In Italiano: Disegno, progettazione ed organizzazione industriale (Parte 1)
ASTRATTO: Gli appunti di seguito riportati traggono origine dalle lezioni tenute dall’autore, raccolte da un volume pubblicato negli anni 90, insieme agli altri due che completavano il corso di “DISEGNO, PROGETTAZIONE ED ORGANIZZAZIONE INDUSTRIALE per ITI MECCANICI” Purtroppo il volume era datato: veniva trattato estesamente il sistema operativo MS DOS, sviluppato il programma TURBO-PASCAL ecc. Tolte le parti che non interessano più, ed effettuati alcuni ritocchi, il “tipo” di cui sopra l’autore ha deciso di aggiungere gli appunti così modificati a quelli del suo sito. La parte di elettrotecnica generale non è datata e quindi può essere utilizzata.
INTRODUZIONE
La tendenza attuale nel campo delle macchine utensili è quella di estendere sempre più il controllo automatico, con l’applicazione di sistemi programmati mediante il cosiddetto “controllo numerico”. Questo tipo di controllo assicura il comando della macchina utensile senza l’intervento degli operatori, sulla base delle istruzioni registrate, secondo un adatto codice, su nastri magnetici o schede perforate. Tali istruzioni comprendono tutti i parametri che entrano in gioco in una lavorazione, come la scelta e il posizionamento degli utensili, la determinazione delle velocità di taglio e di avanzamento, i controlli dimensionali e di forma, ecc.
Si va anche progressivamente estendendo il processo di “controllo adattativo”. Questo è fondato sul criterio di adeguare in ogni istante le condizioni di lavoro della macchina a quelle ottimali per determinati fini, per es., per la più conveniente durata degli utensili. Così, in una lavorazione di fresatura i denti dell’utensile potranno incontrare resistenza al distacco dei trucioli variabile da zona a zona, per diversità locali sia del sovrametallo da asportare sia della durezza superficiale. La velocità di avanzamento del pezzo in un sistema adattativo sarà in ogni istante regolata a un valore tale da assicurare che la forza per unità di lunghezza dello spigolo di taglio impegnato resti costante nel tempo. Una macchina utensile con controllo adattativo non lavorerà quindi in questo caso con velocità di avanzamento costante, ma questa verrà regolata da un elaboratore nel quale saranno immessi i segnali provenienti da appositi trasduttori che rileveranno, istante per istante, lo sforzo di taglio.
Si assiste oggi, in generale, a un progressivo sviluppo dei processi di lavorazione in forma di sistema atto a elaborare le informazioni disponibili per l’ottimizzazione della produzione sotto i diversi aspetti. In questo quadro di carattere generale si ricordano alcuni processi speciali di lavorazione per asportazione di materia che si sono sviluppati per applicazioni particolari, in sostituzione a quelli tradizionali fondati sull’uso di utensili da taglio, nelle comuni macchine utensili.
PROIEZIONI ORTOGONALI
1.1 Introduzione.
Nel metodo delle proiezioni ortogonali l’oggetto da rappresentare viene proiettato su diversi piani di solito ortogonali fra loro. Su ciascun piano l’oggetto viene proiettato con proiezione parallela ed ortogonale. si ottiene su ciascun paino una figura denominata vista. La rappresentazione in proiezioni ortogonali di un oggetto consiste nel disegno di un numero di viste necessario e sufficiente a garantire la corretta interpretazione dell’ oggetto.
1.2 Sistemi di proiezione.
Esistono due metodi di proiezione: il metodo del primo diedro o europeo e il metodo del terzo diedro o americano. Osservando la figura se l’oggetto é posizionato nel primo diedro, esso si trova fra l’osservatore ed il piano di proiezione. La proiezione che ne risulta é secondo il metodo europeo. se l’oggetto si trova nel terzo diedro é il piano di proiezione ad essere tra l’osservatore e l’oggetto. La proiezione che ne risulta ¢ secondo il metodo americano.
Innanzitutto si prevede la scelta e la rappresentazione di una vista principale, Tale scelta é arbitraria, ma di solito si sceglie quella piu rappresentativa (maggior numero di informazioni). Le altre viste si dispongono in relazione alla vista principale. Nel metodo europeo (che é il metodo che useremo) si dispongono cosi: vista da sinistra a destra della principale, vista dal basso in alto, vista da destra a sinistra, vista dall’alto in basso, vista da dietro a destra della vista da sinistra.
1.3 Linee, spigoli, assi di simmetria, oggetti simmetrici e altri particolari.
Le linee principali che si rappresentano in una vista sono gli spigoli e i contorni dell’ oggetto. Gli spigoli rappresentano quei segmenti dove due superfici dell’oggetto si incontrano formando uno
spigolo vivo. I contorni rappresentano quei segmenti che, in una determinata vista delimitano l’oggetto o parti di
esso.
