio la pressa non trasmette altri sforzi sul terreno oltre al suo peso. II maglio invece, per pezzi di notevoli dimensioni, richiede speciali e costose fondamenta, in grado di assorbire i violenti urti della mazza. Maggior precisione e costanza di risultati nella operazione di stampaggio. II movimento di chiusura degli stampi é piu lento ed esente da vibrazioni dovute all’urto dei due stampi, come nel caso dei magli. Maggiore produzione nello stampaggio e quindi minor costo dei prodotti in serie.

La pressa permette di ottenere il pezzo con un colpo solo. La produzione di un gran numero di pezzi uguali con un solo stampo e quindi la forte riduzione del costo unitario giustifica la costruzione di stampi che, in certi casi, é laboriosa e molto costosa.

Minori pericoli di usura e di rottura degli stampi. Gli stampi é le altre parti delle presse non sono soggetti a movimenti veloci e ad urti, come sui magli.

Cio consente l’impiego di materiali per gli stampi meno pregiati rispetto a quelli utilizzati per la costruzione dei punzoni dei magli.

Vantaggi del maglio
Minor costo della macchina e dell’impianto accessorio. Specie per piccole produzioni e per piccole aziende i risultati offerti dal maglio sono ottimi i costi limitati.

Minor costo di esercizio. I magli sono in genere macchine pit semplici delle presse. Maggiore velocita di lavorazione nella fucinatura libera di piccoli e medi pezzi. Con il maglio é anche pit facile modificare il ciclo di lavorazione e correggere eventuali errori.

Tipi di fucinatura meccanica
La fucinatura meccanica, al maglio o alla pressa, pud essere libera o con stampi.

Fucinatura libera
La fucinatura meccanica libera viene eseguita senza l’aiuto di attrezzi particolari. L’operatore sposta il pezzo ad ogni colpo della macchina (maglio o pressa), presentando sotto la mazza battente le parti da deformare. La precisione dell’operazione é scarsa ed é in gran parte affidata all’abilita dell’operatore. Non puo comunque essere garantita l’assoluta uguaglianza dei pezzi fucinati. La fucinatura libera viene impiegata quando si devono lavorare pezzi di dimensioni notevoli e in numero limitato, per i quali non sarebbe conveniente approntare gli stampi, che sono molto costosi.

Fucinatura con stampi o stampaggio a caldo
La fucinatura méccanica, quando si avvale dell’uso di appositi attrezzi (stampi), é detta stampaggio a caldo. Lo stampaggio consiste nel forzare a caldo un massello di metallo, di volume esattamente calcolato, entro le impronte ricavate sulle due facce a contatto dello stampo e del controstampo. Lo stampaggio a caldo consente la produzione di pezzi precisi anche in grande serie.

3.6 Sinterizzazione

Sinterizzazione o metallurgia delle polveri. Per la lavorazione di metalli scarsamente fucinabili, ad alto grado di durezza, o caratterizzati da un punto di fusione molto alto, per i quali non sono adottabili lavorazioni per fucinatura o per fusione, si impiegano 1 procedimenti di sinterizzazione delle polveri del metallo stesso. II procedimento é stato introdotto agli inizi del nostro secolo, in particolare per consentire la riduzione in filamenti del tungsteno utilizzato per lampade elettriche ad incandescenza. La struttura e le caratteristiche meccaniche di un metallo ottenuto per sinterizzazione delle polveri sono diverse da quelle del metallo stesso. II procedimento consiste nella compressione entro forme prestabilite di polveri metalliche e non metalliche molto fini. Le forme, realizzate per compressione delle polveri in appositi stampi, sono compatte, ma poco consistenti. I granelli si sono uniti tra di loro per semplice adesione e con semplici incastri, ma la massa é sgretolabile. Per rendere le torme stabili, in agglomerati di grande durezza, si ricorre al loro riscaldamento ad elevata temperatura in forni elettrici. Propriamente é l’operazione di riscaldamento che prende il nome di sinterizzazione.

Le fasi essenziali del procedimento di sinterizzazione sono pertanto: la preparazione delle polveri; l’agglomerazione delle polveri mediante compressione in stampi; la sinterizzazione vera e propria ad alta temperatura. A parita di dimensioni del pezzo prodotto per sinterizzazione, le sue caratteristiche variano a seconda dei seguenti fattori: dimensioni dei granelli della polvere; uniformita dei granelli della polvere; forma dei granelli; pressione di agglomerazione; temperatura e durata della sinterizzazione; leganti miscelati nella polvere.

Preparazione delle polveri
Le polveri dei metalli vengono ricavate con procedimenti meccanici o con procedimenti fisico-chimici. Le dimensioni dei granuli delle polveri variano da un mezzo millesimo di millimetro (0,5um) a 30–40 um. Se i materiali da polverizzare sono sufficientemente fragili, per la preparazione si impiegano mezzi meccanici. II materiale viene prima frantumato per mezzo di potenti frantoi, quindi viene triturato e polverizzato a mezzo di mulini centrifughi. Si procede alla setacciatura e alla eventuale miscelazione delle polveri. I procedimenti di polverizzazione chimico-fisici, assai pit frequenti, sfruttano alcune proprieta elettriche e chimiche dei materiali da polverizzare. I metodi piti usati sono quelli elettrolitici, per evaporazione, per precipitazione, per riduzione, ecc.

Agglomerazione delle polveri
L’agglomerazione. delle polveri nella forma voluta viene realizzata in appositi stampi di acciaio al cromo. La compressione delle polveri contro gli stampi avviene generalmente a freddo, sotto pressioni che variano da 1000 a 10.000 kg/cm2. II volume occupato dal pezzo si riduce di circa due terzi rispetto a quello occupato dalle polveri prima della compressione. Le presse che azionano gli stampi sono fornite di una tramoggia contenente la polvere metallica, di un dispositivo dosatore della polvere, degli organi che fanno agire i due punzoni dello stampo e di un estrattore dei pezzi.

Operazioni di sinterizzazione
Le forme agglomerate, o compatte, vengono sinterizzate a temperature variabili, generalmente eguali a circa 2/3 del punto di fusione del materiale piu refrattario che compone l’agglomerato. Durante il riscaldamento le particelle di polvere si agglomerano intimamente e stabilmente. Per facilitare l’agglomerazione talvolta vengono aggiunti materiali agglomeranti, quali resine sintetiche, acetone, ecc. che volatizzano durante il riscaldamento. Lo stampo é I’attrezzo fondamentale. Deve riprodurre in negativo la forma del pezzo con la massima precisione e finitura della superficie. La superficie superiore e quella inferiore sono mobili, si possono cioé allontanare in modo da permettere l’introduzione del voluto quantitativo di polvere. Esse costituiscono le facce di estremita di due punzoni scorrevoli, mentre le altre facce laterali del pezzo fanno parte della matrice. Le temperature di sinterizzazione variano a seconda dei materiali delle polveri utilizzate. Naturalmente devono essere inferiori alle temperature di fusione dei metalli di cui sono costituite.

La sinterizzazione viene condotta in forni ad atmosfera inerte (ad esempio di argon) o addirittura nel vuoto (per il tantalio che si combina facilmente con molti gas). I fori utilizzati, per temperature fino a 1500° — 1600°C, sono elettrici a reesistenza. Per temperature superiori si ricorre a forni ad induzione ad alta frequenza.

Scopi e vantaggi della sinterizzazione
La laboriosa preparazione delle polveri e I’impiego di presse, di forni e di stampi molto costosi, rendono la sinterizzazione adatta solo per produzioni di serie. D’altra parte, in certi casi, soprattutto per i materiali piu duri e con alte temperature di fusione, é l’unico procedimento utilizzabile. A fianco sono riportati i principali campi d’impiego e i vantaggi che offre il procedimento.

Metalli di difficile fusione
II tantalio (punto di fusione 2998°C) e il tungsteno (punto di fusione 33801C) non possono essere lavorati né per fusione, né per fucinatura e tanto meno alle macchine utensili. Ridotti in polveri e agglomerati per sinterizzazione possono invece essere lavorati.

Materiali metallici nuovi
I carburi di tungsteno, di tantalio e di titanio sono estremamente duri. Preparati in polvere e quindi sinterizzati possono essere impiegati per realizzare le placchette degli utensili per il taglio dei metalli (ad esempio utensili in Widia).

Materiali ottenuti legando metalli e non metalli
Ad esempio: il diamante in polvere o in piccole schegge puo esere sinterizzato con polveri metalliche leganti, cosi da ottenere mole diamantate molto resistenti ed estremamente abrasive, con le quali si possono agevolmente lavorare anche gli stessi sinterizzati di carburi metallici (Widia).

Materiali metallici a struttura particolare
L’esempio piu tipico é costituito dai materiali metallici porosi utilizzati come filtri per benzine e olii nell’industria automobilistica. Altri esempi sono i materiali ad alto coefficiente di attrito per cuscinetti, freni, guarnizioni.

Lavorazioni difficili e costose con altri procedimenti
Talvolta la sinterizzazione consente di realizzare pit. economicamente e piu facilmente certi particolari di forma complessa, sostituendo le piu: laboriose operazioni di dentatura o di fresa- tura alle macchine utensili.

Cuscinetti autolubrificanti
Una applicazione particolarmente interessante della sinterizzazione riguarda i cuscinetti, detti autolubrificanti, che in molti casi sostituiscono utilmente i cuscinetti a sfere o le bronzine: Sono costruiti per sinterizzazione di polveri di metallo duro agglomerato con speciali leganti plastici. La struttura porosa che si ottiene assicura il rifornimento di lubrificante di cui il pezzo puod essere imbevuto (fino al 30 per conto del volume). A cuscinetto freddo il lubrificante rimane per capillarita negli interstizi del materiale. Quando il cuscinetto si riscalda (per attrito con I’albero in rotazione), il lubrificante aumenta la fluidita e si porta sulla superficie di scorrimento. I cuscinetti autolubrificanti sono particolarmente utili nei casi in cui é difficile assicurare una lubrificazione periodica, ma spesso anche su apparecchiature usate da personale non tecnico (elettrodomestici, parti di serrature, ecc.)

3.7 Stampaggio

Stampaggio della lamiera
Scopo di questa operazione é di far assumere ad una lamiera piana 1, di spessore S, per effetto di deformazioni plastiche, diverse e successive forme 2–3–4, che permettono di realizzare una voluta forma finale 5.

In realta, nella maggioranza dei casi, il termine stampaggio non indica una operazione, ma un ciclo di pil operazioni tecnologicamente diverse, che si svolgono come fasi successive di uno stesso procedimento di lavorazione. Le operazioni elementari sono normalmente tre.

A Tranciatura
B Piegatura e/o curvatura
C Imbutitura

L’operazione di stampaggio consiste percié in una successione ordinata di varie operazioni tecnologiche, che permettono di trasformare una porzione di lamiera piana in un pezzo di formavoluta. L’insieme delle operazioni costituisce il cosiddetto ciclo di stampaggio.

Principio dello stampaggio
Le successive deformazioni plastiche si ottengono sottoponendo la lamiera ad un adeguato sforzo di compressione tra due particolari utensili di forma adeguata, che prendono il nome di stampo (o punzone) e controstampo (o matrice). II movimento reciproco di questi due utensili, uno rispetto all’altro, permette la deformazione della lamiera. L’impiego di diverse coppie di utensili consente, attraverso successive fasi, di ottenere la deformazione finale voluta, quando non sia possibile ottenere lo scopo con una sola operazione.

Ad ognuna di queste deformazioni sul pezzo, corrispondono variazioni dimensionali, che sono in relazione alle dimensioni degli utensili usati. Dopo queste deformazioni il volume totale del materiale che costituisce il pezzo stampato deve essere equivalente a quello iniziale della lamiera. Poiché le variazioni di spessore di quest’ultima, durante l’operazione, sono trascurabili, la superficie totale del pezzo stampato dovra rimanere eguale a quella della lamiera impiegata.

Per far si che il materiale, durante lo stampaggio, riempia completamente lo spazio fra il punzone e la matrice e non si formino delle ondulazioni o delle grinze, esiste un accessorio fondamentale che prende il nome di premilamiera.

Esempio di stampaggio
Consideriamo un caso molto semplice di stampaggio, cioé quello con cui si trasforma un disco di lamiera, in un cilindro cavo con fondo. La lamiera D é appoggiata sulla matrice a ed é mantenuta a contatto con essa dal punzone A; il premilamiera C che ha forma anulare, ed é sospinto verso l’alto da un sistema di molle M, tiene aderente la lamiera al punzone lungo tutto il bordo di quest’ultimo. Quando il punzone comincia ad abbassarsi, trancia anzitutto la lamiera in forma di disco, il quale rimane compresso fra il punzone e la matrice e si trova soggetto a fortissime cariche di compressione, dovute alla riduzione del diametro iniziale. Infatti il diametro del disco, che deve essere maggiore di quello del cilindro da ricavare, diminuisce coi crescere della profondita dei cilindro ottenuto, dovendo sempre rimanere equivalenti le due superfici. II materiale del disco, quindi, si va allungando e assume la forma del punzone E: costituisce cosi la parete del cilindro. II premilamiera viene anch’esso spinto in basso dal punzone A, cosicché la lamiera scivola gradualmente entro lo spazio libero fra la superficie inferiore dei punzone e quella superiore del premilamiera, senza formare pieghe ed ondulazioni.

Fasi dello stampaggio
II passaggio dalla forma piana della lamiera a quella finale del pezzo stampato talvolta richiede piu operazioni di stampaggio successive, ognuna delle quali opera una graduale trasformazione del pezzo fino a che esso raggiunge la forma e le dimensione prestabilite. Nel caso piu semplice la trasformazione si ottiene con due fasi successive. Nella prima fase (1) si hanno i seguenti momenti.

A Il disco di lamiera viene collocato sulla matrice ed il punzone comincia a scendere.
B Il punzone comprime il disco entro il foro della matrice che ¢ di diametro minore di quello del disco.
C li materiale del disco, fortemente compresso, schizza in alto ed assume la forma dei punzone riempiendo lo spazio libero fra questo ed il foro della matrice.
D Il punzone continua a scendere e spinge verso il basso il cilindro, con il fondo che si é formato, fino ad espellerlo fuori dalla matrice.
E Completata I’espusione, il punzone risale verso l’alto per ricominciare una nuova operazione.

Nella seconda fase (2), l’operazione viene ripetuta nella stessa maniera e si trasforma il cilindro ottenuto nella prima fase, in un altro di diametro piu piccolo. Fattori principali che l’operazione di stampaggio

Fattori principali che influenzano I’ operazione di stampaggio

Dimensioni e forma del pezzo
Le dimensioni del pezzo da realizzare come pure la maggiore o minore semplicita della sua forma, devono essere presi attentamente in considerazione prima di eseguire lo stampaggio. In particolare devono essere scelti accuratamente il punzone e la matrice da montare sulla macchina e la macchina stessa che deve essere adatta per ricevere pezzi di date forme e dimensioni.

Qualita e trattamento del materiale impiegato
La qualita del materiale della lamiera da stampare é particolarmente importante, poiché la maggiore o minore plasticita di esso richiede un minore o maggiore numero di operazioni per ciascuna fase del ciclo di lavoro. La plasticita del materiale puo essere aumentata sottoponendo la lamiera ad un trattamento termico di ricottura; cioé, prima dello stampaggio essa deve essere riscaldata a circa 650° e quindi lasciata raffreddare molto lentamente.

Progettazione dello stampo, del controstampo e del premilamiera
Una esatta progettazione dello stampo e del controstampo ed un accorto impiego degli stessi costituiscono elemento importantissimo per la buona riuscita di uno stampaggio. Infatti i giuochi da lasciare fra punzone e matrice e tra punzone e premilamiera devono essere adeguatamente proporzionati, poiché un ammorsamento non uniforme della lamiera da lavorare, dovuto a superfici di fissaggio non perfettamente piane e levigate, é origine di grinze sul contorno del pezzo, o addirittura del suo sfondamento. Altro elemento che influisce negativa’ mente sulla buona nuscita del pezzo finito é l’usura dello stampo, il quale, dopo un certo quantitativo di pezzi prodotti, perde il suo filo iniziale, e percid i pezzi vengono ad avere un contorno impreciso e ricco di bave.

Procedimenti di stampaggio
Lo stampaggio puo essere effettuato a freddo, se si tratta di lamiere sottili, a caldo, se si tratta di lamiere di un certo spessore. Si effettua generalmente lo stampaggio a caldo, quando lo spessore della lamiera supera i 5 mm, e quando le variazioni di forma che deve assumere il pezzo sono notevoli.

FONDERIA

4.1 Generalita

La fonderia é il processo tecnologico col quale si realizzano pezzi meccanici portando a fusione il metallo e versandolo in apposite forme, in terra resistente ai calore, entro le quali solidifica. Con questo procedimento possono essere realizzati pezzi difficilmente eseguibili mediante altri tipi di lavorazione, ad esempio pezzi cavi che presentano curvature, pezzi di grande mole o con strutture interne complesse.

Per ottenere tali pezzi gli altri procedimenti (laminazione, fucinatura e lavorazioni con asportazione di truciolo) richiederebbero un enorme spreco di energia e di materiale e lavorazioni eccessivamente lunghe e costose.

Un altro vantaggio della fonderia é di consentire la realizzazione di pezzi omogenei nella struttura e con ridotte tensioni interne. La forma destinata a ricevere il metallo fuso viene realizzata in terra refrattaria al calore mediante un modello (ad, esempio di legno) avente la stessa forma del pezzo che si vuole ottenere.

Si porta a fusione il metallo in apposito forno. Si versa il metallo fuso nella forma. L’operazione é detta colata. Quando il metallo si é raffreddato e solidificato nella forma, si libera il pezzo dalla terra, il pezzo prodotto é detto getto.

A Modello
B Forma in terra
C Colata
D Getto

Esempi di pezzi ottenibili per fonderia

II procedimento di fonderia ha origini antichissime soprattutto per la lavorazione dei bronzi e del ferro (armi, attrezzi, monete, statue, campane, ecc.) e degli ottoni (rubinetterie, apparecchiature e strumenti, maniglie, suppellettili, ecc.).

Solo nel secolo scorso, pero, la fonderia ha assunto un carattere industriale col perfezionamento degli impianti, con lo sviluppo della ricerca sui materiali e con il progresso tecnologico. Tale sviluppo ha portato la fonderia ad occupare un posto di primo piano rispetto agli altri metodi di produzione (laminazione, fucinatura, stampaggio, lavorazioni con asportazione di truciolo).

La fonderia dell’acciaio, ma soprattutto della ghisa e dell’alluminio, trova specialmente applicazione nella realizzazione di pezzi aventi forme complesse, la cui costruzione alle macchine utensili é difficile o impossibile, come carburatori, testate di motori, volani, bancali di macchine utensili, raccordi di tubazioni, caloriferi, rubinetterie, valvolame, ecc. In figura sono illustrati alcuni tipici prodotti di fonderia.

Caratteristiche dei metalli per fonderia

Sono adatti alla fusione i metalli e le leghe metalliche aventi particolari caratteristiche, che si riassumono nelle proprieta tecnologiche chiamate fusibilita e colabilita. Hanno maggiore fusibilita quei metalli che passano bruscamente dallo stato solido a quello liquido.

II ferro, per esempio, ha un lungo periodo di rammollimento e ha quindi fusibilita inferiore sia della ghisa sia degli acciai. In genere, vale la regola che un metallo é tanto pit fusibile quanto é meno saldabile.

Le leghe piu adatte alla fusione sono: ghise bronzi ottoni leghe leggere e ultraleggere acciai ad alto tenore di carbonio leghe a basso
punto di fusione a base di piombo.

II ferro e l’acciaio a basso tenore di carbonio, invece, si presentano vischiosi allo stato fuso (cioé non scorrevoli) e quindi non sono molto adatti alle fusioni.

Generalmente le leghe metalliche sono pit adatte alla fusione dei metalli puri e sono meno soggette a difetti (soffiature e ossidazioni).

La loro composizione viene inoltre modificata con additivi, depuranti e correttivi, atti a migliorare le proprieta utili alla fusione.

Le principali proprieta che deve possedere un metallo adatto alla fusione sono pertanto:

  • bassa temperatura di fusione;
  • basso ritiro durante il raffreddamento; scorrevolezza allo stato fuso;
  • scarsa attitudine ad assorbire gas allo stato liquido.

Temperatura di fusione

La temperatura di fusione, o punto di fusione, é una proprieta caratteristica di ogni tipo di materiale. Perché il procedimento di fonderia sia conveniente, la temperatura di fusione non deve, in generale, essere superiore a 1600°C. La bassa temperatura di fusione consente minore impiego di energia per il riscaldamento e percid rende pil economica l’operazione. Nella tabella a fianco sono riportate le temperature di fusione di alcuni metalli.

Ritiro durante il riscaldamento

Durante il riscaldamento i metalli si dilatano (dilatazione termica). Al contrario, durante il raffreddamento, si contraggono o si ritirano. Durante questa contrazione si generano tensioni fra le varie zone dei pezzo, tensioni che possono anche determiname la rottura.

Per limitare le conseguenze dei ritiri, i getti vengono sottoposti ai trattamenti termici di ricottura e di malleabilizzazione, che servono a ridurre e a stabilizzare le tensioni interne.

Nei getti, specialmente se di dimensioni notevoli, si devono evitare quanto piu é possibile gli spigoli vivi in corrispondenza dei quali si hanno zone di indebolimento dovute alla brusca interruzione della continuita della struttura cristallina. Nella tabella a fianco sono riportate le percentuali di ritiro lineare di alcuni metalli. I valori sono solo indicativi perché molti sono i fattori che influiscono sul ritiro (ad esempio la velocita di raffreddamento).

Scorrevolezza allo stato fluido

Poiché la fluidita si ha solo allo stato fuso ¢ necessario che il metallo occupi completamente la forma prima che inizi la solidificazione in seguito al raffreddamento. II metallo deve possedere buona scorrevolezza per riempire bene la forma anche nelle parti piu sottili. La scorrevolezza, o fluidita, dipende sia dalla temperatura, sia dalla composizione del metallo
fuso.

Attitudine ad assorbire gas

I metalli allo stato liquido hanno la tendenza ad assorbire i gas contenuti nell’aria con la quale vengono a contatto. In fase di solidificazione, questi gas si liberano formando bolle caratteristiche, dette soffiature, che sono causa di diminuzione delle caratteristiche meccaniche del pezzo. Per correggere o limitare l’insorgere di soffiature e di altri difetti, nel metallo fuso vengono aggiunte sostanze deossidanti, scorificanti e degasanti.

4.2 Processo di fonderia

Ciclo produttivo La produzione di pezzi per fusione richiede varie operazioni successive, o fasi di fonderia.

Fase di progettazione

La progettazione di un pezzo da produrre per fonderia richiede un accurato esame della forma, perché sia idonea al procedimento, e una appropriata scelta del materiale da fondere. II raffreddamento del metallo dopo la colata é causa di contrazioni. Le parti piu: sottili del pezzo si raffreddano prima di quelle pit grosse, che, a loro volta, raffreddandosi svolgono una azione di trazione sulle pit sottili e ne possono causare la rottura. II pezzo deve essere progettato senza salti troppo bruschi di sezione e di forma.

Costruzione del modello

II modello é necessario per realizzare l’impronta nella forma di terra in cui verra colato il metallo. II modello generalmente é di legno o, per grandi produzioni, in leghe leggere, bronzi o ottoni. Per i modelli in legno si usano legni ben stagionati di abete, quercia, mogano, frassino, faggio, cirmiolo e ontano. I modelli devono essere ben rifiniti, stuccati per turare i pori, levigati e verniciati per rendere liscie le superfici. II modello avra dimensioni maggiori di quelle dei pezzo da costruire per tener conto della dilatazione termica dei metallo fuso e quindi del ritiro, conseguente al raffreddamento. Inoltre, le dimensioni del modello devono essere maggiorate per tenere conto dei sovrametallo necessario in vista delle operazioni di finitura e rettificatura (mediante asportazione di truciolo) da eseguire sul getto. A seconda della forma del getto da realizzare, al fine anche di consentirne I’estrazione dalla terra, il modello pué essere costruito in due o piu parti separabili.

Preparazione delle terre
Le forme da fonderia vengono realizzate in apposite terre, atte a contenere la colata di metallo fuso, dandogli la forma richiesta dal progetto. La terra deve avere consistenza sufficiente per non sfaldarsi al momento della colata, ma deve anche sbriciolarsi facilmente dopo la solidificazione del metallo, per facilitare l’estrazione del pezzo. L’impasto terroso deve essere sufficientemente poroso per permettere lo sfogo dei gas che si liberano dal metallo fuso durante la colata.

La preparazione delle terre avviene in varie fasi mediante l’impiego di appositi macchinari (essiccatoi, setacci, dosatori, molazze, disintegratori). L’impasto viene realizzato per mezzo di apposite molazze meccaniche, che mescolano e amalgamano dosi esatte di sabbia silicea, argilla e acqua.

Formatura
La formatura consiste nel ricavare nella terra da fonderia, per mezzo del modello, l’impronta entro cui colare il metallo. Per facilitare la tenuta della forma si usano appositi recipienti, detti staffe, entro i quali viene compressa la terra, tutta intorno al modello. La piu semplice operazione di formatura mediante staffe e utilizzando un modello scomponibile in due parti uguali si realizza come segue. Entro una prima staffa viene posta una meta del modello che viene circondato da terra pressata. Sulla prima staffa capovolta, dopo aver ricomposto il modello, viene appoggiata una seconda staffa. In questa staffa superiore, sostenuti dalla terra, vengono collocati 1 coni di legno che servono a lasciare l’tmpronta dei canali per la colata entro la forma e per lo sfiato dei gas che si sprigionano dal metallo fuso. Le staffe vengono aperte, si estraggono il modello e i coni e infine vengono ricomposte una sopra l’altra. La forma é cosi pronta per la colata.

Fusione
II metallo viene portato a fusione per essere poi colato nella forma. La fusione viene effettuata in appositi forni a crogiolo per quantita limitate di metallo e soprattutto per fusioni di bronzo, ottone e leghe leggere. Per quantitativi superiori e per fusioni in ghisa e in acciaio si impiegano forni a riverbero, a nafta o elettrici. Per grosse produzioni la rifusione della ghisa viene effettuata nei forni a manica, a combustione di carbone coke, chiamati cubilotti. Il crogiolo é un recipiente realizzato con un impasto di grafite lamellare, con aggiunte di opportuni agglomeranti, che poggia su un supporto refrattario all’interno del forno. L’estremita del forno, o bocca, é munita di coperchio per impedire il contatto fra il metallo liquido e l’aria. Si impedisce cosi che i gas dell’aria si sciolgano nel metallo fuso e che il metallo stesso si ossidi.

La colata
La colata é l’operazione di versamento del metallo nella forma. Il metallo, fuso nel forno, viene prelevato e colato nella forma per mezzo di un recipiente detto siviera: La colata viene effettuata molto lentamente, per non danneggiare la forma a causa dei peso e dell’eccessiva turbolenza del metallo fuso.

Distaffatura e disterratura
Il metallo fuso colato nella forma si raffredda e solidifica. Una volta solidificato il metallo, si procede all’apertura delle staffe, alla eliminazione della terra e alla estrazione del pezzo o getto. II pezzo viene pulito dalla terra mediante scalpelli manuali o pneumatici.

Sbavatura e smaterozzatura
Si asportano dal getto le bave e le appendici di metallo formatesi negli sfiatatoi, nel canale di colata e nelle altre eventuali appendici (materozze). Per la sbavatura e la smaterozzatura si adoperano mole, seghe o frese, smerigliatrici, ecc

Sabbiatura
Mediante la sabbiatura si asportano gli ultimi residui di terra che hanno aderito al pezzo durante la fusione e si elimina la pellicola di ossidazione superficiale, che si é formata durante il raffreddamento del metallo. Per la sbavatura e la smaterozzatura si adoperano mole, seghe o frese, smerigliatrici, ecc. La sabbiatura viene eseguita per mezzo di macchine sabbiatrici nelle quali i pezzi sono investiti da violenti getti di sabbia silicea, o meglio di graniglia metallica. Prima di passare alle successive operazioni di finitura o alle ulteriori lavorazioni alle macchine utensili, i getti di fonderia vengono spesso sottoposti ai trattamenti termici di ricottura e malleabilizzazione allo scopo di eliminare le tensioni interne residue e di migliorarne le caratteristiche meccaniche.

4.3 Terra da fonderia

La terra utilizzata per ricavare la forma che deve ricevere il metallo fuso, detta terra da fonderia, é formata da sabbia silicea mescolata con una certa percentuale di argilla e acqua. Dalla composizione delle terre dipende 1 in gran parte la qualita del getto finito. Liargilla ha la funzione di tenere insieme i granelli di quarzo della sabbia assicurando la coesione dell’impasto. Oltre alle terre naturali provenienti dalle cave, si impiegano, nella moderna fonderia, anche terre sintetiche formate da sabbia silicea e da bentonite (o argilla colloidale) con aggiunte di vari elementi correttivi che conferiscono all’tmpasto le proprieta necessarie. Le terre si distinguono inoltre in terre da modellare, cioé da usare a diretto contatto con il modello (piu fini e contenenti anche polvere di carbonio) e in terre da riempimento (a grana piu grossa). Le terre gid usate, o terre vecchie (o terre nere) possono in parte essere recuperate e riutilizzate, previa trattamenti di preparazione e selezione (rigenerazione delle terre).

Proprieta delle terre da fonderia

Refrattarieta
La terra deve resistere senza fondere alle alte temperature che si generano durante la colata del metallo fuso. II quarzo é la silice, che hanno elevato punto di fusione, conferiscono alle terre la necessaria refrattarieta. La refrattarieta delle terre pud essere aumentata con aggiunte di polvere di carbone (dal 3 % al 5%). La polvere di carbone, detia nero minerale, all’atto della colata, forma un sottile strato di gas che agisce come un velo protettivo fra getto e forma.

Plasticita
La terra da fonderia deve possedere plasticita sufficiente a permetterle di prendere la forma del modello anche nei suoi pit piccoli particolari. La terra da fonderia é dotata di sufficiente plasticita grazie alla sua componente di argilla e alla quantita d’acqua immessa nell’impasto. L’argilla, frammista in polvere alla sabbia, a contatto dell’acqua si gonfia, riveste i granelli di sabbia e rende cosi l’tmpasto’ pit plastico e adattabile alla forma del modello.

Coesione
L’impasto terroso nella forma deve avere un sufficiente grado di coesione per resistere al peso dei metallo fuso, senza sfaldarsi e senza franare. Anche la coesione é una proprieta conferita all’impasto terroso dall’argilla, che ha la funzione di agglomerare e legare fra loro i granelli di sabbia.

Permeabilita o porosita
La terra da fonderia deve avere un grado di permeabilita tale da consentire il passaggio dei gas sciolti nel metallo fuso, che si liberano al momento della colata. Se i gas restano inclusi nel metallo provocano- nel getto bolle di gas, dette soffiature. La permeabilita é conferita alla terra da fonderia dai granelli di sabbia preventivamente setacciata. La permeabilita é tanto piu alta quanto piu: i granelli di quarzo sono di grandezza uniforme e
di forma rotonda perché in tal caso rimane un maggior numero di spazi vuoti tra i granelli.

Caratteristica delle terre da fonderia

Tenore di argilla
Un eccesso di argilla aumenta la coesione e la plasticita, ma annulla la permeabilita della terra. Se l’argilla é in difetto, la terra é molto porosa, ma si sgretola per mancanza di coesione.

Tenore di acqua
Un eccesso di acqua fa sviluppare all’atto della colata una grande quantita di vapore, che causa soffiature. Se l’acqua é in difetto la terra manca di coesione e si sgretola.

Dimensioni dei granelli di quarzo
Se i granelli di quarzo sono troppo grossi, la terra ha ottima porosita, ma manca di coesione e plasticita. Se i granelli sono troppo fini o di dimensioni non uniformi, la terra manca di porosita.

Uso
La terra da fonderia perde le sue proprieta a seguito dell’uso; percid, dopo 4 o 5 formature, la terra deve essere rinnovata con aggiunte di terra nuova. Con I’uso le terre da fonderia subiscono un processo di invecchiamento, infatti l’argilla perde l’acqua per evaporazione e percio diminuiscia la coesione e la plasticita della terra

I granelli di quarzo, a causa dell’alta temperatura del metallo, si riducono in frammenti troppo piccoli per consentire la permeabilita e la refrattarieta. Durante il riscaldamento, a contatto con il metallo fuso si possono formare dei composti ceramici che fanno diminuire la refrattarieta perché hanno un punto di fusione pit basso di quello della terra originale.

Formatura

Una volta preparata la terra, si procede a realizzare entro la terra stessa, per mezzo del modello, la forma entro la quale verra colato il metallo fuso. Questa operazione é chiamata formatura. La formatura puo essere eseguita a mano o a macchina. Le macchine formatrici, utilizzate per produzioni in serie, oltre a distribuire e a premere meccanicamente la terra intorno al modello, sono dotate di dispositivi automatici per facilitare l’estrazione dei modelli delle placche modello. A seconda che la forma sia realizzata per ricavare un soia esemplare oppure possa servire a produrre numerosi getti la formatura é chiamata transitoria o permanente. A seconda dell’umidita contenuta nella terra, la formatura puo essere a verde o a secco.

Formatura transitoria
La forma transitoria in terra serve per un solo esemplare perché viene distrutta quando il getto solidificato viene estratto. E’ adatta in generale per pezzi di medie e grandi dimensioni da costruire in uno o pochi esemplari.

Formatura permanente
Per grandi produzioni di pezzi uguali si ricorre a forme permanenti, in genere metalliche, dette conchiglie. Per poter estrarre il pezzo, le conchiglie sono costruite in due o piu parti, che vengono riunite al momento della colata. E’ adatta per pezzi di piccole e medie dimensioni.

Formatura a verde
Nella formatura a verde umida, le forme non vengono essiccate e la terra contiene circa l'8%-110% di acqua. La formatura a verde é pit. economica, ma rende pit facili le soffiature nei getto. Infatti, l’umidita della terra pud causare la formazione di vapore e pud diminuire la permeabilita della forma stessa, impedendo cosi la fuoriuscita dei gas che si sviluppano nel metallo liquido.

Formatura a secco
Nella formatura a secco le forme vengono essiccate entro apposite stufe o in camere a circolazione di aria calda. Ovviamente la formatura a secco é piu costosa di quella a verde e quindi é utilizzata soprattutto per getti di qualita destinati a subire ulteriori lavorazioni meccaniche. La formatura a secco é esente dai pericoli della formatura a verde e consente un raffreddamento meno rapido. Se il metallo di fusione é costituito da ghise, il raffreddamento meno rapido permette di ottenere getti con strutture meno dure e percid meglio lavorabili successivamente con utensili per asportazione di truciolo.

Metodi di formatura
Esistono numerosi metodi di formatura transitoria e permanente realizzabili sia manualmente sia a macchina. La scelta del tipo di formatura piu adatto dipende da numerosi fattori: forma, dimensioni e materiale del getto da eseguire; grado di precisione dimensionale richiesto e rugosita superficiale; tipo di trattamento che un getto dovra subire (termico, lavorazione alle macchine utensili, verniciatura, ecc.); quantita dei getti uguali da produrre; caratteristiche dell’impianto (piccola, media, 0 grande industria); ecc.

4.4 Formatura

Le operazioni di formatura
La formatura piu: semplice é quella relativa a pezzi semplici senza fori e senza incavi, la cui sezione massima (piano di divisione) coincide con il piano di appoggio e quindi con il piano di divisione delle due staffe. Per questa formatura il modello é costruito in un pezzo unico. Piu frequentemente i pezzi da fondere hanno un piano di divisione intermedio. In questo caso il modello, per poter essere estratto dalla terra, deve essere costruito in almeno due parti che devono essere facilmente scomponibili e ricomponibili. Tralasciando per il momento i pezzi cavi, vediamo un esempio delle fasi di formatura di un pezzo pieno a partire da un modello diviso in due parti simmetriche. II modello é realizzato in due parti perfettamente ricomponibili grazie ai due perni di orientamento ricavati sulle superfici di divisione.

Fasi del procedimento

Si pone sul banco la prima meta del modello e vi si dispone sopra la staffa capovolta (1). Si spolvera di polvere isolante il modello e quindi lo si ricopre con uno strato di terra da modello, pigiandola bene (2). Quando il modello é coperto si procede al riempimento della staffa con terra da riempimento
(3). La terra viene pressata e spianata. Con un ago sottile si trapassa piu volte la terra, per creare i canaletti che serviranno allo sfogo dei gas verso l’esterno, durante la colata. La staffa viene capovolta (4). Si ricompone il modello e si monta la staffa coperchio (5). Si inseriscono nella terra i pioli o coni destinati a lasciare la forma dei canali di colata e degli sfiatatoi (6). Si procede al riempimento di terra e alla sua pressatura come nella prima forma (7). Si separano con precauzione le due staffe e si procede all’estrazione dei coni di legno con leggeri colpi di martello (8). Per facilitare l’estrazione del modello si pud conficcare un grosso chiodo nel legno: vibrando dei leggeri colpi di martello trasversalmente contro il chiodo si facilita il distacco dalla terra e l’estrazione del modello o scampanatura (9). Si estrae anche la seconda parte del modello dalla staffa di base (10). Estratto il modello si riparano gli eventuali guasti provocati nella fase di sformatura. Si prepara anche un bacino per la colata in modo che il metallo fuso non cada direttamente sulla forma (11). Si passa polvere di carbone sulle superfici della forma, in entrambe le staffe, al fine di evitare T’incollamento del getto fuso alla terra. Si sovrappongono di nuovo le staffe (12). La forma é pronta per la colata.

Formatura con anime
Quando il pezzo da produrre é dotato di cavita interne, é necessario introdurre nella forma in terra un appropriato corpo solido refrattario detto anima che riproduca, in negativo, la forma della cavita desiderata. II modello, per poter essere estratto senza danneggiare la forma, viene quindi costruito sempre pieno, ma viene dotato di due appendici chiamate portate d’anima, destinate a lasciare nella terra, in corrispondenza dei piano di divisione tra le due staffe, due vani di appoggio per l’anima. Si realizza inizialmente la forma in terra del modello pieno seguendo il procedimento consueto (1). Oltre alla forma della superficie esterna del pezzo si notano le impronte lasciate dalle portate d’anima laterali. Spostata la staffa superiore ed estratto il modello dalla staffa inferiore (2), l’anima viene sistemata nella forma appoggiandola sui vani ricavati nella terra dalle portate d’anima del modello (3). Si richitudono le staffe e la forma é cosi pronta per la colata (4).

A Pezzo da realizzare forato internamente
B Modello pieno realizzato in due parti con portate d’anima laterali.
Al fine di essere individuate facilmente, le parti del modello che costituiscono le portate d’anima sono sempre colorate in nero.
C Anima cilindrica costituita da un solido refrattario in terra speciale. La lunghezza dell’anima é maggiorata, rispetto al foro del pezzo, di una quantita pari alle due portate d’anima del modello.
D Cassa d’anima per la preparazione dell’anima.

Fasi della formatura con anima
Si realizza inizialmente la forma in terra del modello pieno seguendo il procedimento consueto (1). Oltre alla forma della superficie esterna del pezzo si notano le impronte lasciate dalle portate d’anima laterali. Spostata la staffa superiore ed estratto il modello dalla staffa inferiore (2), l’anima viene sistemata nella forma appoggiandola sui vani ricavati nella terra dalle portate d’anima del modello (3). Si richiudono le staffe e la forma é cosi pronta per la colata (4).

4.5 La fusione

La fusione del metallo da colare nelle forme viene eseguita in appositi forni fusori, nei quali il metallo viene portato a temperature superiori al suo punto di fusione. I forni fusori sono di vario tipo, a seconda del materiale da fondere, della sorgente energetica piu economica a disposizione e del tipo di produzione (quantita e dimensione dei getti, continuita delle lavorazioni, ecc.). Per fondere la ghisa, nelle produzioni continue, ma che non richiedano grandi quantitativi di metallo fuso, si utilizzano speciali forni a combustione detti cubilotti. Per la produzione di grandi getti dove é necessaria una notevole quantita di metallo fuso, specie di acciaio e bronzo (eccezionalmente di ghisa), si impiegano i forni a riverbero. Per produzioni piccole e medie di getti in acciaio e in metalli non ferrosi, si utilizzano i forni a crogiolo e i forni elettrici.

Cubilotto
II cubilotto é costituito da un tubo verticale in lamiera, rivestito internamente di materiali refrattari. La fusione della ghisa ¢ ottenuta mediante la combustione di carbone coke. II carbone brucia a contatto diretto col materiale da fondere, che é costituito da pani in ghisa solidi frantumati e da rottami di ghisa. Nel cubilotto viene anche introdotta una certa quantita di fondente (pietra calcare) che ha la funzione di rendere fluide le scorie formate da terra, ceneri e corpi estranei. Le scorie si depositano in uno strato che galleggia sopra la ghisa con la quale non si mescolano, data la differenza di peso specifico. Le scorie vengono periodicamente eliminate facendole fuoriuscire dal cubilotto. II fondente serve anche ad eliminare dal bagno di fusione lo zolfo che nuoce alla qualita della ghisa. In alcuni tipi di cubilotto il metallo fuso non viene versato direttamente nelle siviere, ma in un crogiolo, sistemato sotto il foro di colata, chiamato avancrogiolo. Nell’avancrogiolo vengono aggiunti elementi con funzioni correttive e depuranti (desolforanti, deossidanti e scorificanti) per migliorare le caratteristiche chimiche e tecnologiche delle ghise. Nell’avancrogiolo vengono aggiunte inoltre quelle sostanze che servono a trasformare la ghisa comune in ghisa speciale (ad esempio, leghe di nichelmagnesio per ottenere ghisa sferoidale.

A Camino per il deflusso dei gas di combustione.
B Bocca di carico. Attraverso la bocca di carico vengono introdotti in strati alternati il coke, il fondente e i pezzi di ghisa da fondere.
C Zona di preriscaldo dove le cariche vengono essiccate per mezzo dei fumi caldi, che risalgono lungo il bilotto.
D Zona di fusione dei metallo.
E Zona di combustione dove il coke, in presenza dell’aria proveniente dal basso, brucia. La combustione forma gas caldi che risalgono nella zona di fusione soprastante.
F Crogiolo dove si raccolgono la ghisa fusa e le scorie.
G Ugelli per convogliare all’interno del cubilotto I’aria necessaria alla combustione del coke.
H Camera a vento, costituita da una tubazione di forma anulare che circonda il forno, per la distribuzione agli ugelli dell’aria sotto pressione proveniente, attraverso un condotto, dai ventilatori.
I Foro di colata scorie.
L Canale di colata che dirige la ghisa fusa nella siviera
M o nell’avancrogiolo
N attraverso il foro di colata. II foro di colata ghisa é posto piu in basso del foro di prelievo delle scorie. ‘Durante la fusione il foro é chiuso con un tappo di argilla, che viene rotto quando si vuol spillare la ghisa. Il foro viene richiuso appena compaiono le scorie. Se, nel fare il prelievo della ghisa, si tarda a tappare il foro di colata, da, questo escono le scorie. Se, d’altra parte, si tarda troppo a prelevare la ghisa, il suo livello cresce e il metallo fuso esce dal canale delle scorie. I livelli vanno quindi attentamente sorvegliati.

Forni a crogiolo
La fusione dell’acciaio, dei bronzo, dell’ottone e dell’alluminio deve avvenire in assenza di aria, per impedirne la ossidazione. Per questa ragione, questi metalli non possono essere fusi nel cubilotto. Si impiegano altri tipi di forni, nei quali il metallo fonde in recipienti refrattari detti cargioli, in assenza di aria. II riscaldamento dei forni a crogiolo, a seconda dei tipi, é alimentato per mezzo di combustibili solidi (carbone), liquidi (nafta), gassosi (metano). I combustibili pid usati sono quelli liquidi e gassosi (nafta, gasolio, gas metano, ecc.) perché consentono una pit facile regolazione della combustione e della temperatura nel forno. In figura é rappresentato un forno a crogiolo a nafta. II crogiolo é fissato saldamente nel forno, che é inclinabile e permette la colata senza estrazione del crogiolo stesso.

Forni a riverbero
Questi forni sono privi di crogiolo.
E il rivestimento refrattario del forno stesso che costituisce il recipiente per il metallo fuso. II bruciatore é sistemato a fianco o nella parte alta del forno e le fiamme lambiscono soltanto il metallo che viene invece investito dai gas caldi e dal riverbero dei calore contro le pareti della volta di forma appropriata. Dispositivi idraulici o meccanici consentono di ruotare tutto il forno cosi che il metallo fuso possa essere versato nelle siviere attraverso un becco di colata.

Forni elettrici
I forni elettrici possono essere ad arco o a induzione (meno usati quelli a resistenza). II costo di installazione di un forno elettrico é maggiore, ma offre alcuni vantaggi: produzione diversificata, ma costante; funzionamento semplice ed elastico; getti con migliori caratteristiche; possibilita di raggiungere temperature pitt elevate e di fondere percio tutti i materiali metallici; possibilita di intervenire sulla composizione del bagno di fusione.

Forni ad induzione
I forni ad induzione sfruttano gli effetti magnetici della corrente alternata. Un forno a induzione é costituito da una carcassa in lamiera contenente una pigiata di materiale che forma il vano ove avviene la fusione. Nei tipi a bassa frequenza la corrente’ industriale attraversa il circuito primario avvolto su apposito nucleo. II circuito secondario é costituito dallo stesso metallo fuso, che é disposto per questo motivo in un canale di forma anulare che circonda’ il nucleo magnetico. Nei tipi ad alta frequenza, privi di nucleo, la bobina é costituita da una spirale di rame percorsa dalla corrente e raffreddata ad acqua. Nel forno ad arco il calore per fondere i] metallo é ottenuto facendo scoccare un arco voltaico fra due o tre elettrodi disposti in prossimita del metallo, oppure tra un elettrodo e il metallo che funge da secondo elettrodo.

4.6 La colata

II procedimento di fonderia si realizza essenzialmente nella operazione di colata, cioé nel riversamento del metallo fuso entro la forma precostituita. L’operazione di colata é una fase delicata del processo di fonderia e deve essere accuratamente preparata. Eventuali errori nel modo di eseguire la colata possono causare gravi difetti nel getto: scorie, soffiature, mancato riempimento della forma, inclusioni di terra, ecc. La presenza del metallo fuso rende inoltre molto pericolosa l’operazione. Per evitare danni e infortuni agli operatori deve essere presa ogni precauzione, devono essere adottati dispositivi e attrezzature di sicurezza e devono essere previsti gli opportuni mezzi di protezione individuale (caschi, occhiali, guanti, ecc.).

L’operazione di colata potra essere realizzata secondo metodi e tecniche che, sostanzialmente, sono di due tipi: colata diretta e colata indiretta. Quando il metallo fuso deve essere colato in forme relativamente poco profonde, la colata puo essere diretta, senza pericolo di danneggiamenti alle pareti della forma. Quando invece la colata deve avvenire in forme profonde, ad evitare eccessive turbolenze del metallo fuso che danneggerebbero le pareti della forma, si ricorre ai metodi indiretti, attraverso canali appositamente ricavati nella terra di rempimento delle staffe.

Colata diretta
La colata diretta avviene metallo fuso direttamente superiore della forma.
versando il nella parte Il sistema é impiegato solo per forme poco profonde o nelle colate in fossa.

Colata indiretta laterale
La colata indiretta avviene versando il metallo in un canale laterale collegato alla cavita della forma nella sua parte intermedia. E il sistema pid impiegato, anche perché di facile preparazione in quanto il collegamento tra canale di colata e forma é realizzato nel piano di divisione delle staffe.

Colata indiretta dal basso o a sifone
II metallo fuso penetra nella forma dal basso per risalire secondo il principio dei vasi comunicanti. II metallo che sale caccia l’aria dalla forma e i gas del metallo attraverso lo sfiato. II metodo é usato quando si devono fondere getti massicci, per diminuire il pericolo della inclusione di bolle di aria o gas e le conseguenti soffiature.

Dispositivi di colata
Per evitare che durante la colata il metallo fuso, con il suo peso, danneggi la forma, il canale di colata é sormontato da una cavita di raccolta del metallo chiamata bacino di colata che assume, a seconda dei casi, forme e dimensioni diverse (a pozzetto, a tazza, a sifone, ecc.). La distribuzione del metallo all’interno della forma puo avvenire attraverso uno o piu attacchi collegati da un canale collettore. Oltre agli sfiatatoi, i pezzi di maggiore volume richiedono dei canali supplementari di forma tronco-conica, ricavati nella parte superiore delle forme, chiamati materozze.

La funzione delle materozze é di facilitare lo sfogo dei gas, di consentire la alimentazione di metallo fuso durante la solidificazione, in modo da compensare il ritiro prematuro di alcune parti del getto, di raccogliere le scorie e infine di evidenziare il completo riempimento della forma. In figura é mostrato un normale dispositivo di colata, come si presenta nella forma all’atto della colata(1) e nelgetto solidificato (2)

A Canale di colata
B Bacino di colata
C Collettore
D Canali di distribuzione o attacchi
E Materozza

Esempi di dispositivi di colata
Colate dall’alto

A Colata semplice, con un attacco e un canale di colata
B Colata a filtro, utilizzata per getti di qualita. Si dispone sul canale di colata un filtro ceramico che ha lo scopo di trattenere le scorie e
regolarizzare la velocita di rempimento della forma.
C Colata a pioggia, molto usata per getti di forma cilindrica cava.

Colate laterali
D Colata a tallone semplice: II metallo raggiunge la forma da un’estremita laterale del getto.
E Colata a tallone con alimentatore: E presente un alimentatore interposto fra forma e canale di colata. Sono delle particolari materozze che consentono di alimentare il getto senza interruzioni e sono interposte fra canale di colata e getto. Gli alimentatori sono anche detti materozze cieche perché non hanno alcun contatto con l’esterno.
F Colata a pettine: Per getti di notevole altezza e di forma cilindrica; dal canale di colata posto lateralmente si dipartono numerosi attacchi di colata.

E Colata a grappolo
Da un canale di colata centrale si dipartono numerosi attacchi che realizzano piu getti dello stesso tipo. Il metodo é impiegato nella fonderia industriale per la produzione di pezzi in serie di piccole dimensioni.

Colate dal basso
H A coro
I A sorgente o a sifone
Si adotta il metodo a sifone quando si vogliono evitare turbolenze della colata, con effetti di ossidazione.

Avvertenze nel progettare il dispositivo di colata
La scelta del tipo di sistema di colata é spesso determinante per la riuscita del getto finito. E compito del progettista, il quale tiene conto di numerose considerazioni teoriche e di fattori pratici. Ad esempio: gli attacchi di colata non vanno mai disposti in prossimita di portate d’anima o su pareti curve; tanto piu un getto é esteso e sottile quanto piu diffuso deve essere l’afflusso di metallo e quindi piu numerosi gli attacchi di colata; le materozze vanno disposte dove il getto ha spessore maggiore; ecc.
Quando un pezzo non é di spessore uniforme occorre applicare i colatoi nei punti piu sottili e non in quelli pid massicci, in modo da favorire un raffreddamento uniforme in tutto il getto e prevenire i ritiri. Per questa ragione, ad esempio, nelle pulegge o nei volani con fascia periferica massiccia e raggi sottili, il sistema di colata deve prevedere che il flusso di metallo passi dai raggi alla fascia esterna e non viceversa. Anche la dimensione delle materozze é importante, perché, se sono troppo sottili, vengono meno alla funzione di compensare i diversi tempi di raffreddamento delle varie parti del getto.

4.7 Fusione in conchiglia

Per la produzione in grandi serie di getti risulta conveniente procedere con forme scomponibili in metallo dette conchiglie. La fusione in conchiglia é adottata soprattutto per pezzi dalla forma complessa, che presentano spessori sottili e aventi dimensioni limitate. Dato il potere refrigerante che hanno le forme metalliche, il raffreddamento dei getti é assai rapido; i getti saranno percid molto duri e fragili. Quando occorre, la struttura pud essere comunque modificata ricorrendo a trattamenti termici. I metalli pit idonei alla colata in conchiglia sono il bronzo, l’ottone, le leghe dell’alluminio e dello zinco. II costo di costruzione delle conchiglie é molto elevato, ma la loro durata é assai alta. In una conchiglia si possono fondere anche molte decine di migliaia di getti. Percio la convenienza della fusione in conchiglia aumenta con il crescere del numero dei getti da produrre in serie. La fusione in conchiglia consente l’tmpiego di apposite macchine per la colata (macchine a pressione).

Conchiglie
Le conchiglie sono forme metalliche scomponibili che riproducono in negativo la forma del getto da ottenere. Generalmente le conchiglie sono costruite in acciaio speciale al cromomanganese, al cromo-tungsteno, ecc. Per la fusione di leghe leggere si utilizza anche ghisa speciale. Oltre ad un canale a forma conica che consente l’introduzione del metallo fuso, nelle
conchiglie sono ricavati sottilissimi canali per lo sfogo dell’aria e dei gas al momento della colata. Anche se é tuttora usata la colata a mano, generalmente le due parti di una conchiglia sono fissate a macchine che eseguono la colata sotto pressione. Una parte é fissa e l’altra é mobile per consentire l’estrazione del getto. Questa deve essere molto rapida perché il ritiro subito dal metallo solidificato potrebbe portare alla rottura del getto imprigionato nella conchiglia. Per questa ragione le conchiglie sono attraversate da estrattori a molla che provocano il distacco del getto solidificato dalla forma. Per impedire l’incollatura del getto, le pareti della conchiglia vengono spalmate con speciali soluzioni.

Procedimenti meccanici di colata
Le forme in conchiglia consentono l’impiego di apposite macchine per rendere pit rapida ed efficiente l’operazione di colata. Gli impianti meccanici di colata sono complessi e costosi. Tuttavia essi, oltre a consentire produzioni industriali piu rapide, producono getti piu precisi e piu facilmente esenti da difetti di fusione. I getti prodotti con colata meccanica richiedono minori operazioni di finitura e non richiedono, ad esempio, la sbavatura e la rifinitura delle superfici. Le macchine a pressione sono essenzialmente di due tipi:

  1. Macchine per iniettofusione a camera calda Sono dotate di un serbatoio per il metallo fuso, che fa parte della macchina:
    macchine a pistone; macchine con camera di pressione ed alimentazione ad immersione.
  2. Macchine per pressofusione a camera fredda In queste macchine il metallo fuso viene prelevato da un forno di attesa e portato volta per volta nella camera di compressione.