In una vista non tutti gli spigoli ed i contorni risultano visibili, in quanto potrebbero essere nascosti da altre parti dell’oggetto. Secondo la norma UNI 3968 gli spigoli ed i contorni nascosti si possono rappresentare con linea a tratti grossa o a tratti fine. la rappresentazioni di questi si rende necessaria quando senza di essa il disegno non sarebbe comprensibile.
Le superfici degli oggetti reali spesso non si intersecano formano uno spigolo vivo ma mantengono una certa continuita in tangenza. In questo caso si dice che le superfici sono raccordate. In teoria dunque non vi sono linee in vista ma nella pratica si ricorre alla rappresentazione di spigoli fittizi rappresentati con linea fine.
Secondo la norma UNI 3968 gli assi di simmetria devono essere rappresentati con linea mista fine. Nel caso della circonferenza si rappresentano per convenzione due assi ortogonali fra loro.
Se una figura possiede uno o due assi di simmetria, é consentito rappresentarne soltanto meta od un quarto. Gli assi di simmetria devono essere allora contrassegnati da due tratti brevi paralleli.
Quando un oggetto é molto grande e si vuole mettere in evidenza una parte soltanto di esso si puo ricorrere ad una vista parziale. La parte rappresentata é delimitata da linee fini irregolari. La vista interrotta consiste invece nell’escludere una parte poco significativa dell’oggetto dalla rappresentazione.
Viste in sezione
2.1 Normativa. Principi generali.
Sezione: rappresentazione, secondo il metodo delle proiezioni ortogonali, di una delle parti in cui viene diviso l’oggetto da un taglio ideale eseguito secondo uno o pit piani o altre superfici. Le sezioni possono essere fatte utilizzando i seguenti elementi secanti:
- unsolo piano;
- piu piani parallel;
- pili piani incident.
La traccia dei piani di sezione deve essere rappresentata con linea tipo H (UNI 3968), con due frecce agli estremi indicanti il verso di proiezione. Ciascuna freccia deve essere contrassegnata da una stessa lettera maiuscola.
2.2 Tipi di sezioni.
Sezione con un solo piano.
L’elemento sezionatore é unico. E’ il tipo di sezione pit semplice e molto utilizzato. La parte dell’oggetto effettivamente attraversata dal piano di sezione é contraddistinto dal tratteggio o campitura.
Sezioni con piani paralleli.
In molti casi é conveniente rappresentare in un’unica vista in sezione il risultato del taglio eseguito su piu piani paralleli.
Sezioni con piani incidenti.
In alcuni casi, specialmente con oggetti di rotazione, é utile rappresentare in un’unica vista in sezione il risultato del taglio eseguito su piani incidenti.
Par 2.3 Impiego dei tratteggi. Elementi che non si sezionano.
L’esecuzione del tratteggio é soggetta a regole di rappresentazione:
- oggetti diversi adiacenti devono essere campiti con diverso tratteggio;
- oggetti di spessore sottile possono essere anneriti;
- superfici grandi possono essere campite solo lungo i bordi.
Per motivi di chiarezza alcune parti attraversate dal piano di sezione non vanno sezionate:
- chiavette e linguette;
- razze ruote e pulegge;
alberi; - spine e perni;
- elementi volventi;
- rosette, dadi, viti;
- nervature.
Quotatura
Par 3.1 Introduzione.
Per vuotatura si intende l’insieme delle norme che permettono, in un disegno, di indicare esplicitamente le dimensioni (lineari ed angolari) dell’ oggetto rappresentato. Una quota viene rappresentata da una linea di misura confinata tra due linee di riferimento. Le estremita della linea di misura sono evidenziate con frecce o tratti obliqui. Il valore numerico della quota (mm per dimensioni lineari e gradi per quelle angolari) é sempre riferito alle dimensioni reali indipendentemente dalla scala.
3.2 Criteri e regole.
Criterio per la scrittura tipo A.
Le cifre devono essere disposte parallelamente alle linee di misura, al di sopra e staccate da esse. I valori devono poter essere letti dalla base o dal lato destro del disegno.
Criterio B.
Le quote devono essere lette solo dalla base del disegno. le linee verticali ed oblique devono essere interrotte nella parte mediana per la scrittura della quota.
Regola per la scrittura 1. Gli assi di simmetria e le linee di contorno non devono essere usate come linee di misura. Si possono usare pero come linee di riferimento.
Regola per la scrittura 2. L’intersezione delle linee di misura con quelle di riferimento deve essere per quanto possibile evitata.
Regola per la scrittura 3. Le linee di misura devono essere tracciate, per quanto possibile, all’esterno della figura. Importante é ricordare che non si possono quotare elemento non in vista.
3.3 Alcune vuotature.
Quotatura di dimensioni fuori scala. In presenza di interruzione la quotatura va sottolineata.
Quotatura di angoli.
Quotatura di diametri.
Quotatura di raggi.
Quotatura di smussi.
Quotatura di elementi ripetuti.
Tolleranze
Par 4.1 Introduzione.