Queste macchine, piu: lente delle precedenti, sono adatte alla fusione delle leghe leggere e del rame.

Macchine a camera calda a pistone
II metallo contenuto nel crogiolo annesso alla macchina viene introdotto, per gravita o per aspirazione, attraverso il foro laterale di una pompa ad iniezione che pesca nel liquido. Successivamente il metallo, sotto la pressione esercitata dallo stantuffo della pompa a comando idraulico, viene iniettato nella conchiglia attraverso il condotto a forma di becco che collega la pompa al canale di colata (1). Infine un apposito estrattore provvede a separare il getto dalla conchiglia (2).

Macchine a camera calda ad immersione

Questo tipo di macchina non utilizza un pistone idraulico (facilmente usurabile perché a contatto con il metallo fuso), ma aria compressa. II sifone, che puo oscillare attorno ad un perno, viene caricato di’metallo fuso, nella quantita voluta, per immersione nel crogiolo (1). L’aria, premendo sulla superficie del metallo contenuto in una camera di compressione a sifone, lo inietta nella conchiglia (2).

Macchine a camera fredda per pressofusione
In queste macchine il metallo viene prelevato volta per volta, cioé ad ogni colata, da un forno di attesa sistemato nei pressi della macchina. Il metallo viene versato in una camera, detta fredda, per distinguerla dall’altro tipo di
macchina, ma che in realta deve essere riscaldata a 2000–3000C per evitare la repentina solidificazione del metallo fuso. Il fondo della camera é costituito da un pistone mobile che si abbassa comprimendo la propria molla e scopre il foro che collega la camera al canale di colata. II metallo fuso, compresso dallo stantuffo, viene iniettato nella conchiglia. Quando lo
stantuffo risale, anche il pistone inferiore, per effetto della molla, risale, e trancia la materozza ormai solidificata ed espelle quindi la parte di metallo che non ha trovato posto nella conchiglia.

Colata in conchiglia centrifuga
Per la produzione di getti in ghisa o in leghe di alluminio, a forma di tubo, il metallo fuso viene colato in forme metalliche, o conchiglie, alle quali viene impresso meccanicamente un moto di rotazione. La velocita di rotazione si aggira sui 300 giri/min. La conchiglia, costruita in ghisa speciale e rivestita internamente di terra refrattaria, puo raggiungere il diametro di 1m. Per effetto della forza centrifuga il metallo liquido tende a disporsi lungo le pareti della conchiglia in strato sottile e uniforme, che solidifica lentamente. II getto risulta preciso ed esente da soffiature. La colata si realizza con un lungo canale collegato a un carrello che retrocede lentamente in modo che il metallo fuso viene versato in quantita uniforme lungo le pareti della conchiglia.

MACCHINE UTENSILI

5.1 Introduzione

Introduzione alle macchine utensili
L’asportazione del truciolo a mano con lo scalpello si effettua soltanto nelle lavorazioni di aggiustaggio al banco. Nelle lavorazioni rapide e precise di pezzi di varia forma e dimensione si asporta il truciolo mediante un utensile fissato su macchine fornite di motore elettrico chiamate macchine utensili. L’asportazione del truciolo dal pezzo in lavorazione avviene sfruttando una serie di moti combinati posseduti dall’utensile o dal pezzo o da entrambi: il moto di lavoro o di taglio, il moto di avanzamento ed il moto di appostamento. II moto di lavoro é il moto principale mediante il quale si esercita un’azione di taglio sul pezzo. II moto di avanzamento é il moto mediante il quale si porta sotto l’azione dell’utensile sempre nuovo materiale da asportare. II moto di appostamento é il moto che accosta I’utensile al materiale e ne regola la profondita di penetrazione. Una prima distinzione tra le numerose macchine utensili usate nell’industria si basa sul moto di lavoro, che puo essere rotatorio é rettilineo. Le macchine appartenenti a queste due categorie possiedono alcuni organi fondamentali comuni, come risulta dallo schema a fianco.

Macchine utensili dotate di moto di lavoro rotatorio
a Incastellatura, banco o basamento
. E’ la parte della macchina che sostiene o racchiude tutti gli organi e costituisce il corpo della macchina.
b Testa motrice. E la scatola che riunisce i meccanismi che trasmettono il movimento dal motore ai pezzo in lavorazione oppure all’utensile.
c Mandrino. E I’albero principale della macchina, situato tutto o in parte nelta testa motrice, che imprime il moto di lavoro al pezzo o all’utensile. Puo avere asse orizzontale o verticale, secondo il tipo della macchina.
d Meccanismo dell’avanzamento. L’avanzamento pud essere ottenuto a mano o automaticamente. Nel secondo caso puo essere derivato dal motore che fornisce alla macchina il moto di lavoro o da un motore indipendente.
e Utensile.

Macchine utensili dotate di moto di lavoro rettilineo
a Incastellatura, banco o basamento.
b Piano per l’appoggio del pezzo in lavorazione.
c Cassa dei meccanismi di trasformazione del moto. Trasformano il moto rotatorio del motore nel moto rettilineo alternato degli organi che
mettono in azione l’utensile oppure il pezzo in lavorazione.
d Meccanismo dell’avanzamento. L’avanzamento é derivato dall’organo principale di lavoro ed avviene prima che I’utensile o il pezzo inizino la corsa di lavoro.
e Utensile.

Esempi di macchine utensili

Nel pieghevole sono riportati alcuni esempi delle principali macchine utensili, con gli elementi costitutivi comuni ad ognuna di esse. Le, prime quattro macchine sono dotate di moto di lavoro rotatorio. Le ultime due macchine sono dotate di moto di lavoro rettilineo. Sono inoltre illustrati gli utensili e i loro taglienti T, il truciolo che viene asportato durante la
lavorazione e i moti principali di lavoro e di avanzamento.

Nozioni generali sugli utensili
Prima di passare alla descrizione delle singole macchine utensili é necessario fermare l’attenzione su alcune nozioni di carattere generale che costituiscono il fondamento di ogni lavorazione con asportazione di truciolo. Innanzi tutto l’utensile, la sua forma geometrica ed il materiale di cui é costituito; poi i moti relativi tra utensile e pezzo in lavorazione e la
formazione del truciolo; infine la velocita di taglio e i calcoli relativi ad essa. Gli utensili impiegati sulle macchine utensili sono numerosissimi e di forme assai diverse, ma tutti hanno in comune la presenza di almeno un tagliente per incidere il materiale.

Forma geometrica dell’utensile
Ogni utensile possiede uno o piu taglienti ciascuno dei quali é caratterizzato da una forma geometrica particolare individuata da tre angoli fondamentali:

Materiale dell’utensile
Oltre alla forma geometrica dei taglienti e al numero di essi, gli utensili si differenziano per la qualita del materiale di cui sono costituiti. I materiali piu comuni sono i diversi tipi di acciaio, i carburi metallici, le stelliti e i ceramici.

Moti relativi tra utensile e pezzo
II movimento necessario al fine di ottenere asportazione di truciolo pud essere posseduto sia dall’utensile sia dal pezzo in lavorazione, oppure da entrambi.

I tre moti principali sono:

moto di taglio o di lavoro L
moto di avanzamento o di alimentazione A
moto di appostamento P

Formazione del truciolo
Il materiale asportato gradualmente dalla superficie del pezzo in lavorazione é chiamato truciolo. II truciolo assume forme diverse a seconda del materiale in lavorazione e a seconda della forma geometrica dei taglienti dell’utensile.

Velocita di taglio
Per ragioni di carattere economico e operativo é necessario che ogni lavorazione su macchina utensile venga eseguita nel minor tempo possibile, fermi restando i limiti imposti dalla miglior qualita del lavoro che si intende eseguire e dalla buona conservazione degli utensili e degli organi della macchina. Per velocita di taglio s’intende la velocita relativa tra utensile e pezzo in lavorazione nel punto P in cui avviene l’asportazione del truciolo. Essa varia sensibilmente a seconda dell’utensile, del materiale e del tipo di lavorazione. La velocita di taglio si misura in m/min.

5.2 L’utensile

Gli utensili per l’asportazione del truciolo possono essere:
a tagliente singolo a taglienti multipli. Accenneremo alle caratteristiche geometriche di un utensile a tagliente singolo tenendo presente che la stessa nomenclatura e le stesse proprieta sono valide per i singoli taglienti anche degli utensili a taglienti multipli.

In figura é mostrato un utensile molto comune, impiegato sul tornio.
Le sue parti principali sono:

a. Stelo, che collega l’utensile agli organi di fissaggio della macchina

b. Petto, sul quale scorre il truciolo

c. Tagliente principale, che si incunea tra il pezzo e il truciolo

d. Fianco principale, o parte adiacente al petto, rivolta verso la superficie da lavorare

e. Fianco secondario, parte rivolta verso la superficie gia lavorata

f. Tagliente secondario, formato dal petto e dal fianco secondario.

Angoli caratteristici dei taglienti
Ogni utensile possiede uno o piu taglienti ciascuno dei quali é caratterizzato da tre angoli variabili per ampiezza, a seconda del materiale da lavorare. L’ampiezza dei tre angoli principali a B e y varia, ma la loro somma é sempre uguale all’angolo retto formato dalla superficie in lavorazione e la normale ad essa: a +B + y = 90°.

Angolo di taglio B
E I’angolo formato dalle due facce che costituiscono il tagliente, dette facce di affilatura. Come per un comune scalpello a mano, la penetrazione dell’utensile nel materiale é tanto piu facile quanto pit acuto é l’angolo di taglio. Un tagliente troppo acuto, pero, si dimostra poco resistente e tende a deteriorarsi. L’angolo B varia da 40° per la lavorazione di leghe leggere fino a 84° per la ghisa durissima.

Angolo di spoglia inferiore a
L’angolo di spoglia inferiore a é l’angolo formato dal dorso del tagliente con il piano della superficie di lavorazione. Senza questo angolo il dorso del tagliente striscerebbe sulla superficie del pezzo causando una maggiore resistenza al moto dell’utensile e contemporaneamente un forte riscaldamento per attrito. I valori dell’angolo di spoglia inferiore sono di circa 8°-10° per i materiali teneri, per i quali l’attrito é maggiore, e 3°-6° per i materiali duri.

Angolo di spoglia superiore y
L’angolo di spoglia superiore é formato dalla faccia dell’utensile sulla quale scorre il truciolo, con la normale al piano della superficie in lavorazione. La resistenza offerta dal truciolo al moto dell’utensile é tanto maggiore quanto minore é l’angolo y. L’angolo y puo variare da valori piccolissimi per la lavorazione della ghisa durissima, a circa 40° per le leghe leggere.

Angolo di inclinazione o di lavoro X
L’angolo somma tra l’angolo a e l’angolo B é chiamato angolo di inclinazione 1; esso indica l’inclinazione tra l’utensile e la superficie in lavorazione. L’angolo di inclinazione deve essere sufficientemente ampio affinché sia garantita la minima resistenza alla penetrazione dell’utensile nel materiale. A parita di forza impressa all’utensile dalla macchina la sua capacita di penetrazione é tanto maggiore quanto minore é l’angolo di lavoro perché diminuisce la forza necessaria a deformare il truciolo. II truciolo risulta piegato con raggio tanto maggiore quanto minore é l’angolo di lavoro.

Utensile a spoglia negativa
Particolari utensili hanno un angolo di lavoro ), superiore a 90°; l’angolo y acquista per tali utensili un valore negativo: a + B -7=90°.

Tagliente con rompitruciolo
Quando risulta necessario rompere un truciolo troppo lungo che si attorciglia all’utensile o al pezzo in lavorazione e pud causare infortuni, si altera il profilo dell’utensile ricavando sul petto un gradino, detto rompitruciolo, contro il quale il truciolo si spezza.

Esempi di utensili a piu taglienti
Lama di sega rettilinea costituita da una serie di denti taglienti disposti in linea retta. Fresa costituita da una serie di taglienti disposti radialmente su una circonferenza.

Punta elicoidale per eseguire fori costituita da due taglienti frontali inclinati. Alesatore a denti diritti di costituzione analoga a quella della fresa.

Maschio per filettare fori con tre file di taglienti disposti sulla superficie laterale dell’utensile cilindrico. Filiera per costruire viti con quattro file di taglienti ricavate all’interno dell’utensile cavo.

5.3 Materiale degli utensili

La qualita del materiale usata nella costruzione degli utensili dipende dalla maggiore o minore durezza del materiale che questi sono destinati a lavorare e dalla rapidita con cui agiranno sul pezzo in lavorazione. II materiale dell’utensile deve essere molto pit duro del materiale da tagliare. Durante la lavorazione l’utensile si riscalda per effetto dell’attrito quanto piu é alta la velocita del moto di lavoro relativo tra l’utensile stesso e il pezzo in lavorazione. Oltre un certo valore della temperatura il materiale di cui é costituito l’utensile perde la sua durezza caratteristica e di conseguenza la sua capacita di taglio e la resistenza all’usura. Operazioni di tempra e rinvenimento Tempra. E’ il trattamento che consiste nel portare l’utensile a temperatura pil o meno elevata a seconda dei tipo di acciaio, per poi raffreddarlo rapidamente. Scopo del trattameno é quello di aumentare le caratteristiche di durezza e di resistenza dell’utensile.

Rinvenimento
E’ il trattamento che consiste nel riscaldare l’utensile a temperatura pil o meno moderata a mseconda del tipo di acciaio, per poi raffreddarlo lentamente. Scopo di questo trattamento é quello di diminuire la fragilita derivante dalla tempra, aumentandone la tenacita. L’utensile che durante l’impiego raggiunge la temperatura di rinvenimento, perde le sue
caratteristiche di durezza e il suo tagliente perde il filo.

L’acciaio; una lega di ferro e carbonio che ne assicura la durezza, ¢ il materiale di cui sono costituiti la maggior parte degli utensili. Altri materiali per utensili sono i carburi metallici, la stellite e la ceramica.

Acciai al carbonio
Gli acciai al carbonio contengono il carbonio ( C ) nella percentuale di circa l'1%. Gli utensili in acciaio al carbonio hanno grande durata di affilatura e, poiché resistono soltanto fino a temperature dell’ordine di 150°C, sono adatti a lavorazioni con bassa velocita di taglio. Attualmente sono ancora usati nella lavorazione a mano. Si temprano in acqua tra 800°C e 850°C e si rinvengono a circa 200°C

Acciai semirapidi
Sono acciai legati contenenti, oltre al carbonio, manganese (Mn) e wolframio (W) in modesta percentuale. Gli utensili in acciaio semirapido sono durissimi, ma inadatti per alte velocita di taglio, poiché non resistono a temperature elevate; sono usati sopratutto per la costruzione di maschi
per filettare, filiere, alesatori, cioe per quegli utensili che lavorano soltanto a basse velocita di taglio. La temperatura di tempra é di circa 800 °C quella di rinvenimento di circa 250°C.

Acciai superrapidi
Sono acciai legati che contengono una quantita di W di circa il 18% e in quantita minore cromo (Cr) e vanadio (V). Gli utensili in acciaio superrapido sono meno duri dei semirapidi, ma possono agire a velocita di taglio molto superiori poiché resistono a temperature elevate. La temperatura di tempra é di circa 1300°C quella di rinvenimento da 500°C a 600°C.

Carburi metallici e utensili ceramici
Non sono acciai perché non contengono ferro, e quindi non sono né fucinabili né temprabili. Sono costituiti dall’unione per sinterizzazione di C, W, Cr e cobalto (Co). II composto principale é il carburo di tungsteno. La loro durezza é elevatissima. Sono adatti all’asportazione di truciolo con velocita molto superiore a quella utilizzabile con i superrapidi. Proprieta circa uguali ai carburi metallici ha la stellite, una lega costituita da Cr, V, e Co, ma é meno usata. Gli utensili ceramici sono prodotti sinterizzati a base di ossido di alluminio e possono lavorare con velocita di taglio superiore a quella dei carburi metallici. Dato il costo elevato dei carburi metallici e dei ceramici questi materiali vengono usati sotto forma di placchette o barrette di piccole dimensioni applicate all’estremita del corpo in acciaio dell’utensile.

Placchette con taglienti multipli a spoglia negativa
Negli utensili a spoglia negativa l’angolo B risulta molto maggiore e l’utensile é pertanto piu robusto. Si possono cosi utilizzare avanzamenti e profondita di passata molto superiori anche se é richiesta una potenza quasi altrettanto maggiore. L’impiego di utensili a spoglia negativa ha permesso I’introduzione di un economico sistema di utensili a placchetta staffata a taglienti multipli, che non richiedono affilatura, perché é possibile togliere la placchetta e cambiare lo spigolo tagliente. Per le placchette a 8 spigoli taglienti come quella in figura gli angoli a e y sono eguali (anche se di segno contrario) e valgono ~4° per lavorare la ghisa e ~7° per lavorare I’acciaio.

Considerazioni sui materiali dell’utensile in relazione al costo e ai rendimento
La scelta di un utensile in relazione al suo materiale dipende quasi esclusivamente da considerazioni economiche. Un utensile in acciaio semplice al carbonio per utensili ha un costo relativamente basso, si
affila con relativa facilita, ma ha un rendimento molto limitato. Ammessa 100 l’asportazione in volume/ora di un utensile di questo tipo, uno in acciaio semirapido giunge mediamente a 200, uno in acciaio rapido giunge mediamente a 300 ed uno in superrapido a 400, mentre con placchetta in metallo duro, saldata o staffata, si sale a circa 600. II costo dell’utensile deriva in gran parte dal costo del materiale di cui é costituito. Se indichiamo con 100 il costo di un utensile in acciaio semplice al carbonio, il costo di un utensile in acciaio semirapido di eguali dimensioni é dell’ordine di 800. Tenendo peré conto che normalmente si possono ridume le dimensioni, l’utensile in acciaio semirapido vale mediamente 500, uno corrispondente in acciaio rapido vale circa 600 ed uno in acciaio superrapido vale circa 800. Analogamente un utensile con placchetta saldata vale circa 600, e uno con placchetta riportata vale circa 1200 di cui 1100 dovuto al gruppo stelo-staffa e 100 alla placchetta ricambiabile. In relazione al costo dell’utensile, quando non vi siano problemi di produttivita, come ad esempio nelle scuole, o nel caso di macchine ausiliarie o per la produzione di prototipi, si utilizzera una classe di utensili relativamente economica. Nel caso invece che la produzione, anche se di piccola serie, sia il fattore principale, sara conveniente utilizzare utensili di alto costo d’acquisto, ma di alto rendimento e quindi, in ultima analisi, piu economici. Particolare interesse economico hanno ora gli utensili con placchette in metallo duro ricambiabili. Essi infatti hanno un alto costo dello stelo pit staffa, ma hanno un bassissimo costo per tagliente della placchetta e pertanto risultano i pil economici di tutti. II loro impiego non puo pero essere generalizzato per le caratteristiche dello staffaggio, che non si presta ad essere realizzato per utensili a tagliente speciale.

5.4 Moti relativi fra utensile e pezzo in lavorazione

Per ogni lavorazione su macchina utensile si distinguono tre moti principali, posseduti o dall’utensile o dal pezzo in lavorazione: moto di lavoro, moto di alimentazione e moto di appostamento. La composizione di questi moti permette l’asportazione del truciolo secondo spessori e superfici variabili.

Moto do lavoro o mot di taglio L
E il moto principale della macchina mediante il quale si asporta il truciolo.

Moto di avanzamento o di alimentazione A
E il moto con il quale il materiale viene portato sotto l’azione dell’utensile.

Moto di appostamento P
E il moto che regola la posizione del pezzo o dell’utensile, determinando la profondita con cui l’utensile penetra nel pezzo (profondita di passata).

Esempi:

Piallatura eseguita con limatrice
II moto di lavoro rettilineo alternativo é posseduto dall’utensile. II moto di alimentazione é posseduto dal pezzo, e si effettua al termine della corsa di ritorno dell’utensile. Il moto di appostamento é impresso all’utensile.

Piallatura eseguita con piallatrice
Il moto di lavoro, rettilineo alternativo, é impresso al pezzo in lavorazione. II moto di alimentazione si effettua al termine della corsa di ritorno del pezzo ed é posseduto dall’utensile. II moto di appostamento é impresso all’utensile.

Foratura
Nella foratura il moto di lavoro é rotatorio e impresso all’utensile. IT moto di alimentazione, impresso all’utensile, é rettilineo in direzione del suo asse.

Fresatura
Nella fresatura il moto di lavoro é rotatorio continuo ed é posseduto dall’utensile. II moto di avanzamento é impresso generalmente al pezzo in lavorazione. II moto di appostamento é impresso al pezzo all’inizio di ogni passata.

Rettifica in tondo e in piano

Nella rettifica l’utensile é costituito da una mola. IJ moto di lavoro é posseduto dalla mola. II moto di alimentazione é composto di due moti. Nella rettifica in tondo si ha un moto parallelo all’asse della mola, posseduto dal pezzo, ed un moto circolare posseduto dai pezzo. Nella rettifica in piano, un moto rettilineo longitudinale e l’altro trasversale posseduti dal pezzo. II moto di appostamento é posseduto dalla mola.

Formazione del truciolo
La forma del truciolo dipende dal materiale in lavorazione e dalla forma dell’utensile. In generale il truciolo lungo e unito si forma nella lavorazione di metalli duttili e cioé facilmente riducibili in lamine sottili (acciaio); truciolo sbriciolato si forma nella lavorazione dei metalli fragili (ghisa, bronzo).

Esempi della forma del truciolo a seconda del materiale lavorato
Con una corretta scelta dell’utensile e della velocita di taglio, ad esempio, si hanno nella tornitura, a seconda del materiale usato, i tipi di truciolo illustrati di seguito.

Formazione a distacco del truciolo
Un esempio indicativo di come si forma e si distacca il truciolo é dato dalla asportazione di materiale dal pezzo in lavorazione nella piallatura.

Si possono distinguere quattro tempi principali:

  1. il materiale viene spostato verso I’alto sotto l’azione dell’utensile:
  2. il truciolo che si é formato subisce uno strappo per effetto della forza impressa dalla faccia anteriore dell’utensile;
  3. segue il distacco parziale di un primo elemento di truciolo;
  4. a questo punto le varie parti che costituiscono il truciolo possono rimanere unite, oppure separarsi completamente e quindi formare un truciolo sbriciolato.
  5. il ciclo riprende.

5.5 Velocita di taglio

Per velocita di taglio si intende la velocita relativa fra l’utensile e il pezzo in lavorazione nel punto in cui avviene l’asportazione del truciolo, cioé la velocita del moto di lavoro. Velocita di un punto che percorre spazi uguali in tempi uguali, cioé che si muove con moto uniforme, é lo spazio che esso percorre nell’unita di tempo: V = spazio/tempo. L’unita di misura della velocita di taglio é espressa in metri al minuto primo, m/min. Soltanto nell’impiego della mola si misura la velocita in metri al minuto secondo, m/s.

Moto di lavoro rettilineo
La velocita é il rapporto tra la distanza percorsa dall’utensile é il tempo impiegato:

V = percorso in metri / tempo in minuti primi

Metodi lavoro rettilineo alternato

La velocita di taglio nelle macchine che piallano con moto rettilineo alternato non é uniforme in quanto la corsa di lavoro o di andata é pit lenta della corsa a vuoto o di ritorno. Si considera allora come velocita di taglio la velocitaé media di una corsa doppia di andata e ritorno.

La formula é:

V=2hn,
dove
h = lunghezza della corsa in metri
n= numero delle corse doppie al minuto

Moto di lavoro circolare
Nel moto circolare la velocita di taglio é la velocita dei punti P di contatto appartenenti all’utensile o al pezzo. La velocita di taglio nella tornitura é la velocita periferica dei punti P che sono piu distanti dall’asse del pezzo e si trovano sotto l’azione dell’utensile. La velocita di taglio nella foratura é la velocita periferica dei punti P esterni dei suoi taglienti: La velocita di taglio nel moto circolare é misurata dal prodotto della lunghezza della circonferenza che costituisce la traiettoria del moto circolare, moltiplicata per il numero di tali circonferenze compiute nell’unita di tempo.

Se D é la misura del diametro di tale circonferenza espresso in millimetri, n il numero di circonferenze percorse ogni minuto primo, z = 3,14 il rapporto fisso tra la lunghezza della circonferenza e il diametro si ha la formula:

V=(D2n)/ 1000 m/min.

Il divisore 1000 dipende dal fatto che il diametro di una circonferenza in officina é sempre espresso in mm, mentre l’unita di misura della velocita ¢ espressa m/min. Se é data la velocita di taglio V si puo ricavare il numero di giri al minuto che deve compiere l’utensile.

n=(1000 V)/(xD) giri/min.

Fattori che influenzano la velocita di taglio
Una corretta scelta della velocita di taglio per ogni tipo di lavorazione assicura non solo una buona esecuzione del lavoro e l’impiego di tempi economici, ma soprattutto evita un rapido deterioramento dell’utensile. La velocita di massimo rendimento é quella velocita, caratteristica di ogni lavorazione, che permette all’utensile di produrre il massimo volume di truciolo prima che sia necessario riaffilarlo ed é a questa velocita che conviene eseguire il lavoro. Per affilatura si intende quell’operazione che da al tagliente la massima capacita di taglio. Si chiama durata dell’utensile o durata di affilatura il tempo di lavoro che intercorre tra due affilature successive dell’utensile. La velocita di taglio dipende dai seguenti fattori principali: qualita del materiale in lavorazione, qualita del materiale degli utensili, sezione del truciolo.

Qualita del materiale in lavorazione
La velocita di taglio deve essere tenuta tanto pil bassa quando pit duro é il materiale da lavorare. Nello schema é indicato un esempio della velocita di taglio in metri al minuto in funzione del materiale lavorato, nell’operazione di sgrossatura al tornio, con utensile di acciaio superrapido.

Qualita del materiale dell’ utensile
Gli utensili costruiti in acciaio semplice al carbonio extraduro possono sopportare solo velocita di taglio molto basse perché, riscaldandosi durante il lavoro, oltre 1 300° rinvengono, perdendo la loro durezza caratteristica. Velocita di taglio superiori si possono ottenere con utensili costruiti con i vari acciai rapidi, in modo particolare il superrapido. Rapido sta appunto ad indicare la maggiore rapidita di taglio che questi acciai permettono. Velocita ancora piu alte si ottengono con utensili di carburi metallici, stellite e ceramica. Nello schema é indicato un esempio della velocita di taglio in metri al minuto primo in funzione del materiale dell’utensile usato per la sgrossatura al tornio di un pezzo in acciaio dura

Sezione del truciolo
La velocita di taglio é tanto pid bassa quanto maggiore é la sezione del truciolo. Nei lavori di sgrossatura, che avvengono con asportazione di truciolo di grande sezione, la velocita di taglio dovra essere limitata mentre potra essere elevata nei lavori di rifinitura. Si intende per avanzamento A la misura della lunghezza percorsa nel moto di avanzamento dall’utensile o dal pezzo. Si intende per profondita di passata P lo spessore del truciolo asportato che coincide con la profondita con cui l’utensile penetra nel materiale in lavorazione. L’area della sezione del truciolo S é data dal prodotto dell’avanzamento A per la profondita di passata P:

S=A*P

Refrigerazione dell’utensile
Per eliminare il calore che si genera durante la lavorazione e quindi per impedire che porti al rinvenimento dell’utensile, questo viene bagnato con olio emulsionato o petrolio. Il raffreddamento consente di aumentare la velocita di taglio.

LE LAVORAZIONI DELLE LAMIERE

Le lavorazioni a freddo delle lamiere rappresentano un gruppo molto importante di lavorazioni per deformazione plastica, in quanto impiegate per un’elevata percentuale di prodotti di largo consumo (carrozzerie automobilistiche, minuteria meccanica, elettrodomestici, ecc.). 1 tipi di lavorazione utilizzati sono molteplici, ma in questo ambito saranno presi in esame, soprattutto dal punto di vista del processo e (lei suoi parametri, solo tre tipi di operazione, cioè i più importanti:

  • La tranciatura;
  • La piegatura;
  • L’imbutitura.

LA TRANCIATURA

La tranciatura ha lo scopo di ritagliare da un foglio o un nastro di lamiera una figura geometrica piana, che può anche presentare fori di varia conformazione. Tale operazione è spesso la prima del ciclo di lavorazione di molti componenti, ciclo che prevede spesso piegature e/o imbutiture. È un’operazione tipica della produzione di grande serie, con la quale si riescono a produrre manufatti di forma anche complessa a basso costo.

Il principio della tranciatura è illustrato in figura. Durante l’abbassamento del punzone, collegato attraverso la piastra porta punzone alla slitta della pressa, e durante la sua penetrazione nella matrice, la lamiera viene tagliata secondo una figura corrispondente alla forma data sia al punzone sia alla matrice. L’oggetto tranciato, grazie all’angolo di sformo presente nella matrice, cade liberamente in un raccoglitore posto sotto lo stampo. Dato che il punzone penetra nella matrice, è necessario prevedere un certo gioco tra questi due organi. Esso dipende dallo spessore della lamiera e dal materiale. In generale aumenta con l’aumento dello spessore e con la resistenza a trazione del materiale.

Un valore troppo basso del gioco dà origine a fratture secondarie e a un aumento della forza di tranciatura oltre che aumentare il costo dello stampo a causa delle tolleranze più strette: al contrario, un valore troppo alto provoca eccessive bave, arrotondamenti e inclinazione della superficie di frattura. Le dimensioni del foro realizzato per tranciatura dipendono da quelle del punzone, quindi il gioco viene ottenuto aumentando le dimensioni della cavità nella matrice: al contrario le dimensioni del prodotto tranciato dal resto della lamiera dipendono da quelle della matrice, pertanto il gioco viene ottenuto diminuendo le dimensioni del punzone. Il calcolo del gioco può essere effettuato, per lamiere di piccolo spessore, mediante la formula

dove a, è la resistenza specifica al taglio del materiale [N/ mm2] ed s e lo spessore [mm]. La figura illustra le varie fasi del processo di tranciatura. In una prima fase a) il punzone penetra nella lamiera provocando una deformazione della sua struttura fibrosa (tipica di tutti i prodotti laminati) e la lamiera inizia a penetrare nella matrice; in questa fase, grazie alla struttura fibrosa, la lamiera si deforma, con arrotondamento dei bordi tranciati, nelle zone di contatto superiore con il punzone e inferiore con la matrice. In una seconda fase b) al raggiungimento della tensione di rottura a taglio del materiale, si genera una superficie di frattura che separa l’oggetto tranciato dal resto della lamiera. Nella terza fase c ) il punzone continua a spingere l’oggetto tranciato all’interno della matrice, finché esso non cade. La forza di tranciatura, il cui calcolo è utile per la scelta della pressa e per la verifica di resistenza degli elementi dello stampo, non ha valore costante durante l’operazione.

La forza cresce fino alla formazione della superficie di frattura, poi decresce e per un certo tratto si mantiene costante, a causa dell’ attrito che l’elemento tranciato trova nel suo scorrimento nella matrice. Il valore massimo della forza puo essere valutato cui) la seguente relazione:

dove l è il perimetro ,s è lo spessore della lamiera, σt è la resistenza specifica a taglio, valutabile come

essendo Rm la resistenza a trazione del materiale.

Tranciatura con stampi

Nel caso di produzione di grande serie la tranciatura viene effettuata con stampi, montati su presse. Un tipico stampo per tranciatura è illustrato nella figura sottostante. La matrice e i punzoni, a differenza delle altre parti dello stampo, sono realizzati in acciai da utensili, con elevato tenore di carbonio e trattati termicamente, in modo da avere elevata resistenza all’usura e durezza e quindi elevata durata deliri stampo (dell’ordine di 20 000–30 000 pezzi); gli spigoli di questi due organi hanno raggio di curvatura nullo o molto piccolo, in modo da garantire una buona tranciatura. Essi sono collegati rispettivamente a una piastra portamatrice fissa e a una piastra portapunzoni, collegata con la slitta della pressa mediante un codolo. Idonee colonne di guida garantiscono un appropriato riferimento tra matrice e punzone, anche con gioco molto ridotto.

Tranciatura su centri di lavorazione della lamiera

La tranciatura effettuata con stampi non è economicamente accettabile per piccoli lotti di produzione, a causa dell’elevato costo degli stampi. In questi casi si ricorre a particolari macchine, i centri di lavorazione della lamiera, a controllo numerico, nei quali il principio della tranciatura prima illustrato continua a essere applicato, ma il punzone e la matrice sono facilmente e rapidamente sostituibili, essendo presente sulla macchina un vero e proprio magazzino. La lamiera viene movimentata secondo due assi x e y dal sistema di controllo della macchina, con sistema punto a punto o continuo, secondo traiettorie programmate che, usando coppie matrice punzone di idonea forma, permettono di ottenere tranciature comunque complesso.

Tranciatura fine

Quando la funzionalità del pezzo richiede assenza dei difetti tipici dei pezzi tranciati col processo tradizionale, cioè bave, superfici laterali irregolari, arrotondamenti eccessivi, si può ricorrere a un processo di tranciatura particolare, detto tranciatura fine. Molti sono i pezzi ottenuti in questo modo come, per esempio, particolari di piccola dimensione destinati alla meccanica di precisione, macchine fotografiche, orologeria, ecc, Questo processo differisce da quello tradizionale in quanto:

  • Il pozzo è sottoposto a pressione su ambedue le facce durante la tranciatura;
  • Il gioco tra matrice e punzone è molto ridotto (qualche centesimo di mm);
  • La tranciatura avviene a bassa velocità
  • La pressa usata dove essere, per quanto possibile, esente da vibrazioni e da deformazioni apprezzabili;

La piegatura

La piegatura è la più semplice operazione che si può fare sulle lamiere (dopo la tranciatura e le modalità con cui si può effettuare sono molteplici. Si può considerare la lamiera come una trave appoggiata agli estremi a una distanza l, caricata al centro col carico P. Se s è lo spessore della lamiera e b la sua larghezza, la tensione massima sullo spessore della lamiera risulta pari a

Ne segue che il carico P necessario per ottenere la deformazione plastica, la pressatura sul fondo della matrice e vincere la resistenza di tutti gli attriti è pari a

dove σ=2Y (secondo alcuni ricercatori) con il valore di l compreso tra ti e 12 volte lo spessore s e con il valore del raggio di curvatura mora compreso tra 1 e 2 volte lo spessore.

Inoltre il raggio di piegatura ha un valore minimo al di sotto del quale non è possibile andare. Inoltre, nello studio di un problema di piegatura, è necessario effettuare il calcolo dello sviluppo dell’elemento piegato. Infatti durante la piegatura, la fibra neutra cioè quella che non subisci ne allungamenti ne contrazioni, non rimane equidistante dalle superfici della lamiera, ma si sposta verso la zona interna compressa, di una quantità funzione dello spessore della lamiera e del raggio ili curvatura. Per ottenere quindi un pezzo piegato con certe dimensioni, è necessario partire da un pezzo di lunghezza tale da tenere conto di questo fatto.

L’imbutitura

L’operazione di imbutitura permette di trasformare una lamiera piana in una forma concava, mantenendone lo spessore medio pressoché inalterato. E’ l’operazione che più sollecita la lamiera durante la deformazione e per questo motivo richiede lamiere di qualità; mediante imbutitura vengono realizzati numerosi prodotti quali recipienti, parti di carrozzerie automobilistiche, ecc.

L’imbutitura della lamiera viene eseguita mediante stampo progressivo o stampo transfer e consente di realizzare numerosi oggetti dalla cavità profonda, tra cui: componenti di carrozzeria per automobili, particolari per il settore degli elettrodomestici, dell’arredamento, dell’elettronica, contenitori vari come lattine, pentole e molto altro. In generale, questo particolare tipo di lavorazione permette di eseguire articoli plasmati in un unico pezzo, senza giunture.

Rispetto ad altre lavorazioni meccaniche, l’imbutitura può essere molto più vantaggiosa, perché permette di ottenere particolari in materiale ferroso o non ferroso dalla forma allungata, privi di grinze e altamente deformati, che mantengono una buona qualità superficiale.

Le parole chiave dell’imbutitura sono flusso e controllo del materiale. Con flusso si intende come il materiale deve essere deformato in modo da poter essere ristrutturato nella forma desiderata. Si pensi a un grande foglio di materiale gommoso che viene disposto su una forma voluta tramite l’applicazione di una pressione, questa immagine rende l’idea di come matrici e punzoni agiscono nella deformazione della lamiera.

Il controllo di questo flusso, ovvero dove il materiale deve andare e dove no, è l’altro aspetto fondamentale e viene garantito dall’utilizzo del premilamiera. Quando il pezzo da ottenere ha una profondità maggiore della sua larghezza, il procedimento prende il nome di imbutitura profonda. La buona riuscita dipende da molti fattori, tra i quali:

  • Geometria del particolare;
  • Tipo di materiale, spessore e caratteristiche meccaniche: più l’imbutitura è profonda, più la materia prima deve essere di qualità e permettere grandi deformazioni prima di arrivare a rottura;
  • Velocità della pressa: deve permettere il flusso del materiale;
  • Raggio di imbutitura;
  • Rapporto di imbutitura: è uno dei fattori fondamentali da considerare e determina il numero dei passi necessari nello stampo;
  • Finitura superficiale di punzoni e matrici;
  • Lubrificante: insieme alla finitura superficiale, riduce il coefficiente di attrito permettendo al materiale di scivolare meglio;
  • Pressione del premilamiera;
  • Gioco tra punzone e matrice.

Tutti questi fattori, abbinati a una grande esperienza nel settore, contribuiscono alla buona riuscita di uno stampo per imbutitura.

LAVORAZIONE DEI FORI

TRAPANI

Le macchine per forare sono chiamate trapani. I trapani possiedono gli organi per coordinare i moti principali del lavoro e di avanzamento dell’utensile. I trapani si distinguono in portatili e fissi.

Trapani portatili

Trapano a mano: sia il moto di lavoro che quello di avanzamento sono ottenuti a mano.

Trapano elettrico: Il moto di rotazione è ottenuto a mezzo di un motorino elettrico. Quello di avanzamento a mano.

Trapano pneumatico: La rotazione è ottenuta per mezzo di un condotto di aria compressa. L’avanzamento a mano.

Trapani fissi

Trapano sensitivo: II moto di avanzamento è ottenuto a mano dall’operatore (avanzamento sensitivo). Quello di taglio è a motore.

Trapano a colonna: Possiede, oltre all’avanzamento manuale sensitivo. anche quello automatico.

Trapano radiale: E’ impiegato per forare su pezzi ingombranti.

Trapano a mano

Esso è la macchina più semplice. La rotazione della punta è ottenuta per mezzo di una coppia di ingranaggi, azionati da una manovella. L’avanzamento è trasmesso alla punta dalla pressione dell’operatore, esercitata sull’appoggio A.

Trapano elettrico

Il movimento rotatorio della punta è ottenuto per mezzo di un motore a bassa tensione (24 Volt). La punta R è fissata al mandrino e ruota per mezzo dì ingranaggi riduttori. L’avanzamento è ancora ottenuto con la pressione esercitata dall’operatore sulla impugnatura A. Il comando di rotazione dell’utensile è ottenuto a mezzo di un interruttore a leva I.

Trapano ad aria compressa

Tra i trapani portatili, trovano largo impiego, specialmente nelle grandi industrie, quelli ad aria compressa. Hanno una carcassa particolarmente studiata per essere ben impugnata. L’aria compressa (pressione 6=7 kg/ /cm2), arriva al raccordo dell’impugnatura A ed attraversa un filtro B. Una valvola C ne regola l’efflusso all’interno del trapano, ed è azionata da un grilletto a molla.

L’aria compressa arriva al cilindro D, entro cui gira, sui cuscinetti E, il rotore a turbina F del motore del trapano. L’albero del rotore per mezzo di ingranaggi planetari H trasmette il moto all’albero del mandrino I.

II rotore del trapano è costituito da un cilindro in cui sono ricavate, nel senso della lunghezza, 4 o 5 scanalature G. L’aria compressa agisce su queste scanalature e fa ruotare velocissimamente il rotore che trascina il mandrino.

I trapani pneumatici ad aria compressa presentano notevoli vantaggi rispetto a quelli elettrici in quanto raggiungono elevate velocità di rotazione del mandrino (velocità a vuoto fino a 21.000 giri/min) pur essendo molto leggeri (molti tipi non superano 1 kg di peso complessivo).

Applicando particolari mandrini, i trapani elettrici e quelli pneumatici possono eseguire numerose altre operazioni, oltre alla foratura, come:

  • Attacco mola
  • Attacco trapano
  • Attacco cacciavite
  • Attacco maschiatura
  • Attacco angolare

Il buon impiego dei trapani portatili dipende moltissimo dall’abilità dell’operatore e richiede qualche accorgimento. Il trapano va tenuto in posizione perpendicolare rispetto alla superficie di lavoro.

La scelta della punta va fatta accuratamente, in particolare a seconda della natura del materiale da lavorare. Particolare cura occorre avere nell’evitare il riscaldamento della punta che deve essere convenientemente lubrificata con acqua emulsionata e raffreddata con frequenti estrazioni dal foro. La punta deve essere sempre convenientemente affilata.

L’uso di trapani a mano richiede molta attenzione contro i rischi di infortunio. Portare sempre occhiali o schermo facciale e, se il peso lo consiglia, scarpe di sicurezza. Usare anche schermi, se vi è pericolo di colpire con schegge altre persone. Afferrare bene l’utensile con ambo le mani durante il funzionamento e mai appoggiarvi contro il corpo, poiché la pressione eccessiva può provocare pericolose rotture della punta.

Bloccare bene la punta elicoidale nel mandrino(durante questa operazione, tenere l’altra mano lontana dall’interruttore per non avviare il trapano) quindi estrarre subito la chiave serra-mandrino per evitare di dimenticarla. Se la punta si blocca nel foro non tentare di estrarla, ma allentarla con oscillazioni avanti-indietro.

Una particolare cura va posta nel trattare il cavo elettrico che collega il trapano alla presa di corrente. Controllare che la carcassa metallica abbia il collegamento elettrico alla presa di terra; aggiungere tale collegamento se il costruttore non l’avesse previsto. Ispezionare accuratamente il cavo che collega il trapano alla presa di corrente, con particolare attenzione ai punti di piega prossimi all’utensile e alla spina.

Non appender mai il cavo di collegamento a un chiodo, né permettere che si attorcigli o che, se lasciato a terra, vi possano passar sopra carrelli pesanti o autocarri. Evitare il contatto dei cavo con olio, superfici roventi o agenti chimici.

Trapano sensitivo

II trapano sensitivo è il tipo più semplice di macchina utensile per la lavorazione dei fori. Con questo trapano si realizzano fori di diametro relativamente piccolo, al più 15 millimetri. II moto di avanzamento dell’utensile nel pezzo è regolato a mano dall’operatore, mediante una leva, da cui il nome di sensitivo dato a questo trapano; l’operatore, infatti, regola la pressione del braccio sulla leva ‘ sentendo ‘ la resistenza offerta dal materiale alla penetrazione dell’utensile. Le parti principali costituenti il trapano sensitivo sono:

A Tavola portapezzo e basamento
B Incastellatura
C Testa porta mandrino o testa motrice regolabile in altezza
D Motore
E Mandrino
F Porta utensile applicato al mandrino
G Regolatore della profondità di foratura
H Leva di bloccaggio della testa motrice
I Leva per l’avanzamento.

Nel trapano sensitivo il moto di avanzamento dell’utensile nel pezzo in lavorazione è ottenuto a mano dall’operatore. Si intende per profondità di avanzamento la lunghezza della corsa dell’utensile nel pezzo in lavorazione corrispondente all’altezza h del foro.

Il controllo della profondità dell’avanzamento si ottiene leggendo la corsa dell’utensile sul cerchio graduato fissato al piede della leva di comando. L’utensile viene appoggiato sul pezzo in corrispondenza del punto in cui si vuole eseguire il foro.

Trapano a colonna

I trapani a colonna, così chiamati per la forma della loro incastellatura, sono trapani di grandezza variabile e con molteplici capacità di lavoro. Con il trapano a colonna è possibile eseguire fori di diametro fino a 80 millimetri.

In questi trapani è previsto non solo l’avanzamento sensitivo, ma anche quello automatico. A differenza dei trapani sensitivi queste macchine permettono di spostare verticalmente la tavola portapezzo per il posizionamento in altezza del pezzo da forare. Le parti principali costituenti un trapano a colonna sono:

A Basamento
B Incastellatura
C Mensola con tavola scorrevole lungo il tratto inferiore della incastellatura
D Motore
E Testa motrice che racchiude gli ingranaggi di trasmissione
F Mandrino
H Pompa per la refrigerazione
N Leva di comando per l’avanzamento sensitivo
Q e R Leve del cambio di velocità
S Comando dell’avanzamento non automatico
T Leva degli avanzamenti automatici

II motore trasmette il suo moto al mandrino mediante un sistema di ruotismi che costituisce il cambio della velocità. La variazione delle velocità di rotazione si ottiene mutando l’accoppiamento tra le ruote del cambio costituenti i ruotismi interni alla testa E. II moto di avanzamento automatico è derivato dal mandrino attraverso l’ingranaggio N e trasmesso, mediante il cambio di velocità a chiavetta mobile della scatola M, all’albero della vite senza fine F che si accoppia alla ruota elicoidale Q. Quest’ultima è coassiale al rocchetto P che ingrana con la cremagliera del cannotto I, la quale trasmette all’albero del mandrino il movimento di avanzamento. La combinazione dei due moti, rettilineo e rotatorio, dà origine al moto elicoidale necessario per l’esecuzione del foro.

Per un agevole e continuo funzionamento dei ruotismi occorre lubrificare periodicamente, secondo le norme di uso, l’interno della testa motrice. Il mandrino viene lubrificato con olio erogato attraverso i dispositivi di lubrificazione . L’erogazione del lubrificante nei cinematismi interni avviene mediante una pompa che aspira l’olio da un serbatoio e ne attiva la circolazione e la distribuzione attraverso fori spruzzatori.

Punta Elicoidale

Nella lavorazione dei fori vengono usati diversi utensili a seconda del tipo di foro che si intende eseguire, della precisione e del grado di finitura richiesti e del materiale in lavorazione.

Si possono dividere in due categorie gli utensili usati nella lavorazione dei fori. Utensili che eseguono un foro dal pieno:

  • Punta elicoidale A
  • Punta da centri B

Utensili che compiono lavorazioni ulteriori su un foro preesistente:

  • Alesatore cilindrico C
  • Alesatore conico D
  • Fresa frontale per lamatura E
  • Fresa conica per svasatura F.

Punta elicoidale

L’utensile più usato nell’esecuzione di fori è la punta elicoidale o punta a elica. Essa è costituita dalle seguenti parti principali.

  • Corpo cilindrico nel quale sono ricavate due profonde scanalature opposte ed inclinate rispetto all’asse del cilindro.
  • Spigoli taglienti all’estremità anteriore, inclinati simmetricamente rispetto all’asse,
  • Codolo, corpo cilindrico o conico posteriore, per il fissaggio della punta al mandrino.

Il materiale con cui vengono costruite le punte, come per ogni altro utensile che lavora ad asportazione di truciolo, deve essere assai più duro del materiale che le punte stesse sono destinate a lavorare.

I materiali più usati nella costruzione delle punte sono gli acciai rapidi o super rapidi. Quando il materiale in lavorazione è molto duro si usano punte speciali con un corpo in acciaio rapido e spigoli taglienti formati da placchette riportate di carburo.

La scelta della punta elicoidale per ogni operazione viene fatta tenendo conto delle caratteristiche geometriche dell’utensile in relazione al materiale da forare e al tipo di lavorazione richiesta.

Le dimensioni e la forma geometrica della punta elicoidale variano a seconda del diametro del foro da eseguire e del materiale che è destinata a forare.

Per un buon funzionamento, e per evitare che sia sottoposta a sollecitazioni irregolari, occorre che la punta elicoidale sia perfettamente affilata con particolare riguardo all’angolo di punta, alla lunghezza dei taglienti e all’angolo di spoglia inferiore.

Guasti e usure delle punte dipendono oltre che da caratteristiche geometriche non appropriate, da velocità di rotazione del mandrino eccessive, da moto di avanzamento irregolare, da incerto fissaggio dell’utensile al mandrino e da scarsa refrigerazione.

Il diametro di un foro eseguito mediante una punta elicoidale è sempre maggiore del diametro della punta stessa.

La forma geometrica della punta elicoidale varia sensibilmente a seconda del materiale che è destinata a forare.

Operazioni

Le operazioni necessarie all’esecuzione e alla lavorazione di un foro variano a seconda dei tipo di lavorazione e del grado di precisione richiesta. Si possono distinguere quattro momenti principali comuni ad ogni lavorazione:

  • Tracciatura
  • Centratura dell’utensile sul pezzo
  • Fissaggio del pezzo in lavorazione
  • Esecuzione e lavorazione del foro
  • Controlli.

La tracciatura consiste nel tracciare sul pezzo in lavorazione i riferimenti necessari in corrispondenza del foro da eseguire.

La centratura consiste nel portare l’utensile in corrispondenza del punto centrale, individuato dalla tracciatura. Questo punto viene generalmente bulinato. Per evitare che la punta penetri fuori centro rispetto all’asse del foro, questo deve essere iniziato da un utensile speciale, detto punta a centrare, che prepara il cammino alla punta elicoidale.

Il fissaggio si ha quando il pezzo si trova nella posizione adatta a ricevere l’utensile nel punto voluto viene saldamente fissato mediante gli appositi attrezzi alla tavola portapezzo.

La fase principale della lavorazione è l’esecuzione del foro, oppure l’alesatura o fresatura se si deve lavorare un foro preesistente. Durante questa operazione l’utensile deve essere regolarmente raffreddato.

Durante le fasi della lavorazione vengono eseguiti diversi controlli sulla centratura, sulle dimensioni del foro e sulla coincidenza tra asse dell’utensile e asse del foro. Gli strumenti di controllo più usati sono il calibro differenziale mediante il quale sì controlla il diametro dei fori, il comparatore mediante il quale si verifica la coincidenza tra la direzione assiale dell’utensile e quella del foro, l’interimetro che controlla il diametro e l’ovalizzazione del foro.

Volendo eseguire un foro sufficientemente diritto occorre impiegare successivamente due punte elicoidali.

La velocità di taglio nella allargatura deve essere circa la metà di quella alla quale la stessa punta lavora quando deve eseguire un foro dal pieno.

Velocità di taglio e avanzamento

Si intende per velocità di taglio nella lavorazione dei fori la velocità di rotazione del punto più esterno dell’utensile a contatto con il materiale. Se n è il numero di giri compiuti dall’utensile ogni minuto, la formula della velocità di taglio è: V = π D n

dove π = 3,14 è il numero fisso, rapporto tra la lunghezza della circonferenza e il suo diametro D.

Poiché l’unità di misura della velocità di taglio è di solito il m/min mentre il diametro è espresso generalmente in mm, occorre nella formula precedente introdurre il divisore 1000:

Quando sia data la velocità di taglio e si voglia conoscere il numero di giri per unità di tempo che deve compiere l’utensile nel suo moto rotatorio si usa la formula:

Le velocità di taglio nella lavorazione dei fori varia sensibilmente a seconda del materiale da forare e dell’utensile impiegato.

Avanzamento

Si intende per avanzamento dell’utensile la velocità con cui penetra nel pezzo. L’unità di misura dell’avanzamento è il millimetro per giro: mm/giro. L’avanzamento varia a seconda del materiale dell’utensile impiegato e per un dato utensile a seconda del suo diametro e del tipo di materiale in lavorazione.

Per l’apprendistato le velocità di taglio e di avanzamento consigliate sono inferiori a quelle usate nei lavori di produzione.

I dati dell’avanzamento nella alesatura variano sensibilmente a seconda dello spessore del soprametallo da asportare, dell’utensile impiegato, della durezza del materiale e, per gli alesatori a denti, della lunghezza del foro.

L’elevata velocità di taglio delle punte elicoidali nel materiale in lavorazione sviluppa, per attrito, notevole quantità di calore.

Oltre una certa temperatura l’utensile perde le sue caratteristiche di durezza, omogeneità e resistenza. Si rende quindi necessario refrigerare a più riprese le parti che si riscaldano durante la lavorazione.

La refrigerazione è necessaria nella lavorazione di tutti i materiali e consiste nel versare il refrigerante all’imboccatura del foro, mediante un pennello o un apposito beccuccio, se la macchina ne è dotata.

La sostanza refrigerante varia a seconda del materiale da forare. Si usa olio emulsionabile per la foratura degli acciai comuni mentre si usano petroli per la foratura dei materiali non ferrosi. Per la lavorazione della ghisa la refrigerazione può essere eliminata oppure si esegue a secco.

Quando la velocità di taglio è limitata, ad esempio nella foratura di precisione, la refrigerazione non è necessaria, essendo debole l’attrito e quindi limitato lo sviluppo di calore.

TORNITURA

La tornitura è un’operazione meccanica che permette di lavorare pezzi di rivoluzione, dotati di moto di rotazione uniforme attorno ad un asse fisso. Mediante tornitura si possono lavorare superfici di forma diversa:

A superfici cilindriche esterne
B superfici cilindriche interne
C superfici coniche esterne
D superfici coniche interne
E superfici comunque sagomate
F filettature esterne
G filettature interne.

La tornitura, come tutte le altre lavorazioni eseguite su macchina utensile, avviene mediante l’asportazione graduale di materiale (truciolo) dal pezzo in lavorazione.

Il truciolo viene asportato da un utensile a punta singola, alle cui estremità attive sono ricavati uno o due spigoli taglienti analoghi al tagliente dello scalpello.

La parte tagliente dell’utensile deve avere una durezza superiore a quella del materiale in lavorazione.

L’utensile U lavora incuneandosi nel pezzo P. II moto rotatorio uniforme di quest’ultimo, attorno all’asse di rotazione A, permette un distacco continuo e regolare del materiale.

La forza necessaria all’asportazione del truciolo T è impressa dal pezzo in lavorazione, mentre l’utensile fa da reazione a questa forza, essendo rigidamente fissato ad un portautensile.