Le geometrie e le dimensioni riportate nei disegni si riferiscono a superfici teoriche che non potranno essere realizzate con assoluta precisione nelle lavorazioni industriali. Nella realizzazione di componenti meccanici si deve tener conto degli scostamenti che si hanno tra le dimensioni e le forme effettive con le corrispondenti teoriche. Gli errori di realizzazione sono: errori sulle dimensioni ed errori sulla geometria; questi ultimi si suddividono in errori macrogeometrici ed errori microgeometrici. Per stabilire l’intercambiabilita dei pezzi, é necessario stabilire dei limiti entro i quali deve contenersi la variabilita, sia come dimensioni che come geometria, del componente reale.
4.2 Sistema di tolleranze ISO.
Concetti generalizzati di foro ed albero nel sistema delle tolleranze:
- foro: generico elemento rappresentante una parte vuota
- albero: generico elemento che rappresenta una parte piena
Definizioni (per alberi).
Scostamento superiore: differenza tra la dimensione massima e quella nominale es=(dmax-dn)
scostamento inferiore: differenza tra la dimensione minima e quella nominale e=(dmin-dn)
tolleranza: differenza tra la dimensione limite massima e dimensione limite minima
Per i fori é analogo con la differenza che di indicano i diametri con D e gli scostamenti con E.
Nel sistema ISO delle tolleranze, queste vengono indicate con IT. in base alle precedenti relazioni si ha per i fori:
per gli alberi:
Il valore di IT definisce l’ampiezza di tolleranza. A valori maggiori di IT corrispondono maggiori ampiezze e quindi miniori qualita e precisione di lavorazione. La normativa prevede un totale di 20 gradi di tolleranze normalizzate designate con le sigle da ITO1 a IT18.
Nella rappresentazione grafica delle tolleranze si utilizza una linea convenzionale chiamata linea dello zero. E’ la linea che rappresenta la dimensione nominale (scostamento nullo).
Dalla figura si deduce che, le dimensioni massima e minima di un oggetto in tolleranza sono note quando risultano assegnanti:
- il valore IT della tolleranza dimensionale
- il valore dello scostamento superiore o inferiore
Questi due valori indicano rispettivamente l’ampiezza di tolleranza e la posizione della tolleranza.
Scostamenti fondamentali.
Gli scostamenti fondamentali per alberi sono:
- loscostamento superiore es per le posizioni da a ad h
- loscostamento inferiore ei per le posizioni da k a zc
Gli scostamenti fondamentali per fori sono:
- loscostamento inferiore Ei per le posizioni da A ad H
- lo scostamento superiore Es per le posizioni da K a ZC
Gli scostamenti fondamentali js e JS prescrivono una tolleranza ripartita simmetricamente rispetto alla linea zero. Nella figura che segue: rappresentazione schematica degli scostamenti fondamentali; per convenzione, lo scostamento fondamentale é quello che definisce il limite piu vicino alla linea dello zero.
Di seguito vengono riportare le tabelle che contengono i valori numerici degli scostamenti fondamentali per alberi e fori espressi in um.
Nelle figure che seguono vengono fornite indicazioni sulle tolleranze dimensionali.
4.3 Accoppiamenti.
Nell’accoppiamento di due pezzi di uguale dimensione nominale, dei quali uno albero e I’altro foro, soggetti a tolleranza, possono aversi tre situazioni:
- la dimensione reale dell’albero é sempre maggiore della dimensione reale del foro (accoppiamento con interferenza);
- la dimensione reale del foro é sempre maggiore della dimensione reale dell’albero (accoppiamento con gioco);
- la dimensione reale dell’albero puo essere, a seconda dei casi, maggiore o minore della dimensione reale del foro (accoppiamento incerto).
Designazione degli accoppiamenti.
Secondo il sistema ISO, gli accoppiamenti tra alberi e fori soggetti a tolleranza vengono indicati con:
- ladimensione nominale (comune ai due pezzi);
- isimboli che designano, nell’ ordine, la tolleranza relativa al foro e quella relativa all’albero.
Normalmente si accoppiano fori a tolleranza JTn con alberi a tolleranza [T(n-1). Per diminuire il numero elevato di accoppiamenti che deriverebbero dall’impiego di tutte le possibili posizioni di tolleranza, sono preferiti due sistemi di accoppiamento di seguito riportati.
Sistemi di accoppiamento albero-base e foro-base.
- Nel sistema albero-base si considerano accoppiamenti per i quali lo scostamento inferiore della dimensione relativa all’albero é nullo (albero in posizione h).
- Nel sistema foro-base si considerano accoppiamenti per i quali lo scostamento inferiore della dimensione relativa al foro é nullo (foro in posizione H).
Immediate considerazioni portano ad affermare che nel sistema albero base, risultano le seguenti caratteristiche per gli accoppiamenti:
- con gioco per le posizioni del foro da A ad H;
- incerto per le posizioni da J a N:
- con interferenza per le posizioni da P a Zc.
Analogamente, nel sistema foro-base, si hanno i seguenti accoppiamenti:
- con gioco per le posizioni dell’albero da a ad h;
- incerto per le posizioni da j ad n;
- con interferenza per le posizioni da p a zc.