I moti relativi tra utensile e pezzo che consentono la tornitura sono:

Moto di lavoro L: moto principale, che consente il taglio del materiale. II moto è rotatorio e posseduto dal pezzo in lavorazione.
Moto di avanzamento A: il moto rettilineo posseduto dall’utensile che si sposta lungo la superficie in lavorazione per incontrare sempre nuovo materiale da asportare.
Moto di appostamento: moto che determina la profondità di taglio, spingendo l’utensile entro il pezzo, regolando la profondità di passata e quindi lo spessore del truciolo.

I TORNI

Esistono numerosi tipi di macchine per tornire (torni o tornitrici), che si differenziano soprattutto per le caratteristiche, la forma e la dimensione dei pezzi da realizzare e a seconda delle esigenze di produzione (piccola, media o grande serie). Oltre ai più comuni tomi paralleli classici e tomi semiautomatici a torretta, si hanno:

  • Torni frontali e verticali, per pezzi di grandi dimensioni;
  • Torni automatici, per produzioni in serie;
  • Torni a copiare, per pezzi di forma complessa;
  • Torni a controllo numerico, in grado di eseguire automaticamente complessi programmi di lavoro.
Tornio parallelo; Tornio a torretta semiautomatico; Tornio a controllo numerico.

Le Principali lavorazioni eseguibili sul tornio sono:

  • Tornitura cilindrica esterna, fra punta e contropunta, o cilindratura, con passate di sgrossatura e di finitura.
  • Tornitura conica con spostamento della contropunta, con passate dì sgrossatura e finitura.
  • Sfacciatura, con passate di sgrossatura e di finitura.
  • Tornitura conica con rotazione del carrello portautensile, con passate di sgrossatura e di finitura.
  • Formatura o tornitura, con avanzamento frontale dell’utensile, senza passate successive.
  • Troncatura o taglio.
  • Foratura con punta elicoidale. Tornitura interna o alesatura con utensile a taglio singolo, con passate dì sgrossatura e di finitura.
  • Alesatura, con alesatore a denti, detta anche allisciatura.
  • Godronatura per zigrinare.
  • Filettatura di fori di piccolo diametro, con maschio filettatore, detta anche maschiatura.
  • Filettatura di viti di piccolo diametro,’ con filiera
  • Filettatura con utensili per filettare, con l’ausilio della vite madre.

Velocità di taglio e avanzamento

Si intende per velocità di taglio di una lavorazione sul tornio la velocità periferica dei punti P del pezzo a contatto con l’utensile. Si ha la formula:

dove:

V = velocità di taglio in metri al minuto (m/min)
D = diametro del pezzo in lavorazione in metri (m)
n = numero dei giri al minuto del pezzo in lavorazione (giri/min) n = 3,14

Volendo esprimere il numero di giri al minuto in funzione della velocità di taglio la formula diventa: n= V/πD giri/min Per introdurre nella equazione precedente il valore del diametro espresso in millimetri, come è di regola in officina, la formula viene trasformata nella seguente:

n= 10000V/πD giri/min

La velocità di taglio V, da introdurre di volta in volta in questa formula, dipende da diversi fattori.

  • Qualità del materiale in lavorazione
  • Qualità del materiale dell’utensile
  • Genere di lavorazione che si esegue
  • Sezione del truciolo
  • Forma e montaggio del pezzo in lavorazione
  • Mezzo refrigerante e lubrificante
  • Costruzione e stato della macchina
  • Grado di finitura della superficie del pezzo in lavorazione.

Avanzamento

Si intende per avanzamento sul tornio il valore della distanza percorsa dall’utensile ad ogni giro del pezzo in lavorazione.

Difficile è fissare i valori esatti dell’avanzamento per ogni tipo di lavorazione, dato il grande numero di fattori da cui dipende. Vengono quindi dati dei valori limite entro i quali l’operatore sceglierà, in base all’esperienza, il valore esatto di cui servirsi.

Per normali lavori di sgrossatura si assume il valore dell’avanzamento m funzione della profondità di passata secondo i limiti inferiore e superiore.

Refrigerazione

Nelle lavorazioni al tornio dei vari metalli si impiega un abbondante getto di liquido nella zona in cui avviene l’asportazione del truciolo, fatta eccezione per la ghisa. L’impiego del refrigerante durante l’asportazione del truciolo risponde a diverse esigenze.

  • Refrigerare l’utensile evitando un eccessivo aumento della temperatura ed aumentando così la durata del tagliente.
  • Lubrificare le superfici di strisciamento del truciolo, dell’utensile e del pezzo al fine di ridurre la perdita di potenza della macchina per effetto dell’attrito. Migliorare la finitura delle superfici lavorate.
  • Eliminare dalla zona di taglio i piccoli trucioli e i detriti di lavorazione.

I liquidi impiegati nella refrigerazione sono chiamati olii da taglio. I principali olii da taglio sono:

Olii solubili: Si usano nella lavorazione di tutti i tipi di acciaio, del bronzo e dell’ottone.
Olii minerali: Si usano in modo particolare per la lavorazione di acciai dolci e extra, dolci.
Olii minerali miscelati con olio di lardo: Si usano in modo particolare per la lavorazione di acciai ad alto tenore di carbonio o acciai legati speciali.

Tornitura cilindrica

Il compito della tornitura cilindrica è di portare al diametro richiesto dal disegno il pezzo in lavorazione, partendo da un diametro maggiore.

La tornitura di un pezzo fissato tra le punte esige che si verifichi la coincidenza fra l’asse del pezzo e quello del tornio, mediante la regolazione della posizione della controtesta.

Il numero delle passate per ridurre il diametro del pezzo e gli utensili da impiegare dipendono dalla entità del soprametallo e dalla natura della superficie che si vuole ottenere. Il soprametallo è lo spessore del materiale che deve essere asportato ed è uguale alla semidifferenza dei diametri iniziale e finale del cilindro in lavorazione.

Tornitura cilindrica eccentrica

Si intende per tornitura cilindrica eccentrica la lavorazione di un pezzo costituito da due o più tratti cilindrici non coassiali. Un corpo cilindrico si dice eccentrico quando la sua rotazione non avviene attorno al suo asse di simmetria ma attorno ad un altro asse parallelo.

La distanza tra l’asse di simmetria e l’asse di rotazione si chiama eccentricità. Con riferimento alla figura si ha:

e = (a-h)/2

Tornitura conica

La tornitura di un corpo di rivoluzione conico viene eseguita con i medesimi utensili impiegati nella tornitura dei pezzi cilindrici. Variano invece le tecniche della lavorazione con particolare riguardo alla disposizione del pezzo conico in lavorazione e in dipendenza della sua forma e dimensione.

Tornitura conica mediante rotazione della slitta superiore del carrello. Tornitura conica mediante spostamento della contropunta.

Prima di passare alla descrizione dei diversi procedimenti è necessario fermare l’attenzione su alcune caratteristiche geometriche di un pezzo conico (o tronco di cono).

Questo procedimento viene eseguito quando il pezzo conico da tornire ha una lunghezza inferiore alla corsa della slitta portautensile.

Alcuni tomi possiedono infine un dispositivo speciale detto apparecchio riproduttore o copia, per la tornitura di tratti conici anche di notevole lunghezza.

Si intende per conicità il rapporto tra la differenza dei diametri di due sezioni rette del cono e la loro distanza:

conicità = (D-d)/l

L’angolo di inclinazione è uguale alla metà dell’angolo di conicità, a/2

Lavorazione dei fori al tornio

La foratura al tornio, per i fori il cui asse coincide con l’asse di rotazione del pezzo, si esegue con una punta elicoidale, mentre il pezzo gira fissato a sbalzo in un mandrino autocentrante o in una pinza. L’avanzamento della punta elicoidale è ottenuto a mano, con la rotazione del volantino della testa mobile.

Il procedimento dell’operazione è identico a quello eseguito sul trapano: si deve cioè di volta in volta scaricare il truciolo, refrigerare, controllare i diametri, ecc. Per eseguire un foro sufficientemente diritto (per foro diritto si intende un foro il cui asse coincide con l’asse del cannotto della testa mobile), è necessario impiegare due punte elicoidali.

La prima punta, di diametro pari circa alla metà del diametro richiesto, ha lo scopo di preparare il passaggio della seconda punta.

Questo procedimento permette di allargare il foro con la seconda punta incontrando minore resistenza nell’avanzamento. Con ciò si evita anche una possibile deviazione della punta. L’operazione di foratura con la punta elicoidale è preceduta dalla centratura eseguita con punta per fori da centro.

Alesatura e tornitura interna

Come la foratura anche l’alesatura di fori al tornio viene in parte eseguita con gli stessi utensili impiegati sulle trapanatrici. La differenza nell’uso dell’utensile a taglio singolo e dell’alesatore a denti sta nel fatto che il primo assicura al termine dell’operazione un foro diritto, ma non garantisce la costanza del diametro soprattutto lungo un foro profondo.

L’alesatore a denti, invece, non può raddrizzare un foro non diritto, ma assicura la costanza del diametro.

Per questa ragione, quando si impiega l’utensile a taglio singolo bisogna prima eseguire un foro di diametro minore di quello finale.

Se il foro è profondo e passante, per assicurare la costanza del diametro, dopo l’alesatura con l’utensile monotagliente si può alesare con alesatore a denti, avendo lasciato un leggero sovrametallo.

Se al termine del tratto cilindrico si deve sfacciare uno spallamento nel foro, si usa un utensile per fori ciechi, che tornirà internamente con avanzamento longitudinale e sfaccerà con avanzamento radiale.

Filettatura con vite madre

La filettatura di una vite mediante l’uso della vite madre del tornio consente l’avanzamento automatico. Il movimento rotatorio della vite madre viene derivato mediante trasmissione ad ingranaggi da quello del mandrino. La ruota Z1 solidale al mandrino A, trasmette il movimento, attraverso la ruota oziosa Ro alla ruota Z2, solidale alla vite madre M, che ruoterà così nello stesso senso dell’albero del mandrino.

Una rotazione della vite madre fa avanzare la chiocciola C, che, essendo fissa al carrello, lo trascina nella direzione parallela all’asse del tornio.

Lo stesso spostamento subisce quindi l’utensile U fissato al portautensile.

Dato il passo della vite da costruire e quello della vite madre, occorre determinare il rapporto di trasmissione per collegare cinematicamente questi due elementi in modo che l’utensile tagli sul pezzo una vite del passo richiesto. Si ha la formula:

p/P=N/n

dove:

P = passo della vite madre
p = passo della vite da costruire
N = numero dei giri della vite madre compiuti nell’unità di tempo
n = numero dei giri della vite da costruire compiuti nell’unità di tempo

II rapporto di trasmissione è il rapporto tra il numero dei giri della ruota mossa e il numero dei giri di quella motrice compiuti nell’unità di tempo N/n

TEMPI DI LAVORAZIONE

Come per ogni lavorazione su macchine utensile è utile, per ragioni di produzione e di programmazione del lavoro, conoscere il tempo necessario per eseguire una lavorazione qualsiasi sul tornio.

Nelle officine di produzione viene assegnato il tempo per ogni lavorazione che l’operatore deve eseguire.

II tempo viene calcolato a decorrere dalla consegna all’operatore del disegno e del materiale, fino alla riconsegna dei pezzi finiti. L’unità di tempo per ogni lavorazione su macchina utensile è il minuto primo suddiviso in centesimi di minuto .

Si distinguono tre fasi di tempo principali per ogni lavorazione: tempo di preparazione, tempo di manovra, tempo principale.

Tempo di preparazione

II tempo di preparazione è il tempo occorrente per leggere e studiare il disegno e per preparare la macchina per eseguire il lavoro assegnato. Esso è indipendente dal numero dei pezzi che dovranno essere prodotti e viene conteggiato una sola volta. Questa preparazione precede la lavorazione vera e propria dei pezzi.

I tempi di preparazione non si possono calcolare, ma soltanto rilevare direttamente alle macchine per mezzo di cronometraggio.

I tempi delle normali operazioni di preparazione, per ciascun tipo di macchina, sono riportati in tabelle. Le voci contenute in queste tabelle sono, ad esempio: prendere e posare la cassetta degli accessori, montare e smontare il mandrino autocentrante, montare e smontare griffe dolci, montare e smontare utensile su portautensile, preparare un blocchetto di arresto, ecc.

Tempo di manovra

Il tempo di manovra è il tempo occorrente per compiere sulla macchina preparata tutte quelle azioni che sono necessarie a mettere gli utensili in grado di eseguire il lavoro. Per una serie di pezzi da costruire il tempo di manovra è computato per ciascun pezzo. I tempi delle normali azioni di manovra, per ciascun tipo di macchina, sono riportati in tabelle.

Le voci contenute in queste tabelle sono, ad esempio: fissare il pezzo in mandrino autocentrante senza centrare il pezzo, idem centrando il pezzo con comparatore, fissare e levare il pezzo fra le punte, cambiare velocità, avviare e fermare la macchina, controllare con calibro, cambiare l’utensile, mettere in posizione il refrigerante, innestare e disinnestare l’avanzamento, eco.

Tempo principale

Il tempo principale è il tempo che l’utensile impiega ad eseguire un’assegnata operazione, cioè il tempo in cui si ha l’asportazione del truciolo.

II tempo principale viene calcolato su una passata di tornitura e poi moltiplicato per le diverse passate, se eseguito nelle medesime condizioni della precedente.

La formula che dà il tempo di una passata di tornitura, di qualunque genere essa sia (tornitura esterna, interna, formatura, foratura, ecc.), è la seguente:

T=L/an

dove:

T = tempo di una passata in minuti primi L = corsa dell’utensile in mm
a = avanzamento in mm per giro
n = numero di giri del pezzo al minuto primo

FRESATURA

Per fresatura si intende la lavorazione di superfici di pezzi di varia forma e dimensione eseguita con un utensile chiamato fresa. La fresa è un utensile multiplo, costituito cioè da diversi taglienti, disposti radialmente su una circonferenza. La fresa ruotando, stacca dal pezzo, che avanza con moto rettilineo, trucioli di dimensioni relativamente piccole. Ogni tagliente si incunea nel pezzo in lavorazione come uno scalpello, o meglio come un’unghia, e stacca un truciolo T, a forma di virgola. Nella fresatura ciascun tagliente della fresa è impegnato nell’asportazione del truciolo durante una parte soltanto della rotazione della fresa.

Durante la maggior parte della rotazione il tagliente gira libero ed ha il tempo di raffreddarsi. La sollecitazione dei taglienti non è perciò così forte come per l’utensile del tornio il cui tagliente è costantemente impegnato nel taglio.

Esempi di lavorazioni alle fresatrici

A. Spianatura di piani di appoggio di parti di macchina in genere, ad esempio piani di appoggio di supporti, di attrezzi, ecc.
B. Lavorazioni di superfici piane su pezzi di qualsiasi forma
C. Spianatura di facce comunque inclinate.
D. Lavorazione di superfici piane ed inclinate.
E. Esecuzione di scanalature in genere, e cave in particolare, per chiavette e linguette. Chiavette e linguette servono per calettare elementi come ruote, pulegge, leve, ecc. sugli alberi.
F. Gli ingranaggi sono costruiti di regola su macchine dette dentatrici. Non disponendo di dentatrici, gli ingranaggi possono essere costruiti su fresatrici, però in un tempo notevolmente maggiore e con minore precisione di lavoro. Gli ingranaggi possono avere dentature diritte, elicoidali, coniche.
G. In modo analogo alle dentature elicoidali si costruiscono sulle fresatrici le frese, le punte elicoidali, ecc.

I moti relativi tra utensile e pezzo, che consentono la fresatura, sono il moto di lavoro, il moto di avanzamento e il moto di appostamento.

Moto di lavoro L: moto principale, che consente il taglio del materiale. È un moto rotatorio, posseduto dall’utensile.

Moto di avanzamento A : moto rettilineo posseduto dal pezzo in lavorazione, affinché l’utensile incontri sempre nuovo materiale da asportare.

Moto di appostamento B : moto rettilineo che regola la profondità della penetrazione nel materiale. Normalmente è posseduto dal pezzo. In alcune macchine particolari può essere posseduto dall’utensile.

La fresatura può essere eseguita in due modi diversi, a seconda dell’utensile impiegato.

Frese a taglio periferico (1) La rotazione di queste frese avviene attorno ad un asse parallelo alla superficie cilindrica della fresa.

Frese a taglio frontale (2) La rotazione di queste frese avviene attorno ad un asse perpendicolare alla superficie in lavorazione. I taglienti S sono disposti oltre che sulla superficie esterna, anche su una base del cilindro che costituisce la fresa.

LE FRESATRICI

Le macchine utensili che possono eseguire lavori dì fresatura sono chiamate fresatrici. Le fresatrici, per la loro impostazione, sono macchine molto versatili che si prestano per svariate lavorazioni.

Con le fresatrici, oltre ad operazioni di spianatura o sagomatura, si possono eseguire anche lavori di foratura, di alesatura e, con l’impiego del divisore, si possono eseguire ruote dentate con denti diritti o elicoidali.

Le fresatrici si distinguono principalmente per la disposizione dell’albero portafresa e per le possibilità di movimento della tavola portapezzo.

Per soddisfare esigenze particolari si costruiscono sempre più numerosi tipi di fresatrici con caratteristiche e dimensioni studiate appositamente per il genere di lavori da eseguire.

Questo determina le difficoltà nella classificazione delle fresatrici. Le fresatrici, in base alla disposizione dell’albero portafrese e alle possibilità di movimento della tavola portapezzo, si distinguono in: fresatrici orizzontali fresatrici verticali fresatrici universali fresatrici per attrezzisti fresatrici speciali.

Le fresatrici universali sono, unitamente a quelle per attrezzisti, le macchine più diffuse. La fresatrice universale deriva dalla fresatrice orizzontale, della quale ha le principali caratteristiche, e può impiegare frese montate sia su un albero orizzontale che su un albero verticale.

Caratteristica principale della fresatrice universale è quella di consentire alla tavola portapezzo di essere ruotata nel piano orizzontale assumendo qualsiasi inclinazione rispetto all’asse dei mandrino. Ciò permette l’esecuzione di solchi elicoidali di ogni genere con caratteristiche ben determinate. Lo studio della fresatrice universale sarà ampiamente sviluppato, mentre quello degli altri tipi di fresatrici sarà limitato alle principali differenze rispetto alle fresatrici universali stesse.

Fresatrice orizzontale

La fresatrice orizzontale impiega frese montate su un albero orizzontale e serve per spianare e per eseguire scanalature e profilature rettilinee

Fresatrice universale

Essa è derivata dalla fresatrice orizzontale. Può impiegare frese montate sia su un albero orizzontale sia su un albero verticale che può assumere diverse inclinazioni. Serve per eseguire svariatissime forme fresate comprese le eliche, grazie alla tavola girevole e ai molti accessori che permette di utilizzare, il più importante dei quali è l’apparecchio divisore.

Fresatrice verticale

La fresatrice verticale è fornita di albero portafresa verticale inclinabile. Serve per spianare e per eseguire scanalature e profilature rettilinee o circolari. Simili nella impostazione ma fondamentalmente diverse nella struttura e nell’impiego sono le alesatrici verticali, impiegate prevalentemente per lavori di tracciatura e per le esecuzioni di fori con precisione elevata.

Fresatrice per attrezzisti

Sono macchine di piccola potenza, che possono essere trasformate, a seconda delle lavorazioni da eseguire, grazie alla loro struttura e alla ricca serie di attrezzature di cui sono dotate. Sono impiegate per la fresatura di pezzi leggeri, di forma anche molto complessa. Un impiego tipico è quello relativo alle costruzioni di punzoni e matrici per stampi di ogni genere.

Fresatrici speciali

Accanto alle fresatrici a mensola orizzontali e verticali e alle fresatrici per attrezzisti con grande versatilità d’impiego adatte per la costruzione di pezzi singoli, si sviluppano sempre più le fresatrici per la lavorazione di pezzi in serie.

Queste macchine sono studiate in modo da rendere automatico il ciclo di lavoro, limitando l’intervento dell’operaio a poche operazioni e possibilmente al solo carico e scarico del pezzo e all’avviamento della macchina.

A seconda delle lavorazioni che esse devono eseguire, queste macchine sono costruite con forme e dimensioni molto diverse.

Divisore universale

Il divisore universale è impiegato per eseguire spostamenti angolari precisi ed è uno dei più importanti accessori delle fresatrici universali e piane, ma viene anche largamente usato su alesatrici e trapani e in lavori dì tracciatura e di controllo. Il divisore universale offre la possibilità di eseguire divisioni dirette, indirette e differenziali e, collegato con la vite della tavola longitudinale delle fresatrici universali, permette l’esecuzione di eliche (ruote dentate, punte, camme, etc.).

Le parti principali costituenti un divisore universale sono:

A Testa ruotante con possibilità di rotazione di 90°
B Disco divisore fisso alla testa
C Albero per la presa automatica del moto dall’esterno
D Mandrino del divisore
E Basamento su cui può ruotare la testa
F Disco per eseguire divisioni dirette nei casi semplici (divisioni in 4, 6 parti, etc.)
G Manovella che pone in rotazione la vite senza fine
H Leva di bloccaggio in posizione della testa
I Menabrida

Nella foto è mostrato un moderno apparecchio divisore.

II divisore è costituito da una coppia di ingranaggi vite senza fine-ruota elicoidale AB, avente un rapporto di trasmissione generalmente di 1/40.

Sul prolungamento della vite è fissata una manovella C, che porta ad una estremità una impugnatura con otturatore D, il quale può essere trattenuto all’interno dell’impugnatura, oppure fuoriuscire, spinto da una molla, e impegnarsi nei fori del disco E.

I dischi portano sulle due facciate serie crescenti di fori rigorosamente equidistanti, che permettono di determinare l’ampiezza della rotazione angolare della manovella e perciò della vite.

La manovella può spostarsi radialmente in modo da permettere all’otturatore di porsi in corrispondenza della serie di fori prescelta.

Due aste di ottone F chiamate alidade, aderenti al disco, possono assumere una apertura variabile e delimitare l’arco da percorrere evitando la ripetizione dei conteggio dei fori ad ogni divisione.

Nelle divisioni semplici il disco rimane fermo, trattenuto da un chiavistello G, mentre nelle divisioni differenziali ruota, riducendo o aumentando il percorso angolare della manovella.

Velocità di taglio

Si intende per velocità di taglio di una lavorazione di fresatura, la velocità dei punti P periferici dei denti della fresa a contatto con il pezzo in lavorazione. Si ha la formula:

V = πDn

dove:

V = velocità di taglio in metri al minuto (m/min)

D = diametro della fresa in metri

π = numero dei giri compiuti dalla fresa ogni minuto n = 3,14…

Volendo esprimere il numero di giri al minuto in funzione della velocità di taglio si ha la formula:

n = V/(πD) giri/min.

Per introdurre il valore del diametro della fresa espresso in millimetri, come è di regola in officina, la formula precedente viene trasformata nella seguente:

n=(1000V)/(πD) giri/min.

Avanzamento

Si intende per avanzamento il percorso che la tavola della fresatrice, e quindi il pezzo in lavorazione, compie nella corsa di lavoro.

La velocità di avanzamento A si misura in millimetri al minuto primo (mm/min). Per stabilire il valore della velocità di avanzamento o semplicemente dell’avanzamento A, è necessario conoscere l’avanzamento per dente della fresa a. Talvolta l’avanzamento per dente a è indicato con il simbolo az L’avanzamento per dente a, moltiplicato per il numero di denti Z della fresa, dà l’avanzamento per giro. L’avanzamento per giro, moltiplicato per il numero di giri al minuto compiuti dalla fresa, dà la velocità di avanzamento A.

Quindi: A = aZn mm/min.

Gli avanzamenti per dente a, espressi in millimetri, vengono trovati sperimentalmente e dipendono dal materiale in lavorazione, dalla fresa e dalla profondità di passata.

RETTIFICATURA

La rettificatura, o semplicemente la rettifica, è una lavorazione su macchina utensile, mediante la quale si asporta materiale, sotto forma di piccoli trucioli, da un pezzo di qualsiasi forma e dimensione, mediante un utensile particolare, detto mola abrasiva. L’operazione di rettifica viene normalmente eseguita sui pezzi per i quali è richiesta una notevole precisione di forma e dimensione e le cui superfici debbono risultare lisce e levigate. Sì tratta quindi generalmente di una operazione su pezzi già lavorati precedentemente, ad esempio torniti o fresati, oppure temperati.

Esempi di superfici rettificabili Mediante rettifica è possibile lavorare:

A Superfici cilindriche esterne
B Superfici coniche esterne
C Superfici di rivoluzione variamente profilate
D Superfici interne
E Spallamenti
F Superfici piane
G Superfici profilate rettilinee
H Superfici di utensili da tornio, frese, (affilatura).

Date le particolari garanzie di precisione e levigatezza offerte dalla rettifica, questa operazione risulta indispensabile per tutti quei pezzi che richiedono caratteristiche di grande precisione e levigatezza, come guide di scorrimento, alberi, boccole, blocchetti di controllo, utensili, ecc.

La rettifica di una superficie avviene nel modo seguente: la mola M, costituita da tanti granuli abrasivi, G, tenuti insieme da un materiale detto agglomerante, A, viene portata in rapida rotazione a contatto del pezzo in lavorazione, P

I piccoli grani asportano materiale sotto forma di minuscoli trucioli, T, che, data l’elevata velocità della mola e la forte pressione di contatto mola-pezzo, diventano incandescenti e bruciano più o meno rapidamente. Ciò spiega il caratteristico pennacchio di scintille che si manifesta quando la mola agisce sulla superficie in lavorazione.

Moti relativi tra mola e pezzo in lavorazione

Come ogni lavorazione su macchina utensile, anche per la rettifica si distinguono tre moti fondamentali:

  • Moto di lavoro
  • Moto di alimentazione
  • Moto di appostamento.

Data la complessità dei moti nella rettifica viene qui preferita una notazione diversa da quella usata per le altre lavorazioni.

R = moto rotatorio posseduto dalla mola
r = moto rotatorio posseduto dal pezzo
I = moto rettilineo longitudinale
t = moto rettilineo trasversale
s = moto di appostamento

Principali lavori di rettifica

  • Rettifica in tondo cilindrica
  • Rettifica conica esterna
  • Rettifica in tondo profilata
  • Rettifica in plongée
  • Rettifica esterna senza centri
  • Rettifica esterna planetaria
  • Rettifica interna cilindrica
  • Rettifica interna conica
  • Rettifica interna profilata
  • Rettifica conica con mola ad angolo
  • Rettifica interna senza centri
  • Rettifica (levigatura) cilindrica
  • Rettifica interna planetaria
  • Rettifica di scanalatura interna
  • Rettifica piana tangenziale
  • Molatura a mano
  • Rettifica profilata
  • Rettifica piana frontale con mola ad asse verticale
  • Rettifica piana frontale con mola ad asse orizzontale
  • Rettifica frontale su piano girevole
  • Rettifica sferica
  • Rettifica angolare
  • Affilatura utensili
  • Troncatura
  • Rettifica elicodiale

LA MOLA

L’operazione di rettifica si effettua con un particolare utensile detto mola abrasiva, costituito da una massa di granuli durissimi a spigoli taglienti, l’abrasivo, che è l’utensile vero e proprio, nel senso che asporta il materiale, e da una sostanza legante che li fissa e li mantiene assieme, detta agglomerante. Si può quindi considerare la mola un utensile a taglienti multipli.

Le caratteristiche principali che individuano e differenziano le mole, sono: forma, dimensione, specifica.

Per mezzo delle mole abrasive è possibile lavorare materiali di qualsiasi natura e durezza con un alto grado di precisione e finitura:

gomma, rame, bronzo, ottone, alluminio, acciai, ecc. Le mole per la lavorazione di materiali molto duri, quali carburi metallici, vetro, marmi, pietre, prodotti ceramici, ecc., vengono dette diamantate, perché i granuli abrasivi sono costituiti da diamante naturale o artificiale. La forma della mola dipende dalla lavorazione cui è destinata (rettifica in tondo esterna o interna, piana, ecc.) e dalla forma del pezzo in lavorazione. Le mole più usate sono le seguenti.

A Mola a disco
B Mola a tazza cilindrica
C Mola a tazza conica
D Mola a scodella
E Mola a bisello
F Mola ad anello

Dimensioni delle mole

Le dimensioni di una mola possono variare entro ampi limiti e dipendono dalle dimensioni della macchina, dal tipo di lavorazione che si vuole eseguire e dalla forma della mola stessa. Come regola del tutto generale è consigliabile usare mole aventi il diametro massimo consentito dall’operazione, in quanto si assicura così una maggior disponibilità di granuli abrasivi attivi.

Le dimensioni caratteristiche di tutte le mole, espresse in millimetri, sono: II diametro esterno D, lo spessore S, il diametro del foro di attacco d.

A queste dimensioni fondamentali possono aggiungersi altre dimensioni, quali il diametro dell’incavo, Dl la profondità dell’incavo, P, e, per le mole di forme diverse da quelle cilindriche, lo spessore del fondo, lo spessore del bordo (per mole a tazza), gli angoli (per mole a tazza conica), ecc.

La caratteristica principale della mola è la specifica, cioè l’insieme degli elementi che ne determinano la costituzione.

Gli elementi essenziali che permettono di scegliere il tipo di mola più adatta ad una determinata lavorazione sono i seguenti.

  • Abrasivo
  • Grana
  • Durezza
  • Struttura
  • Agglomerante.

Abrasivo

L’abrasivo è la sostanza componente la mola che esplica l’azione diretta di asportazione dei trucioli dal pezzo in lavorazione. Esso si presenta sotto forma di granuli (cristalli) poliedrici, estremamente duri, distribuiti con omogeneità sulla mola. La sostanza dell’abrasivo può essere naturale oppure artificiale.

Tra gli abrasivi naturali abbiamo: Diamante, Corindone naturale, Quarzo, Silice, Calcedonio Pietra pomice Pietra ad olio naturale, ecc.

Tra gli Abrasivi artificiali abbiamo : Diamante artificiale, Ossido di alluminio o corindone artificiale ,Carburo di silicio, Carburo di boro, Vetro, Ossido di ferro, di cromo, di zinco, ecc.

Grana

Si intende per grana della mola la grossezza media dei granuli componenti l’abrasivo. La ripartizione per grossezza dei granuli di abrasivo C si ottiene con la setacciatura, attraverso maglie metalliche o di altre fibre, di finezza progressivamente crescente. La grana viene espressa con un numero convenzionale, che corrisponde, approssimativamente, alle maglie presenti in un pollice lineare dell’ultimo setaccio separatore attraversato dall’abrasivo frantumato.

Durezza

Il grado di durezza dì una mola non ha alcun rapporto con la durezza tecnologica dell’abrasivo costituente ed è invece determinato dalla tenacità della sostanza cementante (o legante) e cioè dalla resistenza con cui la sostanza cementante si oppone alle sollecitazioni che tendono, durante l’azione della mola, a strappare i granuli abrasivi. Una mola che ceda facilmente i granuli, durante l’operazione di rettifica, è detta tenera. Una mola che ceda difficilmente i granuli, durante l’operazione di rettifica, è detta dura. Il grado di durezza è inoltre determinato dalla proporzione dell’agglomerato in rapporto alla massa dei granuli.

Struttura

Si intende per struttura dì una mola la distanza media che intercorre tra i granuli abrasivi distribuiti sulla sua superficie. Tra un granulo G e l’altro, oltre all’agglomerante A, cioè alla sostanza che li lega insieme, sono interposti piccoli vuoti o pori P, la cui grandezza determina il grado di porosità della mola. Quando la distanza media tra due granuli è minima la struttura è detta chiusa (b). Quando la distanza media tra due granuli è notevole, la struttura è detta aperta (a). Le mole di struttura molto aperta vengono chiamate porose o superporose.

I vuoti tra un granulo e l’altro possono raggiungere il 75% del volume totale della mola. Questa alta percentuale di vuoto tra granuli serve, oltre ad evitare un eccessivo sviluppo di calore, a facilitare il più possibile lo scarico del truciolo. La struttura di una mola viene generalmente contraddistinta con una numerazione convenzionale.

Agglomerante

L’agglomerante è il materiale legante che mantiene insieme i granuli abrasivi della mola. I vari tipi di agglomerante si distinguono in tre gruppi principali:

  • Minerali: Vetrificato, ceramico, silicato, magnesiaco
  • Organici o elastici-resinoidi: alla gomma, alla gomma lacca
  • Metallici: Bronzo, lega bianca speciale

I criteri per i quali dì volta in volta viene scelta una mola con una determinata specifica piuttosto che un’altra, tengono conto dì diversi fattori, che vanno dal tipo di lavorazione che si deve eseguire, al materiale del pezzo, al grado di finitura richiesto, alla velocità di taglio da impiegare, ecc.

La scelta dell’abrasivo dipende principalmente dalla qualità del materiale in lavorazione. È consigliabile usare:

  • Mole di ossido di alluminio per materiali di elevata resistenza, quali acciaio al carbonio, acciai rapidi, leghe di acciaio, stellite, ferro dolce, ecc.
  • Mole di carburo di silicio per materiali a bassa resistenza, quali ghisa, ottone e bronzo dolce, alluminio gomma, carburi metallici, ecc.
  • Mole diamante per carburi metallici e per pezzi per i quali esistano esigenze di finitura.

La scelta della grana dipende dalle proprietà fisiche del materiale da lavorare, dalla quantità di sovrametallo da asportare e dal grado di finitura richiesto.

La grana deve essere tanto più grossa quanto più dolce e duttile è il materiale in lavorazione. La grana deve essere tanto più grossa quanto maggiore è la quantità di sovrametallo da asportare. Si intende per sovrametallo lo spessore del materiale, rimasto sul pezzo dopo le lavorazioni precedenti alla rettifica, eccedente la quota finale indicata dal disegno. La grana deve essere tanto più fine quanto più è richiesta una finitura accurata.

Il grado di durezza di una mola viene scelto in base alle proprietà fisiche del materiale in lavorazione, all’estensione della superficie di contatto mola-pezzo ed alla velocità della mola e del pezzo e deve essere tanto più alto quanto più tenero è il materiale in lavorazione: per materiali duri il grado di durezza della mola deve invece essere basso. Il grado di durezza di una mola va scelto tanto più basso quanto più grande è la superficie di contatto mola-pezzo. Per pezzi a superficie interrotta (es. alberi scanalati) è consigliabile usare mole dure.

La scelta della struttura di una mola dipende dall’estensione della superficie di contatto mola- pezzo, dalla qualità del materiale in lavorazione e dal grado di finitura richiesto.

Velocità periferica della mola

Per velocità periferiche inferiori a 33 m/sec le mole più adatte sono quelle ad agglomerante vetrificato. Per velocità sino a 80 m/sec le mole devono essere ad agglomerante resinoide.

TRATTAMENTI TERMICI

Gli acciai sono composti di ferro e carbonio. Questo composto, che appare a prima vista omogeneo e compatto, in realtà è costituito da piccolissime parti, dette cristalli, differenti e legate fra di loro. La grossezza media dei cristalli caratterizza il grano (detto spesso la grana) degli acciai.

Se si frattura un pezzo di acciaio, si leviga in modo opportuno la superficie della frattura, fino a renderla speculare e poi, dopo averla attaccata con appositi reagenti chimici, la si osserva al microscopio ingrandita da 100 a 500 volte, si vede che essa presenta linee di separazione.

Queste linee indicano che la massa del composto è costituita da granuli cristallini fortemente aderenti gli uni agli altri. Questi cristalli sono tutti formati dagli stessi elementi (ferro e carbonio), ma sono strutturati in maniera differente.

TRASFORMAZIONE DEL FERRO AL VARIARE DELLA TEMPERATURA

I cristalli del ferro puro hanno la possibilità di assumere due diverse strutture cristalline. Ad ogni struttura cristallina è stata data una sigla diversa: α (alfa, lettera dell’alfabeto greco) γ (gamma, lettera dell’alfabeto greco) I cristalli assumono la struttura α o γ in dipendenza della temperatura. Sotto i 912°C il ferro ha struttura α mentre sopra i 912°C il ferro ha struttura y. Tutte le volte che la temperatura dei ferro passa vicino ai 912°C, sia in fase di riscaldamento, sia in fase di raffreddamento, la sua struttura cambia.

Il ferro a ha una struttura cristallina con cella cubica a corpo centrato, con 9 atomi, di cui 8 atomi sono disposti sugli spigoli del cubo e un atomo è posto al centro del cubo. Il ferro y ha una struttura cristallina con cella cubica a facce centrate, con 14 atomi di cui 8 atomi sono disposti sugli spigoli dei cubo e 6 sul centro delle facce.

Le proprietà meccaniche e tecnologiche degli acciai al carbonio dipendono in gran parte dalla struttura cristallina. Spesso nello stesso acciaio sono presenti strutture differenti.

La formazione di una struttura cristallina piuttosto che un’altra dipende dai seguenti fattori:

  • Temperatura a cui si trova l’acciaio;
  • Percentuale di carbonio; • Velocità di raffreddamento;
  • Riscaldamento successivo dell’acciaio dopo raffreddamento.

Questi fattori, che determinano la struttura degli acciai, possono agire contemporaneamente e si influenzano reciprocamente. A fianco sono indicate le denominazioni delle principali strutture che si formano negli acciai a seconda delle variazioni di temperatura alla quale sono sottoposti. Di norma, queste strutture si distinguono in costituenti strutturali e aggregati strutturali (insieme di più costituenti).

Austenite

L’austenite inizia a comparire in ogni acciaio, quando la temperatura supera i 727°C. Essa è una soluzione solida di cementite nel ferro y con carbonio variabile fino a 2,06 %. L’austenite, stabile solo a temperature elevate, è difficilmente osservabile. Se l’acciaio viene raffreddato, l’austenite si scinde in ferrite e cementite.

Ferrite

Questa struttura compare a temperatura inferiore a 912°C. I cristalli di ferrite sono costituiti da ferro a che contiene una percentuale di carbonio praticamente insignificante. La ferrite è una struttura che conferisce agli acciai tenacità e plasticità, ma poca durezza.

Cementite, perlite lamellare

Queste strutture compaiono a temperatura inferiore a 727°C, quando raffreddiamo lentamente acciai riscaldati a temperature superiori. I cristalli di cementite sono un composto chimico in cui il carbonio entra in combinazione col ferro in rapporto di 1 a 3 (carburo di ferro Fe3C). La cementite è molto dura e fragile. I cristalli di cementite conferiscono durezza agli acciai, m relazione diretta alla sua percentuale.

Martensite, bainite

La martensite e la bainite sono strutture che compaiono a temperatura inferiore a 727°C, quando raffreddiamo rapidamente acciai riscaldati a temperature superiori (acciai temprati). La martensite è una soluzione di carbonio nel ferro. Il carbonio in questa soluzione non ha avuto il tempo di separarsi in cementite a causa di un rapido raffreddamento subito dall’acciaio. La martensite conferisce agli acciai la massima durezza, la massima resistenza a trazione e la massima fragilità.

La bainite è un aggregato costituito anch’esso da cementite e ferrite incastrate una nell’altra, ma vi è anche un po’ di cementite libera che è riuscita a separarsi per il raffreddamento meno rapido. La bainite conferisce agli acciai proprietà intermedie fra quelle conferite dalla martensite e quelle conferite dalla perlite lamellare.

Sorbite, perlite globulare

Queste strutture compaiono a temperatura inferiore a 727°C negli acciai riscaldati una seconda volta, dopo un precedente raffreddamento. La Perlite globulare deriva dal riscaldamento ad alta temperatura (650°C) della martensite o della perlite lamellare. La cementite imprigionata nella ferrite fuoriesce per effetto del riscaldamento e si raduna in grossi globuli tondeggianti. La perlite globulare conferisce agli acciai lavorabilità e bassi valori di durezza.

Diagrammi di stato

I diagrammi di stato indicano le variazioni di stato o di struttura che una lega metallica subisce in conseguenza delle variazioni di temperatura alle quali è sottoposta e in conseguenza delle variazioni di percentuale dei suoi componenti. Il diagramma di stato (o di equilibrio) analizza perciò le fasi e la struttura di una lega al variare della temperatura e fornisce i parametri per analizzare una lega sottoposta a trattamento tecnico.

Per fase (o sostanza omogenea) si intende una massa che ha in ogni suo punto le stesse proprietà fisiche e che è, quindi, individuabile e separabile da altre fasi con mezzi meccanici. Ogni fase ha una propria struttura e perciò proprietà fisiche, meccaniche e tecnologiche diverse.

II ferro puro, allo stato liquido, forma una fase. Durante il periodo della solidificazione, invece, dà luogo a due fasi: la fase liquida e la fase solida. Una lega formata da due componenti (lega binaria) può formare una o più fasi a seconda della temperatura a cui si trova e a seconda della quantità di uno dei due componenti rispetto all’altro.

Un trattamento termico si ha quando un metallo è sottoposto, allo stato solido, a uno o più cicli termici, ovvero a una serie di operazioni, nel corso delle quali il metallo subisce, negli strati superficiali, modifiche di natura chimica più o meno profonde. Le operazioni da compiere sono, a grandi linee, quelle di scaldare il metallo, di mantenerlo per un certo tempo a una data temperatura e, infine, di farlo raffreddare più o meno velocemente.

La curva di raffreddamento indica come varia la temperatura di un materiale metallico lasciato raffreddare naturalmente a pressione e temperatura ambientali costanti. Tale curva è costituita da una serie di punti, corrispondenti alle varie temperature del materiale, rilevate a intervalli di tempo regolari. Le curve di raffreddamento sono alla base dell’analisi termica, che determina i punti critici, cioè le temperature di trasformazione dello stato fisico o della struttura cristallina di un materiale metallico. Assumono, perciò, un’importanza determinante nella costruzione dei diagrammi di stato.

Principali trattamenti termici

Se vogliamo aumentare la durezza di un acciaio, è sufficiente scaldarlo a temperatura elevata e poi raffreddarlo velocemente in acqua.

Lo stesso acciaio, se raffreddato molto lentamente, diventa invece dolce e lavorabile per deformazione plastica. L’operazione di riscaldamento e successivo raffreddamento, per modificare le proprietà di una lega metallica, costituisce il trattamento termico.

La modifica delle proprietà delle leghe metalliche è dovuta all’azione del calore, che cambia la struttura interna dei cristalli della lega. Ad ogni cambiamento di struttura corrispondono differenti proprietà meccaniche. Il trattamento termico è, dunque un’operazione che, modificando la struttura della lega trattata, ha lo scopo di ottenere quel complesso di proprietà che sarebbe difficile o non economico, o addirittura impossibile, ottenere con metodi chimici. Le proprietà delle leghe modificabili con i trattamenti termici sono:

  • Durezza
  • Resistenza alle sollecitazioni
  • Tenacità
  • Lavorabilità all’utensile
  • Malleabilita

Le fasi fondamentali di tutti i trattamenti termici sono tre:

  1. fase di riscaldo;
  2. permanenza alla temperatura di regime;
  3. fase di raffreddamento.

Le tre fasi sono rappresentabili in un diagramma temperatura-tempo, in cui è rappresentato l’andamento della temperatura del pezzo al passare del tempo. In orizzontale è rappresentata la durata del trattamento termico. In verticale è rappresentata la temperatura del pezzo.

La durata del trattamento consiste in 3 periodi:

  1. Tempo di riscaldo (tratto CA);
  2. Permanenza a temperatura costante (tratto AB),
  3. Tempo di raffreddamento (tratto BC).

Se il raffreddamento è rapido il tratto BC é breve e la curva è ripidissima (linea continua, quasi verticale). Se il raffreddamento è lento il tratto BC è lungo e la curva è poco ripida (linea tratteggiata).

Fase di riscaldo

La fase di riscaldo consiste nel riscaldare il pezzo in forno, in modo tale che il riscaldamento avvenga uniformemente in tutti i punti del pezzo, fino alla temperatura voluta. La temperatura deve aumentare molto lentamente per evitare che la differenza di temperatura fra l’interno e l’esterno del pezzo e la conseguente differente dilatazione provochi eccessive tensioni, causa di cricche. Si elimina l’inconveniente con i preriscaldi, cioè con soste nel riscaldamento, affinché la temperatura interna si uniformi a quella superficiale.

Permanenza alla temperatura di regime

La permanenza alla temperatura di regime è il periodo in cui il pezzo viene mantenuto a temperatura costante. La temperatura di regime e la permanenza a tale temperatura devono essere scelte accuratamente, perché sono fondamentali per la riuscita del trattamento. Essa dipende dalle dimensioni del pezzo: maggiori sono le sue dimensioni, più lungo sarà il periodo. Il tempo, o periodo, deve essere tale da determinare cambiamenti di struttura della lega uguali in tutto il pezzo. Il valore della temperatura di regime varia a seconda del materiale e dello scopo del trattamento.

Fase di raffreddamento

Essa consiste nel riportare il pezzo riscaldato a temperatura ambiente. La velocità di raffreddamento può andare da poche decine di gradi all’ora, per un raffreddamento lento (in forno), a centinaia di gradi al secondo, per un raffreddamento rapidissimo (in acqua). Ogni valore della velocità di raffreddamento conferisce all’acciaio una diversa struttura e perciò proprietà diverse. Gli errori di raffreddamento sono causa di cricche, deformazioni e rotture. Di seguito vengono riportati i principali trattamenti termici con il loro modo di esecuzione e le modifiche delle caratteristiche.

MEZZI DI RISCALDAMENTO E RAFFREDDAMENTO

Mezzi per il riscaldamento

Industrialmente, il riscaldamento dei materiali metallici che debbono essere sottoposti a trattamento termico viene eseguito in forni. I forni sono apparecchiature particolari, che servono a portare e a mantenere a temperatura elevata — mediante alimentazione continua o intermittente di calore — un ambiente di dimensioni limitate e protetto termicamente, nel quale vengono posti i pezzi da riscaldare. I forni si distinguono in:

  • Forni a combustione: utilizzanoil calore sviluppato dalla combustione di combustibili solidi (carbone polverizzato), liquidi (nafta) o gassosi (gas d’alto forno, metano o propano).
  • Forni elettrici: Utilizzano il calore sviluppato da una resistenza elettrica.
  • Forni ad atmosfera : in questi forni, il veicolo del calore è l’aria, o i gas di combustione.
  • Forni a bagno liquido: in questi forni, il veicolo del calore è un metallo o un sale in fusione.
  • Forni a muffola: in considerazione del fatto che durante il riscaldamento a temperatura elevata l’acciaio può decarburarsi o ossidarsi superficialmente, sia i forni a combustione, sia i forni elettrici sono muniti all’interno di una seconda camera in materiale refrattario, chiamata muffola, la quale ha il compito di difendere dalla fiamma diretta del riscaldamento (o dai prodotti della combustione) i pezzi da riscaldare.

A camera scarico gas
B resistenza forni elettrici
C rivestimento protezione termica
D muffola
E bruciatori forni a combustione
F camera di riscaldo

Mezzi per il raffreddamento

Per mezzo di raffreddamento si intende la sostanza atta all’assorbimento più o meno rapido del calore assunto dall’acciaio durante il riscaldamento. La scelta del mezzo di raffreddamento ha importanza fondamentale per la corretta riuscita del trattamento termico. Ad esempio, la scelta di un refrigerante troppo energico, per esempio l’acqua anziché l’olio, produce una elevata durezza, ma facilmente provoca fenditure, fragilizzazioni e deformazioni notevoli nel pezzo. Per contro la scelta di un refrigerante insufficientemente energico, produce durezza insufficiente.

I mezzi di raffreddamento da usare dipendono dal tipo di acciaio, dalla forma e dimensioni dei pezzi, dalle caratteristiche che si vogliono ottenere, dalle deformazioni ammissibili. I materiali di raffreddamento più comunemente usati, dal più energico al più blando, sono elencati di seguito.

  • Acqua fortemente agitata con 10 % circa di cloruro di sodio (sale da cucina) a temperatura ambiente
  • Acqua con 10 % di cloruro di sodio non agitata
  • Acqua pura fortemente agitata a temperatura ambiente
  • Acqua pura non agitata tiepida (35+40°C circa)
  • Miscela di acqua e aria nebulizzate
  • Olio minerale più o meno agitato
  • Bagno di sali fusi e mantenuti a circa 200°C • Aria soffiata
  • Aria tranquilla

Gli impianti per il raffreddamento dei pezzi sono generalmente vasche, dette vasche dì spegnimento. La forma delle vasche è generalmente parallelepipeda o cilindrica. La loro capacità deve essere in relazione con la forma, il peso e la quantità di pezzi da trattare.

Vasche di spegnimento in acqua

Le vasche per tempra in acqua sono generalmente a circolazione continua. L’acqua arriva dal basso e si scarica dall’alto. Non occorre quindi che siano provviste di impianti per il raffreddamento.

Vasche di spegnimento in olio

Le vasche per tempra in olio vengono quasi sempre dotate di un impianto di raffreddamento. II raffreddamento avviene generalmente spingendo l’olio entro serpentine di rame lambite da acqua fresca corrente. In figura è rappresentata una vasca per tempra a spegnimento in olio.

Ricottura e normalizzazione

La ricottura è un trattamento termico che ha lo scopo di addolcire i materiali metallici e renderli più facilmente lavorabili alle macchine utensili e per deformazioni plastiche a freddo. Caratteristica della ricottura è il raffreddamento lento. La ricottura degli acciai con carbonio <0,77% consente di ottenere una struttura formata da ferrite e perlite lamellare particolarmente tenera. Altri scopi particolari per cui viene eseguita la ricottura sono: annullare gli effetti della tempra (durezza e fragilità);

  • Omogeneizzare la struttura degli acciai dopo lavorazioni a caldo;
  • Rigenerare i cristalli lesionati (incruditi) da lavorazioni a freddo come piegatura, imbutitura, ecc.;
  • Annullare tempre locali dovute a saldature;
  • Preparare l’acciaio per successivi trattamenti termici.

Variando la temperatura del forno e la permanenza del pezzo a tale temperatura è possibile far prevalere uno degli effetti sugli altri. I trattamenti di ricottura sono diversi. Si può avere:

  • Ricottura completa
  • Ricottura dì omogeneizzazione
  • Ricottura di lavorabilità ricottura di globulizzazione
  • Ricottura di ricristallizzazione normalizzazione
  • Ricottura isotermica

Ricottura completa

La ricottura completa consiste inizialmente in un riscaldamento lento ad una temperatura superiore ad A3 di 50–60 oC, che dovrà essere mantenuta per il tempo necessario alla trasformazione della struttura in austenite. A questa dovranno seguire un raffreddamento lentissimo in forno, fino ad una temperatura inferiore ad Ai, poi un raffreddamento veloce fino a temperatura ambiente.

In figura è rappresentato l’andamento nel tempo della temperatura di una ricottura completa. La struttura che si ottiene con una ricottura completa è costituita da cristalli di ferrite e di perlite a lamelle grossolane particolarmente dolci. Per eseguire correttamente il trattamento è necessario seguire alcune norme. Il pezzo si deve scaldare uniformemente per evitare tensioni dovute a diversa dilatazione (20- 40 0C all’ora).

II tempo di permanenza nel forno deve essere sufficiente a provocare la trasformazione strutturale (1 ora per ogni 30–35 mm di spessore). L’atmosfera del forno non deve contenere ossigeno o aria, per evitare ossidazioni e decarburazioni dell’acciaio. II raffreddamento deve essere lento (in forno o sotto cenere o sabbia) durante l’intervallo critico A3-Al.

Una temperatura più alta della norma consente un tempo di esposizione minore e viceversa. Valori elevati sia della temperatura del forno, sia della permanenza del pezzo in forno causano un ingrossamento dei cristalli dell’acciaio. II surriscaldamento provoca una eccessiva fragilità nell’acciaio. Inoltre, valori elevati di temperatura procurano piccole fusioni localizzate ai confini tra grano e grano, con conseguente scadimento delle proprietà dell’acciaio (acciaio bruciato).

Scopo della ricottura di omogeneizzazione è rendere omogenea la struttura degli acciai dopo la loro colata in getti. Un pezzo di acciaio ottenuto per fusione non è omogeneo, perché la velocità con cui si è raffreddato non è stata uguale in ogni suo punto.

Siccome a velocità di raffreddamento diverse corrispondono diverse strutture dei cristalli dell’acciaio, il pezzo sarà costituito da strutture diverse, con proprietà meccaniche diverse da punto a punto. La ricottura di omogeneizzazione elimina questi inconvenienti.

La ricottura di omogeneizzazione è anche un trattamento termico preliminare per gli acciai legati, per migliorare gli effetti dei trattamenti termici successivi. Con questo trattamento si cerca infatti di omogeneizzare gli elementi aggiunti in lega. Le modalità di esecuzione sono uguali a quelle di ricottura completa; variano solo la temperatura del forno, che può essere più elevata, e la permanenza a tale temperatura, che deve essere più lunga.

Ricottura di lavorabilità

Scopo della ricottura di lavorabilità è rendere il materiale più lavorabile all’utensile, eliminandone le tensioni e diminuendone là durezza. Per questo motivo é chiamata anche ricottura subcritica o di addolcimento. Le modalità di esecuzione sono uguali a quelle della ricottura completa, tranne che per la temperatura di riscaldo, che è inferiore di 50–100 °C al punto critico A1. II raffreddamento finale deve essere lento per eliminare eventuali tensioni interne.

Ricottura di globulizzazione

Scopo della ricottura di globulizzazione è ottenere il massimo di lavorabilità all’utensile di un acciaio, mediante la trasformazione della cementite lamellare in globuli più o meno tondi. La struttura che si ottiene è formata da globuli di cementite sparsi in un fondo di ferrite la cui durezza è ancora più bassa di quella ottenibile con la ricottura completa.

Ricottura di cristallizzazione

Scopo della ricottura di cristallizzazione è di eliminare l’incrudimento subito dagli acciai per lavorazioni a freddo, quali l’imbutitura, lo stampaggio, la piegatura, la laminazione, ottenendo una nuova struttura a grani non deformati. L’incrudimento degli acciai consiste in un aumento di durezza e fragilità causato da lavorazioni a freddo con forti deformazioni plastiche. Questo trattamento trova impiego come operazione intermedia fra due lavorazioni plastiche a freddo, al fine di modificare la struttura distorta e infragilita dalla prima lavorazione. La temperatura e la permanenza del trattamento dipendono essenzialmente dal- grado di incrudimento, cioè dall’entità delle distorsioni provocate nei cristalli dell’acciaio dalle lavorazioni meccaniche precedenti.