Di seguito, in figura, vengono riportate le indicazioni delle tolleranze nei pezzi accoppiati e le indicazioni delle tolleranze angolari.
4.4 Tolleranze geometriche.
Tolleranze di forma
Stabiliscono i limiti di variabilita della forma di una superficie reale dalla forma ideale riportata a disegno che sono tolleranze assolute, ossia non definite rispetto ad una superficie di riferimento.
Tolleranze di orientamento
Stabiliscono i limiti di variabilita dell’orientamento di una superficie reale rispetto ad uno o piu elementi ideali assunti come niferimento. Sono tolleranze relative, cioé definite rispetto ad uno o pit elementi di riferimento.
Tolleranze di posizione
Stabiliscono i limiti di variabilita della posizione di un elemento (spigolo, superficie, asse) rispetto ad uno o pit riferimenti. Anche queste sono tolleranze relative in quanto necessitano di almeno un elemento di riferimento.
Tolleranze di oscillazione
Stabiliscono i limiti di variazione di una superficie o una singolarita rispetto alla forma riportata a disegno durante una rotazione della parte rispetto ad un elemento di riferimento.
Tolleranze di forma
- Rettilineita;
- planarita;
- cilindricita;
- circolarita.
Tolleranze di orientamento
- parallelismo;
- ortogonalita.
Tolleranze di posizione
- Localizzazione;
- simmetria.
Tolleranze di oscillazione
- Oscillazione radiale;
- oscillazione assiale.
Filettature ed elementi filettati
5.1 Elementi principali di una filettatura.
Forma del profilo
E’ la forma risultante dall’intersezione di un piano passante per |’asse della parte filettata con la filettatura stessa. Si distinguono:
- profilo base, che caratterizza la filettatura senza considerare eventuali troncature od arrotondamenti;
- profilo nominale, che rappresenta il profilo teorico del filetto con le eventuali troncature od arrotondamenti;
- profilo di esecuzione, che é quello effettivamente realizzato nella pratica.
Passo
Il passo di una filettatura rappresenta la distanza tra le creste di due filetti consecutivi.
Avanzamento
La distanza percorsa dall’asse della vite in seguito ad una rotazione di 360°.
Numero dei principi
E’ il numero dei filetti che costituiscono la filettatura. Se il numero dei principi é diverso da uno, si distinguono il passo apparente dal passo effettivo legati dalla relazione:
passo effettivo = passo apparente * (numero dei principi).
L’avanzamento é uguale al passo effettivo.
Diametro nominale
Il diametro nominale, ad eccezione delle filettature Gas, coincide con il diametro esterno della vite é con il corrispondente diametro della madrevite.
Angolo dell’ elica
E’ l’angolo formato dalla tangente all’elica con un piano perpendicolare all’asse del cilindro. Si dimostra che tra l’angolo dell’elica a, il passo P, il diametro del cilindro d, vale la relazione:
Senso dell’elica
Una filettatura pud essere destrogira, cioo avvitamento in senso orario e sviamento antiorario, oppure levogira con avvitamento in senso antiorario e sviamento orario.
Lunghezza di avvitamento
E’ la lunghezza di contatto vite/madrevite misurata in senso assiale.
Sistemi di filettature
Gli elementi che caratterizzano una filettatura sono:
- la forma del filetto;
- ivalori dei diametri nominali scelti per la vite e la madrevite;
- valori dei passi in relazione ai vari diametri;
- tolleranza di lavorazione.
Si hanno i seguenti sistemi unificati:
- filettature metriche ISO;
- filettature Whitworth;
- filettature Gas ;
- Filettature trapezie;
- filettature a dente di sega;
- filettature speciali.
Tratteremo solamente le prime due.
5.2 Filettature metriche ISO.
Il profilo base delle filettature metriche ISO é un triangolo equilatero
Il profilo nominale presenta troncature ed arrotondamenti. II profilo della vite presenta sul fondo un arrotondamento di raggio pari ad H/6, in cresta un troncamento. La madrevite presenta troncamenti sul fondo e sulla cresta. Valgono le seguenti relazioni geometriche:
Designazione delle filettature metriche.
Le filettature metriche si designano al loro diametro nominale, che sia per la vite che per la madrevite, il diametro esterno.
Esistono serie di diametri nominali e di passi unificati:
- filettatura metrica unificata a passo grosso: ad ogni diametro nominale corrisponde un unico passo. La designazione si effettua con il simbolo M seguito dal diametro nominale;
- filettatura metrica unificata a passo fine: ad ogni diametro nominale puo corrispondere piu di un passo. La designazione si effettua con il simbolo M seguito dal diametro nominale, dal segno x e dal passo;
- filettatura metrica non unificata: si designa con, nell’ordine: il diametro nominale, il segno x, il valore del passo ed il simbolo M.
Nella tabella che segue vengono riportati diametri nominali- passi per le filettature metriche ISO.
La differenza fra le filettature a passo grosso e a passo fine consiste che:
- nel passo grosso ho minore precisione di montaggio ma maggiore resistenza;
- nel passo fine ho minore resistenza ma maggiore precisione.
5.3 Filettature Whitworth.
Il profilo base é un triangolo isoscele con l’angolo al vertice di 55°. Il fondo e la cresta del filetto sono arrotondati sia nella vite che nella madre vite. Il passo é definito in base al numero z di filetti presenti sulla lunghezza assiale di un pollice (25,4 mm).
Valgono le seguenti relazioni geometriche:
- h=0.96049p;
- f=0.64033p;
- 1r=0.13733p.
Designazione delle filettature Whithworth.
Le filettature Whitworth unificate si designano indicando: il diametro nominale espresso in pollici o frazioni di pollice, seguito dalla lettera W. Le filettature Whitworth non unificate si indicano,nell’ordine: il diametro nominale in pollici, il segno x, il numero di filetti per pollice ed il stmbolo W.
Le differenze fra la filettatura metrica ISO e la filettatura Whitworth sono:
- angolo di profilo diverso;
- arrotondamento sia sul fondo che sulla cresta;
- maggiore passo, a parita di diametro, della Whitworth rispetto al passo grosso ISO.
Di seguito viene riportata la tabella delle filettature Whitworth
5.4 Organi di collegamento filettati.
I principali organi filettati utilizzati in industria sono:
- Le viti;
- idadi;
- iprigionieri.
Le viti sono elementi (maschio) di forma cilindrica (gambo) con una testa (0 anche senza testa) di forma particolare. Il gambo puo essere parzialmente o totalmente filettato.
I dadi sono elementi (femmina) che si avvitano sulle viti. La forma esterna é esagonale nella maggior parte dei casi, ma pud anche essere diversa. Internamente presentano sempre un foro cilindrico filettato.
I prigionieri sono elementi cilindrici con entrambe le estremita filettate (lato radice e lato gambo).
Designazione degli elementi unificati filettati.
La designazione unificata delle viti e dei bulloni prevede che, |’elemento, sia identificato dai seguenti tre blocchi d’informazione (da sinistra verso destra):
- blocco denominazione: indica il nome dell’elemento: vite, dado, prigioniero;
- blocco norma; indica la norma di riferimento per 1’elemento;
- blocco caratteristiche: rporta le caratteristiche dell’elemento, tra cui: caratteristiche geometriche (lunghezza, passo, diametro nominale), categoria, classe di resistenza, qualita del materiale.
La categoria, indicata da una lettera (A, B 0 C) fornisce una indicazione sulle tolleranze e sulla qualita di lavorazione.
La classe di resistenza di una vite (3.6–4.6–4.8–5.6–5.8–6.6–8.8–10.9 -12.9) é una sigla composta da due numeri indicanti, rispettivamente:
- il valore minimo garantito di resistenza a trazione in N/mm? diviso per 100;
- il rapporto tra il carico unitario di snervamento ed il carico unitario di resistenza a trazione moltiplicato per 10.
La classe di resistenza di un dado (4A — 4D — 5S — 6S) é una sigla (numero + sigla) associata alla durezza del materiale.
Relazione tra classi di resistenza di viti e dadi da accoppiare.
Viti a testa esagonale.
Dadi esagonali normali.
Viti prigioniere.
Collegamenti albero-mozzo
6.1 Introduzione.
Albero e mozzo indicano genericamente due parti di geometria prevalentemente assialsimmetrica, coassiali, montate l’una (albero) dentro l’altra (mozzo). I collegamenti albero-mozzo si utilizzano per trasmettere il moto rotatorio tra I’albero e il mozzo. I collegamenti pit utilizzati sono quelli che permettono facilmente lo smontaggio delle parti e sono detti appunto cllegamenti smontabili.
I collegamenti smontabili albero-mozzo si realizzano, di norma, per mezzo di:
- chiavette;
- linguette;
- profili scanalati.
6.2 Chiavette.
Le chiavette sono corpi essenzialmente prismatici che si interpongono, per forzamento, tra l’albero ed il mozzo. La trasmissione del momento torcente é quindi affidata alle forze d’attrito che si generano tra le facce della chiavetta e le facce delle relative sedi ricavate sull’albero e sul mozzo dovute al forzamento radiale.
La trasmissione del moto mediante chiavetta non prevede il contatto sui fianchi della chiavetta (1 fianchi della chiavetta presentano sempre gioco rispetto alle cave rivate sul mozzo e sull’albero). La superficie superiore della chiavetta (quella a contatto con il mozzo) presenta sempre un inclinazione pari a 1:100.
Classificazione delle chiavette.
Le chiavette normali sono quelle di uso piu comune. Richiedono l’esecuzione di una cava sia sull’albero che sul mozzo. La cava sul mozzo é sempre passante. Le chiavette con nasello si utilizzano quando una parte della chiavetta (opposta al nasello) non é accessibile per lo smontaggio della chiavetta. In questo caso si estrae la chiavetta tirando il nasello con un apposito estrattore.