Normalizzazione

Scopo della normalizzazione è affinare e omogeneizzare il grano degli acciai dopo la fucinatura o altri trattamenti a caldo (stampaggio, laminazione). Queste lavorazioni, infatti, vengono eseguite a temperatura molto elevata e provocano perciò un eccessivo ingrossamento delle dimensioni dei cristalli dell’acciaio, con conseguente aumento della fragilità (acciai surriscaldati).

Per acciai a basso tenore di carbonio la normalizzazione è preferita alla ricottura qualora il materiale debba subire lavorazioni alle macchine utensili. La ricottura, infatti, renderebbe questi acciai troppo teneri e lavorabili con più difficoltà alle macchine utensili. La normalizzazione è altresì indicata come trattamento termico preliminare per migliorare l’efficienza dei trattamenti termici successivi, perché omogeneizza la struttura. Per tutti questi motivi, molti acciai laminati in barre e tubi vengono fomiti allo stato normalizzato.

Il trattamento è identico a quello della ricottura completa per quanto riguarda il riscaldamento. Il raffreddamento, invece, avviene completamente in aria tranquilla. Per acciai fortemente legati (autotempranti) la velocità di raffreddamento in aria è sufficiente a far avvenire la trasformazione della struttura in martensite, per cui la normalizzazione diventa una tempra in aria.

La normalizzazione è un trattamento più veloce ed economico rispetto alla ricottura, perché non impegna i forni durante la fase di raffreddamento. La normalizzazione conferisce durezza e resistenza maggiori della ricottura perché il suo raffreddamento più rapido conferisce ai cristalli dimensioni più piccole e strutture più fini.

Tempra diretta

La tempra conferisce agli acciai la struttura denominata martensite. Le condizioni per ottenere la martensite sono:

  • Riscaldamento lento fino a temperature superiori al punto critico per gli acciai ipoeutettoidi e al punto critico per gli acciai ipereutettoidi;
  • Permanenza a tale temperatura per il tempo necessario ad ottenere la struttura austenitica (cambiamento dal ferro a in ferro y);
  • Raffreddamento rapido, in modo da ottenere la struttura martensitica.

L’operazione di tempra viene eseguita in appositi forni, corredati di termometri che indichino con estrema precisione l’andamento della temperatura nel tempo. Il forno deve possedere un ambiente privo di ossigeno, per evitare che il metallo caldo si ossidi o si decarburi in superficie. Allo scopo, si introducono nel forno pezzi di carbone vegetale, che sottraggono all’ambiente interno tutto l’ossigeno presente.

Negli impianti industriali di grande serie, la muffola è attraversata da nastri trasportatori, sui quali i pezzi da temprare sono caricati all’ingresso e scaricati all’uscita nel mezzo refrigerante. La durata del percorso è esattamente uguale al tempo di riscaldo calcolato. Qualora si vogliano ottenere pezzi con superfici pulite e brillanti, non ossidate, si esegue il riscaldamento in bagni di sali riscaldati con elettrodi. Con questo sistema il riscaldamento è più veloce e la temperatura più facilmente controllabile.

II pezzo deve rimanere in forno, alla temperatura di austenizzazione, finché la struttura austenitica non si sia formata anche nel cuore del pezzo stesso. II tempo di permanenza nel forno è proporzionale allo spessore del pezzo. Occorre circa un’ora di riscaldamento per ogni 25 mm di spessore. Si tenga presente che più alta è la temperatura, minore dovrà essere il tempo di esposizione.

La temperatura del riscaldamento è fondamentale per la buona riuscita della tempra. Se è troppo bassa, la trasformazione della struttura di partenza in austenite non avviene. Perciò, non vi è tempra. Se la temperatura è troppo alta, il metallo si surriscalda e i suoi cristalli, ingrossandosi, si saldano tra loro. L’ingrossamento dei cristalli durante il raffreddamento può provocare tensioni, con conseguente rottura del pezzo. Perché la trasformazione in acciaio austenitico sia completa occorre mantenere il forno ad adeguate temperature.

L’operazione di raffreddamento è fondamentale per la buona riuscita del trattamento di tempra. L’operazione consiste nella immersione istantanea del pezzo uscito dal forno in un liquido refrigerante. Anche l’immersione del pezzo nella vasca contenente il liquido deve avvenire con perizia, per ottenere che il liquido bagni il pezzo in tutti i suoi punti nello stesso istante. Il contatto fra pezzo rovente e liquido sprigiona vapori, che aderiscono alla superficie del pezzo e ne impediscono il raffreddamento rapido e per evitarlo bisogna agitare fortemente il pezzo durante l’immersione.

Mezzi di raffreddamento

Per ottenere un raffreddamento rapido il mezzo refrigerante deve mantenere costante la sua temperatura. II suo volume deve essere abbastanza grande da assorbire tutto il calore ceduto dal pezzo senza riscaldarsi. Qualora i trattamenti siano in serie, e si susseguano a brevi intervalli, occorre che il mezzo refrigerato venga mantenuto freddo per mezzo di serpentine, con circolazione di acqua fredda. In mancanza di tali attrezzature occorre sostituire il refrigerante.

Questa precauzione è molto importante, perché se l’acqua diventa tiepida (35'C), anziché mantenersi fredda (20°C), gli effetti della tempra sono notevolmente ridotti. I mezzi impiegati per il raffreddamento sono numerosi, come indicato dalla tabella a fianco. Ogni mezzo consente una diversa velocità di raffreddamento.

Per velocità di raffreddamento si intende il numero di gradi di abbassamento della temperatura per ogni secondo. Per gli acciai al carbonio, ‘maggiore è il contenuto, meno drastico è il mezzo di raffreddamento richiesto. Per gli acciai legati si richiedono mezzi di raffreddamento più blandi (olio o petrolio) per evitare i rischi di rotture o distorsioni.

Alcuni acciai legati, detti autotempranti, si temprano se lasciati raffreddare all’aria. La durezza acquisita nella tempra non si estende a tutta la massa del pezzo, ma va progressivamente diminuendo dall’esterno verso l’interno. La profondità a cui arrivano gli effetti della tempra dipende dal tipo di acciaio e, in particolare, dal tenore di carbonio e di altri elementi in lega. Le case produttrici danno per ogni acciaio il valore massimo del diametro temprabile in acqua o olio. Esso è una caratteristica di ciascun acciaio ed è detto diametro critico.

Gli acciai a basso tenore di carbonio hanno un diametro critico molto piccolo e richiedono quindi refrigeranti energici, qualora si voglia ottenere tempra a grandi profondità. Gli acciai legati, invece, hanno un diametro critico molto elevato, perciò subiscono la tempra a grandi profondità, anche con mezzi refrigeranti molto blandi.

II passaggio dalla struttura austenitica a quella martensitica avviene sempre con un aumento del volume dell’acciaio. La conseguenza diretta di questo aumento di volume è che fra la crosta esterna di martensite, già formata e fragilissima, e la massa interna in via di trasformazione, che tende ad espandersi, si generano potenti forze contrapposte responsabili di piccole rotture dette cricche di tempra (come quella illustrata in figura).

Per evitare questo inconveniente, si sospende il raffreddamento per breve tempo, in modo che la temperatura si stabilizzi in tutto il pezzo, quindi si raffredda di nuovo, in modo che la trasformazione in martensite avvenga contemporaneamente in tutto il pezzo. II procedimento prende il nome di tempra scalare o interrotta. Altre precauzioni possono essere prese in fase di costruzione eliminando tutti gli inneschi a rottura, come scaglie di ossidazione, difetti di forgiatura o di laminazione, ecc.;

Rinvenimento e bonifica

Il rinvenimento è un trattamento termico che si applica agli acciai che hanno subito la tempra , e consiste nel riscaldare l’acciaio a temperatura inferiore ai punto critico Al (727°C). Scopo di questa operazione è diminuire gli effetti negativi della tempra, cioè l’eccessiva fragilità e il modesto allungamento. La tempra è sempre seguita dal rinvenimento e l’insieme delle due operazioni prende il nome di bonifica.

Con il rinvenimento vengono aumentati la resilienza e l’allungamento (e quindi la tenacità), a scapito però della durezza e della resistenza a trazione. Con il rinvenimento si libera una parte della cementite imprigionata dal raffreddamento rapido nel reticolo a corpo centrato del ferro a. Più alta è la temperatura, maggiore è la quantità di cementite che fuoriesce dal reticolo, e di conseguenza meno duro e meno fragile sarà l’acciaio.

Le strutture che si ottengono sono:

  • Martensiti rinvenute, quando la temperatura è inferiore a 300°C;
  • Sorbiti, quando la temperatura supera i 500°C.

Il rinvenimento viene realizzato attraverso le seguenti fasi:

  • Riscaldamento lento in forno fino ad una temperatura che varia a seconda dei risultati che si vogliono ottenere, ma è sempre inferiore al punto critico A1;
  • Permanenza a tale temperatura per un periodo di tempo dipendente dalle dimensioni dei pezzo;
  • Raffreddamento fino a temperatura ambiente.

L’andamento della temperatura del pezzo durante il rinvenimento è indicato nel diagramma.

Nel diagramma a lato è rappresentato l’andamento complessivo delle temperature durante il trattamento di bonifica. La prima curva traccia l’andamento dei trattamento di tempra, la seconda curva traccia l’andamento del trattamento di rinvenimento.

La temperatura di rinvenimento è di importanza fondamentale per i risultati del trattamento ed è scelta in base al tipo di acciaio e in base ai risultati che si vogliono ottenere. Più alta è la temperatura di rinvenimento, minore è l’effetto residuo della tempra precedente. Per orientare meglio l’operatore su questo rapporto, le case fornitrici degli acciai danno, per ciascun acciaio, le cosiddette curve di rinvenimento, che indicano le caratteristiche meccaniche in funzione della temperatura di rinvenimento.

Rinvenimento di acciai al nickel-cromo

La scelta della temperatura di rinvenimento per gli acciai legati al nickelcromo deve essere molto cauta. Alcuni di questi acciai, se rinvenuti nell’intervallo termico compreso fra 300 e 500°C, manifestano il fenomeno della fragilità di rinvenimento.

La fragilità di rinvenimento consiste in una diminuzione della resilienza, causata dalla formazione di composti attorno ai cristalli dell’acciaio. Questi composti causano una separazione fra i cristalli, che diminuisce la continuità del materiale e perciò la sua resilienza.

Per evitare questo fenomeno o si rinviene a temperature inferiori ai 300°C, oppure, se si rinviene a temperature superiori ai 500°C, il raffreddamento deve essere rapido (in acqua). Un altro modo per evitare questo pericolo è di ricorrere ad acciai contenenti molibdeno. L’acciaio al nickel-cromo, se rinvenuto intorno ai 300–500°C, presenta una diminuzione di resilienza. L’acciaio al nickel-cromo-molibdeno, invece, non presenta diminuzione di resilienza.

Rinvenimento di acciai rapidi

Il rinvenimento degli acciai rapidi per utensili, fortemente legati con aggiunte di W, Cr, V, Co, presenta fenomeni opposti a quelli degli acciai al Ni — Cr. Questi acciai subiscono una diminuzione della durezza finché la temperatura di rinvenimento è al di sotto dei 350°C. Al di sopra di questo valore, e fino alla temperatura di 600°C, il rinvenimento provoca un aumento della durezza. Il fenomeno è dovuto alla presenza degli elementi leganti che durante il rapido raffreddamento della tempra ostacolano la trasformazione dell’austenite. Una parte di austenite (tenera) non si è trasformata, ma si trasformerà in martensite (dura) quando la temperatura salirà sopra i 350°C.

Rinvenimento degli utensili di acciaio al carbonio

L’utensile preventivamente riscaldato alla temperatura di tempra viene immerso nel bagno raffreddante soltanto per la parte costituente il tagliente. Anziché lasciarlo raffreddare completamente, si estrae dal bagno e si osserva il colore che assume il tagliente per effetto del calore ancora posseduto dai gambo e che si propaga al tagliente. Quando il tagliente ha assunto la tinta di rinvenimento che interessa, si immerge tutto l’utensile nel bagno, raffreddandolo completamente.

Con questo sistema il gambo risulta tenace perché raffreddato lentamente, mentre il tagliente è duro perché temprato con la prima immersione e non molto fragile per il successivo rinvenimento.

Rinvenimento a colore

È largamente diffuso, per il modesto costo dell’attrezzatura, il rinvenimento a colore, ma si tratta di un mezzo di ripiego e primitivo. Siccome sappiamo che l’acciaio assume diversi colori a seconda della temperatura, si ferma e si tuffa il pezzo nell’acqua o nell’olio quando questo ha raggiunto il colore voluto.

Distensione

La distensione è un trattamento termico analogo al rinvenimento, dal quale differisce per le temperature, che sono molto più basse (100–200°C). Scopo della distensione è di ridurre sensibilmente le tensioni interne del materiale, aumentandone la tenacità senza tuttavia diminuire in modo sensibile la durezza.

Gli acciai cementati e temprati ed alcuni acciai da utensili vengono rinvenuti sui 150- 200°C, temperature alle quali non avvengono grosse variazioni delle caratteristiche meccaniche. In questi casi, il rinvenimento non porta ad una diminuzione sensibile della durezza, ma piuttosto ad una attenuazione delle tensioni indotte dalla tempra e ad una stabilizzazione dimensionale dei pezzi.

TRATTAMENTI ISOTERMICI

I trattamenti isotermici differiscono dagli altri trattamenti termici per il fatto che il cambiamento della struttura dell’acciaio viene ottenuto mantenendo costante la temperatura del pezzo e sono usati in sostituzione di quelli tradizionali per il loro costo inferiore e per la maggior precisione di risultati.

I trattamenti isotermici non sono ancora molto diffusi, perché richiedono impianti di raffreddamento speciali, che risultano convenienti solo quando si debba operare su serie di pezzi. Le strutture che si ottengono con i trattamenti isotermici non differiscono molto dalle strutture ottenute con gli altri trattamenti.

Nei trattamenti termici tradizionali la trasformazione della austenite avviene con l’abbassamento della temperatura, cioè mediante un raffreddamento continuo e progressivo fino a portare l’acciaio alla temperatura ambiente.

Nei trattamenti isotermici la trasformazione della austenite avviene mediante immersione del pezzo in un bagno di sali fusi, che mantengono costante la temperatura del pezzo durante la trasformazione della sua struttura. I trattamenti isotermici più importanti sono:

  • Bonifica isotermica o tempra bainitica
  • Ricottura isotermica
  • Tempra scalare o termale

Bonifica o tempra isotermica o tempra bainitica

Con questi trattamenti termici si limitano i pericoli di cricche e rotture alla tempra. Il procedimento evita la struttura dura e fragile della martensite e fa pervenire ad una struttura intermedia, detta bainite, molto più duttile e tenace.

La bonifica isotermica viene applicata sia su pezzi di grosse dimensioni, sia su pezzi con brusche variazioni di sezione, sia su pezzi costruiti con acciai particolarmente deformabili durante la tempra. Il trattamento non richiede il successivo rinvenimento. La tempra bainitica è rapida ed economica, ma richiede un notevole controllo della temperatura dei bagni di sale di raffreddamento e dei tempi di mantenimento nel bagno. Le modalità di esecuzione sono uguali a quelle della tempra diretta, fino alla fase di raffreddamento.

Il raffreddamento viene fatto in bagni di sali fusi mantenuti ad una temperatura superiore a quella di inizio della trasformazione di austenite in martensite.

Ricottura isotermica

Gli scopi della ricottura isotermica sono sostanzialmente simili a quelli della ricottura completa, con il vantaggio di un minore tempo di realizzazione, maggiore economia, e la possibilità di scegliere con precisione la struttura desiderata.

L’esecuzione del trattamento termico è analoga a quella della ricottura completa fino alla fase di raffreddamento, che avviene mediante immersione in un bagno di sali fusi a temperatura di poco inferiore ad A1 (700°C circa). La scelta del livello di temperatura per la trasformazione è fatta in rapporto al tipo di struttura che si vuole ottenere, tenendo presente che il tipo di struttura determina la lavorabilità dei materiale.

Tempra termale o tempra scalare martensitica

Scopo della tempra termale è ottenere le stesse caratteristiche meccaniche offerte dalla tempra diretta, riducendo però il pericolo di distorsioni e di cricche di tempra negli acciai sensibili a tali fenomeni.

Infatti, nella tempra diretta la trasformazione avviene prima sulla superficie del pezzo e poi al centro. Si producono perciò cricche e tensioni esterne, causate dall’aumento di volume al cuore dell’acciaio, quando la struttura superficiale è già martensitica.

Con questo trattamento termico, invece, la trasformazione avviene contemporaneamente in tutto il pezzo. L’esecuzione della fase di riscaldamento è analoga alla tempra diretta.

Il raffreddamento, invece, avviene mediante immersione in un bagno di sali, quindi si estrae il pezzo e si raffredda fino a temperatura ambiente.

Indurimento superficiale

Alcuni organi meccanici, come ruote dentate, alberi, cuscinetti, pistoni, eco. richiedono una elevata durezza in superficie, per resistere all’usura nelle zone di contatto. Nel contempo i pezzi, sollecitati in tempi brevi e ripetutamente, richiedono elevata tenacità nel cuore e resilienza. La durezza e la tenacità sono due proprietà in antitesi, cioè non sono mai possedute da uno stesso materiale. Ad esempio, un acciaio a basso tenore di carbonio è tenace, ma è poco duro, mentre un acciaio ad alto tenore di carbonio è duro, ma non è tenace.

Per risolvere questo problema si può procedere in due modi.

Si rende diversa la struttura del pezzo fra cuore e superficie, mediante un trattamento termico detto di tempra superficiale, oppure, si rende diversa la composizione chimica fra cuore e superficie, mediante trattamenti, detti termochimici, dì cementazione e di nitrurazione.

Cementazione

La cementazione è un trattamento termico per mezzo del quale si provoca la diffusione di carbonio nell’acciaio. Lo scopo della cementazione è ottenere pezzi tenaci all’interno e duri in superficie. Lo spessore cementato può essere di qualche millimetro, a seconda della durata del trattamento.

Sono adatti alla cementazione gli acciai con tenore di carbonio inferiore allo 0,2 % I prodotti chimici usati per cedere il carbonio all’acciaio sono detti cementi e possono essere solidi, liquidi o gassosi. Gli strati di acciaio ad alto contenuto di carbonio diventano duri se, dopo la cementazione, vengono temprati in modo da ottenere una struttura martensitica.

Cementazione solida

Per la cementazione solida si usano come elementi cementati polvere di carbone di vegetale miscelato con carbonato di bario (BaC03). La polvere di carbone ha la funzione di cedere il carbonio, producendo ossido di carbonio (CO), mentre il carbonato dì bario funge da acceleratore del processo di assorbimento del carbonio. La velocità di penetrazione è compresa fra 0,1 e 0,2 mm per ogni ora di permanenza in forno, secondo il tipo di acciaio. La profondità di cementazione va da 0,3 a 2 mm.

La permanenza in forno dipende dallo spessore di cementazione che si vuole ottenere. La temperatura del forno è portata sui 900–950°C per ottenere la trasformazione della struttura dell’acciaio in austenite che ha la possibilità di assorbire più facilmente il carbonio. L’operazione di cementazione avviene in tre fasi:

  • fase di preparazione
  • fase di cementazione e controllo fase di trattamento termico

Nella prima fase, per facilitare l’assorbimento del carbonio da parte dell’acciaio si esegue un trattamento termico preliminare di ricottura. I pezzi da cementare vengono disposti entro speciali cassette per cementazione, in modo da assicurare un ottimo contatto con la polvere cementante. Il coperchio è sigillato con argilla, per impedire l’entrata di aria. Una volta disposti i pezzi a strati alterni con la polvere cementante la cassetta è messa in forno.

Nella seconda fase, una delle pareti della cassetta è provvista di alcuni fori, nei quali vengono introdotte le provette, costituite da tondini di acciaio di 5 mm di diametro. Queste provette, che sporgono dalla cassetta e hanno l’altra estremità immersa nella polvere cementante, verranno estratte durante il trattamento per controllare la profondità di cementazione.

Per controllare la profondità di penetrazione del carbonio si estraggono successivamente i vari provini, si temprano, si spezzano ad una estremità e si esaminano al microscopio. Se lo spessore cementato ha raggiunto il valore richiesto si interrompe il trattamento.

Nella terza e ultima fase, dopo aver estratto i pezzi dalla cassetta e averli puliti dai residui di polvere, si esegue una prima tempra (A) per affinare il grano fortemente ingrossato dalle alte temperature. Si esegue quindi una seconda tempra (B) per esaltare la durezza superficiale conferita dalla cementazione, ottenendo così la struttura martensitica. È buona norma far seguire alla seconda tempra un rinvenimento di distensione © a 150- 1800C, per 2 ore, allo scopo di attenuare le tensioni del pezzi.

Cementazione liquida (cianurazione)

La cementazione liquida viene eseguita immergendo i pezzi m un bagno cementante riscaldato ad alta temperatura (900°C circa) e costituito da sali a base di cianuro (il cianuro è un composto chimico ricco di carbonio) e azoto. La cementazione per via liquida è molto più veloce di quella per via solida. In genere si impiegano tre ore per avere 1 mm di profondità di cementazione. La cementazione liquida è indicata per pezzi di piccole dimensioni e per piccole produzioni. L’azoto, che si diffonde nell’acciaio, ne aumenta la fragilità. Il processo è pericolosissimo, perché i sali di cianuro e i gas che si sprigionano durante l’operazione di cementazione sono molto velenosi.

La cianurazione viene eseguita in un forno a bagno di sali. II sale è mantenuto allo stato di fusione a 900°C. I pezzi contenuti entro i cestelli a maglie larghe vengono immersi nei sali. Trascorso il tempo necessario per ottenere lo spessore voluto di cementazione, facilmente controllabile per mezzo di provini immersi nel bagno, i pezzi vengono estratti, lasciati sgocciolare un attimo e direttamente temprati. In questo trattamento non occorre effettuare la doppia tempra, perché il tempo di permanenza nei sali è più breve e perciò il grano dell’acciaio risulta meno ingrossato.

Cementazione gassosa

La cementazione gassosa viene eseguita in forni speciali a chiusura ermetica, in un ambiente costituito da gas capaci di cedere carbonio. L’ambiente carburante può essere prodotto bruciando in assenza di aria: gas metano, propano o gas di città; idrocarburi liquidi (gasolio, nafta). Le pareti del forno sono munite di numerosi ugelli che, in aggiunta ad uno o più ventilatori, distribuiscono uniformemente il gas in tutta la camera del forno. La cementazione gassosa è adatta per pezzi di grosse dimensioni o per grosse produzioni. Il processo è rapido, come quello della cementazione liquida, ma molto meno pericoloso.

Trattamenti termici successivi alla cementazione

La cementazione, comunque eseguita, deve essere seguita da un ciclo di trattamenti termici, allo scopo di conferire massima durezza alla superficie cementata e resistenza e tenacità al cuore del pezzo. Molti difetti, come una insufficiente durezza o la presenza di zone tenere, che si attribuiscono alla cementazione, sono invece da attribuirsi ad errori commessi nei trattamenti termici successivi. I trattamenti termici più usati sono: tempra diretta e rinvenimento doppia tempra e rinvenimento.

La tempra diretta viene eseguita mediante immersione del pezzo, a temperatura di cementazione, nel liquido temprante (acqua per acciai al carbonio, olio per gli acciai legati). La tempra diretta è seguita da un rinvenimento. Questa tempra è poco razionale se viene eseguita su pezzi che hanno subito un ingrossamento del grano per la lunga permanenza a temperature elevate. La tempra, infatti, interessa solo la superficie del pezzo, e non il cuore.

Per quanto riguarda la doppia tempra , sui pezzi con grande profondità di cementazione, che perciò sono stati esposti per diverse ore alle alte temperature di cementazione (come nella cementazione solida) e di conseguenza hanno subito un ingrossamento del grano, è necessario procedere ad un affinamento del grano, per ridare tenacità all’acciaio. I pezzi destinati a subire forti sollecitazioni devono essere sottoposti a un trattamento di doppia tempra, analogo a quello prescritto per la fase di trattamento termico della cementazione solida. Il ciclo si divide nelle seguenti fasi: raffreddamento lento dopo la cementazione; tempra per affinare il grano e dare tenacità al nucleo;

METROLOGIA

Il ciclo di lavorazione per la costruzione di un pezzo è una successione ordinata di operazioni. Qualunque sia il succedersi delle operazioni, è sempre necessario verificare il procedere della costruzione effettuando i controlli e le misure necessarie:

La scelta degli strumenti per eseguire i controlli e le misure deve essere fatta in relazione alla precisione di forma e dimensioni del pezzo stabilite dal progetto in funzione dell’impiego al quale è destinato il pezzo stesso. Qui di seguito è mostrato schematicamente un esempio di ciclo di lavorazione della superficie cilindrica esterna di un albero, a partire dal disegno fino al collaudo, e sono indicati i principali controlli che devono essere effettuati durante la lavorazione.

PROGETTO E DISEGNO DEL PEZZO

Nel disegno vengono indicate tutte le informazioni utili per la costruzione del pezzo, secondo le caratteristiche previste dal progetto.

Sgrossatura del pezzo e controllo del diametro

Montato il pezzo tra le punte di un tornio, con l’utensile diritto per sgrossare, si esegue una prima passata di sgrossatura del pezzo grezzo. Con un calibro a corsoio si controlla il diametro ottenuto dopo la sgrossatura.

Finitura del pezzo

Dopo aver sostituito l’utensile di sgrossatura con un utensile diritto per finitura, si esegue una seconda passata. Il diametro ottenuto dopo la finitura viene controllato utilizzando un micrometro, che consente una misura più precisa rispetto al calibro.

Controllo della cilindricità e della circolarità

Per controllare la cilindricità del pezzo si può impiegare un comparatore, facendolo avanzare sul piano di appoggio. Per controllare la circolarità si utilizza ancora il comparatore tenendolo fisso e facendo ruotare lentamente il pezzo.

Rettifica finale e controllo della tolleranza

Con un’ultima operazione di finitura, eseguita alla rettificatrice, si porta il diametro al valore finale o, come si dice, a disegno. Il controllo della tolleranza del diametro viene eseguito con un calibro differenziale a forcella del tipo passa e non passa. Nel disegno, attraverso una rappresentazione simbolica, essenziale ma completa, vengono precisati forme, dimensioni, particolarità costruttive, tolleranze, grado di finitura, ecc.

Controllo

Il controllo serve per rilevare eventuali errori geometrici e di forma del pezzo in lavorazione rispetto al modello o al disegno dato. I controlli di questo tipo generalmente vengono eseguiti per confronto fra il pezzo e strumenti o attrezzature di controllo, che possiedono esattamente le caratteristiche geometriche e di forma richieste.

GRANDEZZE E MISURE

La misura è il risultato di un confronto fra una grandezza di cui si intende conoscere l’entità e una grandezza nota della stessa specie, detta unità di misura. Questo risultato prende il nome di misura della grandezza e si esprime in numeri. Misurare una grandezza significa quindi eseguire un’operazione di confronto o più precisamente, un rapporto. La misura viene eseguita con strumenti generalmente graduati secondo una data unità di misura.