Le chiavette ribassate richiedono sempre l’esecuzione di una cava sul mozzo mentre sull’albero viene eseguita una spianatura. Le chiavette ribassate sono in grado di trasmettere circa la meta del momento torcente sopportabile dall’albero. Le chiavette ribassate concave non richiedono alcuna lavorazione dell’albero, ma soltanto del mozzo. Permettono di trasmettere circa un quarto del momento torcente sopportabile dall’albero.
Designazione delle chiavette nei disegni.
La designazione delle chiavette nei disegni tecnici si esegue indicando:
- la parola chiavetta;
- la tabella UNI corrispondente;
- la lettera A o B per precisare la forma;
- le dimensioni:base x altezza x lunghezza.
Le dimensioni delle chiavette sono assegnate dalle norme in funzione del diametro dell’albero su cui vengono montate.
6.3 Linguette.
Le linguette, come le chiavette, sono corpi prismatici che si interpongono tra l’albero e il mozzo al fine di trasmettere il moto. Le linguette non lavorano per forzamento radiale, ma la trasmissione del momento torcente avviene per effetto delle azioni esercitate sui fianchi, percid le linguette sono sottoposte a sollecitazioni a taglio.
Tra la superficie superiore della linguetta e la corrispondente superficie della cava ricavata sul mozzo c’é sempre gioco. La linguetta permette la trasmissione del momento torcente ma anche lo scorrimento assiale relativo tra albero e mozzo. L’assenza di forzamento radiale fa si che lo smontaggio delle parti collegate con linguetta sia semplice e rapido, inoltre sono assenti le deformazioni del foro e di eccentricita dell’albero. Le linguette vengono utilizzate in genere su: ruote dentate, pulegge, giranti ecc.
Classificazione delle linguette.
Designazione delle linguette nei disegni.
La designazione delle linguette nei disegni tecnici si esegue indicando:
- la parola linguetta;
- la tabella UNI corrispondente;
- la lettera A o B per precisare la forma;
- le dimension: base x altezza x lunghezza.
Le linguette americane sono utilizzate soprattutto per il calettamento di mozza su alberi con estremité coniche, in quanto la linguetta é libera di ruotare rispetto alla sua sede assumendo l’inclinazione voluta. Le linguette ribassate sono impiegate per estremita d’albero, e in presenza di problemi d’ingombro radiale.
6.4 Profili scanalati.
Nei casi di alberi fortemente sollecitati, quali si hanno nelle costruzioni automobilistiche e aeronautiche, i collegamenti tra albero e mozzo eseguiti a mezzo di chiavette e linguette rappresentano sempre un potenziale punto debole, sia per motivi di resistenza che di vibrazioni.
In queste applicazioni di maggiore impegno si ricorre ad accoppiamenti mediante profili scanalati. Questo collegamento é composto da:
- unalbero sul quale sono stati ricavati longitudinalmente dei denti;
- un mozzo dotato di opportune cave nelle quali vanno ad inserirsi i denti dell’albero.
La trasmissione del moto avviene grazie alle azioni che si scambiano le superfici laterali a contatto. I profili scanalati lavorano, quindi, sui fianchi (si pud pensare come un accoppiamento a linguette multiple).
Caratteristiche:
- perfetto centraggio del mozzo sull’albero;
- scorrimento assiale del mozzo sull’albero;
- facile smontaggio;
- trasmissione di sforzi elevati anche con frequenti inversioni del senso di rotazione.
Classificazione profili scanalati. L’unificazione considera due tipi di profili scanalati:
- Profili cilindrici a fianchi paralleli;
- profili cilindrici con fianchi ad evolvente.
Scanalati cilindrici a fianchi paralleli.
Sono utilizzati prevalentemente nelle applicazioni di macchine utensili per cambi di velocita. Sono costruiti in serie leggera o serie media. La designazione di questi comprende:
- Vindicazione albero o mozzo o albero/mozzo;
- dati geometrici: numero dei denti x diametro interno x diametro esterno;
- tipo di montaggio per la determinazione delle tolleranze: per l’albero ho S scorrevole, SC scorrevole sotto carico, F fisso; per il mozzo ho NT non trattato dopo l’esecuzione, T tratato dopo l’esecuzione.
Ruote Dentate
Sono utilizzate per la trasmissione del moto rotatorio tra assi paralleli, ortogonali o sghembi.
7.1 Il profilo dei denti.
La geometria del profilo dei denti nelle ruote dentate é rappresentata da una particolare figura detta evolvente di cerchio. L’evolvente di cerchio é una curva descritta da un punto solidale ad una retta che rotola senza strisciare su di una assegnata circonferenza (evoluta), detta circonferenza di base.
Si dimostra che ,nell’accoppiamento di due ruote dentate, esistono due circonferenze, concentriche alle circonferenze di base delle due ruote e tangenti tra loro, che idealmente, rotolano senza strisciare l’una sull’altra. Tali circonferenze si dicono primitive. Fra i raggi della circonferenza di base e quella primitiva vale la relazione:
essendo a un parametro geometrico detto angolo di pressione. di norma quest’angolo é di 20°.
7.2 Parametri caratteristici.
I parametri caratteristici delle ruote dentate sono:
- circonferenza esterna o di testa, concentrica con la primitiva che delimita verso l’esterno il contorno dei denti;
- circonferenza interna o di piede, concentrica con la primitiva che delimita verso l’interno il contormo dei denti;
- circonferenza di base;
- angolo di pressione;
- numero dei denti z;
- modulo, rapporto tra il diametro primitivo e il numero dei denti.
Vale infatti: m =D/z.
Si definiscono inoltre:
- addendum, distanza radiale tra la primitiva e la circonferenza di testa;
- dedendum, distanza radiale tra la primitiva e la circonferenza di piede.
Tipi di ruote:
- ruote normali, nelle quali l’addendum e il dedendum, uguale per le due ruote coniugate, hanno valori normalizzati;
- ruote corrette, addendum e dedendum sono in generale diverse per le due ruote coniugate e comunque non hanno valori normalizzati.
7.3 Proporzionamento di una ruota normale.
I parametri geometrici di una dentatura normale sono univocamente determinati una volta assegnati i seguenti parametri:
- modulo m;
- numero dei denti z;
- angolo di pressione a.
Nel caso di dentatura normale infatti sono stabilite le seguenti relazioni:
Condizione necessaria affinché due ruote ingranino correttamente é che abbiano lo steso modulo. Data una coppia di ruote dentate, si dimostra che il rapporto di trasmissione é dato da :
Essendo Ri e R2 rispettivamente i raggi delle circonferenze della ruota motrice e della ruota condotta. In una coppia di ruote dentate, la ruota con minore numero di denti si definisce pignone, 10’altra ruota o corona.
Condizione di non interferenza.
Si dimostra che il numero di denti di una ruota dentata non puo essere inferiore ad un valore fissato:
7.4 Tipi di ruote.
Ruote dentate cilindriche a denti dritti.
Questo tipo di ruote si ottengono facendo traslare i profili dei denti secondo le direzioni degli assi delle ruote stesse. Sugli alberi sui quali sono calettate ruote cilindriche a denti dritti si hanno soltanto sollecitazioni radiali.
Ruote dentate cilindriche a denti elicoidali
Si ottengono facendo traslare i profili dei denti secondo un’elica che si avvolge su di una superficie cilindrica.
Il parametro di dimensionamento é il modulo normale definito come rapporto tra passo normale e 1.
Il passo normale é la distanza tra due eliche primitive consecutive valutata lungo I’elica ad esse normale. Risulta:
essendo:
- pn passo normale;
- p paso precedentemente definito detto anche passo circonferenziale;
- fangolo di inclinazione dell’elica.
Si ha inoltre:
dove mn rappresenta il modulo normale.
Ruote dentate coniche
Sono utilizzate per la trasmissione del moto rotatorio tra assi incidenti. Nelle ruote coniche il fianco del dente é ottenuto proiettando da un punto O il profilo del dente, che anche in questo caso sara un evolvente di cerchio. Il rapporto di trasmissione tra due ruote coniche é dato da:
Coppia vite senza fine e ruota elicoidale.
Si utilizza per la trasmissione del moto tra assi sghembi e ortogonali. La vite senza fine non é altro che una ruota elicoidale con angolo B di inclinazione dell’elica molto elevato. Il rapporto di trasmissione vale:
dove Ze é il numero dei principi della vite e Zr il numero dei denti della ruota.
7.5 Disegno e dati da riportare.
Disegno singola ruota
Regola generale: la ruota é rappresentato come un pezzo unico pieno non dentato.
- Contorni e spigoli: se in vista la ruota é delimitata dalla circonferenza di testa, se in sezione sempre e comunque come se si trattasse di dentatura a denti dritti con due denti diametralmente opposti non sezionati (anche se il numero dei denti é dispari);
- Superficie primitiva: se rappresentata in proiezione normale all’assedella ruota si riporta una circonferenza con linea mista fine, se rappresentata in proiezione parallela all’asse si riporta una linea mista fine che ne attraversa l’intera larghezza del contorno.
- Superficie di piede: si rappresenta solo nelle sezioni;
- Dentatura. il profilo della ruota é indicato con opportuno simbolo.
Disegno di due ruote che ingranano
Nella rappresentazione di un ingranaggio nessuna delle due ruote deve coprire la parte in presa dell’altra, ad eccezione dei casi in cui:
- una ruota é situata anteriormente rispetto all’ altra;
- le due ruote sono rappresentate in sezione assiale.
Dati da riportare nel disegno.
I dati geometrici relativi alle dentature si riportano:
- sia direttamente sul disegno del particolare;
- sia in un apposita tabella del disegno.
Supporti e cuscinetti
8.1 Supporti.
per supporti si intendono quelle parti delle macchine destinate a sorreggere le parti ruotanti (alberi) ed a vincolare la loro posizione. Nella figura che segue vengono mostrati dei modi per il supporto dell’albero.