Le principali grandezze geometriche che occorre misurare nelle lavorazioni meccaniche sono: grandezze lineari, come quote, spessori, lunghezze di spigoli, distanze tra punti, diametri di fori o di corpi cilindrici, ecc. grandezze angolari, come inclinazioni, ampiezze di angoli, conicità, ecc. In figura sono mostrati alcuni esempi di misurazioni eseguite con strumenti diversi.

  • Controllo di un’altezza con riga metrica
  • Controllo di un diametro con calibro a corsoio
  • Controllo di un angolo con goniometro universale.

Si definisce grandezza ogni entità che possa essere descritta in termini quantitativi, ossia ogni entità suscettibile di misurazione. Costituiscono esempi di grandezze:

  • Il peso di un corpo
  • La forza muscolare di un uomo la potenza di un motore
  • La velocità di una automobile
  • L’entità di una somma di denaro l’intensità di un terremoto l’intensità di una fonte luminosa ecc.

In questa sede ci si occupa esclusivamente delle grandezze fisiche, o comunque necessarie alla descrizione di fenomeni fisici, come ad esempio le grandezze geometriche. Due grandezze appartengono alla stessa classe, e si dicono omogenee o della stessa specie, quando sono confrontabili tra loro, cioè quando è possibile fissare un criterio per stabilire se siano uguali o disuguali e per giudicare, se disuguali, quale delle due sia la maggiore, e quale la minore.

Due pesi sono grandezze della stessa specie perché se ne può stabilire certamente l’uguaglianza o la disuguaglianza, per esempio ponendoli sui due piatti di una bilancia. Lo stesso vale per due lunghezze che possono essere confrontate per sovrapposizione. Una lunghezza e un peso sono invece grandezze di specie diversa in quanto non è possibile seguire alcun procedimento di raffronto che porti a stabilire una relazione di uguaglianza o diseguaglianza tra le due grandezze.

Misurare una grandezza significa confrontarla con un’altra della stessa specie, presa come termine di paragone e denominata unità di misura. Così, misurare la lunghezza di una sbarra di ferro vuol dire confrontarla con una unità di lunghezza prestabilita e determinare quante volte la lunghezza campione, che rappresenta l’unità di misura, può essere contenuta nella lunghezza della sbarra. Se, per esempio, l’unità campione è il metro, ed esso può essere riportato esattamente due volte sulla sbarra in figura, si ha:

L = lunghezza della sbarra = 2*metro = 2m

Questo rapporto costituisce la misura, rispetto all’unità prescelta, della grandezza considerata.

Misura di una grandezza

La misura di una grandezza è il numero intero o decimale che esprime il rapporto esistente tra la grandezza in esame e quella di confronto (unità di misura). Una grandezza è quindi completamente individuata dal prodotto di due fattori: il numero che dà la misura della grandezza rispetto al campione-unità; l’unità di misura stabilita per determinare quel numero.

grandezza = numero * unità di misura

Con riferimento all’esempio precedente, i due fattori che concorrono ad individuare la lunghezza della sbarra sono:

  • 2, numero puro uguale al rapporto tra lunghezza della sbarra e lunghezza del metro;
  • il metro (m), unità di misura stabilita per la nostra misurazione.

L = lunghezza sbarra = 2 * metro = = 2 m

Unità di misura

Da quanto sopra esposto riguardo alla misurazione di grandezze, si può ricavare facilmente la definizione di unità di misura. Data una grandezza A, per effettuarne la misura si considera il rapporto con una seconda grandezza B, omogenea con la prima, ottenendo un valore numerico C che esprime, quantitativamente, il valore della grandezza A riferito alla grandezza B. Ponendo, per convenzione, uguale a 1 il valore della grandezza B, quest’ultima prende il nome di unità di misura.

Si osservi che la scelta dell’unità di misura è del tutto arbitraria, nel senso che qualsiasi grandezza può essere assunta come unità alla quale riferirsi per misurare altre grandezze ad essa omogenee.

A seconda dell’unità prescelta, varierà però di conseguenza il valore numerico delle grandezze considerate. Ad esempio, la lunghezza della sbarra degli esempi precedenti, misurata secondo il sistema di misura inglese, risulta di circa 6 piedi e mezzo. Cambiando l’unità di misura, cioè assumendo il piede invece del metro, cambia il valore numerico della misura: 6,5 piedi invece di 2 m.

Approssimazione

La misura di una grandezza, rilevata con qualsiasi strumento, non coincide mai con la misura reale effettiva: gli strumenti permettono di rilevare Soltanto misure vicine o vicinissime alla misura reale. In pratica, pertanto, esistono soltanto misure approssimate, tanto più approssimate quanto più è preciso lo strumento o il procedimento adottato. L’approssimazione è la differenza fra la misura reale di una grandezza misurata e la misura letta o ricavata con uno strumento apposito. Perciò, tanto minore è questa differenza, cioè l’approssimazione, tanto più ci si avvicina alla misura reale. Al fine di ridurre al minimo l’approssimazione, si divide la grandezza unitaria in un certo numero dì parti uguali, dette sottomultipli, e si prende una di esse come nuova unità di misura.

Se anche questa non fosse contenuta esattamente nella grandezza misurata, si prende un suo ulteriore sottomultiplo. Questo processo in teoria può essere ripetuto un numero infinito di volte: in pratica però ciò non è possibile. Quindi, se l’ultimo sottomultiplo considerato non è contenuto un numero esatto di volte nella grandezza misurata, il valore letto o ricavato esprime una misura che non è quella reale e che viene detta misura approssimata. Una misura è tanto più approssimata quanto più piccola è l’unità di misura con la quale è espressa. Quindi l’approssimazione decresce proporzionalmente al ridursi dell’unità di misura.

Approssimazione per difetto o per eccesso

La misura può essere approssimata per difetto o per eccesso. Per esempio, se l’unità di misura è contenuta fra 13 e 14 volte nella grandezza in esame, 13 sarà la misura per difetto e 14 quella per eccesso. In pratica l’approssimazione è presa per difetto, se la parte che supera il valore minore è inferiore alla metà dell’unità di misura usata. L’approssimazione è presa per eccesso se la stessa parte è superiore alla metà della stessa unità di misura.

Se, ad esempio, si misura con la riga una quota che risulta compresa tra 4 e 5 cm, si dice che la misura è di 4 cm con un’approssimazione per difetto a meno di 1 cm; oppure di 5 cm con un’approssimazione per eccesso a meno di 1 cm. Ciò vuol dire che se viene presa come misura 4 cm si trascura una parte che è meno di 1 cm; se invece viene presa come misura 5 cm si aggiunge una parte che è minore di 1 cm. Se si ripete l’operazione prendendo come unità il millimetro la misura risulta compresa fra 44 e 45 millimetri. Si dice che la misura è di 44 millimetri per difetto a meno di 1 mm o dì 45 mm per eccesso a meno di 1 mm. Una misura è sempre definita da un numero e da una unità di misura.

Quando il numero è intero tutte le cifre che lo compongono, compresi gli zen, sono significative e l’approssimazione della misura è data dall’unità di misura adottata. Quando il numero è costituito da una parte, intera e da una decimale, cioè è un numero con la virgola, gli zeri, alla destra dell’ultima cifra significativa, in matematica sono cifre non significative. Invece sono significative in metrologia, perché stanno ad indicare l’approssimazione della misura, cioè quale è il più piccolo sottomultiplo dell’unità di misura considerato.

Ad esempio, se l’unità di misura adottata per misurare una quota è il millimetro, le misure 35 mm,35,0 mm, 35,00 mm sono uguali da un punto di vista matematico, ma molto diverse dal punto di vista metrologico. Infatti l’approssimazione è diversa:

  • 35 mm significa che la misura è approssimata al mm;
  • 35,0 mm significa che la misura è approssimata al decimo di mm;
  • 35,00 mm significa che la misura è approssimata al centesimo di mm.

L’approssimazione di una misura e quindi le cifre significative che vanno considerate, dipendono in generale dai tipo e dalla precisione dello strumento impiegato.

STRUMENTI DI MISURA E CONTROLLO

Gli strumenti di misura servono a misurare e a controllare le dimensioni e il grado di precisione raggiunto nella lavorazione di un pezzo, in rapporto a quello prescritto dal disegno. Gli strumenti sono diversi a seconda della grandezza da misurare e a seconda del tipo di misurazione o di controllo da effettuare su una stessa grandezza. Gli strumenti, secondo l’uso e la funzione, possono essere classificati in:

  • Strumenti misuratori
  • Strumenti riportatori
  • Strumenti di controllo fissi, calibri
  • Strumenti comparatori-misuratori

Strumenti misuratori

Gli strumenti misuratori portano una graduazione mediante la quale è possibile leggere il valore della grandezza misurata. Gli strumenti misuratori di una stessa grandezza possono differire tra loro per il grado di precisione e per il tipo di misura che consentono di effettuare. Sono strumenti misuratori, ad esempio:

  • La riga metrica (1)
  • Il calibro a corsoio (2)
  • Il micrometro per esterni (3)
  • Il micrometro per interni (4)
  • Il goniometro (5)

Strumenti riportatori

Gli strumenti riportatori servono a riportare dal pezzo a uno strumento di misura munito di graduazione il valore di una grandezza. Sono usati quando la forma particolare di un pezzo o la posizione in cui si trova non consentono una misurazione diretta. Sono strumenti riportatori, ad esempio:

  • Il compasso per il riporto di quote esterne (1)
  • Il truschino semplice per il riporto di altezza (2)
  • La squadra falsa per il riporto di angoli (3)

Strumenti di controllo fisso, calibri

Gli strumenti di controllo fissi, chiamati anche calibri, sono strumenti campione, coi quali vengono controllati per confronto i pezzi. Essi pertanto, verificano se le dimensioni o la forma del pezzo rientrano nelle tolleranze stabilite dal disegno, ma non danno l’entità delle eventuali differenze tra quota raggiunta e quota campione. Sono strumenti di controllo, ad esempio:

  • Le squadre fisse per il controllo di angoli (1)
  • Il piano di riscontro per il controllo della planarità delle superfici (2)
  • I calibri fissi per il controllo di alberi e fori (3)
  • Il contafiletti per il controllo del passo di una vite (4).

Strumenti comparatori misuratori

Gli strumenti comparatori misuratori servono ad eseguire controlli per confronto con pezzi campione e per verificare se la forma e le dimensioni di un pezzo rientrano nelle tolleranze stabilite dal disegno. Questi strumenti non forniscono pertanto direttamente la misura di una quota, ma, grazie alla graduazione di cui sono fomiti, precisano il valore della differenza tra una quota campione e la quota in esame. Sono strumenti comparatori misuratori, ad esempio:

  • Il comparatore, per misure e controlli di esterni (1)
  • L’alesametro, per il controllo di fori (2)
  • Il rugosimetro per il controllo del grado di finitura di una superficie (3).

Parti e caratteristiche di uno strumento di misura

Gli strumenti misuratori sono costituiti di alcuni elementi fondamentali che, in forme diverse, si ritrovano sempre:

  • La graduazione
  • La scala
  • L’indice

La graduazione è costituita dall’insieme delle suddivisioni di una scala. La scala è rappresentata dal valore numerico delle suddivisioni della graduazione. L’indice è l’elemento che registra il valore della grandezza misurata sulla scala graduata.

Caratteristiche degli strumenti

L’esattezza di una misura dipende dalla precisione e dalle caratteristiche dello strumento misuratore.

Le principali caratteristiche di uno strumento misuratore sono le seguenti:

  • Precisione e sensibilità
  • Portata e campo di misura
  • Approssimazione.

Precisione

L’indice o grado di precisione di uno strumento è la massima differenza tra il valore della misura fornita dallo strumento e il valore reale della grandezza misurata. La precisione varia a seconda del tipo di strumento e della qualità delle sue caratteristiche costruttive, garantite dalla ditta produttrice. Ad esempio l’indicazione di precisione ± 0,01 mm, riferita a un calibro, significa che il valore effettivo della grandezza misurata può essere maggiore o minore del valore fornito dallo strumento al massimo di 0,01 mm.

Sensibilità

La sensibilità è il rapporto tra la variazione dell’indice dello strumento sulla scala graduata e la corrispondente variazione della grandezza da misurare. Quando lo strumento è molto sensibile, una piccola variazione della grandezza da misurare provoca un grande spostamento dell’indice dello strumento sulla scala graduata. La sensibilità è una caratteristica degli strumenti ad amplificazione meccanica, pneumatica o elettrica. Ad esempio il sistema di amplificazione meccanica di un comparatore fa corrispondere ad 1 mm di spostamento del tastatore un giro completo dell’indice sul quadrante graduato.

Portata

La portata è il valore della massima grandezza che lo strumento può misurare. Ad esempio, i micrometri, a seconda delle dimensioni, possono avere portate che vanno da 25 mm a 1500 mm. Prima di eseguire qualsiasi misura è necessario accertarsi che la portata dello strumento impiegato sia superiore alla misura della grandezza in esame.

Campo di misura

Il campo di misura è la differenza tra la misura massima e la misura minima che lo strumento è in grado di rilevare. Ad esempio, il campo di misura del micrometro viene limitato a 25 mm, indipendentemente dall’ampiezza della staffa ad arco. La dimensione della staffa ad arco determina invece la massima lunghezza misurabile col micrometro, cioè la portata. Pertanto col micrometro si possono effettuare misure da O a 25 mm, oppure da 25 a 50mm, da 50 a 75mm ecc.: in ogni caso il campo di misura è sempre di 25 mm.

Approssimazione

L’approssimazione è la più piccola frazione di una grandezza, che è possibile misurare con un dato strumento. Per esempio, una riga suddivisa in mezzi millimetri ha una approssimazione di 0,5 mm.

ERRORI DI MISURA

Il valore esatto di una misura è praticamente impossibile da conoscere, infatti il valore di essa dipende sia dall’approssimazione dello strumento impiegato, sia dagli errori, di varia natura, in cui si incorre nell’esecuzione della misurazione. Paradossalmente si può dire che la metrologia è la scienza dell’imprecisione. Con ciò si vuol dire che solo conoscendo l’entità dell’errore o dell’incertezza di una data misura, si può affermare di avere eseguito correttamente quella misura e considerare quindi accettabile il valore numerico corrispondente. L’errore nella misura, ossia la differenza tra la misura fornita dallo strumento e la misura reale della grandezza, può essere provocato da varie cause:

  • Cause dipendenti dallo strumento
  • Cause dipendenti dall’operatore
  • Cause dipendenti dall’ambiente

Gli errori dovuti allo strumento dipendono da difetti di costruzione o dal logoramento dello strumento e si manifestano sistematicamente, cioè tutte le volte che si impiega quel dato strumento. Questi errori possono essere eliminati, o almeno ridotti, se si ha l’accorgimento di verificare sempre lo stato di efficienza dello strumento. prima di accingersi ad una misurazione. Quando uno strumento è difettoso va sostituito con un altro. In ogni caso è necessario accertarsi degli eventuali difetti e, se possibile, correggerli o tenerne conto nei risultati della misurazione. I principali errori dovuti allo strumento sono indicati.

Errori di divisione: Riguardano l’esattezza della distanza tra le divisioni delle scale graduate

Errori dovuti alla scarsa fedeltà : Riguardano la discordanza dei valori ottenuti eseguendo con lo stesso strumento più volte la stessa misura. Ciò dipende, principalmente, dai giochi esistenti nei vari organi meccanici dello strumento.

Errori dovuti all’usura : Riguardano il logorio delle superfici di misura o comunque di organi fondamentali dello strumento. Questi errori vengono limitati costruendo gli strumenti con materiali resistenti all’usura e all’ossidazione.

Errori dovuti a scarsa rigidezza dello strumento : Questo comporta che, sotto la pressione che si stabilisce nel contatto tra lo strumento e il pezzo, entrambi possono subire delle deformazioni che influenzano il valore della lettura. Questi errori vengono limitati costruendo gli strumenti con materiali di elevata durezza e indeformabili.

Errori dovuti all’operatore : Gli errori dovuti all’operatore dipendono principalmente dalla maggiore o minore abilità che l’operatore impiega nell’eseguire l’operazione; dipendono cioè dalla pratica che si possiede nell’uso degli strumenti. Questi errori variano e sono dipendenti dalle capacità sensoriali (vista, tatto, ecc.) dell’operatore e tendono a diminuire man mano che, con la pratica, l’operatore acquista esperienza e sensibilità. Gli errori dovuti all’operatore si possono eliminare, o almeno ridurre, ripetendo più volte la stessa misurazione con lo stesso strumento e facendo la media delle diverse letture. I principali errori dovuti all’operatore sono indicati.

Errori dipendenti dalla mancata taratura o azzeramento dello strumento : Dopo aver usato più volte o anche una sola volta lo strumento, esso deve essere riportato nelle condizioni iniziali seguendo le istruzioni che ne accompagnano l’uso. Il mancato azzeramento o la mancata taratura, oltre a falsare le misure, portano alla perdita di sensibilità ed efficienza degli strumenti.

Errori dovuti alla scelta dello strumento di misura : Ogni misurazione richiede l’impiego di uno strumento che sia adatto sia al tipo di misura da rilevare, sia alla forma del pezzo da controllare, sia alla precisione richiesta dal controllo. L’uso di uno strumento inadeguato falsa i risultati di un qualsiasi controllo anche se eseguito con la massima cura.

Errori di posizionamento e di manovra : Ogni strumento deve essere manovrato secondo regole precise che variano a seconda delie sue caratteristiche funzionali e a seconda del tipo di controllo da eseguire. Il modo in cui lo strumento è messo a contatto del pezzo, il modo in cui viene trattenuto e manipolato, la posizione che assume rispetto al pezzo durante la misura, possono essere tutte cause di errore dovute all’imperizia dell’operatore e alla mancata osservanza delle istruzioni d’uso.

Errori di parallasse : In certi strumenti l’indice scorre distanziato dalla scala graduata, in questo caso la lettura deve essere fatta in modo che la visuale dell’operatore sia in direzione perpendicolare alla scala. In caso contrario si legge una misura diversa e si commette il cosiddetto errore di parallasse.

Errori dovuti all’ambiente : Gli errori dovuti all’ambiente sono di . tipo accidentale, cioè si verificano quando mutano le condizioni ambientali (temperatura, umidità, vibrazioni, ecc.). Questi errori, e specialmente quelli dovuti agli effetti della temperatura, sono riducibili mantenendo nell’ambiente condizioni costanti. Gli errori dovuti all’ambiente sono eliminabili soltanto modificando le condizioni ambientali e riportandole a quelle ideali, oppure, se non è possibile, tenendo conto nei risultati delle variazioni quantitative che subiscono le misure a causa delle variazioni delle condizioni ambientali stesse, mantenute sotto attento controllo.

Errori dovuti alla temperatura : Le variazioni di temperatura, sia del pezzo sia dello strumento impiegato per il controllo, possono falsare la misura a causa della dilatazione o della contrazione che subiscono i corpi metallici rispettivamente quando aumenta o quando diminuisce la temperatura. Anche se piccole, le variazioni dimensionali di un pezzo a temperature diverse non sono trascurabili, soprattutto quando si eseguono misure precise. Si tenga presente che una variazione di ± 10°C su un pezzo di acciaio lungo 100 mm altera di ± 0,018 mm la sua lunghezza. In certi casi si deve perfino tenere conto del calore prodotto dalla mano dell’operatore che agisce sullo strumento o sul pezzo da misurare. Per queste ragioni su tutti gli strumenti di precisione è riportata la temperatura alla quale devono essere eseguite le misure. In genere gli strumenti sono tarati a 20 °C (temperatura ambiente).

Errori dovuti all’umidità : Un eccesso di umidità nell’ambiente ostacola la buona conservazione degli strumenti, dando luogo ad ossidazioni sulle superfici non protette.

Errori dovuti all’illuminazione : Una scarsa intensità luminosa non consente di distinguere, per esempio, le divisioni di una scala graduata dello strumento. Analogamente ciò vale per una sorgente luminosa dotata di un elevato potere abbagliante.

Errori dovuti alla scarsa pulizia dello strumento o del pezzo : La presenza di detriti, grassi ecc. soprattutto sulle parti a contatto tra lo strumento e il pezzo, comporta delle misure falsate e imprecise. Inoltre pregiudica la buona conservazione degli strumenti di misura.

Errori dovuti alle vibrazioni : Provengono, solitamente, dai vicini reparti di lavorazione ed esercitano, per ovvie ragioni, un’influenza negativa durante l’esecuzione delle misure, soprattutto quando vengono impiegati gli strumenti più sensibili.

Valore medio delle misure

Tenendo conto di tutte le possibili cause di errore sopra richiamate risulta evidente che in metrologia non ha senso parlare di misura esatta. Anche se le condizioni ambientali sono ideali, anche se lo strumento impiegato è in perfetto stato, anche se l’operatore esegue correttamente la misurazione, un certo errore, sia pure piccolo, deve essere sempre previsto.

In ogni caso la precisione di una misura è, se non altro, limitata dalla Precisione dello strumento impiegato, che, come vedremo, non può essere assoluta, ma può garantire solo una certa approssimazione che dipende dal tipo di strumento e dalle sue caratteristiche. Per correggere almeno parzialmente gli errori di tipo accidentale, in particolare quelli dovuti all’operatore e alle condizioni ambientali variabili, si consiglia di ripetere sempre più volte la stessa misurazione e di assumere quindi come valore più probabile della misura il valore medio tra quelli rilevati dalle singole misurazioni.

Il metodo più semplice è quello di calcolare la media aritmetica delle varie misure, cioè il valore che si ottiene sommando i risultati delle varie misure e dividendo la somma per il numero di misurazioni effettuate.

Se m1 m2, m3, …, mn sono i valori delle N misure effettuate, il valore della misura media m è dato da: m= (m1 +m2+m3+ …+mn) /N

Qualora il valore di una misura risultasse molto diverso da tutti gli altri bisogna scartarlo, cioè non considerarlo nel calcolo della media aritmetica, perché evidentemente è il frutto di un errore di misura grossolano. Se fosse considerato nei calcoli falserebbe il valore della misura media più probabile.

Sistemi di misure lineari

Per le misure lineari attualmente sono in vigore due sistemi: il Sistema Internazionale (SI) il sistema inglese. Il Sistema Internazionale si basa sul sistema metrico decimale ed è il più usato nel mondo. II sistema inglese è usato solo nei paesi anglosassoni. Mentre nei paesi del Regno Unito sta per essere soppiantato dai Sistema Internazionale, il sistema inglese è ancora largamente utilizzato negli Stati Uniti soprattutto nel campo tecnologico. In Italia viene utilizzato il Sistema Internazionale (SI). Le unità di misura del sistema inglese sono ancor oggi utilizzate in Italia solo in certi settori tecnologici (ad esempio nel campo della fotografia) e in meccanica per esprimere le dimensioni di alcuni tipi di tubi, viti e filettature.

Nel Sistema Internazionale, l’unità di misura delle lunghezze è il metro (simbolo m). Nel corso della XI Conferenza Generale del Comitato Internazionale dei Pesi e Misure, tenuta a Parigi nell’ottobre del 1960, il metro è stato definito come segue: II metro fu adottato originariamente come la lunghezza corrispondente alla 40 milionesima parte della supposta lunghezza dei meridiano terrestre. Nel sistema metrico decimale in vigore fino al 1960, l’unità di misura delle lunghezze era il metro internazionale, definito come distanza fra due tratti paralleli incisi su una faccia della barra prismatica di platino legato col 1O % di iridio, alla temperatura di 0°C, ed alla pressione atmosferica normale (760 mm Hg), conservata nel Pavillon International des Poicis et Mesures di Sèvres, in Francia. Tutte le misure di lunghezza possono essere espresse utilizzando come unità di misura il metro. In pratica però, per esprimere lunghezze molto grandi o molto piccole si utilizzano i multipli e i sottomultipli del metro. Ciò soprattutto al fine di non dover esprimere una lunghezza con numeri formati da troppe cifre.

II sistema internazionale, in base soprattutto alla consuetudine, raccomanda l’uso dei seguenti multipli e sottomultipli del metro:

  • il chilometro (km): 1 km — 1.000 m =103m
  • il millimetro (mm): 1 mm = 1/1000 m =10–3 m
  • il micrometro o micron (µm): 1/1000000 m = 10- 6 m

Sono ammessi inoltre:

  • il centimetro (cm): 1 cm = 1/100 = 10- 2 m
  • il decimetro (dm): 1 dm = 1/1O m =l0–1 m

La scelta delle unità più appropriate viene fatta in relazione alla grandezza e alla precisione delle dimensioni da misurare. Per esempio, tra due città le distanze si danno in chilometri (km): Como dista da Milano 40 km. Le altezze degli edifici si danno in metri: altezza di una torre 40 m. In meccanica le quote si danno in millimetri: lunghezza di un bullone 40 mm. L’unità di misura utilizzata in tecnologia è il millimetro. I suoi sottomultipli più usati sono:

  • Il decimo (0,1 mm)
  • Il centesimo (0,01 mm)
  • Il millesimo o micrometro o micron (1 µm — 0,001 mm)

IN CONCLUSIONE

La tecnologia meccanica è la parte della ingegneria meccanica che si occupa della realizzazione di un pezzo, partendo dalla materia prima o da un semilavorato, tramite i vari processi sino a giungere ad una forma ben definita, determinata dalle funzionalità a cui dovrà far fronte l’oggetto in questione.

Comprende una serie razionale di operazioni, denominate fasi del ciclo di lavorazione, che utilizzando le proprietà delle materie prime, portano per successive approssimazioni un determinato oggetto metallico alla forma geometrica, alle dimensioni e alle proprietà richieste. La tecnologia meccanica comprende pertanto, una serie di trasformazione dei materiali metallici.

In meccanica i materiali più comunemente usati sono le leghe metalliche:

  • siderurgia: si occupa della produzione di acciaio e ghisa

I componenti meccanici dovranno avere le più svariate geometrie, che gli verranno impresse tramite diversi processi di lavorazione:

  • fusione
  • deformazioni plastiche
  • lavorazioni per asportazione di truciolo alle macchine utensili
  • sinterizzazione
  • azione elettrolitica
  • azione chimica
  • bombardamento elettronico
  • elettroerosione
  • getto di plasma
  • ultrasuoni
  • collegamenti e saldature

La scelta di un procedimento tecnologico piuttosto di un altro procedimento dipende da svariati fattori, come, per esempio:

  • natura del materiale metallico;
  • fattore economico;
  • precisione del pezzo finito che si vuole ottenere;
  • numero di pezzi che si devono produrre;
  • tempo e macchine disponibili.

La necessità di far progredire la tecnica, obbliga l’uomo, a studiare incessantemente nuovi procedimenti basati essenzialmente sui seguenti principi:

  • aumento della velocità di produzione per pezzo;
  • introduzione di nuovi materiali;
  • riduzione dei tempi morti;
  • introduzione di nuovi metodi di controllo;
  • ricerche fisiologiche e psicologiche sugli operatori.

La scelta di un procedimento tecnologico dev’essere esaurientemente giustificata, dato che oggigiorno si può spesso ottenere lo stesso prodotto in modi differenti.

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Dr Francesco Dergano

CEO of @skydatasol (dormant) — Principal of @kamiwebproject — Lead Research Manager of The Antarctic National Security Framework — Full-Time Student