8.2 Cuscinetti.
Rappresentano i componenti dei supporti che vengono a trovarsi in contatto con le parti ruotanti. I cuscinetti hanno in genere una parte in contatto con il supporto ed una parte in contatto con l’albero ruotante.
In base alla direzione del carico, i cuscinetti si suddividono in:
- radiali, quando il carico ¢ ortogonale all’asse dell’albero supportato;
- assiali, quando il carico é parallelo all’asse dell’albero (cuscinetti reggispinta);
- obliqui, quando il carico ¢ obliquo rispetto all’asse.
In base al principio di funzionamento:
- radenti (a strisciamento) (assiali o radiali), quando la superficie dell’albero e del cuscinetto sono, salvo il velo creato dal lubrificante, a contatto diretto;
- volventi (a rotolamento) (assiali, radiali ed obliqui), quando manca il contatto diretto tra albero e cuscinetto, che avviene per interposizione di rulli o sfere rotolanti tra due piste.
8.3 cuscinetti radenti.
I parametri geometrici caratterizzanti un cuscinetto radente sono:
- la lunghezza L della zona di contatto;
- il diametro D del perno.
Si ha la seguente classificazione:
- cuscinetti corti se L/D<1;
- cuscinetti lunghi se L/D>1;
- cuscinetti medi se L/D=1.
Il parametro di scelta dei cuscinetti radenti é il prodotto pv dove p é la pressione esercitata dal perno sul supporto e v la velocita periferica.
I cuscinetti radenti sono boccole e bronzine.
Per un buon funzionamento della coppia albero/bronzina si deve garantire che:
dove pam e k sono parametri dipendenti dal tipo di materiale.
8.4 Cuscinetti volventi.
I cuscinetti volventi sono costituiti dai seguenti elementi:
- anello esterno, che si alloggia in apposite sedi;
- anello interno, che si trova a contatto con il perno o con l’albero;
- un insieme di corpi volventi (sfere o rulli) che garantiscono il rotolamento senza strisciamento dei due anelli;
- una gabbia distanziatrice che mantiene fissa la mutua posizione tra i corpi volventi.
I cuscinetti volventi possono classificarsi in base al tipo degli elementi volventi, oppure in base alla loro orientabilita.
Nel secondo caso si hanno:
- cuscinetti rigidi, nei quali gli assi dell’anello esterno e interno sono permanentemente coassiali;
- cuscinetti orientabili, nei quali sono possibili lievi angolazioni degli assi dei due anelli al montaggio o in fase di funzionamento.
Dimensioni caratteristiche dei cuscinetti volventi:
- diametro anello esterno D;
- diametro anello interno d;
- ingombro assiale (larghezza) B,
- raggio di raccordo rs.
IN CONCLUSIONE
Gli obiettivi del progetto definiscono i risultati da raggiungere alla fine del progetto, risultati necessari per il conseguimento dei benefici attesi dai committenti. Gli obiettivi possono essere formulati nel modo migliore verificandone l’aderenza ai requisiti indicati dall’acrostico SMART (traducibile dall’inglese come “intelligente”
La gestione di un progetto è solitamente demandata a un project manager, che a volte partecipa direttamente alle attività che lo compongono, ma principalmente si focalizza nel coordinamento e nel controllo delle varie componenti e dei diversi attori coinvolti con l’obiettivo di minimizzare la probabilità di insuccesso. Al completamento del progetto di solito il prodotto o servizio realizzato vengono presi in carico da una figura operativa diversa, tipicamente il Product Manager o il Service Manager. In progetti di grande respiro, l’attività di project management può essere delegata a più persone: si realizza quindi un gruppo di project management. Comunemente nel gruppo esiste un leader che viene comunque chiamato project manager, a questo si affiancano altre persone che si occupano delle attività di management di parti del progetto secondo una vista per componenti del sistema o per aree specifiche. Questi vengono detti talvolta task manager.
La stima dimensionale di un progetto è una delle prime attività cruciali da cui dipende il successo del progetto e la sorte del project manager. Esistono molteplici tecniche per quantificare i tempi e i costi necessari a realizzare un progetto o, se si vuole, la sua durata. Nei progetti complessi, al fine di rendere il più possibile oggettiva e affidabile la stima, è fortemente raccomandabile produrre almeno due stime indipendenti possibilmente prodotte con tecniche diverse, provvedendo poi a effettuare una riconciliazione che produca una convergenza. La durata del progetto naturalmente dipende dalla struttura della pianificazione adottata, in particolare dal grado di parallelismo tra le attività che compongono il progetto, parallelismo a sua volta dipendente dal numero di risorse impiegate.
Questo procedimento è reso molto più semplice dagli strumenti di controllo della pianificazione disponibili, che consentono di rappresentare la struttura dei task associati alla WBS, visualizzare il diagramma di Gantt e cercare il miglior assetto del piano che ottimizzi l’utilizzo delle risorse e minimizzi i rischi presenti nella pianificazione, con il vincolo di restare all’interno del tempo di realizzazione richiesto dal committente.